5. Mistake
“Ricordo la
prima volta chi ti ho vista.”
Un essere minuscolo, urlante. Fragile.
Guardandoti ho pensato che fosse un errore.
Di aver commesso un errore.
Perché doveva esserci un errore.
Era sbagliato. Non aveva senso.
Come potevo aver creato una vita?
“Ricordo la
prima volta che ti ho visto.”
Un ragazzetto dall’aria arrogante e il
sorriso deciso. Forte.
Guardandoti mi sono chiesto se non fosse un
errore. Se non avessi commesso un errore.
Perché, per la miseria, più il tempo
passava e più mi accorgevo che doveva esserci stato un errore.
Era sbagliato. Non aveva senso.
Come potevo star creando la vita di
un Alchimista?
“E il tempo
passava, e di te capivo sempre meno.”
Troppo esile. Troppo delicata. Fragile.
Ti sbucciavi le ginocchia costantemente. Ti
tagliavi con i coltelli da cucina. Ti pungevi con gli aghi da cucito. Riuscivi
a ferirti pure con le pagine dei libri.
E non mi seguivi. Non seguivi i
miei passi. Non seguivi la mia strada.
Decisamente c’era stato un errore.
“E il tempo
passava, e di te mi pareva di capire sempre meno.”
Troppo arrogante. Troppo imperscrutabile. Forte.
Non mi ascoltavi, non mi capivi. Potevo
tenerti ancorato a quella sedia ma niente. Potevo obbligarti sui libri ma era
inutile. Riuscivi a distrarti anche con un raggio di sole che illuminava la
polvere.
E non mi seguivi – o se lo facevi ci
mettevi il tuo buon impegno a farmi perdere qualche capello prima.
Sentivo già che non stavi seguendo
la mia strada.
Probabilmente c’era davvero stato un errore.
“E poi sbirciavo
di tanto in tanto dalle finestre…”
Improvvisamente sembrava che i ruoli
s’invertissero.
Lo tenevi in riga.
La
guardavi e abbassavi il capo.
Cosa diavolo c’era di sbagliato?
Dov’era stato il mio errore?
“E vi ho visti
crescere…”
Un errore dopo l’altro.
Una sequenzialità di errori se
proprio vogliamo. Uno più uno fa due. Queste sono le regole.
Per uno scienziato, un Alchimista,
le regole della matematica e della fisica sono tutto. E c’è un’unica Verità
possibile.
Ne sono sempre stato convinto.
“E allora
quell’Errore dove stava?”
Era forse nel sorriso deciso che le
vedevo in viso?
Era forse nel sorriso meno arrogante ma più
vero che gli vedevo affiorare?
Era forse nelle ginocchia sbucciate di entrambi,
scorticatesi a causa della testardaggine di arrampicarsi su qualche
albero per coglierne i frutti?
Era nelle tazze di caffè che gli portava
nelle ore tarde per aiutarlo a studiare?
Era nella tazza di tè delle prime luci
dell’alba per ringraziarla della nottata in bianco?
“Dov’era?
Dov’era l’Errore?”
Forse negli occhi fermi che mi hanno
comunicata la sua decisione, la sua scelta di vita.
Forse negli occhi tremanti quando hanno
saputo la verità, lo scopo, della mia scelta.
“No, nessun
errore. Avevo visto giusto dall’inizio.”
Ma poi non ha pianto. Non una
singola lacrima, non un singolo lamento. Nulla.
Ma poi ha tremato, dicendomi come
stavano le cose. Ha abbassato di poco lo sguardo e la voce si è fatta meno decisa.
Tutto.
“Due anni…”
Due anni di silenzi. Due anni di
parole silenziose.
Due anni di Nulla e di Tutto.
Due anni e finalmente l’ho visto, l’Errore.
“Ogni
Alchimista, dal primo all’ultimo, sarà sempre una creatura votata alla Verità.”
Una massima di vita che non ho mai
abbandonato, o mai ho voluto abbandonare.
Poi avete deciso di stravolgere ogni mia
convinzione.
Credevate che non avessi visto?
Credevate che non avessi capito?
Oh, l’ho fatto. Dal primo momento. Ho
semplicemente guardato dal filtro sbagliato.
Per questo te l’ho chiesto.
Per questo non te l’ho mai chiesto.
“Roy… Mia figlia…”
L’Errore è sempre stato mio.
Con Lei.
Con Lui.
E questa, alla fine l’ho capito, è stata
anche l’unica cosa che a voi mi ha legato.
Un Errore.
È ciò che vi ho dato.
È ciò che vi ho lasciato.
“Un Errore…”
Eppure, ora che di me non resta nulla,
mi rendo conto che forse, forse, è stata la cosa migliore.
Vi ho dato un Errore…
“Com’è che ho la
vaga sensazione che lo trasformerete in una Verità?”
Angolino dell’Autrice (più o meno).
Potrei iniziare scusandomi, ma credo che ne
abbiate già le scatole piene delle mie scusa xD
Ok, battute a parte purtroppo ho avuto e
continuo ad avere problemi con il PC: lavorare in smart working non è MAI una
buona cosa sta scoprendo (soprattutto dopo un anno e mezzo). Ho perso gran
parte di quello che già avevo scritto causa un BANALE problema tecnico e
riscrivere tutto con il tablet è un incubo. La cosa positiva è che ho il vizio
di scrivere anche con carta e penna, quindi almeno il
50% del lavoro non è andato a p******.
Passiamo a questo capito il cui
protagonista è…?! Bethold Hawkeye.
Mandatemi pure a quel paese forza xD
Questo capitolo nasce più come flusso di
coscienza che altro in realtà, e credo che la cosa sia palese in una certa
misura.
Cambia lo stile. Ovvio. Non potevo farne a
meno.
Il tutto si conclude con un capitolo un po’
(tanto) sconclusionato. Si passa dal “tu” alla terza persona, in una giostra
non sempre chiara e attraverso le stagioni dell’infanzia e dell’adolescenza di Roy e Riza, qui visti in
un’ottica un po’ deformata: quella di un uomo che prima che padre è stato
alchimista.
La mia visione Bertholt
sta tutta in queste righe: un uomo non esente dall’affetto, ma incapace di
mostrarlo; un uomo preda di un demone che è stata la sua ricerca, e che lo ha
spinto in tutte le direzioni tranne in quella (forse) giusta; un uomo che vede
il mondo tramite il suo essere Alchimista, e non il suo essere umano.
Però a mio avviso è stato proprio lui a
formare, almeno in una certa misura, Roy e Riza. Con i suoi, appunto, errori. Dopotutto anche dagli
errori nasce qualcosa di buono, no!??!?!?
Per concludere…
RedLolly! Mia cara! Il commento del precedente
capito l’ho divorato. Proprio divorato. Prossima settimana dovrei avere il PC
in riga (lo spero almeno) e vedrò di rispondere ad ogni commento e ad ogni
conversazione privata. Perché il bello delle ff sono
proprio questi legami dietro ad una tastiera a mio avviso.
Per il resto…
Alla prossima
LadyBlueSky