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Autore: curlyjohnlock    05/11/2021    2 recensioni
Un temporale birichino spaventa la piccola Rosie. Toccherà al povero Sherlock distrarla.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi che appaiono in questo racconto non mi appartengono in alcun modo. Sono di proprietà di Sir Arthur Conan Doyle, Mark Gatiss, Steven Moffat e della BBC.
Questo racconto non ha scopo di lucro. Se dovesse ricordarne altri, mi dispiacerebbe moltissimo e mi scuso in anticipo, ma sarebbe accidentale.


Era una serata come tante, lì, al 221b Baker Street.

L’unica differenza era che, quella sera, fuori stava imperversando una tempesta.

Fino a poco tempo prima il cielo era limpido e la luna piena, che piaceva tanto a Rosie, era ben visibile nel cielo. Ora, invece, era totalmente coperta da grosse nuvole che non presagivano nulla di buono.

La bambina aveva sviluppato una sorta di ossessione per Bear nella Grande casa Blu1A dirla tutta, adorava la canzoncina finale durante la quale l’orso Bear saluta la Luna.

Sherlock, che le faceva compagnia ogni pomeriggio quando gli episodi venivano trasmessi su CBeebies, cercava di contenersi dall’esprimere tutto il suo disprezzo nei confronti dei cartoni animati.

Ci aveva provato una volta, in presenza di John. Si era lasciato sfuggire che i cartoni impediscono il normale sviluppo neuronale durante la tenera età e che la bambina rischiava di diventare una completa imbecille, come lo era Anderson.

Realizzò di aver detto tutto ciò ad alta voce, non si era limitato a pensarlo.

Decise di puntare timidamente lo sguardo su John, il quale si fermò con la forchetta diretta verso la bocca, fulminandolo con lo sguardo. Sherlock sapeva che gliela avrebbe fatta pagare.

Poi John emise un grugnito, posò con molta poca grazia la posata nel piatto e si alzò da tavola senza finire la cena.

Oh, e non tralasciamo il fatto che evitò anche di parlargli per tutto il resto della serata e si mise a dormire sul divano.

Doveva averla fatta grossa, dal momento che John terminava sempre i suoi pasti.

Tranne, ovviamente, quando erano in giro per un caso.

Per John il cibo era più importante del dormire. Non gli importava più di tanto se quella notte avrebbe dovuto dormire solo un’ora.


Rosie si era intristita nel vedere le nuvolacce cattive oscurare la luna, così si avvicinò alla finestra accanto al divano, battendo le manine contro i vetri, come per richiamarla.

«Una! Unaaaaa!» gridava, guardando verso l’alto.

Sherlock stava suonando il violino, facendo avanti e indietro lungo il soggiorno.

Fulmini sottili si diramarono improvvisamente lungo il cielo coperto, facendosi strada tra le nuvole e gettandosi a capofitto al centro della strada. Immediatamente si udì un crepitio sinistro che divenne una vera e propria esplosione. Sherlock non ci fece nemmeno caso, continuando a suonare.

Rosie sobbalzò al rumore, il visino spaventato e gli occhi già pieni di lacrime. Poi si voltò verso suo padre ed iniziò a piangere disperatamente.

Sherlock si fermò, l’archetto a mezz’aria.

Si voltò immediatamente, stringendo ancora il violino e realizzò che Rosie si era spaventata per via del tuono.

Sherlock gettò in modo frettoloso il violino sulla sua poltrona di pelle e, a passo veloce, si diresse verso la finestra, prendendo la piccola in braccio.

«Non è nulla, tesoro, è solo il temporale» le mormorò, dandole un bacio sulla guancia.

Rosie continuò a piangere, stringendo la manica della vestaglia blu di Sherlock.

Sherlock cercò di farla calmare, stringendola di più a sé e sussurrando parole rassicuranti.

Rassicuranti per il buon vecchio Sherlock, si intende.

Parole che avevano a che fare con suore decapitate, vermi e, ovviamente, omicidi.

La bambina non si decideva a calmarsi.

Dopo dieci minuti, il temporale stava ancora continuando e Rosie si era quasi calmata, quando un altro tuono crepitante fece la sua comparsa. Rosie riprese a piangere disperatamente, continuando a mordergli la manica sinistra.

«Dov’è John quando serve?» si chiese Sherlock sull’orlo della disperazione, massaggiando la schiena della bambina.

Poi si rese conto di avere mezza manica imbrattata di saliva, così pensò di accendere la tv per farla distrarre.

La fece accomodare sulla poltrona di John, mentre questa si continuava a disperare.

Subito Sherlock afferrò il telecomando e cercò il canale dei cartoni.

Lo trovò. Stavano trasmettendo Peppa Pig3.

Oh no. Per l’amor del cielo. NON. QUELLO.

Sherlock cambiò immediatamente canale, sperando che Rosie fosse distratta e non avesse visto nulla.

“PEPPAAAAAAAA” gridò la bambina, un misto tra pianto di disperazione e di gioia.

Porca miseria, NO.

Sherlock si diede il telecomando in fronte, ma accontentò comunque sua figlia.

Per sua fortuna, l’episodio finì dopo tre minuti, ma come partirono i titoli di coda, iniziò un nuovo episodio.

Dio Santo.

Sherlock fece per andare a sedersi sul divano, dando prima un pugno al cuscino, poi gettandolo a terra per rannicchiarsi sul divano, con la faccia verso il muro.

Rosie non la smetteva di ridere.

Sherlock decise che avrebbe dato una chance di 2 secondi al cartone. Così smise di starsene acciambellato ed incollò lo sguardo allo schermo.

Sherlock provò a guardare qualche secondo del cartone, poi si concentrò a guardare l’espressione della bambina, cercando di entrarle nella testolina e capire che cosa ci trovasse di entusiasmante in un cartone riguardo dei maiali.

Ecco che cominciò un altro episodio, e Sherlock era sul punto di andare sul tetto, pronto a farsi colpire da un fulmine, piuttosto che guardarne un altro.

Per sua fortuna, questo durò meno degli altri e, come partirono i titoli di coda, un altro tuono feroce fece la sua comparsa.

Sapeva che il televisore doveva essere spento, per evitare che saltasse tutto in aria.

Sherlock era pronto ad affrontare l’ira della bambina.

Io sono Peppa Pig

Si mise in piedi in un nanosecondo, afferrò il telecomando dal tavolino accanto al tavolo e spense la tv.

«Va bene, piccola, è ora del riposino»

«Nooooo» gemette Rosie, gettandosi dalla poltrona con fare melodrammatico e cadendo sul tappeto.

Sherlock non capì se la sua reazione si riferisse al fatto che Sherlock non voleva più farle vedere il suo terzo cartone preferito o che volesse accompagnarla a letto.

«Dai, non fare storie»

Sherlock la prese in braccio e fece per dirigersi verso la stanza.

«Pappa» disse la bambina, stropicciandosi gli occhi.

«Non puoi avere fame alle tre del pomeriggio»

Sherlock si fermò per un momento e controllò l’ora sul suo orologio da polso. Le 19 in punto.

Non credeva fosse passato così tanto tempo.

E John era in ritardo apocalittico per la cena.

Sherlock fece sedere Rosie sulla poltrona di John, le disse di restare lì e che le avrebbe portato la merenda.

Si precipitò in cucina, pronto a prepararle qualcosa da mangiare. Poi si fermò davanti il frigorifero.

Cosa mangiano i bambini?

Sherlock spalancò gli occhi, rendendosi conto di non saperlo.

Aprì il frigo, in cerca di qualcosa di adatto.

Gocce per la congiuntivite, il cervello del dottor Lecter (era stato consegnato a Mycroft dai Servizi Segreti Italiani), 36 pollici, ketchup.

Poi si fermò un attimo a causa di un odore non particolarmente invitante.

Oh. Era solo una porzione di lasagna avanzata che Mrs Hudson aveva portato loro la domenica precedente.

Riprese a cercare: vide tre banane completamente marce e, oh, un barattolo di aringhe.

Sherlock aprì il barattolo e si assicurò fossero commestibili.

Si ritenne soddisfatto di ciò che aveva trovato, prese un piatto e ne versò il contenuto. Poi lo portò a Rosie.

«Mangia tutto, che devi crescere5» Sherlock tornò a sedersi sul divano, nascondendo per bene il telecomando sotto un cuscino superstite.

La bambina rivolse uno sguardo confuso al contenuto del piatto, poi prese pigramente un pesciolino

e lo morse.

Subito la sua espressione cambiò, emise un verso di disgusto e gettò il piatto e i poveri pesci sul tappeto pulito quella mattina da Mrs Hudson.

«HEY» gridò Sherlock. «Perché li hai lanciati per terra?»

«Cattivo» gemette la bambina, riprendendo a stropicciarsi gli occhi.

Sherlock sospirò a bassa voce.

Aveva davvero bisogno di John.

Decise che avrebbe chiesto a Mrs Hudson. Era la sua unica speranza.

Raccolse i pesci e il piatto e tornò in cucina.

Uscendo furtivamente dalla porta della cucina che dava sulle scale, raggiunse la donna, nel disperato tentativo di farle cucinare qualcosa per la piccola.

Mrs Hudson si accigliò e gli fece notare che non fosse la governante, ma Sherlock prese a supplicarla.

«Prenda qualcosa dal frigo e glielo dia, caro, è semplice»

«Ci ho provato, ma mi ha gettato le aringhe per aria»

«Le aringhe?» l’espressione semi divertita di Mrs Hudson si trasformò in terrore.

«John avrebbe dovuto insegnarle un paio di cosette» continuò la vecchia signora, scuotendo il capo.

«E’ John a occuparsi di nutrire quel mostriciattolo» disse Sherlock, lanciando un'occhiata infastidita al piano superiore.

«Vado a prendere qualcosa e la raggiungo»

Dopo pochi secondi, Mrs Hudson riemerse dalla porta con una tanica di benzina in miniatura.

I due presero a salire le scale. Sherlock fece per parlare, ma Mrs Hudson fu più veloce.

«Ho un paio di cosette da dire a John» disse, continuando a scuotere la testa.

«Non pensavo che i bambini andassero nutriti con la benzina»

«La benzina?» La donna sobbalzò a quella parola. «Mio caro, questo è latte»

Sherlock non replicò.

«John non le ha insegnato proprio nulla»

Sherlock non voleva conoscere nulla di inutile in effetti.

Mrs Hudson andò subito in cucina, dicendo a Sherlock cosa avrebbe dovuto fare.

«D’accordo, caro, che ne dice di prepararle una zuppa di biscotti?»

L’espressione di Sherlock mutò. «Sembra qualcosa di disgustoso»

Mrs Hudson rise divertita. «Basta che mette a riscaldare il latte e, una volta versato nel biberon, ci scioglie pochi biscotti»

Mrs Hudson gli accese la fiamma e posizionò il bollitore sul fuoco, come se fosse stato un bambino piccolo che non deve avvicinarsi ad una fiamma.

Poi gli battè delicatamente la mano destra sulla spalla sinistra e, senza proferire parola, tornò al piano di sotto, mormorando sottovoce.

Sherlock posò lo sguardo su Rosie, intenta a guardarlo.

Il bambino poco più grande di lei versò in modo maldestro il latte nel bollitore, sporcando il bancone.

«La pappa sarà pronta tra poco» disse, mentre cercava di pulire con la carta da cucina.

Rosie annuì contenta, battendo le mani.

Sherlock cercò di pulire come meglio potè poi, come fece per prendere il pacco di biscotti, sentì provenire dal salotto la voce irritante di Peppa.

Rosie aveva raggiunto il telecomando ed aveva fatto finta di nulla.

Roba da un vero demone.

“Io adoro le pozzanghere”

«Ti ci dovrebbero strozzare nelle pozzanghere» digrignò Sherlock a bassa voce.

Dove diavolo era finito John?

Sherlock prese il telefono dalla tasca della sua vestaglia e compose il numero. Rispose la segreteria.

Lo odiava quando era in ritardo e irraggiungibile allo stesso tempo.

Provò a chiamarlo talmente tante volte di seguito che non si rese nemmeno conto che il latte stava bollendo.

Spense immediatamente la fiamma. Sapeva di non poterle far bere qualcosa di bollente.

Prestò un attimo attenzione al televisore e realizzò che Peppa Pig era lì a parlare della luna con la sua amica Suzy la pecora, mentre Sherlock voleva tanto dare una testata alla televisione.

Così ripose il bollitore bollente in frigo.

Sherlock si era appena ricordato che anni prima, John aveva comprato un libro su qualcosa che centrasse con la luna.

Si affrettò accanto ad una libreria dietro la sua poltrona e si mise a frugare. Dopo un pio di secondi prese un libro e ne lesse il titolo. “La Storia del Sistema Solare

«Eccoti» disse a bassa voce, con uno sguardo sinistro.

Poi guardò Rosie. «Rosie, guarda cosa ho qui»

La bambina prestò attenzione al padre, ignorando il maiale parlante.

Sherlock le allungò l’atlante e glielo aprì sulle gambe.

«Questo libro parla della tua amica luna, ti va di guardare le figure insieme?»

«TIIIIIIIIIIIIIIIII» gridò la bambina, estasiata.

Sherlock spense imediatamente la TV, chiuse il libro, la prese per mano e la fece sedere sulla sedia in cucina.

Poi si rese conto che non c’era spazio per il libro, così decise di spostare tutti i suoi strumenti e reagenti verso l’altra metà del tavolo.

Le aprì il libro e recuperò il bollitore dal frigorifero.

Poi aprì il pacco di biscotti al cioccolato senza zucchero che stava provando John, ne prese uno, due, tre, quattro, undici, docidi... diciotto 6.

Sì, potevano bastare, e li fece precipitare uno per uno nel latte ancora caldo. Poi avvitò il biberon e glielo portò a tavola.

Guardò l’ora: le 19:30.

Il temporale sembrava essersi calmato, la pioggia no.

Sherlock le cercò il capitolo sulla luna, sperando ci fossero almeno cento foto da osservare, così sarebbe rimasta tranquilla per un bel po’.

«Guardi foto con io?»

Sherlock si bloccò per un secondo. Aveva già deciso che avrebbe analizzato qualcosa al microscopio.

Sospirò flebilmente, fece per pensarci, ma rispose comunque di no.

Rosie continuò a fissarlo speranzosa, ma cedette, prendendo a guardare pigramente le foto.

Sherlock si andò a sedere all’altro capo del tavolo.

Un po’ gli dispiaceva di non accontentarla, ma gli occhi umani erano sicuramente più interessanti della luna.

Ne prelevò uno da uno dei barattoli nel microonde dietro di lui e prese a tagliuzzare il nervo.

Poi lo trattò con delle sostanze e lo posizionò sul vetrino, regolando le lenti per osservarlo meglio.

Dopo quelli che sembrarono due minuti, Sherlock controllò l’ora.

Le 20:15. E di John nemmeno l’ombra.

«Magari si è iniettato un tranquillante involontariamente ed è svenuto»

«Un taguillante?» chiese la bambina, senza staccarsi dal biberon.

«Niente. Torna a guardare le foto» Sherlock ruotò di pochi millimetri la lente destra del microscopio.

Magari è morto.

La porta dell’appartamento sbattè forte contro il muro del piano di sotto, tanto da farlo sobbalzare e Sherlock sentì i passi pesanti di John battere troppo velocemente sui gradini.

Sherlock avrebbe scommesso che il battito di John aveva raggiunto i 200 battiti al secondo.

John fece la sua comparsa in salotto.

«PAPIIIIIIIIII» gridò la bambina, guardandolo contenta.

«SHERLOCK!» ansimò John. «COSA E’ SUCCESSO???»

Sherlock distolse lo sguardo dalle cellule di schwann e prese a guardarlo.

Aveva una macchia enorme di vomito sulla parte anteriore della camicia blu, dallo stomaco alla cintura dei pantaloni.

Era così grande che persino col camice addosso non era stato possibile schivarla, era bagnato fino alle ossa e il ciuffo, anch’esso con piccole particelle di vomito, gli si era appiccicato alla fronte.

Era meravigliosamente disgustoso conciato così.

Pensò fosse stato un caso particolare all’ospedale.

Avrebbe dovuto prevederlo. Ecco, i cartoni gli stavano atrofizzando i neuroni.

John era tremante ed esausto, aveva bevuto un caffé veloce tra un paziente e l'altro ed aveva dimenticato di fare la spesa.

Era sposato con un irresponsabile. Meno male che ci pensava sempre Mrs Hudson.

«Alla buon’ora, John» sibilò. «Sei in ritardo»

«HO TROVATO 61 CHIAMATE PERSE E MI E’ PRESO UN COLPO»

«Eri irraggiungibile» sibilò nuovamente, gli occhi ridotti a fessure.

«Ero in metropolitana, cervellone» John si tolse velocemente il cappotto. «La linea non prende sotto terra»

«Ma davvero» commentò sarcastico. «Se avessi tardato di un altro minuto ti saresti ritrovato sul serio sotto terra»

John lo ignorò. «Certo. Vado a lavarmi»

Durante la cena, John era venuto a sapere da Rosie di voler conoscere la luna.

John disse che internet era pieno di video e documentari sulla luna e che magari potevano guardarne qualcuno insieme.

Sherlock cercò di soffocarsi con la saliva.

John aveva sistemato Rosie sulla sua poltrona rossa, rivolta verso il televisore. Poi le sistemò sulle ginocchia una coperta con dei dinosauri disegnati sopra, spense la luce e si sistemò sul divano, accanto a Sherlock, il quale gli lanciò uno sguardo assassino.

John poi collegò il suo telefono alla TV e fece partire il documentario.

Sapeva che Rosie non ci avrebbe capito nulla, avendo quasi due anni, ma decise di accontentarla comunque.

John si andò ad accomodare sul divano insieme a Sherlock.

“ Lontana 400000 km, la luna appare leggermente diversa da quella che si osservava 400 anni fa, quando Galileo ne tracciò la prima immagine.”

Sherlock cercò di trattenere uno sbadiglio. Meno male che erano nel buio più totale.

“La luna presenta numerose montagne. Queste, impervie, non sono state erose dalla pioggia, né dalla neve e né dal vento. Esse sono chiamate “Le Alpi Lunari”, e sono alte circa 5 km. I punti più alti superano i 10 km.”

Sherlock già non ne poteva più. «John, non mi sembra adatto ad una bam-»

In quel momento, John allungò una mano sulla sua coscia. Sherlock immediatamente allargò le gambe, sapendo già cosa voleva fare John. In realtà lui voleva che lo facesse.

Ma poi si rese conto di dover mantenere un certo contegno, vista la presenza di un minore.

John avvicinò il suo volto a quello di Sherlock e i due presero a baciarsi nel modo più silenzioso possibile.

I materiali di cui le montagne sono formate hanno un colore più chiaro di quelli che compongono i “mari”. I mari, scuri, hanno di solito una forma circolare.”

John infilò timidamente la lingua nella bocca di Sherlock, azzardando dei movimenti circolari.

Sherlock gli accarezzò la guancia sinistra, poi gli prese il volto ed aprì di più la bocca, facendogli spazio8.

John continuò così, finché Sherlock non aprì gli occhi e vide un’ombra davanti al televisore.

Oh no. Il demone aveva smesso di guardare quello stupido video.

Sherlock si allontanò dal volto di John. Accese la lampada ed entrambi videro che Rosie li stava fissando, incuriosita.

John si alzò velocemente dal divano, impanicato, spegnendo poi il televisore e guadagnandosi dei mugolii di dispiacere da parte della figlia.

«Bene, signorina, è ora di andare a nanna» disse John, prendendo la bambina in braccio ed uscendo dal salotto.

La bambina prese a fare i capricci, ma John non voleva sentire ragione.

«Non dimenticate di lavarvi i denti!» gridò Sherlock, ancora seduto sul divano.

Il ricordo del temporale era ormai lontano, le nuvole avevano lasciato spazio alla luna, finalmente visibile nel cielo.

Rosie adesso era estasiata, dal momento che poteva osservarla di nuovo.

Sherlock immaginò che la piccola, con il suo pigiamino azzurro con gli unicorni, avrebbe trascorso tutta la notte sveglia, intenta a fissarla.

John fece ritorno nella stanza, sbagliando rumorosamente ed indossando un pigiama decisamente ordinario.

Sherlock lo stava aspettando, infatti era in agguato dietro la porta.

John, confuso, si guardò intorno e prese a chiamarlo, non ricevendo risposta.

John raggiunse il pulsante della lampada con le dita e cercò di accendere la luce ma, prima che potesse farlo, la porta si chiuse di colpo e Sherlock gli balzò addosso.

«Dove eravamo rimasti?» gli chiese, con voce molto poco rassicurante, avvicinandosi alle sue labbra.

La risata di John risuonò alta e Sherlock, per farlo stare zitto, posò le labbra sulle sue.

Il chiaro di luna illuminò per tutto il tempo i loro soffici movimenti.


ANGOLINO AUTRICE :D


BUONSALVE GENTE!
Ringrazio e congratulo chiunque sia arrivato fin qui e sia sopravvissuto a questa storiella strampalata e totalmente improvvisata (sì, l’idea originale era un’altra, ma sappiamo tutti che le storie si scrivono da sole).

Partiamo dall’inizio:
1. Bear nella Grande Casa Blu. Un classico, lo trasmettevano su Rai3 la domenica mattina nel 15000 a.C, lo ricordate? Lo guardavo mente facevo ancora colazione quando mi svegliavo ancora ad orari umani e non aspettavo altro che la canzone finale.

2. La storia è ambientata dopo The Final Problem o, se volete, in un universo parallelo in cui Sherlock non ha mai finto la sua morte, il cuoricino di John non si è spezzato sul marciapiede della tragedia e non ha mai sposato Mary, per cui Rosie è stata adottata. Io opto comunque per la prima opzione.

3. Lo so, Peppa Pig. Non sono nemmeno sicura che venga trasmesso su quel canale, ma non ci interessa. Dovevo trovare qualcosa che irritasse Sherlock. E me. Non credo nemmeno che esista un episodio in cui Peppa e Suzy parlano della luna, ma era un espediente narrativo *sguardo mefistofelico*.

4. Non parliamo della roba che Sherlock conserva in frigorifero. Avete trovato l’Easter Egg, vero? Esatto, il dottor Hannibal Lecter. Volevo inserirlo da tempo in una fanfic, così ho colto l’occasione.

5. Mangia tutto, che devi crescere. Aiuto questa frase. Mia nonna continua a ripetermelo, sì, anche alla veneranda età di 400 anni. Anche gli zombie devono nutrirsi (non di cervelli, però, sono vegetariana).

6. Diciotto biscotti. Immagino siate impalliditi leggendo questo numero. Beh, una volta ho mangiato un pacco intero di biscotti (penso fossero circa terenta) perché non avevo mangiato per due giorni interi.

7. Documentario trovato su Youtube. Si intitola: “La Luna e il suo Influsso - Documentario”

8. Sporcaccioni è_é https://postimg.cc/ZCrRWDtH .

Bene, siamo arrivati alla fine delle considerazioni. *Lettori sospirano di sollievo*

Ringrazio chiunque recensirà, aggiungerà ai preferiti/alle ricordate questa storia finita di scrivere alle 7 del mattino (vado a dormire adesso, lo prometto).

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Alla prossima!

   
  
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