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Autore: douce hope    11/11/2021    1 recensioni
Quando sei Cupido è facile credere che l'amore possa nascere tra chiunque.
Di certo ne è convinta Amanda, il cui diletto è aiutare i suoi compagni di scuola a conquistare il cuore della persona amata.
Ma quando al suo cospetto si presente Michele, taciturno, altezzoso e imperturbabile, Amanda capirà che le frecce nel suo arco non sono sempre così facili da scoccare, soprattutto se il bersaglio è la ragazza più bella della scuola.
Tra amici problematici, figuracce continue e sentimenti irrazionali, Amanda comprenderà che l'amore non è semplice come credeva e che quando Cupido scocca la sua freccia, non hai più via di scampo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Il gelo delle otto di sera dei primi di Aprile mi penetra nelle ossa, causando dei brividi che mi scuotono tutta.

Sebbene sia da poco iniziata la primavera il freddo non ha accennato ad andar via, motivo per cui seduta su una panchina e con indosso un misero giubbino di pelle, sto pregando che l'autobus arrivi il prima possibile.

È già quasi una settimana che sono costretta a tornare a casa con i mezzi pubblici dopo lezione di danza,  i miei genitori infatti non possono dato che è un periodo molto impegnativo a lavoro, e mia sorella ha sempre qualcosa da fare con Ludovico.

Dopo la risposta secca dell'ultima volta non ho mai chiesto un passaggio e lei non me lo ha mai offerto.

Parliamo poco nonostante la convivenza sotto lo stesso tetto, e ho quasi sempre l'impressione che non esista nulla per lei al di fuori del suo fidanzato.

Anche con mamma è iniziata una specie di guerra fredda; non so precisamente cosa sia successo tra di loro, ma sono certa che abbiano discusso in quanto non comunicano più come un tempo.

Quel comportamento oltre che mettermi a disagio per l'aria che si respira tra le mura di casa, mi rende sospetta e anche  preoccupata.

Vorrei chiedere a Sam cosa le passi per la testa nell'ultimo periodo, ma la paura oltre che l'orgoglio per come mi ha trattata l'ultima volta mi bloccano puntualmente.

Nell'attesa dell'autobus decido di mandare un messaggio a Vittoria per chiederle se l'invito al pigiama party sia stato accettato.

"Rebecca e le altre hanno confermato per venerdì?"

Tra soli due giorni finalmente ci sarà il pigiama party, e ammetto di avere una leggera ansia.

Rebecca e le sue amiche mi sembrano ragazze simpatiche e alla mano, ma in poche ore dovrò carpire i gusti personali di Rebecca e in qualche modo introdurre il discorso "ragazzi". L'ultimo punto non dovrebbe risultarmi troppo complicato dato che il cinquanta percento dei discorsi femminili verte sui cromosomi Y, l'altro invece dovrà essere eseguito con discrezione.

Soffio sulle mani cercando di riscaldarle dal freddo serale e  controllo l'orario sul telefono per capire quanto ancora potrò resistere prima di diventare un ghiacciolo.

Le otto e un quarto.

Pochi minuti e finalmente arriverà l'autobus.

Il cellulare mi vibra fra le mani e subito leggo la risposta di Vic.

"Tutto sotto controllo, tranquilla! Mi raccomando compra patatine e cioccolato fondente :)"

Con un sorriso sul volto digito velocemente una risposta e alzando lo sguardo noto il pullman avvicinarsi.

Grazie al cielo.

Ripongo il telefono nella borsa e appena il conducente apre le porte mi fiondo dentro in cerca di calore.

A quest'ora, come immaginavo, è  pressoché vuoto e non mi è difficile trovare un posto e sistemarmi per bene.

Due fermate e due canzoni mi separano dall'arrivo.

Mentre Francesco Renga mi delizia le orecchie, Roma fa altrettanto con la mia vista. Dal vetro osservo tutte le luci delle finestre degli appartamenti che mi scorrono davanti agli occhi, vedo figure sfocate sedute a tavola pronte a cenare, altre davanti al televisore, altre ancora fuori al balcone ad ammirare il panorama.

Un tipico mercoledì sera.

Se invece penso a cosa mi aspetterà tra le mure di casa una volta tornata mi viene quasi voglia di arrivare al capolinea con il conducente.

Sì lo so, sono melodrammatica.

Il punto è che detesto litigare con le persone, soprattutto quelle a cui voglio bene e a cui non riesco a tenere il broncio.

La mia arrabbiatura di solito ha la stessa durata della mia pazienza: poca.

È per questo che mi risulta così difficile essere arrabbiata con Samanta, ma allo stesso tempo credo che mi debba delle scuse.

Non perché non mi abbia accompagnato a danza, ma per tutta la scontrosità che mi ha rivolto negli ultimi giorni.

Forse è solo un periodo stressante per lei, infondo è prossima alla laurea e avrà molti pensieri per la testa. 

Siamo pur sempre una famiglia, e a turno ognuno di noi deve sopportare gli sbalzi d'umore di qualcun altro. 

Speriamo che il suo le passi in fretta.

Intanto Renga continua a cantare di quanto sia bello l'amore e bla bla bla, dunque per evitare di deprimermi seleziono una canzone dei Coldplay più movimentata.

Viva la vida

Facile a dirsi, Chris Martin.

A stento trattengo qualche mossa di danza che il mio corpo istantaneamente avanza, giusto perché ho un minimo di dignità e cerco di conservarla, anche se il movimento del mio capo a ritmo di musica mi fa sembrare un piccione a piazza San Marco.

Mentre continuo ad osservare il panorama indisturbata non noto una figura che si pone al mio fianco e che mi osserva divertita.

Quando mi volto sgrano gli occhi dalla sorpresa e mi sfilo immediatamente una cuffietta.

L'amico di Marco, conosciuto quel sabato sera al Barracuda in cui Alessandro si è preso una bella sbronza, mi fissa con le sopracciglia alzate e un luccichio divertito negli occhi.

Istantaneamente mi viene da pensare che un ragazzo carino mi ha beccata tutta scombinata, con la frangetta arruffata e per giunta in un momento di massimo imbarazzo.

Proprio stasera dovevo incontralo su un autobus.

Lui intanto, poggiato su uno dei paletti che servono per evitare di cadere, vedendo che sono ammutolita mi rivolge un sorrisetto.

«Ciao» mi saluta semplicemente.

Sfilo anche l'altra cuffietta e ricambio il saluto, «Ciao»

«Non volevo disturbarti, mi sembravi molto...coinvolta»

Ecco, appunto.

Naturalmente divento color lampone per la vergogna. Questo ragazzo si diverte proprio a mettermi a disagio, e la cosa è ancora più surreale, dal mio punto di vista, dal fatto che ci siamo incontrati una sola volta. E abbiamo parlato per circa cinque minuti.

Il rossore sulle mie guance sembra infatti rallegrarlo ancora di più, e senza proferir parola si siede nel posto vuoto al mio fianco.

Mi serve spazio personale.

«Tu sei Amanda, giusto? Ti ricordi di me?» domanda guardandomi dritto in faccia.

«Sì e sì» annuisco come se i miei due "sì" non fossero ancora abbastanza chiari.

Mi schiarisco la voce e cerco di assumere un atteggiamento disinvolto, «E tu sei... Gianluca?» chiedo nella speranza che la memoria non mi inganni.

Finge una piccola smorfia delusa, «Giancarlo, in realtà» 

L'ho sempre detto di avere un problema a memorizzare i nomi.

Una risatina assolutamente fastidiosa esce dalle mie labbra, «Vabbè, ho indovinato il Gian!» tento di giustificarmi.

«Non posso lamentarmi» risponde lui sorridendomi.

Mi fermo un secondo a fissarlo, e vedendo i capelli bruni leggermente bagnati e il borsone poggiato sulle sue gambe, intuisco che anche lui deve essere di ritorno da qualche attività sportiva.

Eppure è la prima volta che ci incrociamo sull'autobus.

«Il tuo amico come sta?» 

«Chi? Alessandro?» chiedo memore di quella orribile serata.

Fa un piccolo movimento del capo per spostare una ciocca di  capelli che gli ricade sul viso, «Quello che stava per mandare a rotoli la sua carriera da modello con un bel gancio destro»

«Alessandro» confermo divertita, «fortunatamente la sua carriera è ancora salva» scherzo.

Anche lui si lascia scappare una piccola risata, «Ne sono contento»

«A proposito, grazie per aver aspettato insieme alle mie amiche, non potevamo lasciarle sole» mi ricordo di dirgli.

Per fortuna si era subito fatto avanti per aspettare insieme a loro, e gliene ero davvero grata.

Infondo anche a lui, così come a Rebecca e alle sue amiche (di cui continuo a non ricordare il nome) era toccato un sabato sera orribile a causa dell'idiozia di Alessandro. 

«Figurati, l'avrebbe fatto chiunque» mi risponde con una scrollata di spalle.

Gli rivolgo un piccolo sorriso per poi spostare gli occhi sulle luci luminose che mi informano che la prossima è la mia fermata.

«Devo scendere» lo informo cominciando a sistemarmi.

Poso la borsa sulla spalla e mi alzo in piedi sostenendomi alla parete per evitare di cadere e fare un'altra figuraccia.

«Aspetta» 

La sua mano stringe il mio polso costringendomi a guardarlo.

Si inumidisce le labbra e resta qualche secondo in silenzio.

«Dammi il tuo cellulare»  afferma facendomi nuovamente arrossire.

Amanda stai calma, sembri una bambina di cinque anni.

«Vuoi rubarmelo?» domando cercando di dissimulare.

Che battuta pessima.

Giancarlo però sorride, «Può essere» sta al gioco, «Dai, dammelo»

Sbircio dal finestrino riconoscendo la strada e per evitare di perdere la fermata prendo il telefono dalla borsa per poi porgerglielo una volta sbloccato.

Lui soddisfatto comincia a digitare sui tasti, lasciandomi il suo numero di telefono.

«Così puoi chiamarmi, se ti va» mi dice una volta finito.

L'autobus intanto rallenta per poi fermarsi. L'autista apre le porte.

«Ci vediamo» rispondo soltanto ancora imbarazzata.

«Ci conto eh!» risponde sicuro di sé.

Scendo dall'autobus e respiro a pieni polmoni l'aria fredda della sera incamminandomi verso casa.

Ripenso a quanto vissuto un attimo fa.

Giancarlo, l'amico di Marco, carino e più grande ha appena lasciato a me, Amanda Croce, il suo numero di telefono. Dopo esserci visti solo due volte.

Mai mi era capitata una cosa simile, e se nei libri queste scene fanno sorridere, adesso mi sento solo molto imbarazzata e confusa.

Dovrei chiamarlo?

Con questi pensieri rientro a casa, e il calore mi avvolge come una coperta di pile.

Tolgo la giacca per poi appenderla.

«C'è qualcuno?»

Nessuna risposta.

Quando però passo davanti la stanza di Sam la trovo chiusa.

Ciao anche a te Samanta.

***

«Prima di iniziare, vorrei farvi un annuncio» 

La professoressa Colombo rompe il silenzio con queste semplici parole attirando la nostra attenzione.

Alessandro al mio fianco resta con gli occhi puntati sul quaderno, controllando gli esercizi assegnatici per oggi.

Dal giorno del compito in classe ha cambiato completamente attitudine nei confronti della matematica: segue le spiegazioni, prende appunti e svolge sempre gli esercizi. Forse si è reso conto di essere arrivato al limite di sopportazione dei suoi genitori, forse si è sentito impotente quando Colombo mi ha scambiata con Laura, o forse ha semplicemente deciso di non essere rimandato.

Non so perfettamente cosa l'abbia spinto, ma non posso che esserne felice.

«Non credo ci sia bisogno di informarvi che sarò io ad accompagnarvi alla gita a Firenze» riprende Colombo indossando gli occhiali, «Ebbene, sarò anche io ad occuparmi dell'organizzazione della vostra classe, ragion per cui vi informo che partiremo fra due settimane e che dovrete portare le autorizzazioni e i soldi entro le prossima» conclude.

Subito un brusio si eleva nell'aula, e anche Alessandro distoglie gli occhi per spostarli su di me.

Ci guardiamo entrambi sorpresi, come anche i nostri compagni.

So che il nostro è stato un viaggio organizzato molto velocemente, e anche che il prezzo non è eccessivamente elevato, ma non eravamo minimamente pronti o quantomeno dell'idea che avremmo dovuto fare le valigie così presto.

Se da un lato sono felice, dall'altro non posso non pensare che ci sia stato fin troppo poco preavviso.

«Lo so, lo so, vi abbiamo informato decisamente tardi e mi rincresce. Purtroppo la preside è stata un'osso duro, ma io e il Professor Parisi volevamo che faceste questa esperienza» ci spiega guardandoci uno ad uno.

Una settimana per consegnare le autorizzazioni, ovvero una settimana per convincere Michele a venire in gita.

Sì, lui mi ha chiaramente detto di non averne intenzione, ma non posso di certo arrendermi così facilmente. Sono ancora dell'idea che sia un pian perfetto, e non voglio rinunciarci.

Il problema è trovare qualcosa che lo motivi.

La professoressa Colombo intanto chiama Vanessa alla cattedra e quest'ultima ci distribuisce le autorizzazioni da far firmare ai nostri genitori. 

Leggo tutte le informazioni necessarie, e già immagino i nostri quattro giorni per le vie di Firenze, respirando la storia e l'arte ad ogni angolo.

Peccato che non posso godermi  appieno questa emozione pre gita.

«Ho ancora un'altra novità» ci riprende la Prof.

Cosa può esserci ancora?

«Il professor Parisi tiene molto alla socializzazione tra gli studenti e anch'io. Da lui è partita l'idea della vostra gita, e da me è partita l'idea di un'altra attività che credo sia giunto il momento di portare nelle scuola italiane» comincia incuriosendoci.

Resta qualche secondo in silenzio per creare un pò di suspence, per poi affermare solennemente «Il teatro»

Il teatro?

Anche le facce dei miei compagni hanno assunto espressioni perplesse, soprattutto Alessandro che non prova minimamente a nascondere il suo scetticismo.

«Non solo, ma anche la musica. Sono entrambe delle arti che non vengono mai approfondite, ecco perché ho deciso di unire l'utile al dilettevole e portare in scena un musical

Per poco non scoppio in una risata.

Un musical? Davvero?

Mi dispiacerebbe smorzare il suo così evidente entusiasmo, ma credo che per la maggior parte di noi l'esperienza più vicina ad un musical sia la recita delle elementari.

Anche Colombo interpreta il nostro silenzio come un dissenso perché quel piccolo sorriso, che mai le avevo visto in tre anni, si spegne di colpo.

Forse si aspettava salti in aria e urla entusiaste.

Si schiarisce la voce e prosegue, «Per un musical ci vogliono molte persone, ecco perché mi farebbe piacere che diffondeste la notizia. Metterò un cartello fuori la scuola in cui potrete firmare se siete interessati, entro la fine del mese. Se ci saranno abbastanza firme porteremo in scena Grease, altrimenti perderete l'opportunità di fare qualcosa di diverso in questa scuola. Sta a voi la scelta»

Ammetto che non mi dispiacerebbe vedere un musical nella nostra scuola, semplicemente non ho intenzione di parteciparvi, e credo che lo stesso valga per i miei compagni.

Anche Alessandro mi sembra poco propenso, sebbene sia uno dei pochi ad avere una seria cultura musicale; infatti quando la campanella suona e Colombo esce dall'aula, si alza in piedi e scoppia a ridere.

«Non pensavo che saremmo finiti in High School Musical» scherza facendomi ridere.

In effetti.

«Nemmeno io in realtà. Penso proprio che nessuno firmerà»

Passa una mano tra i ciuffi corvini per poi poggiarsi al banco.

«Chi si sottoporrebbe mai ad un'umiliazione pubblica di fronte a centinaia di studenti? Soprattutto chi indosserebbe mai quei jeans strettissimi di John Travolta in Grease? Cavolo, poteva scegliere almeno qualcosa di più recente»

«Magari La La Land» propongo divertita.

«Sì certo, e ballare il tip tap di fronte a tutti? Non che io abbia qualcosa contro il tip tap, credo proprio che i musical siano imbarazzanti in generale»

Non posso dargli torto in effetti.

Il solo pensiero di ballare e cantare di fronte a tanti adolescenti pronti a riderti addosso in un battito di ciglia non è decisamente allettante.

Continuiamo a parlare finché Laura non si avvicina a noi come una furia. 
Lancia una breve occhiata ad Ale per poi rivolgersi a me.

«Ci credi che nessuno vuole partecipare al musical?!» esclama sbalordita ed infuriata, «Ho chiesto a tutti cosa ne pensassero e tutti mi hanno detto che è una cavolata! Da non crederci! Finalmente la musica viene introdotta in questa scuola e a nessuno importa» conclude esasperata.

Come glielo dico che sono della stessa opinione?

Questa mi ammazza.

«Beh Laura, non tutti sanno cantare bene come te, o fare qualsiasi cosa che..» inizio per poi interrompermi quando senza alcun motivo Alessandro si allontana velocemente urtando la spalla di Laura appositamente.

Cosa è appena successo?

Guardo Laura stranita, mentre lei rimane in silenzio. In un'altra occasione non avrebbe perso tempo ad insultarlo, ora invece non riesce a nascondere un leggero rossore.

Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra quasi che lo abbia accettato perché crede di esserselo meritato.

Ok, questo non è possibile. 

«Che succede?» chiedo cercando un contatto visivo.

«Niente» risponde mentre con un gesto nervoso comincia a mangiare una pellicina del pollice.

Ok, è sicuramente successo qualcosa.

«Cos'era quello?»

«Quello cosa?»

«Laura, non fare finta di niente, Alessandro ti ha urtata e non hai detto una parola»

Non ribatte subito e questo mi mette in allerta.

«È semplicemente Alessandro che fa l'idiota come sempre e non mi andava di discutere oggi»

«Dimmi la verità» dico perentoria.

«È la verità!»

Le lancio uno sguardo eloquente che la fa sbuffare.

«Possiamo parlarne un'altra volta?» suggerisce facendomi notare che siamo a portata d'orecchio di altri venti ragazzi.

Sospiro rassegnata sapendo che non sputerà il rospo così facilmente.

«Va bene, ma non finisce qui il discorso»

Annuisce distrattamente. Forse pensa di scamparsela ma non ha capito che voglio sapere  subito cosa sta succedendo tra quei due prima di ritrovarmi nel mezzo di una guerra.

«Quindi?» esclama all'improvviso.

«Quindi cosa?» domando confusa.

«Quando andiamo a firmare?»

Maledizione.

«Ehm veramente....»

***

Oreo o Nutella Biscuits?

Questo è il dilemma.

Con un carrello stracolmo in una mano e paio di pacchi di biscotti nell'altra, sono intenta da più di cinque minuti a pensare a cosa prendere per il pigiama party di domani.

Dopo aver fatto i compiti, mi sono munita di portafoglio e giacca per fare la spesa più calorica di sempre.

Avevo già preso i marshmallow e la cioccolata come mi aveva chiesto Vic, oltre che patatine, bibite, e altre schifezze.

Alla fine dopo un altro minuto di dubbio decido di prenderli entrambi. Male che vada li mangerò nei giorni a seguire.

Soddisfatta mi reco alla cassa, rendendomi solo adesso conto che ho decisamente preso troppa roba, e non ho idea di come farò a portarla da sola a casa.

Amanda sei veramente un genio.

Prevedendo già lo sforzo fisico a cui sottoporrò le mie braccia, faccio la fila e pago mettendo tutto nelle buste.

Quattro sacchetti, ce la posso fare.

Peccato che pesino un quintale.

Esco dal supermercato già stanca, dunque decido di appendere la busta più leggere al mio braccio, e di mantenere con le mani le altre. 

Proseguo incamminandomi fuori dal percheggio rassegnata al mio destino, quando vedo Michele parcheggiare il motorino e posare il casco nel baule.

Strizzo gli occhi, convinta di avere un'allucinazione, ma no, è proprio lui.

Dovrei andare a salutarlo?

È da quasi una settimana che non ci parliamo, precisamente dall'incontro vicino le scale antincendio, e sebbene ci fossimo incontrati spesso nei corridoi, abbiamo semplicemente scambiato un cenno di saluto.

Quei piccoli passi avanti che avevamo fatto si erano annullati in un singolo momento.

Forse sono stata troppo avventata con lui, e con tutto il discorso sulla fiducia.

Credo ancora che debba aprirsi con me, ma forse dovrei lasciargli il suo tempo. Se fosse stato lui a chiederlo a me, non mi sarei mai aperta così facilmente. 

Rilascio un piccolo sospiro e mi avvio nella sua direzione prima che entri nel supermercato.

Quando i suoi occhi incontrano i miei, non nasconde una leggera sorpresa.

Piccolo il mondo, eh?

«Ciao» lo saluto per prima.

Intanto le buste continuano a trascinare le mie spalle verso il basso, e a lasciare segni sul braccio.

«Ciao» 

Sorprendentemente mi sorride, e penso che non mi abituerò mai a vedergli un'espressione diversa da quella seria e composta dell'ultimo anno.

Mi guarda dall'alto in basso soffermandosi sulle buste assassine.

«Però, quanta roba!» nota subito.

Anch'io mi lascio scappare un sorriso, «Che dici, ho esagerato?»

Alza le spalle, «Beh dipende da cosa devi fare»

Ricordo ora di non avergli minimamente menzionato il pigiama party.

Mordo le labbra leggermente nervosa per la mia dimenticanza.

«Ho organizzato un pigiama party con Rebecca e le sue amiche» snocciolo subito.

«Ah» il suo sorriso si spegne lentamente. 

Ecco lo sapevo, ho combinato un disastro.

«Mi dispiace non avertelo detto, mi sono completamente dimenticata e..»

Alza le mani per fermarmi, «Amanda» inizia, «non preoccuparti, mi stai già aiutando non devi anche giustificarti» 

Quasi mi cadono le buste a terra per lo shock.

Ogni volta che mi mostra la sua gentilezza mi lascia sempre senza parole.

Ho sempre creduto che fosse un maleducato, e non manca mai occasione per dimostrarmi il contrario.

Eppure avrei dovuto imparare la lezione da Elizabeth Bennet.

E non mi resta che sorridere, sorridere veramente per la prima volta, un sorriso così sincero che forse lo spiazza.

«Ehm..quindi quando ci sarà questa festa? Cioè, il pigiama party intendo..» chiede 

«Domani»

Annuisce e cala il silenzio.

Mi sa che è il caso di tornare.

«Allora io vado» comunico interrompendo quella trance in cui sembra essere caduto.

«Eh? Sì certo, scusa. Ma ce la fai a portare tutto a casa da sola?» domanda acuto come sempre

«Ma certo! Sono forte come Braccio di Ferro io!» 

E per provare la mia incredibile goffaggine alzo un braccio per mostrare il muscolo inesistente, e provoco soltanto la caduta di una busta.

Michele scoppia a ridere sinceramente divertito. Si china a raccogliere il sacchetto e si avvicina al suo motorino.

E ora che vuole fare?

«Vieni, ti do un passaggio» 

Per un secondo penso stia scherzando, ma quando si mette il casco e me ne porge un'altro capisco che fa sul serio.

«Ma sei appena arrivato, e il supermercato fra poco chiude» gli faccio notare.

Non voglio che si senta in dovere di accompagnarmi, e non voglio impedirgli di fare la spesa.

«Dovevo comprare solo un pacco di pasta, ma posso farlo anche domattina, tranquilla»

Non mi muovo dalla mia posizione, ancora dubbiosa.

Michele mi sollecita con lo sguardo, e infondo non ho assoluta voglia di portare quattro massi di buste per un chilometro.

Afferro il casco con un sorriso e lo allaccio con un pò di difficoltà, e dopo aver posato le buste in modo da non farle cadere, circondo il busto di Michele pronto a partire.

«Grazie» sussurro prima che accenda il motore.

«Figurati» 

È la seconda volta che ci ritroviamo in questa situazione, io con le braccia intorno al suo corpo, e lui che mi offre un passaggio.

E anche questa volta, proprio come la precedente, non posso negare che stare così a stretto contatto con il suo corpo, mi provoca una sensazione che mi fa avvampare all'istante.

E mentre il vento soffia tra i capelli, e le persone ci passano di fianco, penso che Michele è un ragazzo tutto da scoprire.

   
 
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