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Autore: CedroContento    11/11/2021    5 recensioni
“Il Duca avrebbe desiderato, anche se non l’ha detto ufficialmente, che sua Maestà prendesse in sposa sua figlia. Ma non se n’è fatto niente.”
“Per forza, era strabica e piena di lentiggini” esclamò Caspian.
(Le Cronache di Narnia – Il viaggio del veliero, Cap.2)
.
Da questo piccolo estratto nasce la mia storia (una mini long in due parti), ovvero quella di Ella, la figlia del duca di Galma. Cosa sarebbe successo se la voce riguardo al commento indelicato del Re si fosse sparsa per tutta Narnia? E se Ella e Caspian si fossero incontrati ancora una volta, dieci anni dopo?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Seconda Parte
 
“Ella…” sussurrò, da un punto indefinito, la voce della Duchessa. “Ella, svegliati.”
Percepì il peso leggero del corpo della madre seduta sul letto accanto a lei, il suo profumo familiare sapeva di conforto.
Qualcosa nella testa di Ella le suggeriva di ignorare quanto diceva e indugiare il più possibile nel dormiveglia. Riluttante, aprì gli occhi e meccanicamente le sue mani cercarono a tentoni gli occhiali da vista. Li trovò, ma non li appoggiò sul naso, li strinse tra le dita chiuse a pugno. Non era pronta a rimettere a fuoco la realtà. 
Più tornava cosciente, più il ricordo e la consapevolezza di ciò che era successo la sera prima le ripiombavano addosso; le sembrò di sentirle abbattersi su di lei come onde enormi di un mare in tempesta. 
 
“Che ore sono?” mugugnò, ancora mezza addormentata, nascondendo la testa sotto il cuscino. 
Aveva passato gran parte della notte insonne, a rimuginare su quanto era accaduto. Era riuscita a servire su un piatto d’argento dei nuovi pettegolezzi a chi se li aspettava e, almeno una volta tanto, non aveva deluso le aspettative di nessuno.
Cercò di raddrizzarsi e solo allora si rese conto che una marea di stoffa la impediva nei movimenti; si ricordò che non si era nemmeno premurata di togliere il vestito da sera, prima di rifugiarsi tra le coperte, la notte prima. 
 
La Duchessa aveva spalancato le finestre e l’aria e la luce, frizzanti della tarda mattinata, si riversavano nella stanza. 
“Le dieci, è tardi!” fece, sempre più insistente sua madre.
Ella registrò nel suo tono una certa irrequietezza.
“Tardi?” chiese, sbadigliando. “Ma cosa stai dicendo, tardi per cosa?” 
“Ieri sera Sua Altezza ha parlato con tuo padre,” azzardò, finalmente, la Duchessa.
Ella scostò di scatto le lenzuola, ormai completamente sveglia. E anche alquanto allarmata.
Fece un cenno nervoso con la testa, dando ad intendere alla madre che era meglio si decidesse a vuotare immediatamente il sacco.
Lei non si fece pregare: “Re Caspian vuole che tu vada con lui a Cair Paravel, passerai un periodo ospite a corte!” annunciò, tutto d’un fiato. “Non è fantastico?!” 
“No, che non lo è! Io non ci voglio andare a Cair Paravel!” balzò su Ella. 
“Ma non capisci? Questo potrebbe sistemare le cose! Se sua Altezza in persona ti invita a corte non sarai più un’emarginata, qualcuno potrebbe mostrare più interesse nei tuoi confronti, la smetteranno di prenderti in giro, è la tua grande opportunità di riscatto! Tesoro mio, non poteva esserci soluzione migliore!”
“Io sto bene da sola, non ho bisogno di- di-… tutte queste cose.” 
“Non essere sciocca,” fece la Duchessa, e un tono severo prese il posto di quello più attento di poco prima. “Ti metterò io stessa sulla nave con il Re, dovesse essere l’ultima cosa che faccio,” minacciò. “Non sarò costretta a vedere un giorno di più le occhiate che ti rivolge tuo padre!”
La Duchessa serrò le labbra e sottrasse a Ella lo sguardo, colpevole, dopo aver pronunciato quelle parole, pentita di essersi lasciata andare rivelando i suoi pensieri; un evento raro per lei.
 
Anche Ella perse tutto il suo slancio. Abbattuta passò le dita sugli intricati ricami floreali del sul suo stupendo vestito, senza vederli realmente.
Sapeva a quali occhiate si riferiva la matrigna, quelle che ogni volta sembravano urlarle in faccia che per il padre lei era un bel problema, non solo una delusione enorme.
Pareva che il Duca non fosse proprio in grado di celare quel sentimento, che aveva finito per prendere il posto dell’adorazione che le riservava un tempo, quando era ancora la sua piccola bambina esuberante. 
 
“Vorrei solo che potessi vedere ciò che vedo io quando ti guardo,” riprese la matrigna. “E checché ne pensi, Ella, sei meravigliosa. Ti stai buttando via,” disse, tornando vicina e stringendola in un abbraccio.
Ella sentì le lacrime salire agli occhi per l’amore che percepì in quel contatto; era così grata di avere qualcuno che la amasse tanto.
Sospirò pesantemente per non sciogliersi definitivamente in un pianto. 
“Te lo eri preparato tutto questo discorso,” borbottò, sentendosi più che mai sconfitta da tutto e tutti, dalla vita stessa. 
“Sì, ci ho pensato su tutta la notte,” ammise la Duchessa.
Ella percepì le sue labbra piegarsi in sorriso triste.
Annuì contro la sua spalla: “È uscito bene,” concesse, ricambiando la stretta. 
“Grazie,” disse la Duchessa, scostandosi quanto bastava per guardarla in viso e asciugarle le guance umide. 
“Non andrò,” ribadì Ella, senza più alcuna convinzione.
La madre in risposta annuì, si alzò e, sorda alle sue proteste, cominciò a trafficare tra le sue cose per scegliere cosa dovesse finire in valigia.  
“Non andrò. Mi hai sentita almeno?!”
 

Ogni ragazza prima o poi sogna di essere prelevata da un bellissimo Re, di essere portata nel suo meraviglioso palazzo, solcando il mare, a bordo di una nave già leggendaria per aver raggiunto i confini del mondo.
Ogni ragazza che non soffra terribilmente il mal di mare, e quello era il caso di Ella. 
 
Fortunatamente, per raggiungere le coste continentali di Narnia non sarebbe servita più di una giornata di navigazione, e Ella era decisa a passare quel tempo rifugiata nella cabina che le era stata riservata, con un bel secchio come unico compagno di traversata.
Con un po’ di fortuna sarebbe riuscita ad evitare di rendersi ridicola, ancora, anche se questo comportava stare seduta da sola, abbracciata al suo fedele alleato, a riempirsi le dita di schegge sul legno ruvido. 
 
“Oh, ma volete prendermi in giro!” esclamò, quando dopo un rapido bussare, senza attendere l’autorizzazione, Caspian si infilò nei suoi alloggi. 
“Vi disturbo?” chiese il Re, gettando un’occhiata divertita la secchio.
“Sì,” fu la secca risposta. 
“Non era mia intenzione,” disse lui, senza ombra di rammarico. “Ma ho pensato che almeno qui, in mezzo al mare, non potrete scappare mentre cerco di parlarvi.”
“Una vera fortuna. Come posso aiutarvi?” articolò con attenzione Ella, concentrata a tenere a bada la nausea, ma assicurandosi di mettere nelle sue parole il giusto fastidio per quell’intrusione inopportuna. 
“Ella, sono venuto a dirvi che mi dispiace per quello che è successo. Intendo per tutto. Non avevo idea”.
“Buono a sape-” Ella avvertì una forte ondata di nausea risalire in gola dal suo povero stomaco aggrovigliato.
 
Svelta si aggrappò ai bordi del fidato secchiello, mentre il Re si dirigeva a passo deciso ad aprire la finestra, per lasciare entrare una sferzata d’aria fresca, che effettivamente aiutò Ella a riprendersi. 
“Non avete mangiato, vero? È un errore, avreste dovuto fare una colazione leggera,” puntualizzò, alquanto inutilmente, Caspian. 
Ella trovò la forza di alzare la testa dal secchio, spinta unicamente dal desiderio di ucciderlo con lo sguardo: “Ditemi quello che dovete e lasciatemi sola”.
Ci mancava solo che Caspian la vedesse veramente vomitare, non lo avrebbe mai sopportato, considerando che già farsi vedere in quelle condizioni, debole, la disturbava immensamente.  
 
“Bene,” disse lui, incrociando le mani dietro la schiena, assumendo una posizione di composta regalità. “Ho insistito perché veniste a corte con me perché sono del tutto intenzionato a sistemare la situazione. Vi terrò al mio fianco e nessuno oserà più ridere di voi,” annunciò Caspian, alzando il mento, risoluto e evidentemente molto compiaciuto da quella brillante trovata. 
“Non vi sarete messo in testa di trovarmi un marito, eh?” fece Ella, scettica. 
“Se trovate qualcuno all’altezza e di vostro gradimento, perché no?”
 
Ella scosse la testa, senza riuscire a trovare qualcosa di sensato da controbattere a quel mare di sciocchezze.
L’unica cosa che sapeva realmente era che stava malissimo, e che non aveva bisogno della compassione di Caspian; la sua carità le era intollerabile. 
 
“Sapete, da ragazzina, non avevo altro desiderio che sposarmi con un bel principe un giorno,” disse, azzardandosi a togliersi dal grembo il secchio, per darsi un minimo di contegno.
“Credevo che in qualche modo così mi sarei sentita realizzata, che avrei vissuto per sempre felice e contenta,” sorrise amaramente ripensando all’ingenuità di quelle convinzioni.
“Ma c’è una cosa che ho capito crescendo, dopo il nostro primo incontro, ovvero che per essere completi in realtà non occorre sposarsi, non occorre trovare un bel principe. Qualche volta, penso che vorrei poter tornare indietro e dire questo a me stessa, mi avrebbe risparmiato tante lacrime inutili.”
 
Si alzò e sostenne fieramente lo sguardo di Caspian, voleva fosse chiaro che lui non era più in grado di metterla in soggezione in alcun modo; nessuno avrebbe mai più potuto farla sentire piccola, nemmeno un Re.
“Non potete più ‘sistemare le cose’, è troppo tardi per voi e il vostro stupido veliero per venire a salvarmi.”
 
La regale di compostezza di Caspian vacillò, abbassò il mento e se in qualche modo fino a quel momento aveva torreggiato su Ella, ora sembrava aver riacquistato un’altezza normale.
Erano alla pari.
“Fatemi fare almeno un tentativo, ho una certa esperienza con le imprese disperate”. 
Gli occhi di Ella diventarono due fessure all’istante.
“No, io…mi sono espresso male. Non intendevo dire che-”. 
“Adesso, vorrei che mi lasciaste sola, Vostra Grazia,” disse, piccata. 
 
Caspian annuì, consapevole fosse meglio non aggiungere altro. Ella evitò accuratamente di guardarlo e lui si diresse verso la porta.
Sostenuta, seguì i suoi movimenti con la coda dell’occhio. Lo vide indugiare all’ultimo, forse sul punto di aggiungere qualcosa, ma dovette ripensarci.
Uscì, e lei poté ricominciare a respirare.
 
 
Cair Paravel era veramente un posto da sogno. In dieci anni di regno, Caspian era riuscito a riportare il castello all’antico splendore dei tempi antichi.
Ogni superficie del palazzo sembrava rifulgere di luce propria: gli intarsi dorati alle pareti, i pavimenti in marmo lucidi come specchi, i lampadari di cristallo che emanavano brilluccichii cangianti e i giardini costellati di fiori dal profumo inebriante.
Perfino le stelle nel cielo sembravano più brillanti in quella parte di Narnia. 
 
I posti che Ella preferiva in assoluto, neanche a dirlo, erano l’immensa biblioteca e il moderno osservatorio astronomico, che erano stati curati dal dottor Cornelius, quando questi era ancora in vita.
Ella si disse che se proprio doveva passare lì il proprio tempo tanto valeva approfittarne, considerato che nel suo castello poteva sognarsi volumi tanto rari e delle attrezzature così all’avanguardia. 
 
Ciò che le mancava realmente era il tempo che avrebbe desiderato dedicare allo studio; su insistenza di Caspian doveva prendere parte agli eventi e alle serate mondane, e quando il Re era a Cair Paravel ne venivano organizzati veramente un’infinità. 
 
Come promesso, Caspian le dedicava un mucchio di attenzioni: passava interi pomeriggi assieme a lei, danzava con lei alle feste, le riservava il posto d’onore al suo fianco ad ogni banchetto.
Era arrivato addirittura a tessere le lodi di quanto fosse fiorita la sua bellezza, con grande disappunto di Ella, che si chiedeva costantemente se non si stessero tutti solo prendendo gioco di lei, il Re per primo.
Una parte nel suo profondo le ricordava che tutto non era altro che una ridicola farsa, una stupida recita a beneficio delle apparenze. 
 
Ma il fatto sorprendente era che era stata quasi tentata di rispondere sì, quando un pomeriggio, Caspian le aveva chiesto se si stesse divertendo; perché, nonostante tutte le riserve, effettivamente era così.
Rinsavendo Ella aveva preferito puntualizzare che se non avesse già sperimentato sulla propria pelle quanto potessero essere crudeli tutte quelle belle persone sarebbe stato diverso.
Il Re aveva scosso la testa, tra lo sconfortato e il divertito, ed Ella si era sforzata di trattenere un sorriso.
 
Se non lo avesse conosciuto, avrebbe pensato che il Re sembrasse veramente apprezzare il tempo che passava con lei, o aveva doti attoriali molto convincenti.
Il suo incrollabile buonumore tante volte era fastidiosamente contagioso, e quando lui le sorrideva lei sorprendeva sé stessa a sorridergli di rimando. 
 
 
“Ella, ti cercavo,” si annunciò Caspian una sera, a circa tre settimane dall’arrivo di Ella a corte.
Era nel vecchio studio del dottor Cornelius, impegnata ad osservare alcune carte geografiche.
Alzò rapidamente la testa, dando ad intendere che aveva preso nota del suo ingresso, ma non voleva distrarsi. 
 
“Mi vergogno di confessare che non ci sono più venuto così spesso dopo la morte di Cornelius. Sai, me lo ricordi qualche volta,” continuò tranquillamente Caspian. 
Ella si morse la lingua per non dirgli che trovava strepitoso ricordargli un anziano mezzo nano; ma dal modo in cui Caspian tante volte parlava del suo vecchio precettore si poteva capire senza troppa fatica quanto gli fosse affezionato, così tacque, cercando di vedere il lato positivo di quella confidenza. 
 
“Questa l’hai trovata nella Camera degli Strumenti, se non sbaglio. È prodigiosa, vero?” disse il Re, avvicinandosi a Ella e alla cartina che stava esaminando con una lente, tanto che il suo braccio sfiorò quello di lei.
“Si può distinguere fino al più piccolo dettaglio, anche il più insignificante. Vedi l’insegna di questa bottega?” (1)
“Quello che non riesco a capire è come sia possibile che sia così minuziosamente precisa in alcuni punti, mentre in altri sia praticamente bianca. Non riesco a venirne a capo.”
“Raffigura solo ciò che ho visto con i miei occhi. Per quanto riguarda il renderla più completa possibile, ci sto lavorando”.
“Ovviamente. Se non l’hai visto tu non vale nemmeno la pena che compaia sulle mappe. Nulla esiste finché non si presenta al tuo cospetto, non è così?” disse Ella alzando il viso su di lui, sfidandolo con lo sguardo.
“Un giorno mi spiegherai perché sei sempre così acida con me. Anzi, mi correggo: con tutti,” ribatté lui senza tirarsi indietro. Sembrò anzi farsi più vicino, non le era mai stato così vicino.
 
Ella si rese conto di avere gli occhi impunemente fissi in quelli di lui, e avrebbe tanto desiderato sapere cosa gli stesse passando per la testa, mentre la sondava così profondamente da toglierle il fiato.
Aveva solo immaginato di vedere il suo sguardo indugiare sulle sue labbra, spinta forse dalla voglia che fosse realmente così? 
Probabilmente sì, doveva controllarsi: “Mi cercavi per un motivo particolare?” chiese, riportando la distanza interpersonale tra loro ad un livello più appropriato. 
“A dire il vero, sì. Lord Argion mi ha chiesto se sei disponibile, testuale. Pare voglia chiedere la tua mano al Duca, a tuo padre,” disse Caspian con apparente noncuranza, come se stesse commentando il meteo. 
“Cosa?! Davvero?” sgranò gli occhi Ella, e per poco non le scivolarono gli occhiali dal naso. 
 
Aveva parlato diverse volte con Lord Argion, ma non avevano mai passato del tempo soli. Era un uomo poco più grande di lei, pacato, discretamente intelligente, e si dava il caso fosse anche bello. Ella non aveva sospettato fosse interessato e lei in quel senso, non avrebbe mai osato sperare in tanta fortuna; solo un mese prima si sarebbe da subito premurata di smascherare il prima possibile il tranello. 
 
“Sei contenta?” indagò Caspian in tono piatto, vagando distratto per la stanza. 
“Sorpresa, più che contenta,” ammise Ella, sedendosi, sopraffatta dalla piega che avevano preso così improvvisamente gli eventi. 
“E se ti dicessi che gli ho detto che non lo sei? Disponibile, intendo,” disse Caspian, che, chissà da quanto, si era fermato e da lontano la esaminava.  
“Ti chiederei perché diamine ti saresti permesso di rispondere una cosa simile al posto mio!” esclamò Ella, balzando di nuovo in piedi, più disturbata dal fatto che Caspian ritenesse di poter prendere decisioni di quel tipo per suo conto, più che preoccupata di aver perso l’occasione - rara ed irripetibile - di quel matrimonio. 
“Temo-…” Caspian si fermò, cercando le parole. “Mi sono reso conto di sentirmi riluttante a cederti a chiunque,” disse alla fine, perdendo ogni compostezza. 
“Ti sto dicendo che mi sono innamorato di te,” aggiunse, visto che Ella lo guardava inebetita, incapace di muovere un singolo muscolo, o di proferire parola; un comportamento insolito per lei. 
 
“Non ne hai diritto,” rispose piano, dopo un tempo che sembrò infinito. “Non puoi. Tu-, tu sei l’uomo che ha distrutto i miei sogni. Mi hai umiliata e gettata nel dimenticatoio per dieci anni, come se non valessi nulla. Non sono disposta, non lo sarò mai, a perdonarti per questo, e figuriamoci a gettarmi ai tuoi piedi adesso. Non è così che funziona!” quasi urlò ciò che sentiva dentro, e che pure non era più certa corrispondesse al vero. 
 
“E non mi sono forse scusato un miliardo di volte per questo?! Cosa vuoi che faccia ancora?” ribatté con altrettanto fervore Caspian.
 
La guardava come se lo avesse appena preso a schiaffi, ed Ella non riuscì del tutto a spiegarsi come mai il proprio cuore le si fosse serrato nel petto, tanto da far male.
Solo un mese prima avrebbe dato di tutto per poter avere quella rivalsa. Aveva fantasticato, qualche volta, di rendere a Caspian pan per focaccia, era inutile negarlo; o in alternativa aveva sognato ad occhi aperti che lui tornasse strisciando da lei.
Ed ora eccolo lì. Ma sembrava tutto così sbagliato.
 
“Sono stanco di scusarmi, Ella, non ho più nessuna intenzione di farlo. Di sicuro non mi scuserò se ti trovo perfetta, non mi scuserò se provo quello che provo. E non mi scuserò se ho costantemente voglia di baciarti, perfino ora.”
 
Per la prima volta Ella fu certa non fingesse. Per la prima volta vide in lui dei sentimenti veri, inequivocabili e autentici, nulla di nascosto dietro ai suoi modi solitamente impeccabili. 
Ma Caspian non aveva merito di provare quelle cose per lei, il fatto che quei sentimenti fossero per lei era un errore, non li voleva, non sapeva più che farsene. 
 
“Non hai idea di come mi sia sentita sola in questi anni per colpa tua.” 
“Vieni a dare tu a me lezioni sulla solitudine?” sbottò Caspian. “Non hai idea di cosa sia la vera solitudine.” Scosse la testa: “Sei sempre così presa a compatirti da essere cieca a tutto. Per una volta, Ella, metti da parte quel tuo dannato orgoglio”.
“Non posso,” le era costato anni di fatica cucirselo addosso. 
“Bene, se è così penoso per te rimanere qui, con me, darò disposizioni perché tu possa partire domani stesso. In ogni caso considero la faccenda risolta,” disse, recuperando un fare più pragmatico. “A Lord Argion puoi rispondere quello che vuoi anche da Galma.” 
“Finalmente dici una cosa sensata,” disse Ella, serrando i denti. 
 
E come era accaduto settimane prima, a bordo del Veliero dell’alba, Caspian prese la porta.
Questa volta non esitò prima di andarsene, e il respiro per Ella non tornò quando lui uscì; tutta l’aria la lasciò con lui. 
 


1. La mappa a cui faccio riferimento è quella che Caspian ricevette in dono dal mago Coriakin (quello degli Inettopodi o Monopodi, per intenderci). La mappa in questione, come detto, è custodita “ancora oggi” nella Camera degli Strumenti, a Cair Paravel. (Le Cronache di Narnia- Il viaggio del Veliero, Cap. 11) (su)
 
 
Angolino dell’autrice:
 
Bentrovati, Narniani!
 
Non volevo interrompere il momento tra Caspian e Ella con una nota, quindi faccio ora una precisazione per quanto riguarda una frase nell’ultima parte del capitolo di Caspian, quella riguardo la solitudine: credo che gli avvenimenti nel suo passato gli diano ogni diritto di dire che nessuno meglio di lui possa dire cosa significhi essere soli. Se ricordate, Caspian è orfano, viene separato dalla propria tata, deve lasciare il suo precettore per fuggire e si ritrova completamente perso e senza alcun avere nel bosco; dimenticavo, tutto questo dopo che il suo stesso zio ha cercato di assassinarlo.
Ella invece, per quanto si sia sentita persa, non è mai stata sola fino a quel punto (basti pensare alla sua matrigna), questo però non lo sa e di conseguenza non lo può capire; pecca di ingenuità, se volete.
 
Come avrete intuito, nonostante io avessi in programma di dividere la storia solo in due parti, sarà invece divisa in tre capitoli (e poi basta, giuro XD), pare io non abbia proprio il dono della sintesi!
 
Ringrazio infinitamente chi mi ha letta e seguita fin qui, per tutte le meravigliose recensioni che mi avete lasciato, per chi ha listato. Grazie <3 *.*
E anche a te, Vale 😉
 
Al prossimo aggiornamento!
 
Cedro
   
 
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