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Autore: Lady_Crow    03/11/2021    1 recensioni
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Ma di cosa sono fatti i sogni? Cosa significa: “Vissero per sempre felici e contenti”?
 Isabeau e Navarre sono finalmente insieme, ma i loro guai non sono finiti. Marquet, il Capitano della Guardia al servizio del Vescovo, è ormai stato sconfitto; tuttavia, a Roma, suo fratello Leroy preme perché gli vengano assegnati degli uomini, in modo da poter riconquistare Aguillon e vendicarsi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Etienne Navarre, Imperius, Nuovo personaggio, Philippe Gaston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole, tramontando su Aguillon, dal cielo fiammeggiante la baciava con quelli che erano ormai gli ultimi raggi della giornata. Non ne avevano parlato, forse perché non ve n’era stato alcun bisogno, ma sia Isabeau che Navarre avevano conservato una sorta di sottile disagio, una lieve ansia che li attraversava ogni giorno all’alba e al tramonto; non sapevano se mai sarebbe stato possibile liberarsene, ma tutto sommato erano ancora troppo positivamente sconvolti dal fatto di aver vissuto abbastanza a lungo da vedere la maledizione spezzarsi per lamentarsi degli strascichi. Ad ogni modo non era la vista in sé del sorgere e del tramontare del sole a provocare il lieve turbamento, perché entrambi l’avvertivano distintamente anche quando rinchiusi fra quattro mura, troppo presi da i propri doveri di sovrani per aver tempo di ammirare il cielo. Questa loro nuova libertà, rivestita di autorità e responsabilità non richieste, aveva un sapore ben strano. Di questo sì, avevano parlato, e si erano domandati se fosse stata davvero una buona idea lasciarsi travolgere dall’entusiasmo del popolo di Aguillon, quando già per i due anni precedenti erano stati costretti a vivere le proprie vite secondo la volontà di qualcun altro. La mancanza di alternative concrete rimaneva però l’annosa questione pratica; in più, in tutta coscienza, non sentivano di poter evitare di prendersi la responsabilità di rimpiazzare l’ordine che avevano distrutto con le proprie mani, per quanto malsano e corrotto; forse poi qualcosa diceva loro che Aguillon non fosse ancora davvero salva, e loro con essa.

Quella sera erano rinchiusi nella sala del trono ad ascoltare due postulanti — due maniscalchi; uno si lamentava del fatto che il secondo avesse aperto un laboratorio troppo vicino al suo e gli stesse rovinando la piazza — quando le sentinelle videro, nella luce del crepuscolo, due figure avvolte in pesanti ma logori mantelli avvicinarsi alla città. Dapprima avevano pensato a due mendicanti, ma poi la più giovane delle sentinelle — un ragazzo dalla vista di falco di nome Gérard, che forse superava d’un paio d’anni Philippe, e che a dire il vero in qualche modo gli somigliava — aveva riconosciuto il ladro e il monaco, in parte perché li aveva già incrociati, in parte perché in brevissimo tempo le ballate dei menestrelli avevano già scolpito le loro immagini nelle menti degli abitanti di Aguillon; certo, non sempre i toni riguardo al loro aspetto fisico erano stati lusinghieri, soprattutto per quanto riguardava Imperius, forse anche perché il clero era comprensibilmente poco popolare in città, ma tutti erano stati d’accordo nel raccontare con ammirazione le loro gesta, e questo era già molto più di quanto Philippe si fosse mai aspettato che potesse accadergli.

Gérard annunciò agli altri l’arrivo dei due.
“Aprite le porte per Philippe, il Topo, e Imperius, il monaco!”

“Sì, ma sta’ calmo, ragazzino!” abbaiò in risposta una delle guardie, esausta dopo il lungo turno, ormai giunto quasi al termine, e per niente entusiasta di prendere ordini da lui.

 

I due arrivati vennero condotti da Isabeau e Navarre, ancora nella sala del trono, proprio mentre il sovrano dichiarava che purtroppo, per quella giornata, non avrebbero potuto ricevere altri sudditi, ma che l’indomani sarebbero stati lieti di riprendere da dove avevano lasciato. Qualcuno, dal corridoio, mormorò qualche lamentela carica di sconforto, ma in fondo tutti sapevano di potersi fidare della parola del loro nuovo sovrano, e riconoscevano il suo impegno nel risolvere i loro problemi. Lo sguardo di Etienne si fissò sulle due figure scure che non sembravano dare cenno di averlo udito chiedere ai postulanti di lasciare la sua dimora, poi s’illuminò quando avanzarono lasciando cadere il cappuccio. Incredulo si voltò verso Isabeau, alla sua destra, quasi a chiederle conferma di non stare sognando. Il sorriso radiante sul volto della dama non lasciava dubbi.
I due attesero che gli ultimi se ne fossero andati, prima di abbandonare l’etichetta ed alzarsi, quasi correndo incontro ai loro amici. Isabeau, che indossava un magnifico vestito a strascico, di certo non pensato perché chi lo portava potesse correre, ne sollevo i lembi alla bella e meglio mentre andava incontro a Philippe.
“Pensavo di rivederti all’inferno, vecchio!” esclamò Navarre stringendo la spalla d’Imperius, con un tono che non riusciva a – e forse non voleva – celare il suo affetto per il monaco.
“Sono ben contento del fatto che i nostri sentieri s’incrocino di nuovo, e non in un girone infernale” rispose lui con un sorriso triste “ma temo di dovervi portare cattive notizie, e Dio solo sa quanto non lo vorrei”.
Isabeau sospirò intuendo di cosa potesse trattarsi; annuì con un cenno del capo.
“Venite, dovete essere stanchi e affamati. Ci racconterete tutto davanti ad un pasto caldo”.
“Di certo del buon cibo non ci farà alcun male” concordò Philippe, il cui solito tono gioviale era però smorzato da una nota di preoccupazione.

   
 
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