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Autore: My Pride    13/11/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot a tema matrimoniale sulla coppia Damian/Jonathan ♥
» 04. From this day Foward ~ Jonathan/Damian + famiglia
A voler essere sincero, non avrebbe mai creduto che quel giorno sarebbe giunto anche per lui. Aveva sempre pensato che, soprattutto a causa del suo passato, avrebbe finito col ferire chiunque avrebbe provato ad avvicinarsi e non avrebbe mai potuto avere una vita felice, e si era portato dietro quel pensiero fin quando non aveva conosciuto Jon.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Rules of Engagement Titolo: Rules of Engagement
Autore: My Pride
Fandom: Batman, Super Sons
Tipologia: One-shot [ 4161 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent, Talia Al Ghul

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life

Avvertimenti: What if?, Slash
Writeptember: 2. Salvataggio || 3. X ha un parente di cui non parla volentieri


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.

    Jon osservava da una certa distanza la fortificazione che si innalzava tra neve e cielo, col mantello che svolazzava nella brezza ad alta quota.
    Era una pazzia, ma conosceva abbastanza bene la persona con cui avrebbe dovuto parlare da sapere che, se avessero svolto le cose a sua insaputa, sarebbe stato anche peggio. E, se proprio doveva essere sincero con sé stesso, preferiva togliersi quel dente prima che il suddetto dente gli venisse strappato via a sangue da chissà quale tipo di vendetta.
    «Non sei costretto a farlo per forza, J».
    La voce di Damian appariva preoccupata anche attraverso il comunicatore che aveva all'orecchio. Quando gli aveva detto che sarebbe andato a Nanda Parbat, l'aveva guardato con un'espressione talmente indecifrabile che, per un momento, Jon pensò si fosse spento come un automa. Salvo poi cominciare a sbraitargli contro che era un idiota e che se ci teneva tanto a morire l'avrebbe accoppato lui senza complimenti. Gli ci era voluta più di un'ora e mezza per riuscire a calmarlo - o almeno per far sì che il rossore della rabbia defluisse dal suo viso -, ma alla fine gli aveva spiegato le sue ragioni e perché sentiva che fosse la cosa giusta da fare. Una pericolosa ripicca era l’ultima cosa che avrebbe voluto nella nuova vita che stavano costruendo, motivo per cui adesso, dopo le svariate imprecazioni e i pugni che Damian gli aveva rifilato a vuoto sulle braccia, si trovava a troneggiare fra le nubi che sovrastavano il cielo della dimora della Lega degli Assassini.
    «Tranquillo, D...» esordì finalmente Jon, perdendo un po' di quota mentre il primo strato di nuvole cominciava a diradarsi dinanzi a lui. «Cosa potrebbe mai succedermi...» parve ironizzare, sentendo distintamente il dignignare dei denti dell'altro anche attraverso il comunicatore.
    Damian diede vita a quel suo solito schiocco di lingua sotto il palato. «Oltre a farti ammazzare da mia madre? Oh, niente di che, in effetti...» rimbeccò e, dal tono che usò, Jon fu più che sicuro che avesse arcuato un sopracciglio con scettico cinismo. «Alla minima minaccia, sappi che io...»
    Jon lo interruppe bruscamente. Il suo caro futuro consorte non aveva voluto saperne di restare a Gotham e l'aveva seguito in sella a Goliath e, per quanto fosse almeno riuscito a farlo restare a distanza, quella era una cosa che doveva fare da solo. O non avrebbe avuto senso. «Se intervieni, sembrerò debole; e se sembrerò debole, lei non mi darà mai il suo consenso».
    «Se muori, il suo consenso non lo avrai comunque, razza di idiota!»
    «Puoi smetterla di fare il tragico, tesoro?»
    «Non chiamarmi tesoro, testa aliena! Sono io quello che ha accettato la tua proposta, non avevi bisogno di chiedere il consenso di mia madre per chissà quali stupide regole del fidanzamento!» gli urlò direttamente all'orecchio, al punto che Jon dovette togliersi per un momento il comunicatore nello storcere il naso. Gli aveva letteralmente trapanato un timpano.
    «D... ne abbiamo già parlato...» riprese nel sistemare quell'aggeggio di nuovo all’orecchio. «...sai che quando voglio posso essere testardo quanto te».
    «Questa tua testardaggine ti condurrà alla tomba».
    «Ti amo anch’io, mio bel pettirosso», rimbeccò Jon con fare sarcastico, sapendo che Damian cercava sempre di nascondere la sua preoccupazione con frasi caustiche. «Ti sembra davvero il momento giusto per litigare?»
    Dal comunicatore si sentì solo un crepitio, come se la linea fosse stata disturbata; poi il lungo sospiro di Damian. «Se ti farà cambiare idea sull’entrare a Nanda Parbat... allora sì», ammise con quello che parve essere un pigolio. «Stai correndo un rischio inutile».
    «Ricordi cos’è successo quando tua madre ha scoperto che tuo padre frequentava quella Vicki?» domandò di punto in bianco il giovane Superboy, e dall’altro lato della trasmissione arrivò un suono stranito.
    «J, non vedo cosa...»
    «Rispondi».
    Damian tergiversò un po’, e Jon poté benissimo sentirlo picchiettare con le dita sulla sella di Goliath. «Le ha mandato dei fiori secchi e un pipistrello morto come avvertimento... prima che dei ninja l’attaccassero a Gotham Plaza».
    «E quando tuo padre voleva sposare Selina?» incalzò, aspettando una risposta che non arrivò. Era come se Damian fosse scomparso, evaporato nelle nuvole fra cui lui se ne stava a braccia conserte.  «Il tuo silenzio mi fa capire che ho ragione», sentenziò infine, e fu a quel punto che Damian sospirò. Jon era piuttosto certo che si stesse raschiando con i denti il labbro inferiore in un gesto di stizza.
    «Non mi piace parlare molto di mia madre e dei suoi modi, J. Lo sai».
    Jon sorrise, anche se Damian non avrebbe potuto vederlo. «Proprio per questo credo che sia una cosa che dovrei fare. Se ha reagito male su cose che riguardavano Bruce, pensa allora cosa farebbe se sapesse che suo figlio si è sposato senza dirle nulla», rimbeccò, e a quel punto Damian sbuffò pesantemente.
    «Dannazione». Pur non potendolo vedere, il giovane Superboy fu certo che si fosse passato una mano fra i capelli. «Io e Goliath aspetteremo qui. Tu cerca di stare attento, habibi».
    «Non preoccuparti... lo farò», provò a rassicurarlo, prima di chiudere la comunicazione per volare in fretta verso la fortezza, lasciando dietro di sé solo un boom sonico. Il vento gli sferzò il viso e per un secondo fu inghiottito dalle nuvole, atterrando proprio nel bel mezzo del cortile con un tonfo che fece tremare i vetri circostanti e crepare il terreno sotto ai suoi piedi.
    Non dovette nemmeno aspettare che il polverone che aveva creato si disperdesse, sentendo distintamente il sibilo dell’acciaio tutto intorno a sé. Un manipolo di guerrieri l’aveva accerchiato e puntava le armi contro di lui, pronti a fronteggiare la minaccia nonostante fossero tutti consapevoli del simbolo che svettava sul suo petto.
    «Non ho intenzione di farvi del male», esordì, osservando quegli uomini uno ad uno. «Sono qui solo per Talia Al Ghul».
    «Taci, infedele!» esclamò uno degli assassini, facendo un passo avanti con la spada ben sguainata. «Non osare pronunciare il nome della Testa del Demone».
    Jon lo guardò con estrema attenzione, senza muoversi dal punto in cui era atterrato. Tutto, dalla postura dell’uomo al modo in cui ognuno di loro sorreggeva le armi, gli faceva capire che non si sarebbero tirati indietro nemmeno se lui avesse rotto loro tutte le ossa. Non che l’avrebbe fatto, però... avevano una tale e cieca devozione per Talia, da non temere niente e nessuno.
    «Abbassate le armi».
    Una voce, pacata e calda come il sole del deserto, interruppe i movimenti di Jon sul nascere, e non appena si voltò in quella direzione il suo sguardo incrociò quello di Talia. Indossava un lungo abito di colore verde, talmente scuro da sembrare nero - e che metteva in risalto le sue forme prominenti e longilinee - con rifiniture dorate agli orli delle maniche; lo scollo a V lasciava ben intravedere le forme prosperose del suo seno nonostante le ciocche castane che ricadevano in morbidi boccoli ai lati di esso, ma era così a proprio agio da non curarsi dell’effetto che poteva provocare a chi la guardava, bella e letale come una pantera.
    «Quindi saresti tu il pretendente», affermò, e Jon per poco non sbiancò. Già lo sapeva? Come aveva fatto a saperlo? Sgranò impercettibilmente gli occhi, incredulo, ma la donna parve notarlo. «Non fare quella faccia», continuò nel fare un passo verso di lui. «Non si addice a chi ha l’ardire di pensare di poter venire qui a richiedere la mano di mio figlio».
    Jon inspirò pesantemente dal naso, facendo giusto un passo in avanti a propria volta. Per quanto superasse di parecchi centimetri la donna e con la sua velocità avrebbe potuto colpirla prima ancora che pensasse anche solo di muoversi, lei appariva comunque più minacciosa di lui. E non aveva idea di come facesse. «Ciao... mhn... Talia», cominciò. Essere formale e chiamarla Signora Al Ghul non gli era sembrata una buona idea, in quel momento. «Non so come tu l'abbia saputo, ma... saltiamo i convenevoli. Sai perché sono qui».
    «Hai una spada?»
    La domanda spiazzò Jon, che si guardò intorno come se stesse cercando una risposta ai quei modi di fare nei volti degli assassini che lo circondavano. Avrebbe potuto spazzarli via in un attimo, eppure nessuno di loro aveva mostrato segni di cedimento o paura. Se quella non era dedizione alla causa… «Mhn… no?» provò, al che Talia estrasse quella che portava alla cintola, puntandone la lama verso di lui.
    «Prendine una». In un attimo, almeno un centinaio di spade caddero letteralmente ai suoi piedi, lasciate una ad una dai devoti uomini della donna. «Combatti. O muori», disse ancora lei, senza segno di emozione nella voce. Era sempre così teatralmente melodrammatica? Damian l’aveva avvertito riguardo i modi di fare della madre, ma sembrava davvero determinata nonostante avesse dinanzi a lei un ragazzo che non poteva essere ferito. E la sua spada, apparentemente, non sembrava fatta di kryptonite. A che gioco stava giocando?
    Decise comunque di assecondarla - non si era comunque di certo aspettato che si sarebbero seduti ad un tavolo con una bella tazza di the -, senza perderla d'occhio mentre si abbassava a recuperare una delle spade tra la catasta di armi che troneggiava davanti a lui. Non fece nemmeno in tempo a stringere le mani intorno all'elsa che Talia sparì letteralmente dalla sua visuale, salvo ricomparire alla sua destra con la lama pronta a trafiggergli il cuore; Jon sgranò gli occhi, colpito da quella velocità che non si era aspettato, scartando di lato come gli aveva insegnato Damian. Per ogni eventualità, dopo tante suppliche, anni addietro l'aveva addestrato anche all'uso della spada, e mai avrebbe creduto che tutto quell'addestramento gli sarebbe servito contro la madre stessa del compagno.
    «Ti consideri suo pari?»
    «Come?»
    «Ti ho chiesto se ti consideri al pari di mio figlio».
    Jon sbatté le palpebre più volte, non capendo se la donna lo stesse dicendo seriamente o per scherzo. Non era certo di cosa intendesse, se a livello di forza fisica o intellettualmente, quindi non aveva la minima idea di che risposta volesse da lui. «Siamo compagni. Lo amo», replicò ovvio, prima che la lama di Talia gli sfiorasse il viso.
    «Non era questa la domanda a cui avresti dovuto rispondere», affermò lei in tono schietto, tornando a colpirlo con fendenti rapidi e sicuri che Jon faceva fatica a parare. Se avesse avuto una spada di kryptonite, non avrebbe avuto il minimo scampo. «Damian è l'erede degli Al Ghul», continuò. «Dovrà cercare una donna forte e continuare la dinastia, generare un figlio. Cosa ti fa pensare che averti al suo fianco potrebbe essere anche solo lontanamente accettabile?»
    «Non ho bisogno del tuo permesso», replicò Jon spudoratamente. Indietreggiò, tenendo alta la propria lama mentre Talia compiva passi sempre più veloci verso di lui, col terreno sotto i suoi piedi che si sollevava in piccole nuvolette di polvere ogni qualvolta sembrava danzare con quella spada fra le mani. «Ma so di cosa sei capace. Sono venuto ad informarti per evitare che ti sentissi offesa e trasformassi le nozze in un bagno di sangue».
    Talia rise sprezzante, ma un sorriso parve formarsi nella curva morbida delle sue labbra. «Onorata per la tua premura, kryptoniano». La sua voce era densa come miele, ma tagliente come l'acciaio che reggeva. «Sei folle abbastanza da venire fin qui di tua spontanea volontà, potrei persino pensare di considerare le tue parole. Ma dovrai dimostrare di valere ben più del simbolo che hai sul petto», sentenziò, tornando all'attacco prima ancora che Jon potesse anche solo rendersene conto.  
    Era veloce, quasi inumana, proprio ciò che ci si sarebbe aspettato dalla Testa del Demone. Ma lui aveva avuto un grande insegnante e, passato il momento di smarrimento iniziale, cominciò a tener testa alla donna, i cui occhi parvero ingigantirsi per la confusione. Fu un solo attimo, ma a Jon bastò per cogliere l'opportunità di ricambiare quei fendenti, mirando a gambe o braccia e cercando in tutti i modi di evitare i punti vitali; più combattevano, più il clangore delle spade che si scontravano le une contro le altre sembrava rimbombare tutto intorno a loro, seguito da una moltitudine di cuori pulsanti che Jon insonorizzò. Voleva concentrarsi solo su Talia, unicamente sui suoi movimenti e sul suono dei muscoli del suo corpo, sulle articolazioni che scricchiolavano silenziosamente e sul suo respiro che appariva calmo e controllato nonostante stessero combattendo con furia.
    Per quanto lui fosse invulnerabile, Talia riuscì comunque a colpirlo un paio di volte con il lato piatto della lama: lo spintonò lontano, lo colse impreparato nello sbattere quella spada contro il suo fianco destro, lo fece cadere colpendolo dietro al ginocchio e sentì il sapore della polvere in bocca quando sbatté il viso sul terreno, avendo giusto il tempo di voltarsi prima che un calcio ben assestato si abbattesse sulla sua faccia e i gambali di Talia si rompessero in mille pezzi, schizzando ornamenti d'oro e d'acciaio ovunque; ciò non la fermò, quasi non avesse avvertito niente, spingendolo con un piede sulla schiena per schiacciarlo contro la terra sottostante. Non ne fu certo, ma gli parve di sputare sangue - era mai possibile? -, boccheggiando per un attimo prima di richiamare a sé tutte le energie e rotolare di lato nello stesso istante in cui la lama si abbatteva su di lui.
    Jon sgranò gli occhi, stringendo l'elsa che reggeva prima di gettarsi nuovamente all'attacco. La donna era una combattente eccezionale, non si meravigliava se riuscisse a tenere testa persino ad un super - per di più senza essere munita di kryptonite -, ma lui aveva una motivazione più che valida e importante per essere lì e per vincere. Si spinse verso di lei, scartando di lato per evitare il nuovo colpo e ricordando ciò che gli aveva insegnato Damian: lasciò che la spada diventasse un'estensione del suo braccio, divenne un tutt'uno con essa, la ascoltò, e il primo fendente andò a segno e ferì Talia al viso; la vide portarsi il pollice sul taglio e passò il polpastrello su di esso ma, anziché infuriarsi maggiormente come Jon aveva pensato, sulle sue labbra si dipinse un sorriso sardonico che non riuscì a definire prima di lanciarsi contro di lui con rinnovata prontezza.
    Non seppe quanto durò quel combattimento, gli sembrava che fossero passate intere ore - forse giorni? Okay, era consapevole che stesse esagerando -, ma Talia non appariva desiderosa di fermarsi. Aveva un leggero fiatone, ma dai movimenti che continuava a fare e dai fendenti che gli rivolgeva, sembrava pronta ad andare avanti fino a perdere le sue ultime forze. Fu a quel punto, però, che scorse una breccia nelle sue movenze; la donna era sicura e decisa, si muoveva con la grazia ferina di una tigre decisa ad uccidere la propria preda, ma compiva ogni volta un preciso movimento col piede sinistro su cui poggiava l'intero peso, e Jon sfruttò quel movimento a proprio vantaggio: si sporse verso di lei, quasi al punto che avrebbe potuto trapassarlo con la spada senza problemi, e affondò la lama della propria spada nel suo braccio destro senza nemmeno pensarci due volte. E Talia urlò. Allentò la presa sull'elsa della propria arma, che cadde a terra con un tonfo sordo mentre gli assassini intorno a loro si muovevano all'unisono come un'onda pronta a sommergerli.
    «Non osate fare un passo!» tuonò lei con voce ferma, con gli occhi fissi sulla figura dell'uomo che l'aveva ferita; mosse le labbra senza emettere alcun suono, l'aria intorno a lei parve farsi carica di elettricità, e Jon rimase immobile al suo posto, senza capire che cosa stesse succedendo finché un ruggito non si levò fra le nubi della fortezza proprio in quell'istante. Gli sguardi di tutti furono rivolti verso l'alto e gli occhi ne cercarono la provenienza con espressioni smarrite, finché quel suono non divenne più forte e un grosso drago-pipistrello, l'ultimo della sua specie, atterrò con forza proprio in mezzo a loro, facendo tremare la terra e spaccandola sotto le grosse zampe; allargò le gigantesche ali color cremisi, annusando l'aria e facendo guizzare la grande lingua viola fra le fauci, come se stesse pregustando il sapore degli uomini lì presenti. Fu a quel punto che scese qualcuno dal suo dorso, e gli sguardi concitati corsero dalla bestia al figlio del demone, che li osservava nella sua fulgida compostezza. In vesti molto simili a quelle di Talia, sembrava un principe nella sua scintillante armatura: portava una corazza nera con intricati rifinimenti in oro ai lati, e i fianchi fasciati da una cintura verde scuro che fermava il pantalone sottostante; aveva con sé due katan appese alla cintola, e i parabraccia corazzati, su cui svettava l'effige di un animale molto simile ad un pipistrello, brillavano ai deboli raggi del sole e sembravano esser stati ideati per diventare un'arma in caso di necessità. Se sua madre avesse mosso un singolo muscolo, in quel momento, probabilmente non avrebbe esitato a far scattare il meccanismo e a colpirla mortalmente con la lama nascosta.
    Talia lo squadrò difatti per un lungo istante, facendo scorrere lo sguardo su quella pelle scura baciata dal sole e su quegli zigomi pronunciati, con le lunghe ciglia spesse che gli conferivano una bellezza che solo l'ambiente desertico poteva donare. Dopo anni in cui l'aveva visto solo da lontano, se non con fugaci contatti, suo figlio era finalmente lì davanti ai suoi occhi. «Damian», esordì nel far cenno, con il braccio sano, di abbassare le armi, e i suoi uomini si mossero come una marea per far scivolare le spade lungo i fianchi.
    «Madre», replicò lui, fermo dinanzi a Goliath e con lo sguardo puntato sulla donna e sul compagno non molto distante da lei. Jon sorreggeva ancora la spada e, a differenza di sua madre che sanguinava copiosamente, sembrava star bene. O, in ogni caso, era bravo a nasconderlo. Soprattutto tenendo conto di quanto fosse sporco e ricoperto di polvere.
    Non un fiato si levò tra loro mentre si squadravano, persino il grosso respiro di Goliath sembrava scandire il tempo con battiti lenti e costanti, quasi un'agonia che tutti cercavano di sopportare, almeno finché lo sguardo di Talia non si fermò sul viso di suo figlio per perdersi in quelle iridi smeraldine così simili alle sue.
    «…quindi lui è il tuo fidanzato?» domandò senza tanti giri di parole nel tenersi una mano premuta sulla spalla, mentre il sangue che grondava dalla ferita rendeva le sue dita estremamente appiccicose.
    «Sì, madre», affermò Damian senza esitazione, trattenendo il fiato per un momento quando gli occhi verdi e taglienti della donna si fermarono su di lui. Quell’occhiata avrebbe potuto significare qualunque cosa, in particolar modo se teneva conto del tempo e della distanza che li aveva tenuti lontani fino a quel momento, ma Damian non distolse lo sguardo, seppur sentendosi come fissato da un grosso felino che attendeva il momento giusto per saltare alla gola della propria preda; poi, contro ogni sua aspettativa… Talia sorrise.
    «Mhn. Combatte bene», replicò semplicemente nel dar loro le spalle, venendo raggiunta da Ubu che le scostò delicatamente una mano per premere una garza sterile sulla ferita. «Avete la mia benedizione».
    I due giovani restarono interdetti ad osservare la sua schiena mentre si allontanava, sbattendo le palpebre in simultanea senza proferir parola. Persino gli assassini intorno a loro non avevano fiatato nemmeno per un secondo, limitandosi a portare un pugno chiuso al petto in segno di saluto - verso... verso di loro? Jon era interdetto - prima di congedarsi a loro volta e lasciarli lì come due perfetti idioti. Che... diavolo era successo?
    Fu Jon il primo a riprendersi, con lo sguardo ancora puntato verso l'edificio in cui Talia e i suoi uomini erano spariti. «Ho... ho appena... avuto il consenso di Talia Al Ghul?» domandò incerto, come se non credesse ancora alle sue orecchie, e persino Damian ci mise un secondo di troppo a ridestarsi da quella consapevolezza che li aveva letteralmente investiti come una secchiata d'acqua gelida.
    «...s-sì. A quanto pare sì».
    «...cristo. Ho appena avuto il consenso di Talia Al Ghul», ripeté Jon incredulo, sbattendo le palpebre così velocemente che per un attimo abbe dinanzi agli occhi solo lampi sfocati dell'ambiente che li circondava. «Pensavo che mi avrebbe infilzato e lasciato in fin di vita».
Damian gli diede una gomitata in un fianco. «A quel punto sarei stato a finirti», gli rese noto, facendolo ridacchiare.       
    «Mpf, e poi come avresti fatto senza di me?» scherzò con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, decisamente molto più rilassato di quanto non lo fosse stato fino a quel momento. «Comunque non c'era bisogno che arrivassi sul tuo cavallo bianco - pardon, pipistrello rosso - e mi salvassi, sai? Avevo tutto sotto controllo», disse, ma fu a quel punto che lo sguardo di Damian sondò completamente la sua figura.
    Con estrema attenzione, girandogli persino intorno, Damian lo controllò da capo a piedi come se stesse studiando un raro esemplare di chissà quale animale, e Jon rimase immobile sotto il suo sguardo ferino. Quando faceva così, e lo ammetteva, gli incuteva un po' di timore.
    «Non avevi sotto controllo un bel niente», sentenziò infine nello sciogliere la fascia che aveva ai fianchi per rivelare la sua cintura multiuso, dalle cui tasche tirò fuori un kit di pronto soccorso sotto lo sguardo confuso di Jon.
    «Che stai facendo?» chiese lui, al che Damian gli lanciò l'ennesima occhiata scettica.
    «Curo le tue ferite, idiota. Levati il mantello e abbassa l'uniforme».
    Jon si accigliò. «Non sono ferito», gli disse in tono sicuro, ma Damian non fu dello stesso avviso; gli strappò lui stesso il mantello, facendolo imprecare quando l'aria fredda si scontrò con dei tagli che aveva dietro la schiena e lui sgranò gli occhi, incredulo. «Eh!? Ma quando...?»
    «Mia madre sa usare la magia. Non c'è di che per averti salvato, super-idiota».
    «Oh».
    «Già. Oh».
    Dire che Jon era rimasto scombussolato sarebbe stato un eufemismo. Boccheggiando, sbatté le palpebre più volte e fece quanto gli era stato detto di fare, lasciandosi cadere seduto sul terreno polveroso mentre abbassava la parte superiore della propria uniforme; la schiena era percorsa da un reticolo di tagli che lui non si era minimamente accorto di avere, poiché non aveva sentito e non sentiva tuttora il minimo dolore. Era forse per l'uso della magia che, durante il combattimento, si era sentito così sopraffatto dalla donna? Non l'avrebbe mai detto.
    Così, immobile e a occhi chiusi, lasciò che Damian si inginocchiasse dietro di lui e si occupasse delle sue ferite, arricciando un po' il naso mentre lo sentiva disinfettare quella che sarbebe dovuta essere una pelle d'acciaio ma che, in quel momento, gli sembrava avere la stessa consistenza di quella umana. Che fosse quello l'influsso della magia sui kryptoniani come lui? Trasse un sospiro mentre quel batuffolo di cotone impregnato di disinfettante correva sulla sua schiena, muovendo giusto un po' le spalle quando gli sembrava di sentire un pizzico di dolore; ben presto la sua pelle venne ricoperta di cerotti e si beccò persino una fasciatura al braccio, finché Damian non gli batté pesantemente una mano su una spalla mentre si rimetteva in piedi.
    «Ecco fatto. Ora muoviti», affermò nell'incamminarsi verso l'edificio, e Jon, nell'alzarsi a sua volta e rivestirsi, arcuò un sopracciglio.
    «Cosa? Dove stiamo andando?»
    «Dentro. O pensavi che mia madre ci avrebbe lasciati andare senza ufficializzare la cosa?»
Jon si freddò senza muovere un altro passo. «Vuoi dire che dobbiamo...» si umettò le labbra e deglutì, guadagnandoci uno sguardo divertito quando Damian, sorridendo sardonico, si voltò verso di lui.
    «Credevi davvero che sarebbe bastato batterla a duello? Illuso. Sei fortunato che non ti chiederà il Mahr, hai già pagato col sangue», lo schernì, ma Jon aggrottò la fronte; qualunque cosa avesse voluto intendere, non era per nulla rincuorato dalla cosa.
    «...è qualcosa che non mi sarebbe piaciuto, vero?»
    Damian agitò semplicemente una mano. «Solo una dote che sarebbe stata espressione di affetto, eternità del vincolo matrimoniale e del tuo farti carico dei miei bisogni materiali, quindi non farti prendere inutilmente dal panico», rimbeccò sarcastico e, per quanto Jon si fosse in parte rilassato, il pensiero che non fosse ancora finita un po' lo faceva agitare come un bambino alle prime armi.
    Avrebbe dovuto passare un'intera giornata al cospetto di Talia Al Ghul, circondato da migliaia di assassini della Lega? Forse adesso si pentiva un po' di essere volato fin laggiù per affrontare una donna di cui il suo compagno non amava parlare mai. Però, mentre osservava la schiena di Damian e ascoltava il suo battito cardiaco, calmo come non lo era mai stato dal momento in cui l'ombra di Talia sembrava essere gravata su di loro e sulla loro futura vita, Jon non poté fare a meno di sorridere.
    Sarebbe andato tutto bene
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Venticinquesimo giorno del #writeptember sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia.
Quello che succede qui si ri fa in parte a quanto visto in Batman 34, ovvero quando Selin a e Talia si ritrovano a lottare l'una contro l'altra e Talia le chiede se si considera una pari di Bruce.
Talia è una drama queen e fa le stesse domande (o quasi) anche a Jonno, sì. Ma dopotutto vuole essere sicura che l'uomo che vivrà al fianco di suo figlio (perché Talia in fondo quando vuole - e quando viene scritta bene - può essere una specie di buona madre) sarà in grado di proteggerlo anche se suo figlio può tranquillamente proteggersi da solo. Ah, l'amore di una madre
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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