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Autore: Starfallen    21/11/2021    2 recensioni
Parigi 1780
Marinette è un esponente della nuova nobiltà -noblesse de robe - e come tale, lei e la sua famiglia sono trattati dagli esponenti dell'alta società parigina come gente di poco conto. Dovrà imparare a farsi strada tra gli intrighi e le maldicenze di quella che è si la corte più bella d'Europa ma allo stesso tempo un pericoloso covo di vipere.
Adrien Agreste, au contraire, ricco rampollo di una delle famiglie più in vista della corte, nato e cresciuto alla reggia di Versailles, mal sopporta gli obblighi che il suo titolo gli impone, pur sapendo di far parte di un mondo crudele, cerca in tutti i modi di evadere da quella scomoda realtà che pare idilliaca dall'esterno, ma è dura e spietata all'interno.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Giorno di Carnevale 1782

 
‘Che incanto! Sto tornando a casa per la festa più bella dell’anno!!!’ Chloé non riusciva a pensare ad altro da quando la carrozza di Juliette era giunta al convento a prenderle per condurle a palazzo.
Quella sera si sarebbe tenuto l’annuale ballo in maschera di carnevale, erano entrambe così emozionate, soprattutto la bionda considerato che l’anno passato non vi aveva potuto partecipare perché i suoi si erano scordati di dirle il giorno, farle prendere le misure per il vestito e di mandare la carrozza al convento per portarla a destinazione.
Ma quest’anno le cosa sarebbero andate diversamente, e sicuramente meglio! 
Man mano che la carrozza percorreva le vie della città verso la loro meta, la bionda sentiva al contempo la gioia crescere dentro di lei e lo stomaco chiudersi: “Ehi, tutto bene?” Juliette le mise una sulle sue che teneva strette in grembo, a quel contatto si riscosse: “Oui mon amie!Stavo solo pensando a quanto ci divertiremo stasera!!” – rise euforica la ragazza, seguita a ruota dalla sua amica – “Vedrai stasera brilleremo alla festa, aspetta di vedere il tuo abito!” – “Oh Juliette, non so davvero come ringraziarti.” – “E per cosa?” le strizzò un occhio complice.
Le era infinitamente grata di averla fatta chiamare il giorno in cui erano state mandate le sarte della modista a prenderle le misure per il suo abito e per decidere le stoffe.
Insieme avevano deciso tutto del suo vestito, dal modello agli accessori più adeguati, poi Juliette aveva esordito: “Ora ma chérie, è il tuo turno. Sceglieremo insieme Ogni. Singolo. Dettaglio.” A quelle parole entrambe avevano gioito pienamente in quel momento.  
E doveva dire che visto il risultato finale poteva ritenersi davvero soddisfatta!
Ora il risultato dei loro sforzi erano pronti e attendevano solo il loro arrivo a palazzo.
“Non vedo l’ora di essere a casa, una volta a casa ci prepareremo per una delle serate più fenomenali dell’anno!” – “E l’aspetto migliore è che questa volta ci sarà anche Adrien!”A Chloé scappòuna risatina eccitata, finalmente avrebbe rivisto il suo promesso fuori da quel penitenziario religioso, avrebbero potuto passeggiare insieme da soli e magari anche amoreggiare un pochino senza l’ingombrante presenza di qualche suora, non come  era successo qualche settimana prima, quando lui e sua madre erano andati a farle visita.

Emilie li aveva lasciati soli a passeggiare nel chiostro, mentre lei si era recata nella cappella presumibilmente a pregare, così da poter lasciare loro un po’ di tempo da trascorrere insieme. Avevano chiacchierato, tanto, troppo per i suoi gusti e Adrien si era comportato da vero gentiluomo passeggiando con lei a braccetto, ma poi si era stancata di quelle effimere prudenze e aveva preso l’iniziativa.   
In meno di un istante gli aveva gettato le braccia al collo, lui per la sorpresa aveva indietreggiato di qualche passo ritrovandosi con le spalle al muro, mettendole audacemente le mani sui fianchi e quando aveva provato a baciarlo e proprio sul più bello: Mademoiselle Bourgeois! Per l’amor di Dio un po’ di contegno!”l’irritante voce di suor Suzanne li interruppe bruscamente, Chloé si staccò riservando  un’occhiata di fuoco a quell’irritante di suor Suzanne: “Siamo in un luogo sacro, e voi lo state profanando con il vostro comportamento da peccaminosi fornicatori!” – “Sorella non è come sembra…” – “Silance!” –aveva detto quella nevrotica finta moralista – “Mi meraviglio di voi monsieur, discuterò con vostra madre del vostro comportamento da immorale scostumato.Con voi mademoiselle faremo i conti dopo.” E così dicendo si era allontanata, ormai l’atmosfera l’aveva rovinata, in più come punizione le erano toccate dieci bacchettate e pulire la mensa per una settimana.
 
Ma quella sera sarebbe filato tutto liscio, sorrise rigirandosi tra le mani i foglietti che, come avevano segretamente concordato lei ed Emilie, sarebbe passata a prendere nel pomeriggio per consegnarli a chi di dovere, così quella sera Adrien – oltre a godere di tutte le mirabolanti stravaganze che sarebbero state sicuramente presenti alla festa – avrebbe anche ricevuto un premio speciale.
Era al settimo cielo: “Juliette, mi terresti questi?” – Disse porgendo i foglietti alla sua amica per abbassare il finestrino dell’abitacolo per cambiare l’aria - “Cosa sono?” – “Un gioco speciale, ideato apposta per Adrien, una caccia al tesoro per la precisione.” – “E come funziona?” – “Semplice, comincerà con un indizio che lo condurrà da una dama che gli consegnerà l’indizio successivo. E se mi troverà entro mezzanotte avrà il suo premio.” - “E quale sarebbe” Chiese alzando un sopracciglio, un sorriso furbo e allusivo si dipinse sul volto della bionda che cominciò a ridacchiare, seguita a ruota dalla sua amica. 
“Sua madre si è offerta di aiutarmi con la distribuzione, ma vorrei che fossi tu a consegnarli l’ultimo indizio amica mia.” Estrasse l’ultimo biglietto del mucchio e lo diede a Juliette: “Sarà un vero onore per me majestè!”Disse accennando una riverenza, che fece ridere entrambe 
Per una volta le cose stavano andando per il meglio, si sporse dal finestrino felice di poter respirare l’aria della libertà quando d’un tratto scorse una figura che, se pur lontana riconobbe essere quella smorfiosa finta nobile di mademoiselle Dupain, vestita come una sguattera che passeggiava assieme a un’altra poveraccia sicuramente amica sua. In un lampo ebbe un’idea, rientrò nell’abitacolo chiudendo il finestrino e aprì lo sportellino per dare direttive al cocchiere: Monsieur, spostatevi più sulla destra per cortesia, c’è una cosa che voglio vedere meglio.” – “Oui mademoiselle.”
 
La bionda richiuse il portellino e cominciò a sogghignare.
“Perché stai ridendo?” – “Tra poco capirai.” Rispose la bionda con un sorriso furbo stampato sul viso, mentre la carrozza oscillava a ritmo delle buche, poi dopo un paio di metri presero una buca più profonda e degli schizzi di fango si alzarono insieme ad un vociare di due fanciulle. 
Chloé rise trionfale, con estrema velocità abbassò il finestrino e si sporse: “Ecco l’unico posto adatto a quelle come te Dupain, vedi di non dimenticarlo!” urlò velenosa mentre si allontanavano, lasciando le due giovani zuppe di fango.
 
 

˜

 
Finalmente era a casa sua, nelle sue stanze e nella sua vasca, con solo parte dei soi lunghi capelli biondi immersi, anche se l’acqua stava cominciando a freddarsi nonostante il camino acceso, si strinse nella chemisee suonò il campanello poggiato sul tavolino lì accanto a lei. Dopo una manciata di secondi entrarono Sabrina e altre due domestiche che portavano il telo, Chloé allungò semplicemente un braccio e Sabrina la fece uscire aiutandola a non scivolare mentre le altre due l’avvolsero nel telo per non farle prendere freddo. 
Si sedette vicino al fuoco per riscaldarsi, e lasciò che le domestiche preparassero a dovere l’abito che avrebbe indossato.
Emilie sarebbe arrivata a minuti, perciò intimò alle domestiche di sbrigarsi a renderla presentabile nel più breve tempo possibile.
Una di loro la spogliò della camiciola bagnata usata per il bagno, tamponò ancora il suo corpo con il telo di lino per poi fargliene indossare una di seta, mentre un’altra si adoperava per asciugarle i lunghi capelli biondi spazzolandoli per poi asciugarli, mentre Sabrina le infilava le calze di raso e le scarpette di satin con fibbia in madreperla.   
 
“Sei davvero sicura che questo sia ciò che vuoi? Non vorrei essere indiscreta ma non credo sia una buona idea, soprattutto nella tua condizione.” Le parole di Juliette rimbombavano solerti nelle sue orecchie, forse aveva fatto male a condividere con lei le sue intenzioni di giacere con Adrien al termine di quella sera. Si era confidata sperando che la sua amica fosse contenta per lei e che oltre al suo supporto le avrebbe dato qualche consiglio sul come comportarsi in modo opportuno con Adrien dato che la ragazza aveva un po’ più di esperienza, se pur non completa, ma a quanto pare avrebbe dovuto fare da se e improvvisare. 
In fondo di che si stupiva? Non poteva mica aspettarsi davvero che Juliette la capisse, nonostante lei fosse ormai una fanciulla pronta per il matrimonio, i suoi genitori non avevano ancora scelto un partito per lei.
In fondo, non si dice mica che chi possiede il pane sia solitamente sprovvisto di denti?’ ridacchiò appena per quel suo innocente pensiero perfido, anche se le dispiaceva fosse rivolto proprio a Juliette, ma né lei né nessun altro l’avrebbe distolta dai suoi intenti.
“Mademoiselle.” - Jean Michelentrò nella sua stanza mentre era dietro il paravento – “Madame Agresteè qui.” – “Bene, le dica di aspettare un minuto, finito di vestirmi potrò riceverla.” 

Dépêchez-vous! È irrispettoso far attendere una dama del lignaggio di madame Agreste.

Intimò alle sue domestiche di far presto: “E Sabrina! Prendi i bigliettini che sono nello scrittoio.” Si slaccio il collarino a cui teneva legata la chiave dello scrittoio e la consegnò a Sabrina che eseguì il suo ordine.
Quando finalmente Sabrina sistemò l’ultimo spillone sulla sua acconciatura, decise di che era ufficialmente pronta: “Basta così.” Disse alzandosi dalla sedia davanti al tavolo da toletta: Vous pouvex aller, dite amadame Agreste che sarò subito da lei!” 
Le domestiche presero congedo da lei, che restò ancora per qualche secondo a fissare la propria immagine riflessa nello specchio poi lanciò una rapida occhiata all’armadio, in cui era chiuso il suo prezioso vestito, sorrise poi prese i bigliettini con su gli indizi e si incamminò verso l’anticamera, dove l’attendeva madame Emilie. 
 
         

˜

 
Tutto era pronto, la serata si illustrava una delle più spettacolari serate dell’anno. Eccezion fatta per le feste natalizie e il suo compleanno, quella di carnevale era la sua preferita!
La serata era ricca di lusso e mistero dato che chiunque poteva essere chi voleva. Un personaggio del passato, l’ultimo oggetto di un pettegolezzo o qualche re dell’oriente.
Lei aveva optato per una cosa semplice – ovviamente il suosemplice – era un modello à la française in broccato di seta color dente di leone, le rouches in satin nero incorniciavano il pettino color bombo decorato con splendidi decori sempre neri, per ostentare la sua ricchezza.
Ridacchiò appena nel pensare a quanto fossero ridicoli certi nomi che la modista Bertin dava ai colori del suo campionario, ma dopo il “color pulce” nessun altro l’avrebbe più stupita.
 
Mademoiselle,per cortesia non muovervi troppo o rischierete di farvi male.” Sabrina le stava sistemando la splendida aigretteregalatale da suo padre per Natale, un sottile filo d’argento che s’incastrava tra i capelli, con al centro un topazio grande quasi quanto il Bleu de France*,e sulla parte alta svettava una finta piuma in ossidiana che si diramava perfettamente, dando quasi l’impressione di sostenere la sua acconciatura .
Sorrise ammirandosi allo specchio, era splendida, ma voleva l’approvazione dell’unico uomo che sapeva, non l’avrebbe mai delusa.
Quando Sabrina terminò il suo operato, la bionda allungò elegantemente un braccio: Masque.”– disse semplicemente, ma ciò bastò affinché Sabrina eseguì il suo comando.
Non appena fu pronta si diresse negli appartamenti dei suoi genitori, voleva sentirsi dire quanto fosse bella da suo padre, sapeva che lui non le avrebbe mai mentito. 
Era nei loro appartamenti, loro erano li, sentiva chiaramente il loro vociare e i toni le erano parsi particolarmente accesi.
Si stava apprestando a bussare quando udì distintamente le parole del padre: “Cercate di limitarvi al tavolo da gioco. A causa di questo vostro viziaccio risciamo la rovina!” – “Non è certamente mia la colpa, siete voi che state dilapidando il nostro patrimonio per accontentare i ridicoli e pacchiani capricci della vostra maîtresse!”– “Le spese per i capricci di Margrethe mi costano un decimo del vostro mantenimento madame! Per non parlare di quelle del vostro sigisbee**!
Chloé rimase basita nel sentire quella discussione, con la mano a pochi centimetri dal pomello, non riusciva a toccarlo perché quella rivelazione l’aveva colta totalmente alla sprovvista.
Era a conoscenza che i rapporti tra i suoi non erano idilliaci, il loro non era certo un matrimonio d’amore, quanto più di convenienza, ma credeva che con quasi vent’anni di matrimonio una scintilla d’amore fosse zampillato. Ma a quanto pareva le cose erano molto diverse non riusciva a credere quanto fossero ai ferri corti.
In cuor suo si chiedeva se questo era il destino che attendeva lei e Adrien.
Non ebbe modo di rischiarare i suoi dubbi, perché la porta della stanza si aprì, e vi apparvero i suoi genitori: “E tu che diavolo ci fai qui Colette? Origliare è da volgari villani, in che lingua…” – “Vedete di tacere madame.” –suo padre intervenne più imperativo che mai, tanto che la sua stessa madre tacque all’istante e si scostò per far passare l’imponente figura di Andrè Bourgeois– “Chloé, sei assolutamente deliziosa, sarai senza dubbio la più bella questa sera.” 
Disse monsieur Bourgeois:“Ora andiamo, non tergiversiamo oltre.”  
 
 

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Qu'est-ce qu'il fout?Perché non cerca gli indizi che gli ho lasciato?’ Chloè sventolava nervosamente il ventaglio mentre sbirciava il suo innamorato che si guadava intorno come alla ricerca di qualcosa, ma cosa di grazia? 
Era circa un quarto d’ora che aveva deciso di fermarsi, aveva ballato molto  - e non solo -, quella sera nell’attesa che Adrien la raggiungesse. Sperava che riuscisse ad individuarla già verso metà della serata, quando si trovava al tavolo a giocare al faraone*** con Juliette e alcuni giovanotti che avevano rivolto avancesmolto audaci sia a lei che a mademoisellede Claujère, inutile dire che erano stati prontamente respinti, anche perché lei quella sera sarebbe stata di un solo uomo. 
 
Poi lei aveva deciso di abbandonare il tavolo, un pò per noia e soprattutto dopo la quarta mano sfortunata aveva ritenuto opportuno alzarsi, lasciando l’amica che aveva preferito trattenersi al tavolo da gioco visto che la fortuna era dalla sua parte.
Lei invece aveva preferito dilettarsi con altro, aveva cambiato più tavoli da gioco, passando dalla rouletteal machiavelli vincendo una piccola fortuna, osservato estasiata i giocolieri russi che erano stati invitati a corte.
Adrien ora stava finalmente parlando con mademoiselle De Moralle, che gli avrebbe dato il primo indizio, trasse un sospiro di sollievo, decise di fare un giro della sala e di godere ancora un pò delle stravaganze che la festa offriva.
Mancavano circa quaranta minuti alla mezzanotte, e visto che Adrien stava tardando poteva concedersi un’ultima piccola evasione, tra le mille maestose distrazioni l’istinto la condusse alla stanza che era stata riservata alla cartomante da cui si sarebbe fatta predire il futuro, sicuramente si sarebbe stupita anche lei della radiosità che questo emanava.
“Bonjour medamoiselle.” – disse la donna, era una vecchia, probabilmente una zingara racimolata da chissà dove, la stanza era stata oscurata e satura di fumo dall’odore di quella che pareva salvia, solo una candela su di un piatto coperta solo da un coperchio forato faceva luce nella stanza creando una piacevole atmosfera.
“Immagino che siate qui per conoscere le sorti del vostro imminente matrimonio.”La bionda sbarrò gli occhi stupita e annuì incredula: “Oui madame, vorrei sapere quanto presto avverrà, e quando finalmente il mio fidanzato... sarà ufficialmente mio marito.” 
 
Vide la donna corrucciare la fronte, prese un enorme mazzo di carte e le mescolò. Dopo alcuni secondi stese davanti a lei tre care coperte, non stava più nella pelle per la curiosità, chissà quali sorprese le avrebbe riservato il destino. Per l’impazienza afferrò una carta, stava per girarla quando la donna colpì appena la mano malandrina: “Ma come osa? Lo sa chi sono io?” – “So chi voi siete mademoiselleBourgeois! Ma è bene che impariate ad aspettare.– la bionda si bloccò e ritrasse la mano leggermente intimorita.
Vide la donna accendere dei rametti di salvia, l’aria stava diventando irrespirabile si portò il fazzoletto al naso per cercare di filtrare l’aria: Allor, voyons ce que les cartes ont à nous dire! Girò la prima carta che raffigurava una giovane coppia che veniva presumibilmente unita in matrimonio e in alto un cupido: “Gli amanti.” Disse la cartomante, ma era girata al contrario.

“Bisogna raddrizzarla, non ha senso che stia così.” – “Mi permetta mademoiselle, le carte hanno tutte un loro significato, anche nel modo in cui escono durante la stesa.” – “E dunque? Messa così cosa predice?” – “Un’unione infausta, in cui non sono da escludere infelicità delle parti, tradimento se non persino la rottura del legame.” Chloè estrasse il ventaglio e cominciò a sventolarsi: Il nes pas possible! Mon fiancé…” S’interruppe da sola, non credendo possibile una cosa del genere e al contempo sentendo un peso non indifferente al cuore che non la rassicurava affatto.
D’accord, procediamo!” disse tentando di mascherare la sua angoscia spostando l’attenzione sulla seconda carta che rivelò le parve meno nefasta.

Una figura di donna alata che ergeva con un braccio uno scettro, troneggiava su di una ruota che per quanto statica portava sia in alto quanto in basso.
“La roue de la fortune mademoiselle, indica che la fortuna non è casuale e che una situazione si può sbloccare, che non tutto è perduto e che c’è un progresso in corso; può anche significare che esiste una novità, un’occasione per cambiare le cose, per ricominciare. Può suggerire di essere decisi nel cogliere al volo l’opportunità che si presenta oppure un’avventura alle porte o ancora una vincita.” – Chloè quasi scoppiò a ridere in faccia alla cartomante, ma con chi credeva di avere a che fare? Sapeva chi era e chi erano i suoi genitori? “Cos’altro può migliorare? Dovrebbe saperlo anche lei che la mia vita è perfetta!” – “Mademoiselle, rammentate che la fortuna gira, e ciò che sta in alto prima o poi deve scendere.”
Il perché quella frase le mise le mise addosso una sensazione angosciante ed opprimente Chloé non seppe spiegarselo, per scacciare quel senso d’inquietudine ordinò alla cartomante di proseguire con la lettura dell’ultima carta.
Ormai quella ridicola sessione di lettura era – fortunatamente – quasi terminata, ben presto sarebbe uscita da lì per recarsi dal suo Adrien che ormai doveva essere sulle sue tracce e lei diventava sempre più impaziente, lo voleva.
Quando la donna girò la carta la raffigurazione le parve molto inquietante, un teschio rosso, come un demone dell’inferno, falciava il terreno su cui passava, ove erano riverse teste, mani e piedi di chissà quali sventurati individui: “Non temete mademoiselle, per quanto inquietante questa carta è positiva. Specie perché non è rivolta al contrario.”
 
Chloé deglutì a vuoto: ‘Qual giubilo, la morte una carta positiva!’ pensò nervosa ricominciando a sventolarsi: “Questa carta indica una prova iniziatica, un cambiamento mediante cui avverrà una conseguente rinascita.” – “Ma di grazia, tutto questo cos’ha a che fare con la mia situazione sentimentale? Vuol dire che il mio fidanzamento è imminente?” – la cartomante esibì una faccia che non le fece presagire bene. – “ In amore si traduce con un drastico cambiamento .” – “QUANTO DRASTICO?! ME LO DICA IMMEDIATAMENTE!”Sbraitò tanto seccata quanto contrariata.
La donna però restò impassibile e proseguì con la sua spiegazione sulla carta: “Può indicare una rottura, una separazione o un cambiamento di vita che magari è già in atto e che trova il suo apice.”
Chloè si sedette di peso sulla sedia quando udì quelle ultime parole e cercò di ridarsi un contegno e quando si riebbe ringraziò la cartomante e uscì dalla stanza amareggiata e per niente soddisfatta di quell’esperienza.
E la cosa non migliorò quando tornò in sala perché di Adrien non vi era la ben che minima traccia, ora alla mezzanotte mancavano appena una decina di minuti, ormai non né poteva più, decise di prendere la situazione in mano e di andare a cercarlo. A costo di battere a tappeto l’intero perimetro della reggia e sollevare ogni maschera l’avrebbe trovato.
“Dix, neuf, huit, seept, six, cinq, quatre, trois, deux, uuune!! Minuit! Baisse les masques!” 
Mezzanotte, il momento in cui le maschere cadono era arrivato, e di Adrien nemmeno l’ombra, Chloé si slego la maschera tentando di trattenere le lacrime, dove diavolo si era cacciato? 
Stava per entrare nell’ennesima stanza messa a disposizione per la festa quando Juliette la bloccò: “Juliette, quest – ce que vous faites?” –“Ti… ti devo parlare.” – “Non ho tempo sto cercando Adri…” – “Adrien è con un’altra.” 
Chloé sbatté le palpebre a ripetizione una decina di volte come a cercare metabolizzare le parole di Juliette, che non era del tutto certa aver udito: “De quelle manière? ” – “Nel senso che l’ho visto, era appartato sulla terrazza, con qui connaissez-vous.” La bionda ci mise qualche istante a realizzare ma quando nella sua testa si palesò la soluzione cominciò a sentire dentro di se la rabbia che montava.

“Hai… hai visto cosa stavano facendo…?” chiese a fatica, tremante e livida di rabbia, non solo Adrien non si era preoccupato di cercarla, ma aveva preferito passare la serata con quella poveraccia: “Non né ho idea, ero distante ma ho visto distintamente Adrien mostrarle l’anello di sua madre e lei indossarlo.”   
A quelle parole la compostezza a cui la ragazza aveva tanto disperatamente fatto appello crollò, come un castello di carta, le lacrime cominciarono a rigarle copiose il viso, creando solchi nella patina di cerussa che si era fatta applicare con meticolosità ore prima.

In un impeto di rabbia buttò a terra il ventaglio e corse via in direzione dei giardini ignorando apertamente Juliette. 
 

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Quando rientrò nei suoi appartamenti era ancora in lacrime, quello che aveva fatto l’aveva fatta sentire meglio, ma non a sufficienza da farle dimenticare il totale fallimento di quella sera. 
Adrien non si era minimamente interessata a quello che lei aveva preparato, preferendo le moine di quella sciacquetta, almeno si era potuta vendicare in qualche modo. Si gettò sul letto incurante sia del trucco che del vestito, si addormentò quasi subito, tra le lacrime.
 
Qualche ora più tardi quando cominciava ad albeggiare Chloé venne svegliata da delle grida:“Siete una sciagurata! Avete idea di quanto avete perso questa sera con il vostro maledetto vizio?” – “Siete solo un ipocrita! Accusate me quando voi stesso avete fatto di peggio!”
Erano i suoi genitori, probabilmente stavano rientrando in quel momento: “Non osate madame! Vi siete giocata alla roulettetutti i terreni nei pressi di Agen!” 
Suo padre era furioso lo avvertiva distintamente: “Suvvia, quanto la fate tragica monsieur, quei terreni erano oramai a un decimo del loro rendimento.” – “Quelli erano gli appezzamenti nella Linguadoca stupida oca!” – “Come osate…” – “Oso, mia cara, perché se dovesse fallire l’affare americano, che vi ricordo non essere una questione ancora in corso, e Dio solo sa se ne vedremo la conclusione, rischiate di dover vedere tutte le vostre belle cose messe all’asta! Non solo vi consiglio, visto quanto amate gli abiti della Bertin, di cercare un posto come sarta, nonostante le vostre abilità siano alquanto mediocri. Perciò da oggi vi proibisco di sedervi al tavolo da gioco”  
 
A quelle parole sua madre s’indignò: “Voi non potete…” un colpo secco seguito da un tonfo sordo spezzò le urla isteriche della donna. 
“Sapete che odio farlo, ma madamevoi state tirando troppo la corda, e prima o poi si spezzerà.”
Chloè, precedentemente alzatasi dal letto per origliare meglio la conversazione sbarrò gli occhi incredula. Non aveva mai visto suo padre alzare le mani in quel modo e ne fu spaventata, dopo che lo vide – e sentì -  chiudersi la porta alle spalle si scostò dalla sua porta si slacciò alla bell e meglio il vestito e la biancheria, abbandonandoli poi sul pavimento, si sciacquò il viso, si risistemò nel letto e tornò a dormire. 
 
 

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Quella mattina si era svegliato particolarmente tardi, perché era nuovamente rincasato a tarda notte a causa del suo rendez-vousgiù in città, anche se andare a trovare Marinette la sera era un piacevole momento di evasione i chilometri che separavano la reggia da casa della giovane purtroppo gli facevano perdere diverso tempo.
“Di che ti lamenti amico? Certo devi farti un bel viaggetto tutte le volte, ma per quel bocconcino ne vale la pena no?”– A quell’affermazione Adrien aveva fatto roteare gli occhi, aveva deciso di parlarne con Nino, magari insieme avrebbero trovato, se non una soluzione, qualcosa di molto simile – “Non è questo il punto Nino. Solitamente trascorro da lei non più di un paio d’ore a sera, perché tra andare e tornare ci metto quasi un’ora e mezza.”Scartò un tris di carte dal suo mazzo.
“Dico solo che se vivesse qui potrei farle visita più facilmente.” – “Certo, potresti introdurti più facilmente nelle sue stanze, mentre si fa il bagno o si sveste per indossare la chemise, oppure la notte per…” – “La vuoi finire con queste allusioni!?” 
Adrien era visibilmente imbarazzato, perché ai suoi occhi non erano di certo sfuggiti i cambiamenti che aveva subito la giovane, e poteva dirlo in tutta franchezza, sembrava più matura di quando l’aveva vista prima di partire, oltre ad essere diventata più graziosa.
“Adrien tesoro.” – la voce di sua madre lo riportò alla realtà, nelle sue stanze e stava provando l’abito che avrebbe indossato quella sera al ballo in maschera organizzato per il carnevale – Monsieur Lefebvreti ha chiesto di voltarti perché così può finire di sistemare l’orlo.” 
Je souis desole monsieur!” Disse il giovane voltandosi sul piedistallo su cui era salito, si guardò allo specchio e ammirò la sua immagine riflessa con il suo nuovo vestito di seta broccata verde acqua, doveva ammettere che nonostante quel colore non lo esaltasse particolarmente, il modello lo risaltava parecchio.
 
Mon choux, questo taglio ti dona veramente molto, peccato che non si possa dire lo stesso del colore…”Disse la donna arricciando le labbra, Adrien la conosceva e quell’espressione significava che non era del tutto convinta dalla sua scelta. 
Ma il suo intento era quello di mandare un messaggio, senza essere riconosciuto era ovvio, era curioso di scoprire se la sua demoisellel’avrebbe distinto con un colore differente dal noir.

La fanciulla era arguta e non dubitava che l’avrebbe riconosciuto: “A cosa stai pensando mon minou? Sei costantemente sovrappensiero oggi.” – “Ma cosa dite maman? Ce n'est pas vrai.” La madre esibì un sorriso furbo e lui decise di abbassare lo sguardo evitando il suo, perché sapeva essere impossibile mentire alla madre.
Monsieur Lefebvreaveva finito con le misurazioni e permise ad Adrien di saltare giù dal piedistallo, quella prova d’abito l’aveva sfiancato e onestamente non aveva voglia di affrontare l’ennesima noiosa giornata: Mon amour, ora purtroppo devo andare. Le mie amiche mi attendono, poi nel pomeriggio passerò da Chloé.” – Emilie si avvicinò lasciando un affettuoso bacio sul capo del figlio. – “Ti lascio alle tue lezioni. A stasera.”

Emilie uscì dalla stanza e Adrien la guardò uscire con un affettuoso sorriso sul volto, sapeva quanto sua madre adorasse passare il tempo con lui, ma non poteva trascurare i suoi impegni con le dame della cerchia della regina, inoltre Sua maestà stravedeva per lei, e come non darle ragione? Sua madre era straordinaria. 
 
La guardò uscire nei giardini, aveva indosso il soprabito per coprirsi dal freddo e salire in carrozza per dirigersi al Trianon.
L’enorme orologio in stile Luigi XV posto sul caminetto cominciò a suonare la sua melodia, segnava le undici.   
‘Miseriaccia! Sono in ritardo per la lezione!’
Non si era reso conto dell’orario. Si era completamente scordato delle lezioni di mademoiselle Sancoeur,difatti era in ritardo per la sua lezione di giurisprudenza. Recuperò infretta la marsina ed il giletper fiondarsi nelle sue stanze sperando di non incorrere nelle ire di suo padre.
 
 

˜

 
Era tornato soddisfatto da quella lezione di scherma, lui e Nino quel giorno  avevano fatto da esempio alle nuove reclute, l’unico suo dispiacere era non essersi potuto rifare la lama su quel viscido di monsier Couffaine.
Il signorino aveva il congedo per le prove, vista la festa imminente considerando che quella era la sua mansione, nonché l’unica ragione per cui si trovava a corte. Quel viscido serpente.  
Ogni volta che lo vedeva in compagnia di Marinette gli montava la rabbia nel petto, infatti si risistemava gli artigli nelle ore di scherma, anche se quel pagliaccio sapeva tenergli testa. Quella sera però mentre quello sarebbe stato impegnato a sviolinare da mediocre menestrello qual era, lui si sarebbe divertito a ballare con lei
Entrò nella sua stanza, le cameriere che attendevano il suo ritorno fecero un profondo inchino al suo arrivo. In una frazione di secondo si alzarono e, operose come le api ognuna fece il proprio dovere, due di loro lo aiutarono a sfilarsi i vestiti mentre le altre si occuparono delle altre mansioni quali, preparargli la brocca per le sue abluzioni dietro al paravento, rigorosamente posizionato nei pressi del caminetto, mentre un’altra di loro posizionava con cura il vestito che avrebbe indossato quella sera, finalmente ultimato e perfetto. ‘Miao Mylady, stasera vedremo se mi riconoscerai.’ Era piacevolmente intrigato da ciò, erano secoli che non andava ad un ballo in maschera. Complice la sua lontananza fisica ed emotiva da svaghi di quel tipo e l’incendio che aveva distrutto il Palays Royal nell’ottobre dell’anno appena concluso, non aveva avuto molte occasioni di prendere parte a balli in maschera.
Perciò quella sera si sarebbe svagato come si conviene, in più la corte sarebbe stata sicuramente ricca delle più svariate forme d’intrattenimento.
 
Si spogliò della camicia girando dietro il paravento, prese la spugna e se la passò sul viso, fronte e sul petto, tutta la spossatezza che provava gli pizzicava piacevolmente sotto la pelle, sì aveva voglia di dormire ma nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione di vederla nell’abito che aveva scelto per la serata, era stata molto misteriosa su cosa avrebbe impersonato quella sera. Ma era certo che sarebbe riuscito a riconoscerla.
Un sorriso gli scappò mentre si asciugava con una pezza di lino: “Monsieur, mi perdoni, tra quanto volete cominciare a vestirvi?” Adrien fissò la cameriera come stupito dalle sue parole, erano ormai le sei e la festa sarebbe iniziata di li a qualche ora: “Ora no, andate pure vi farò chiamare io quando sarà il momento.” Sorrise cordialmente alla ragazza e congedò lei e tutto il personale, voleva stare solo. 
Monsieur.”La vocina di una di loro attirò la sua attenzione: “Vostra madre vi ha lasciato un biglietto.” Adrien guardò il vassoio d’argento su cui vi era un messaggio lasciato da sua madre: “Merci Gaëlle. Lo leggerò quanto prima.”Gaëlle s’inchinò rispettosa, appoggiò il vassoio sul tavolo ed uscì.
  
Solo dopo che cameriere e valletti furono usciti, si allontanò dal paravento e andò a prendere la missiva di sua madre per poi distendersi sul letto ancora a torso nudo, cominciava a sentire le palpebre pesanti, perciò decise di leggere il biglietto lasciatogli dalla madre, poteva essere una comunicazione importante per quella sera o chissà cos’altro:    
 
 
‘Chloé ha in serbo qualcosa di speciale per te, scoprirai di più stasera alla festa, presta attenzione alle stelle in questa magica notte.

                                                                                                                         Bisous maman’ 

 
 
Choé, cosa mai si sarebbe inventata quella sera? Sorrise al pensiero delle sue mille idee, quando erano bambini era sempre lei ad inventare i giochi, con le loro madri – o meglio sua madre – che li guardavano mentre si divertivano. Lui l’aveva sempre assecondata perché, beh erano bambini e in più lui non era mai stato bravo ad inventarsi storie, mentre la ragazza aveva un’inventiva notevole.
Stanco e con le palpebre pesanti poggiò il braccio sulla fronte fissando il vuoto sul soffitto del baldacchino, gli occhi cominciarono a farsi pesanti, magari chiudere gli occhi due minuti gli avrebbe giovato.
 
Stava salendo da uno degli scaloni della reggia, in direzione della Galerie de Glasse. I suoi passi risuonavano ovattati e non riusciva a capirne il motivo, le luci erano fioche e stranamente non vi erano cortigiani che girassero per la reggia.
Arrivò nella galleria anch’essa inspiegabilmente vuota, tranne che per una persona, una gentildonna che si aggirava solitaria al centro della sala, avvolta in un abito rosso che risaltava magnificamente sotto la luce degli immensi candelabri.
Adrien la vide non appena fece il suo ingresso e ne rimase folgorato. Era lei, ed era lì, ormai non sperava più di poterla rivedere.
Si diresse subito verso di lei, deciso più che mai a scoprire chi ci fosse sotto la maschera, dopo che i suoi propositi di scoprire se si trattasse o meno di Marinette erano passati in secondo piano rispetto al voler approfondire il rapporto con la giovane, a discapito del suo progetto iniziale.
 
Più si avvicinava più realizzava che sì, si trattava di lei.
Aumentò subito il passo per raggiungerla facendo aumentare l’echeggio di sottofondo, tant’è che anche la giovane si accorse della sua presenza.
Si voltò a guardarlo con i suoi splendidi occhi azzurri ridenti che si celavano dietro la maschera rossa con decori neri, quando lo vide un sorriso le illuminò il viso e ad Adrien si fermò il cuore per l’emozione.   
La vide voltarsi e cominciare a correre, in direzione degli appartamenti reali, il giovane ne rimase per un istante interdetto ma non esitò ad andarle dietro, era una vita che sperava di rivederla, non se la sarebbe fatta sfuggire tanto facilmente. 

Arrivato nell’anticamera della stanza della regina – anch’essa misteriosamente vuota - lei era lì, adagiata sulla chaise lounge che si sventolava distrattamente col ventaglio, non seppe dire nemmeno lui quale impeto lo colse, mandò al diavolo il suo buon senso e non solo le si avvicinò senza ritegno ma la sovrastò, cominciando ad accarezzarle spudoratamente una gamba: “Non, pas comme ça. Disse suadente come una sirena, gli mise una manina sul petto per scostarlo appena: “Séduit moi.” – ‘Che cosa?’ pensò Adrien del tutto colto alla sprovvista.

Lei si alzò, lasciandolo lì come un allocco: “Scrivetemi lettere, poesie. Oh j’adore les poèmes. Incantatemi con le parole.” Proseguì lei cominciando a spostarti nella stanza, fino a dirigersi verso la porta della stanza da letto - “Seducetemi.” - Continuò sempre più sensuale: “E trovami presto, chaton.” Si chiuse dietro la porta, Adrien disperato si precipitò per riaprire la porta, ma quando l’aprì rimase sconvolto da quanto vide.

Al posto della giovane mascherata vi era una giovane con lunghi capelli neri sciolti lungo la schiena.
‘Marinette’ fu il suo primo pensiero, ma non si sarebbe mai immaginato di avere ragione. Quando la giovane si voltò sbarrò gli occhi e avvampò rendendosi conto che la sua chemise aveva i cordini slacciati: “Adrien?” disse suadente, ma non fece in tempo a voltarsi completamente, perché le porte della camera si sprangarono.

Il biondo cominciò a battere forte i pugni sulle porte per poter entrare, ma nulla.

Adrien si svegliò di soprassalto sentendo i colpi provenire dalla porta, la sua porta, era nella sua stanza sdraiato nella stessa posizione in cui ricordava di essersi appisolato, si mise a sedere e si ricompose:“Avanti.” – “È permess…ma amico, ancora non sei pronto?” – Nino fece il suo ingresso nella camera del ragazzo, Adrien si era completamente dimenticato di avergli promesso che sarebbero andati assieme - “Mi.. mi sono appisolato, ma evidentemente ho dormito troppo.” – poco male, vorrà dire che stasera sarai bello arzillo, e potrai sempre trovare un modo per stancarti.” Ammiccò allusivo il ragazzo, Adrien fece una smorfia, e tirò un cuscino in direzione del moro.
“Manda a chiamare Gaëlle,così mi aiuterà a prepararmi, aspettami di la, ci vediamo tra qualche istante.”  
 
 

˜

 
Quella era davvero una delle più belle serate dell’anno, le maschere che affollavano la sala rendevano l’atmosfera carica di magia e mistero.
La reggia era gremita di cortigiani, che festanti ed ubriachi caricavano l’atmosfera con le risate e flirt più o meno innocenti, lui e Nino erano entrati nel vivo della festa decisi, ognuno a modo proprio, a lasciarsi andare alle più raffinate frivolezze, con contegno, considerando che gli era stato imposto dai suoi genitori – specie suo padre – di partecipare al gioco organizzato da Chloé appositamente per lui, e come gli aveva rivelato sua madre, al termine del quale avrebbe dovuto ufficialmente chiedere la sua mano, donandole l’anello che era stato di sua madre.
In realtà le sue intenzioni erano sì quelle di trovare una fanciulla, ma non si trattava di Chloé, infatti erano ore che si rigirava tra le mani il foglietto contenente un fantomatico indizio che la madre gli aveva consegnato ad inizio serata, infatti il foglietto era tutto stracciato: “Adrien, la smetti? È chiaro che l’unicao cosa che t’interessa veramente questa sera non sono né i giochi da tavola, né gli acrobati, né tantomeno partecipare a questa stupida caccia al ‘tesoro’”. 
Adrien guardò l’amico e si portò l’ennesima coppa alle labbra e bevve un lungo sorso: “Traspare così tanto?” – “Lo vedrebbe anche un mendicante cieco.” Rispose sarcastico Nino.
 
Adrien spostò nuovamente lo sguardo, da dietro la sua maschera i suoi occhi svettavano di continuo in un’unica direzione, verso un punto preciso che non aveva perso di vista per tutta la sera, ma che ancora non aveva avuto il coraggio di avvicinare. 
Marinette aveva appena terminato di danzare una pavane, era incredibilmente graziosa nel suo abito grigio e rosa. Quando diverse ore prima lei e la sua famiglia avevano fatto il loro ingresso in sala, ad Adrien l’aveva riconosciuta subito e nel vederla gli era mancato un battito nel vederla indossare quel vestito, con quel particolare taglio.
Era un abito grigio con i decori del pettino e dei pizzi in rosa, ma la scelta più audace si nascondeva nel modello, infatti anche il suo vestito riprendeva in maniera incredibile lo stile del XVII secolo, l’aveva intuito sia dall’assenza di strutture nella gonna, che dalle spalline basse che si univano deliziosamente al centro del suo petto con quell’intrigante rosa. 
Quando la vide infatti ne rimase folgorato, se avesse ragionato solo con l’istinto sarebbe andato immediatamente da lei per invitarla a ballare, infischiandosene delle regole, delle convenzioni sociali e degli stupidi ed insensati desideri di suo padre, ma sicuramente avrebbe creato non poche polemiche, rischiando di esporla alle malelingue, per tanto si era limitato ad osservarla da lontano.
 
E ora che era finalmente trascorso un lasso adeguato di tempo e le rispettive famiglie sembravano essere adeguatamente distanti, infatti vedeva la madre avvolta in uno splendido abito di raso blu che conversava allegramente con qualcuno dei loro amici, assieme a suo padre. 
‘Bene.’ Pensò nel vedere quella scena: “Allora amico mio, è il momento di cambiare un po’ la musica.” – “Così ti voglio amico. Va e falla tua!” 
Inarcò un sopracciglio contrariato, ma comunque era deciso a trascorrere del tempo con lei, si stava dirigendo verso la sua meta che in quel momento era impegnata a ridere serena con il suo gruppetto di amiche, l’aveva scrutata danzare quasi ammaliato, ma ora era arrivato il suo turno di rubarle un ballo, oppure due. Avrebbe danzato con lei tutta la notte, purtroppo anche in questa circostanza le convenzioni sociali diventavano noiose. Per non sottoporre i due danzatori a pettegolezzi – o peggio all’ira funesta di suo padre -  non erano consentiti più di due balli con la stessa dama, a meno che non si tratti di due amanti conclamati.
La seguì senza perderla di vista, si stava allontanando insieme al suo gruppo di amiche:‘Dove si starà recando? Ha danzato tutta sera, forse sarà stanca.’ Purtroppo, la malasorte gli venne incontro, venne letteralmente intercettato e fermato da mademoiselle De Moralle lo trattenne finché purtroppo non la perse del tutto di vista.
 
Il monologo di Adélaïde durò una quantità di tempo inesorabile, ne era uscito esausto e come se non bastasse non aveva più vistomademoiselle tornare in sala, forse si era recata in qualche altro salone a vedere chissà cosa o perché no, magari si era appartata con qualcuno o le sue amiche l’avevano trascinata chissà dove.
Si diresse verso la scalinata, voleva scendere a prendere un po’ d’aria fresca, e quando fu finalmente solo si sfilò la maschera per riprendere fiato.
Strinse i pugni nervoso e incredibilmente frustrato, incurante di star stropicciando il foglietto datogli da Adélaïde su cui vi era scritto qualcosa, o meglio, sapeva che si trattava dell’indizio della caccia al tesoro organizzata da Chloé, l’ultima cosa che aveva voglia di fare quella sera, specialmente in quel momento.
Non poteva credere che ormai la serata fosse trascorsa per ben oltre la sua metà e ancora non era riuscito ad avvicinarla, invero non sapeva nemmeno se fosse ancora alla reggia o se fosse rincasata, osservò il panorama, lo splendido spettacolo idrico delle fontane si ammirava meravigliosamente anche nel buio della notte, le ombre di qualche audace che si addentrava nella natura a quell’ora si stagliavano nel chiarore delle acque illuminate dalla luna.
Udì una porticina aprirsi in lontananza e un ticchettio di scarpette che man mano si avvicinavano a lui, non ci badò temendo di vedere troppo, ma evidentemente la dama non l’aveva notato - e si che il portico era illuminato – tant’è che cacciò un piccolo urlo dallo spavento. 
Si voltò di scatto per lo spavento, e tentò di rassicurare la fanciullaMademoisellestate calma, sono io, monsieur Agreste.”Quando la videAdrien sorrise non poteva credere alla sua fortuna, sì era lei.
cercò di tranquillizzarla con sorriso cordiale, anche se in realtà avrebbe voluto evitare di agitarla dal principio.
“Désolé monsieur, non vi avevo proprio visto.”Leisi prese appena un attimo per ricomporsi al meglio sistemandosi i capelli e coprendosi meglio. 
 
“Non vi crucciate mademoiselle Dupain, piuttosto voi come state? Non era mia intenzione farvi spaventare.” Lei gli si avvicinò ulteriormente mentre lui dal canto suo la osservò risistemandosi lo scialle che si era nuovamente allentato, ora che ci faceva caso faceva fresco quella sera: “Come avete fatto a riconoscermi monsieur? E non ditemi che il mio travestimento non è buono come credevo.” – “La vostra maschera è divina mademoiselle.” Avrebbe voluto dirle che ormai la conosceva al punto che nessun artificio gli avrebbe impedito di riconoscerla, ma dovette trattenersi: “Vi siete calata la maschera quando eravamo nel salone, subito dopo il minuetto.” – “Ma… ma è stato solo un costante… istante, istante si. Come ve ne siete accorto?”L’ultima frase fu appena un sussurro in cui si leggeva una nota d’imbarazzo ingiustificata: “Semplicemente perché vi stavo osservando mademoiselle.Era mia intenzione invitarvi a ballare, ma non conoscendo la vostra maschera, e sapendo della vostra passione per il ballo ho ipotizzato foste lì. E sono lieto di averci preso.” Le sorrise.
Lei lo guardò fugacemente negli occhi ricambiando il suo sorriso: “In realtà non è una vera e propria passione, quanto più un piacevolissimo passatempo, quando mi trovo in queste occasioni.” Confessò timida.
“Mi aiuta a sentirmi a mio agio, qui dentro, in questo ambiente…” – “Cosa intendete? C’è qualcosa o qualcuno che vi mette a disagio?”
 
Sperava di non essere lui la causa del suo malessere, per il nervoso cominciò a giocare con la scatolina dell’anello che aveva messo nella tasca del vestito, notò una certa curiosità nel suo sguardo, la guardò sorridendo inconsciamente. 
“Non monsieur, assolutamente, - tranne qualcuno – qui sono tutti così gentili, e le mie nuove amiche deliziose, solo che alle volte mi sento fuori posto.”
D’improvviso la sentì starnutire e subito da bravo gentiluomo quel eraestrasse dalla tasca un prezioso fazzoletto di seta, ma inavvertitamente gli scivolò la preziosa custodia di velluto, abbellita da finissime decorazioni, la vide chinarsi per raccoglierla senza pensare al vestito, tant’è che    
Soltanto quando le loro reste si scontrarono: “Pardonez – moi monsieur.” – “Pardonez – moi mademoiselle.” Dissero contemporaneamente guardandosi negli occhi, per poi scoppiare a ridere insieme, finché non distolse lo sguardo per recuperare il piccolo scrigno: “Che graziosa scatolina, deve contenere qualcosa di molto prezioso monsieur.” Un meraviglioso scintillio illuminò i suoi occhi color del mare quando questi si posarono sul piccolo cofanetto in velluto.

Un soffice tepore gli scaldò il petto a quella sua affermazione e senza proferire una parola sganciò il bottoncino che teneva sigillata la scatolina aprendola.
Quando rivelò il contenuto del cofanetto i suoi occhi brillarono distintamente: C'est… C'est merveilleux. Posso?” Chiese timorosa, lo guardò per un’istante ma il momento fu davvero fugace.
“Certamente mademoiselle.”Disse senza alcuna esitazione, forse con troppo zelo,solo dopo aver avuto il suo permesso vide distintamente la sua mano guantata sfiorare il monile:“È incantevole, ha l’aria di essere molto antico.” – “Lo è, appartiene alla famiglia di mia madre da generazioni.” 
La vide arrossire appena e la trovò adorabile.
“È incantevole.” – ripeté nuovamente, quasi come se si fosse intristita all’improvviso e Adrien non né comprese i motivi – “Peccato solo che non sia adatto a me, troppi fronzoli.” 
“Io non credo. Provatelo, c’è un solo modo per scoprirlo!” Esordì con audacia, estrasse l’anello e con garbo le prese la mano sinistra, le avrebbe anche sfilato il guanto se lei non l’avesse fermato. 

Una volta che fu libera con un rispettosissimo gesto le prese la mano e le fece scivolare l’anello al dito, che la giovane alzò alla luce delle torce per vedere come le calzasse. E tutto successe in un baleno, l’anello – che le si adattava alla perfezione sul suo dito – brillava alla luce delle fiaccole, e le stava d’incanto. Subito avvertì una forte sensazione farsi strada dentro di se, come la consapevolezza di qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Il suo sguardo si muoveva da solo, dalla giovane all’anello, come se non avesse mai visto nessuno dei due e lei se parve accorgersene, infatti si sfilò frettolosamente il gioiello: Exactement comme je le pensais, trop de fioritures.”

‘Non, ne’est pas ici.’ Avrebbe certamente replicato così se lei gliene avesse dato modo, ma lei gli rese l’anello e con un semplice: “Con permesso monsieur.” Prese congedo da lui dileguandosi in direzione dei giardini.

 

˜

 
‘Ma dov’è finita?’ erano trascorsi più di quaranta minuti da quando mademoiselle Dupain erafuggita da lui, non l’aveva seguita per il semplice fatto che non se la sentiva di turbarla ulteriormente dopo quanto era accaduto. Lui stesso era rimasto sconcertato quando le aveva visto indossare l’anello della madre, non sapeva bene nemmeno lui come descrivere quella senzazione. Era come se ogni cosa fosse al posto giusto. Sorrise a quel pensiero, non poteva ignorare quella sensazione, cosa che mai gli era capitato di provare quando si trovava in compagnia di Chloé, delle sue sensazioni avrebbe certamente parlato con la madre.
 
E gli sarebbe tanto piaciuto presentarla alla madre, aveva il forte presentimento che loro due sarebbero andate molto d’accordo, e se i ciò si fosse dimostrato corretto avrebbe avuto ancora più occasioni per vederla.
Ma prima doveva trovarla.
Per sua fortuna il suo gruppetto di amiche era riunito non molto distante da lui, le intercettò e chiese loro – discretamente s’intende – su dove fosse finita la giovane:“Credo si sia recata a casa monsieur, l’abbiamo vista dirigersi alle carrozze.” – “E per quale ragione?!” 
Ci mise un po’ troppa enfasi, ma se ne rese contro troppo tardi: “Credo sia caduta nella fontana.” – “Tipico di mademoiselle.”Le ragazze ridacchiarono a quel commento e anche a lui scappò un lieve risolino, ricordandosi di una scena analoga a cui gli era capitato di assistere.
 
Senza pensarci due volte si congedò dalle fanciulle e si diresse verso le scuderie, direzione casa Dupain. 
 
Quando giunse alla dimora dei Dupain passò davanti al cancello, sbirciando dentro e constatando che la carrozza con cui Marinette era scappata dalla festa fosse arrivata. Decise di entrare, non dal cancello, ma dalla porticina del giardino, sistemò il suo cavallo nel vicolo nascosto dalla penombra ed entrò, chiudendo accuratamente la porta dietro di se.
Si addentrò nel giardino attraversandolo a grandi falcate, nella speranza di poterla confortare e capire cosa le fosse successo. Quando finalmente fu sotto il suo balcone vi si arrampicò senza incertezza, fino al suo balcone, ma quando si trovò lì si bloccò di colpo.
 “Come ha osato quella…” – “Dillo! Dillo senza remore! Une conne, c'est ce que c'est mademoiselle Bourgeois!” Sentì distintamente Marinette e la sua domestica parlare di Chloé, ma non furono le parole a farlo restare immobile come uno stoccafisso.

“Guarda come ti ha conciata! Tesoro sei tutta fradicia, non potevi trascinarla nella fontana con te?” – “Mi ha colta di sorpresa. La prossima volta vedrò di essere più accorta.”
Si stava spogliando, incurante del fatto di non essere dietro il paravento ma davanti alla finestra, certo era che lui non avrebbe dovuto essere lì, in casa sua, sul suo balcone e davanti alla sua finestra mentre lei si stava facendo sfilare prima il vestito, poi la gonna e gli innumerevoli strati di tessuto che stava via via sfilandosi, fino a rimanere in sottoveste e corsetto.

Adrien sentì il volto accendersi e il respiro farsi pesante nel vederla in biancheria, resa peccaminosamente aderente e trasparente dall’acqua, evidenziando ogni suo punto. Cosa che incoraggiò in lui pensieri non propriamente innocenti che operosi gli attraversarono la mente, e quando la vide sciogliersi i capelli e portarseli su di un lato, inconsciamente si avvicinò di qualche passo alla finestra.
Ne seguì i movimenti fino a soffermarsi con lo sguardo senza ritegno sul suo petto, non particolarmente florido ma non per questo meno stuzzicante, perfettamente in linea col suo fisico. Assottigliò lo sguardo con fare quasi famelico.
Un brivido gli attraversò la schiena nel vederla slacciare una spallina dell’indumento, si riscosse, scrollò la testa vergognandosi di se stesso e dei propri pensieri, decise che era arrivato assolutamente il momento di andarsene da lì prima che si accorgesse della sua presenza.

Senza troppi indugi si precipitò oltre il parapetto che superò con uno slancio, aggrappandosi alla pianta, scese e attraversò di corsa il giardino, rigorosamente senza voltarsi.  
Montò a cavallo e lo spinse al galoppo il cavallo nella notte, cercando di non fare altrettanto con i suoi pensieri, scacciando dalla mente - con non poca difficoltà – le immagini della scena a cui aveva assistito.

 
 

****

 
“Questa mattina io ed Alya vorremmo uscire in città per andare a ritirare gli ultimi accessori per il ballo in maschera di questa sera.” Così aveva esordito Marinette quella mattina a colazione con i suoi genitori: “Sicura sia una buona idea tesoro? Fa un tale freddo, perché non prendete la carrozza visto che oggi non devo recarmi a palazzo.” Le rispose il padre, trangugiando la sua seconda fetta di torta quella mattina.
“Purqua – pas ce la devrait – il être un problème?” chiese servendosi un’altra briochee del thè con infuse delle foglie di eucalipto provenienti da una qualche colonia inglese. 
 
“Non è un problema, tuo padre non vuole – giustamente – che ti affatichi.” – “Beh, se non mi affaticava correre su e giù per diversi isolati con le ceste piene di pane quando avevo cinque anni, come potrebbe stancarmi una passeggiata mattutina?” 
I coniugi Dupain si guardarono scettici e Marinette non riusciva a comprendere i motivi della loro apprensione, secondo lei ingiustificata: “Cos’è che vi preoccupa? Non vi fidate di me?” – “Tesoro, noi ci fidiamo ciecamente di te.” Esordì amorevole suo padre: “Purtroppo c’è il rischio che tu possa essere presa di mira quando esci.”
Marinette abbassò lo sguardo, effettivamente non ci aveva mai pensato ma infondo si trattava sempre dei loro vecchi amici, del loro vecchio arrondissement.

Je sais que vous êtes inquiet, ma vi prometto che non succederà niente, Alya verrà con me e giuro che saremo a casa entro un paio d’ore, solo il tempo di predere i vestiti e saremo di ritorno.”

Sperava con tutta se stessa di essere riuscita a convincerli, anche perché aveva voglia di uscire e tornare alla normalità. Osservò la madre mentre sorseggiava la sua cioccolata, in attesa di una sua reazione.

“Tom, se è solo per un paio d’ore penso che gliele si possano accordare.” I suoi occhi svettarono sul padre che consumava la colazione, non le parve di vedere un’espressione convinta sul suo volto tant’è che cominciò a paventare l’idea di far mandare Alya sola all’atelier di mademoiselle Bertin.
Guardò nuovamente in direzione di suo padre che aveva assunto la sua espressione riflessiva, lei lo guardava di sottecchi sperando non notasse la sua espressione impaziente.
“Va bene tesoro mio, puoi andare, a condizione che però torniate presto.” – Marinette lanciò un gridolino, ed entusiasta si alzò dalla tavola facendo quasi rovesciare la sua tazza con la cioccolata, andò ad abbracciare il padre gettandogli le braccia al collo e lasciandogli diversi baci sulle enormi guance.
“Grazie papà! Grazie, grazie, grazie!” L’uomo rise e quando lei si staccò le prese le mani tra le sue: “Fai solo attenzione bambina mia.” Lei annui prontamente: “Certamente papà!”    

 

˜

 
Mylene rovesciò una brocca d’acqua tiepida sulla testa di Marinette , che si trovava immersa nella vasca da bagno, portata appositamente nelle sue stanze per permetterle di lavarsi via il sudiciume di dosso.
Doveva ringraziare quell’oca bionda di mademoiselle Bourgeoische avevano avuto la sfortuna di veder passare in carrozza, era stata tanto simpatica da far investire sia lei che Alya con i liquami presenti in strada, per tanto una volta rientrate aveva dato disposizioni per farsi preparare un bagno caldo per pulirsi e rigenerarsi.
Aveva avuto bisogno di diversi risciacqui prima di sentirsi davvero pulita e solo adesso riusciva davvero a godersi quella coccola: “Volete uscire mademoiselle? vado a prendervi il telo?” – “Certo Mylene, ma dammi prima altri cinque minuti.” – “ Come desiderate mademoiselle!” 
 
La ragazza uscì lasciandola sola con i suoi pensieri, nonostante l’euforia per la festa imminente, qualcos’altro occupava i suoi pensieri, non sapeva nemmeno lei quali fossero precisamente tutti i suoi sentimeneti, ma su uno in particolare non indugiava. 
Provava un po’ di gelosia, e si sentiva in colpa specie per la persona verso cui era rivolta. Alya, la sua migliore amica.
Infatti proprio quella mattina, quando erano andate a ritirare gli abiti dalla modista le aveva confidato che la sua assenza da casa Dupain di qualche settimana prima era stata causata dalla fantomatica visita del marquis.
Lì per lì Marinette non aveva subito compreso, confondendosi col giovane che era solita vedere ogni tanto, ma quando comprese ne rimase sia stupita che gelosa?
Invero non né era certa nemmeno lei, però sicuramente era curiosa, tantè che aveva sommerso Alya di quesiti sul come ci si sente quando… si presenta.
“Oh amica mia, è quasi come stare su una di quelle ruote dove solitamente finiscono i condannati.” – “Santo cielo, è davvero così brutto?” - Marinette era sconcertata da quelle parole – “Sicuramente non è piacevole, il bassoventre in subbuglio, l’umore pessimo, i forti crampi. Ma fortunatamente col passare dei giorni tutto migliora, anche…” Si limitò a fare un gesto con la mano, ma bastò quello per farle capire.
“Mon Dieu…e… e quello come si previene, o meglio, come si evita?”
A quelle parole Alya scoppiò a ridere divertita: “Quello mi dispiace ma è inevitabile.” Marinette sbarrò gli occhi sconvolta, quando ciò sarebbe toccato a lei in quei giorni non avrebbe messo piede fuori dalla sua stanza.

“Però non devi peroccuparti perché è una faccenda gestibile, e quando sarà il momento anche per te, mia madre ha pronti tutta una serie di trucchetti per aiutarti a gestite il problema, come ha fatto con me.” – “Ce serait, de grâce?
Purtroppo i loro discorsi erano stati brutalmente interrotti da quella conne di mademoiselle Bourgeois che le aveva investite facendo schizzare i liquami della strada con le ruote della carrozza e sporcandole tutte.
Fortunatamente almeno gli abiti erano salvi, perché mandati a casa in carrozza. Si adagiò ulteriormente nella vasca da bagno, godendo ancora un po’ del piacevole tepore dell’acqua sulla pelle, abbassò lo sguardo su di se ma lo rialzò subito vergognandosi di se stessa, sapeva che non doveva guardarsi specialmente in quei momenti quando era  più… esposta, per non rischiare di - citando testualmente suor Claris – ‘Cedere alle sue debolezze!’ .

Ma lei non capiva a cosa si riferisse, anche se doveva ammettere che ultimamente però le capitava spesso di indugiare, non capiva nemmeno lei il motivo, capitava soprattutto la sera nel momento del cambio, e nei momenti come quello, quando era sola nella vasca, sola con i suoi pensieri, per scacciare ogni forma di tentazione cominciò a giocare con la manica della chemise, facendola fluttuare distrattamente nell’acqua tendo l’altra mano su una gamba, cercando con tutte le sue forze di desistere.

Dopo pochi istanti decise di smettere, portò entrambe le braccia sotto il petto cercando di distendersi e rilassarsi. Inconsciamente mosse alcune dita sfiorandosi il seno, percepì attraverso la camiciola una sensazione strana ma piacevole, tant’è che decise di riprovarci, chiuse gli occhi e trattenne il respiro intensificando appena il contatto spostando appena la traiettoria, spostandosi col dito seguendone la curva. La sensazione divenne più intensa e piacevole, Marinette non se lo aspettava e per la sorpresa si morse d’istinto il labbro inferiore e subito la sua mente scivolò all’impudico pensiero dell’essere sfiorata così da monsieur Agreste. Poi accadde in un istante altre sensazioni s’impadronirono di lei, prime tra tutte colpa e disagio.

Prontamente riaprì gli occhi di scatto vergognandosi da morire e ritrasse subito la mano che usò per suonare la campanella sul tavolino adiacente alla vasca, per far sapere che era pronta per uscire dalla vasca, s’immerse ulteriormente fino a che non rimasero solo i suoi occhi a pelo dell’acqua.

“Marineeette, sono io. Ma, ma dove sei?” – riemerse per  farsi vedere dalla sua migliore amica che nel frattempo aveva evidentemente finito di lavarsi - “Sono qui Alya.” Alzò un braccio per farsi vedere: “Cosa stavi facendo?” – “Niente, mi godevo il tepore dell’acqua.” – “Mi sembra giusto, considerato che mademoiselle può permetterselo.” La punzecchiò la mora, che in tutta risposta si beccò un’occhiataccia, Alya l’aiutò ad uscire e a coprirsi il corpo col telo di cotone, poi con un secondo le avvolse i capelli.
“Pronta per stasera?” Gli occhi della corvina s’illuminarono, era pronta come non mai per quella che si, era la serata più magica che si poteva trascorrere a Versailles: “Assolutamente sì! E ti prometto che al prossimo ballo in maschera, farò venire anche te, così potrai incontrare il tuo spasimante. Sempre se mi dirai di chi si tratta.” – “Questo mai!” – “Oh andiamo, sono la tua migliore amica o sbaglio?” – “È vero, allora, facciamo così, stasera o quando ci vedremo gliene parlerò, e, se mi darà il consenso te ne parlerò!”

Marinette inarcò un sopracciglio interrogativa: “E da quando Alya Césaire necessita del permesso di qualcuno per parlare?” – “Da quando lo decido io!” puntualizzò la mora dandole un pizzico sul fianco ed entrambe risero.


“Ora però mi devo spicciare!” – disse la corvina guardando l’orologio – “C’è la lezione con madame Mendeleiev, e quella donna è inflessibile.”

 

˜

 
“Amica mia devo dire che questa volta ti sei davvero superata! Ma toglimi una curiosità, come mai hai optato per un modello così… datato? Vi è una particolare ragione o..?” Marinette arrossì appena a quella allusione: “In verità sì.” 
Confessò senza provare minimamente a negare, mentre la sua amica le sistemava il corsetto che si era fatta confezionare appositamente, aveva avuto bisogno anche di un corsetto apposito oltre all’abito, purtroppo quel tipo di moda era caduto in disuso da oltre un secolo, ma lei lo trovava estremamente affascinante.
Era uno splendido abito in seta grigia, con pizzi e ornamenti rosa, 
lo scollo a barca - in stile XVII, di quelli usati dalle gran dame alla corte del Re Sole - era decorato con deliziosi fiorellini, e al centro dello scollo una rosa di satin che copriva decorosamente l’attaccatura del seno, il tutto arricchito da una perla a goccia al centro del fiore.
 Si era ispirata ai bellissimi ritratti delle regine e soprattutto delle amanti che in precedenza avevano avuto l’onore di passeggiare per i corridoi della reggia, prima di tutti loro.
Più volte aveva ammirato i volti di quelle donne appesi nei corridoi della reggia mentre passeggiava con le sue compagne, inoltre non poteva negare a se stessa la ragione più importante: “Diciamo che potrebbe essere un piccolo omaggio a, tu sais qui.”  Alya ridacchiò appena alla sua confessione.
“Sbaglio o ne sei innamorata?” chiese indagatrice la mora rivolta alla sua amica mentre le allacciava la gonna e le infilava il vestito per poi chiudere i lacci del corsetto: “Assolutamente no! Sai che è una sola la persona che mi fa battere il cuore.”Sentì le guance arrossarsi, chissà lui cos’avrebbe pensato nel vederla in quelle vesti, chissà se l’avrebbe riconosciuta o se lei avrebbe riconosciuto lui.
Si era posta quella ed altre mille domande mentre era nella carrozza con i suoi genitori, più li guardava più le ricordavano i protagonisti di una delle storie di Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve****, le scappò un risolino beffardo che cercò di non farsi accorgere nascondendosi con il ventaglio.
 
Quando finalmente giunsero alla reggia sgranò gli occhi per la meraviglia, la già di per se il ballo in maschera di carnvale era uno dei più belli oranizzati durante l’anno, ma questa volta si erano superati, già nel cortile d’ingresso c’erano acrobati, giocolieri e un mangiatore di fuoco. 
Affascinata. Ecco come si sentiva, in tutto e per tutto, e doveva ancora recarsi ai piani superiori dove si trovava la vera festa, non vedeva l’ora, avrebbe sicuramente danzato per buona parte della serata.
Infatti era esattamente così che aveva speso le prime ore, danzando. Aveva eseguito nell’ordine una courante, una gavotte, un minuetto e per ultima la pavane, era arrivato decisamente il momento di fermarsi, i suoi piedi imploravano pietà, non appena i violini cessarono la loro vivace melodia e quindi lei ne approfittò per congedarsi il suo cavaliere e recarsi ai margini della sala per bere qualcosa: Mademoiselle! Mademoiselle venite siamo qui!” 
La voce squillante di mademoisellede Lavillantattirò la sua attenzione, arraffò un calice da uno dei camerieri di passaggio e prese a dirigersi verso il gruppetto, c’erano presenti all’appello mademoiselleCouffaine e mademoiselle deLavillant,mademoiselleBoureal stava flirtando affabilmente con un giovane qualche metro più in là. Marinette rise guardando il vestito scelto dalla fanciulla, a suo dire era orrendo, ma non l’avrebbe detto ad alta voce. Raggiunse le sue amiche e dopo essersi scambiate i saluti, la conversazione prese da subito una piega molto più intrigante:Mesdemoiselles, j’ai une proposition!” Mademoiselle deLavillantperse prontamente la parola: “Vi andrebbe di sfidare la sorte?” – “Che cosa intendi Rose?” gli occhi azzurri dietro la maschera rosa di mademoiselleRose brillavanodi una luce particolare:“Intendo ma chère,nel salone accanto agli appartamenti del re è stata situata la zona del gioco! Non so voi ma io fremo dal voler fare una partita al faraone.” Disse euforica la giovane. Marinette e Juleka la guardarono stranite: Mademoiselle da quando siete così audace? Sapete vero che il gioco crea vizi?” – “Mademoiselle Dupain suvvia, non siate lassista! Avete mai goicato una mano?”     
Marinette sgranò gli occhi, aveva ancora il divieto di approcciarsi a questi passatempi perché a dire di sua madre era troppo giovane: “In realtà no, non ho mai giocato…” - Confessò – “Allora dobbiamo rimediare!” Rose prese euforica per mano di entrambe per trascinarle nella sala: “In realtà non mi sarebbe permesso….”Tentò inutilmente di dire, ma ormai la bionda era decisa nei suoi intenti, e la mancanza di reattività da parte di mademoiselleCouffainenon agevolava i suoi tentativi di rimostranza.  
“Solo qualche mano, e poi torneremo qui, nessuno se ne accorgerà, e se i vostri genitori faranno delle domande, potrete dir loro di aver chiesto il consulto della cartomante.” – “C’è anche la cartomante?”MademoiselleCouffaine parve riaversi: “OUIII!!” – “Allora magari potrei provare a chiedere un consulto per… quella questione.” 
Marinette alzò un sopracciglio, stava per chiedere delucidazioni ma mademoiselledeLavillant le spinse dentro la sala.
 
‘Just une coup.’ Aveva iniziato con questo intento una partita al faraone, peccato che si fosse accanita e le partite in un baleno erano diventate 5, e tutte le sue mani erano state più che fortunate: “Siete veramente fortunatamademoiselle, avete vinto una piccola fortuna.” – “Seulement fortune mademoiselle.”Ribattè onesta, infatti lei non aveva mai giocato, la sua si poteva senza dubbio definire la fortuna del principiante. 
“A differenza mia, che questa sera sembra avermi abbandonata.” Disse la giovane sconsolata: “Non dite così mademoiselle, la sorte può sempre cambiare.” – “Ma non per me, o almeno non questa sera mademoiselle.” – la giovane si alzò dal tavolo da gioco – “Comunque mi avete vinto talmente tanti soldi questa sera mademoiselle, che mi sarebbe scortese da parte mia non presentarmi. Je souis Juliettede Claujère.” – “Ravi de vous rencontrermademoisellede ClaujèreJe souis mademoiselle Dupain.” Si presentò alla fanciulla che aveva un delizioso vestito color malva che ricordava una bellissima farfalla, le due si scambirono ancora qualche parola di comvenienza poi mademoiselleprese congedo e Marinette iniziò una nuova partita.  
Quelle belle fleur et très chanceux je vois. Uno sgadevole gentiluomo panciuto e con una maschera che a lei rammentava il volto tumefatto di uno scarafaggio e visibilmente ubriaco aveva preso a corteggiarla con insistenza: “Quella del principiante monsieur, nulla di più.” Cercò di allontanarlo non dandogli attenzioni o motivi per ronzarle intorno, ma questi insistette inesorabilmente tornò all’attacco sfacciato: “Suvvia mon fleur, non siate impertinente.” – “E voi non siate insolente, je ne souis pas votre fleur!” – “Avete carattere belle fleur, mi piacete.

Voi no viscido serpente!’ pensò Marinette visibilmente seccata.

Un’altra mano ed un’altra vittoria, esultò festante ed anche il suo viscido corteggiatore che non accennava a demordere, ma al contrario la sua vincita l’aveva reso ancora più molesto: “Un’altra manomademoiselle?” Le domandò il banchiere: “Certo che mademoiselle desidera fare un’altra mano, non vedete quant’è chanceux?” Quella sua insistenza era a dir poco iritante, inoltre lo vide chiaramente indugiare con lo sguardo sul suo petto, e no questo non lo tollerava. Si alzò di prepotenza dalla sua sedia, “Nomonsieur, per me basta così.” 
Salutò il banchiere e senza degnare d’attenzioni quell’essere insolente con destinazione ovunque, fuorchè fosse fuori dalla portata di quel maiale, ma egli non demorse e quel verme si alzò per andarle incontro: “Non pensate di sfuggirmi tanto facilmente bellefleur, siete davvero troppo allettante.” La braccò e lei tentò di divincolarsi, ma la presa di quell’uomo era salda e non sembrava intenzionato a lasciarla andare.
Monsieur, lasciatemi!” – “Non è affatto mia intenzione, avete destato il mio interesse, sarebbe da maleducata lasciarlo insoddisfatto.” Marinette era a dir poco schifata dai suoi modi e ancor di più dai suoi intenti. Decise per tanto di giocare d’astuzia: “E se, rendessimo la cosa pù interessante, con un altro gioco?” disse con il fare più suadente che le riuscì– “Direi tressette, ma non ho le carte.” – Finse di ridere a quella squallida battutta - “Allora vi propongo il nascondino, voi vi andrete a nascondere ed io vi cercherò.” – “Così mi piacetebellefleur. E come mi troverete? Non ho le molliche di pane da lasciare come indizi.” 
Afferrò parte della sua marsina: “Potrete lasciarmi degli indizi con questi.” Lui la guardò carico di ardore: “Sono morto e qusto è il Paradiso.” Disse viscido, si sfilò il fazzoletto che teneva legato al collo e glielo consegnò andando a nascondersi.   
Si chiuse frettolosamente la porticina alle spalle, finalemente era riuscita a scrollarsi quel viscido di dosso, si voltò verso il porticato decisa a far ritorno in sala dallo scalone. 
Prese a camminare, sistemandosi al meglio lo scialle sulle spalle, era stanca si, ma voleva continuare la serata. L’unica cosa di cui si rammaricava era di non aver né visto né potuto scambiare due parole con monsieur Agreste, le sarebbe sicuramente piaciuto ballare con lui.
Alzò lo sguardo dal pavinmento, e solo in quel momento notò una figura avvolta dall’oscurità. Non aspettandosi di vedere nessuno cacciò un piccolo urlo dallo spavento. 
Mademoisellestate calma, sono io, monsieur Agreste.” - “Désolé monsieur, non vi avevo proprio visto.” Disse seriamente dispiaciuta, era talmente presa dal levarsi di torno quell’impiccio che stava prestando poca attenzione a dove si stesse dirigendo, in più non si sarebbe mai aspettata di vederlo in quelle vesti. 
Indossava una marsina verde vetro, lunga e svasata con i decori argentati e un gilet di una tonalità appena più scura decorata riccamente, anche se questi le ricordavano quasi le squame di un serpente, ma conservava intatto il suo inconcepibile fascino.
 
“Non vi crucciate mademoiselle Dupain,piuttosto voi come state? Non era mia intenzione farvi spaventare.” Quelle parole la riscossero, si era nuovamente incantata a guardare quei magnetici occhi verdi, gli si avvicinò ulteriormente sistemandosi vestito e scialle, faceva davvero fresco quella sera: “Come avete fatto a riconoscermi monsieur? E non ditemi che il mio travestimento non è buono come credevo.” – chiese incuriosita, non le era parso che altri la riconoscessero tanto infretta - “La vostra maschera è divina mademoiselle. Ma vi siete calata la maschera quando eravamo nel salone, subito dopo il minuetto.” – “Ma… ma è stato solo un costante… istante, istante si. Come ve ne siete accorto?”Sussurrò l’ultima frase leggermente in soggezione, se lui aveva notato quel suo gesto che a lei era parso tanto rapido e quasi inconscio, voleva dire che la stava osservando, ma per quale ragione? Che motivo avrebbe mai avuto: “Semplicemente perché vi stavo osservando mademoiselle.Era mia intenzione invitarvi a ballare, ma non conoscendo la vostra maschera, e sapendo della vostra passione per il ballo ho ipotizzato foste lì. E sono lieto di averci preso.” Le sorrise.
Lo guardò fugacemente negli occhi ricambiando il suo sorriso, un pochino imbarazzata ma anche compiaciuta: “In realtà non è una vera e propria passione, quanto più un piacevolissimo passatempo, quando mi trovo in queste occasioni.” Confessò timida.
“Mi aiuta a sentirmi a mio agio, qui dentro, in questo ambiente…” – “Cosa intendete? C’è qualcosa o qualcuno che vi mette a disagio?”
“Non monsieur, assolutamente, - tranne qualcuno – qui sono tutti così gentili, e le mie nuove amiche deliziose, solo che alle volte mi sento fuori posto.”Ed era vero, da quando l’anno passato Sua maestà aveva mostrato interesse per lei molte cose erano cambiate, in meglio inquanto aveva trovato delle ottime compagne per trascorrere le sue giornate alla reggia, ma insieme alle attenzioni gradite erano arrivate anche quelle indendesiderate, prime tra tutte quelle di mademoiselle Bourgeois.
Ma ora non voleva pensare a lei.
 
Per quelche arcano motivo avvertiva del nervosismo da parte dimonsieur Agrestelo osservò e notò che giocherellava con qualcosa presente all’interno della tasca del suo soprabito, non poteva negare di esserne incuriosita, ma non voleva risultare inopportuna o sfacciata chiedendogli cosa nascondesse. Come se l’universo l’avesse ascoltata, starnutì appena e subito monsieur Agreste estrasse dalla tasca un prezioso fazzoletto di seta, ma fece scivolare una preziosa custodia di velluto, abbellita da finissime decorazioni, lei si chinò per raccoglierla senza pensarci, solo che monsieurebbe la stessa idea.

Soltanto quando le loro reste si scontrarono: “Pardonez – moi monsieur.” – “Pardonez – moi mademoiselle.” Dissero insieme guardandosi negli occhi, per poi scoppiare a ridere insieme, si guardarono negli occhi per un istante finché non fu lui a distogliere lo sguardo per recuperare il piccolo scrigno  
“Che graziosa scatolina, deve contenere qualcosa di molto prezioso monsieur.”Un meraviglioso sorriso illuminò i suoi incantevoli occhi verdi e senza proferire una parola lo vide sganciare il bottoncino e aprire la scatolina.
Quando rivelò il contenuto del cofanetto non poté credere alla piccola meraviglia che conteneva. Un anello di fattura antica, completamente in oro
composto da una corona di piccole foglie per la cui realizzazione erano stati usati piccoli smeraldi e i fiori in diamanti, che circondavano un cuore composto da una parte in diamante e l’altra in rubino. 
C'est… C'est merveilleux. Posso?” Chiese esitante, lo guardò per un’istante negli occhi ma se ne pentì immediatamente perché come incrociò i suoi occhi smeraldini si sentì avvampare. 

 
“Certamente mademoiselle.” Solo dopo aver avuto il via libera da ragazzo osò sfiorare delicatamente il monile, era stupendo. Lo ammirò estasiata non credendo a come fosse possibile che la mano umana potesse creare tali meraviglie: “È incantevole, ha l’aria di essere molto antico.” – “Lo è, appartiene alla famiglia di mia madre da generazioni.” 
Sollevò lo sguardo dal gioiello per guardare il giovane negli occhi incrociandone lo sguardo, arrossì appena cercando di non darlo a vedere, si sventolò per scacciare quell’improvvisa ed ingiustificata sensazione di calore che aveva iniziato a provare, pertanto guardò di nuovo il gioiello: “È incantevole.” – ripeté come un automa, probabilmente quell’anello aveva già una destinataria, per di più si trattava di un’odiosa noiosa vipera. – “Peccato solo che non sia adatto a me, troppi fronzoli.” Mentì spudoratamente, la verità era che il suo cuore finiva regolarmente in frantumi ogni volta che pensava al giovane tra le braccia di quella: “Io non credo. Provatelo, c’è un solo modo per scoprirlo!” 
Lo vide estrarre il gioiello dalla sua custodia per porgerlo a lei.
In risposta lei lo fissò inebetita, come quel giorno al Grand Trianon. Ed esattamente come allora lo fissò senza dire una parola, prima lui, poi l’anello e nuovamentemonsieur Agreste, avvampò e ritrasse lo sguardo: “Davvero monsieur non penso sia il caso di…”– lui le prese la mano sinistra facendole trattenere involontariamente il fiato: “Autorisez – vous?” le chiese con dolcezza. Si limitò ad annuire col capo perché in quel momento non era in grado di formulare parole di senso compiuto: “Aspettate!” lo fermò un solo istante per impedirgli di sfilarle il guanto - cosa che fece da se -, il suo cuore non avrebbe retto una cosa simile, per non pensare a che spiegazioni avrebbe dovuto dare se qualcuno li avesse visti mentre le sfilava il guanto impudentemente. 
Erano soli, ma era meglio essere prudenti perché non poteva permettersi di far scoppiare uno scandalo che certamente non era nelle sue intenzioni, le era bastata già un’umiliazione, non avrebbe rischiato anche di compromettere il nome della sua famiglia. 
 
Una volta libera dall’impiccio del guanto monsieur Agreste,nonostante le avesse preso la mano con il massimo rispetto, sentì improvvisamente il fiato mancarle, trattenendo quasi inconsciamente il respiro mentre egli le faceva scivolare l’anello al dito che le calzò perfettamente.
Lo osservò per qualche istante prima di osservarlo meglio alla luce delle torce, era meraviglioso, le aderiva perfettamente e il suo cuore, martellava nel petto con tanta foga che sembrava pronto ad uscirle dal petto.
Il suo sguardo cadde sul proprietario dell’anello, la guardava in un modo strano, quasi come se avesse intuito qualcosa, d’improvviso un’amara sensazione le chiuse lo stomaco e e fece salire le lacrime agli occhi.

Si sfilò frettolosamente il gioiello, come se il metallo fosse diventato rovente: Exactement comme je le pensais, trop de fioritures.” Doveva congedarsi e alla svelta, gli rese l’anello e con un semplice: “Con permesso monsieur.” Prese congedo da lui dileguandosi velocemente in direzione dei giardini.  
Era lì ormai da diversi minuti, ferma dietro il getto della fontana, le immagini di lei e monsieur Agresteche la guardava in quel modo con indosso il suo anello le correvano davanti agli occhi, e il suo cuore ancora batteva all’impazzata.
Immerse le mani nell’acqua gelida per riaversi, doveva assolutamente smetterla di fantasticare su di lui.
Nelle sue fantasie aveva già organizzato tutto, loro due sposati, una splendida residenza di campagna al sud, magari in Provenza, con dei graziosi pargoletti ad allietare le loro giornate. Ma erano solo fantasie, e tali sarebbero restate perché lui era già promesso ad un’altra e sicuramente né lei né nessuno che non fosse il re, avrebbe impedito questo. 

 
“Chi è la?” – e non ottenendo risposta aggirò la fontana per vedere di chi si trattava, sperava solo non fosse quell’essere molesto di prima, anche se si era assicurata di metterlo fuori gioco chiudendolo su di un baconcino.
Sul lato opposto del monumento, fortunatamente vide solamente un’altra fanciulla seduta sul bordo della fontana con la maschera ai piedi della fontana e le mani sul volto ed il petto squassato dai singhiozzi, si sentì stringere il cuore e le si avvicinò: “Tutto bene mademoiselle?” 
Ma quando questa sentì la sua voce alzò lo sguardo verso di lei e Marinette la riconobbe. Mademoiselle Bourgeois.   
Si ritrasse appena, vedendo lo sguardo truce che la bionda le rivolse, se i suoi occhi avessero potuto lanciare freccie Marinette era certa che una sarebbe stata riservata a lei. Désolé mademoiselle, non volevo…” – “Non volevate cosa?” – Berciò acida mademoiselle Bourgeois – “Siete un’insolente e una scostumata, l’etichetta impone che una come voi, non rivolga la parola ad una persona di rango superiore, salvo che non venga interpellata!” – “Ma voi lo state facendo,mademoiselle.” Puntualizzò irriverente: “Che razza d’insolente! Se foste una delle mie domestiche vi avrei già fatto tagliare la lingua!” 
“Quante storie, e quante vuote parole.” La sbeffeggiò apertamente la corvina.
 
Ma la bionda reagì prontamente utilizzando parole pungenti.
“Il vostro problemamademoiselle, uno dei tanti almeno, è che non conoscete il vostro posto nella scala sociale! Ma come potreste, voi, venuta dal niente, senza un passato che conti.
A differenza vostra io e monsieur Agreste non siamo solo prossimi al fidanzamento, ma siamo cresciuti insieme, abbiamo un passato, e se vi considera, lo fa solo perché siete una novità, vedrete che presto perderà interesse, è come se foste la sua opera di carità.” Marinette avrebbe tanto voluto schiaffeggiarla in quel momento, ma si trattenne dal fare sciocchezze: “Chi vi credete di essere mademoiselle? Di grazia, chi vi ha eletta reine des abeilles?” Replicò fermamente, cercando di risultare più minacciosa possibile.

Ma la bionda le si avvicinò arrivandole ad un palmo dal viso: Une abeille? È così che credete di offendermi? Dimostrate ancora una volta che vi sono superiore, e che io occupo un posto di rilievo a differenza vostra petite rat. E inquanto tale meritate solo di stare in basso rispetto a me!”
E così dicendo, senza che Marinette se l’aspettasse, senza darle il tempo di reagire, con un solo spintone ben assestato la face cadere all’indietro nella fontana.

  

˜

 
 
“Come ha osato quella…” – “Dillo! Dillo senza remore une conne, c'est ce que c'est mademoiselle Bourgeois!”Marinette era livida di rabbia per quanto accaduto, ancora non poteva credere che quell’arrogante avesse avuto il coraggio di buttarla nella fontana per poi andarsene così, come se non fosse successo niente.
Fortunatamente era riuscita a trascinarsi fino a casa ed ora Alya le stava slacciando velocemente tutti gli strati del vestito fradicio, di modo da salvare il salvabile e toglierle in fretta quegli abiti fradici per evitare si prendesse un malanno: “Guarda come ti ha conciata! Tesoro sei tutta fradicia, non potevi trascinarla nella fontana con te?” – “Mi ha colta di sorpresa. La prossima volta vedrò di essere più accorta.”
Pronunciò quella frase totalmente inviperita, e più ci pensava più la rabbia montava, quell’inconveniente le aveva decisamente rovinato la serata che fino a quel momento era stata magica, le sarebbe piaciuto restare fino a fine serata, anche se non era certa avrebbe retto fino all’alba, anche se la prospettiva di godersela con monsieur Agreste l’allettava non poco. Inconsciamente si morse il labbro inferiore pensandoci: “Tesoro slacciami le spalline del corsetto per cortesia.”Senza pensarci troppo Marinette fece come la sua amica le aveva chiesto, non vedeva l’ora togliersi quegli abiti fradici per entrare in una calda e confortevole camicia da notte, era molto stanca e avrebbe solo voluto andare a dormire ma in realtà sperava che quella sera il suo Chatvalier venisse a trovarla.
 
Rise appena a quello stupido gioco di parole che le era balenato in testa, era proprio una delle classiche facezie tipiche del suo compagno di serate, tirò su le braccia per consentire ad Alya di sfilarle la camiciola, si coprì prontamente sentendosi sia troppo esposta che ancora più infreddolita di prima: “Alyaaa! Ti prego sbrigati, che è freddo!” – Si lagnò con la sua amica per incitarla a muoversi – “Arrivo, arrivo, un po’ di pazienza.” – “Vorrei vedere te al mio posto, in déshabillé e completamente zuppa.”La rimbeccò Marinette tremante, ma quando venne avvolta prima dal telo che tamponò il suo corpo ancora umido, poi finalmente s’infilò la camicia da notte che le scivolò dolcemente addosso.
Finalmente coperta si andò ad accoccolare vicino al fuoco per scaldarsi: “Vai subito a dormire?” – Domandò Alya mentre riempiva lo scaldaletto con i tizzoni e lo posizionava sotto le coperte – “No, aspetto cinque minuti per… vedere se questa sera verrà.” – “D’accordo, ci pensi tu a rimuoverlo?” 
Marinette annuì silenziosa: “Cerca solo di non bruciare nuovamente le lenzuola.” – La prese in giro appena – “Oh andiamo, è successo solo una volta.” – “Si, ma stava per scoppiare un incendio.”Una seconda liguaccia rivolta alla mora, che rise di gusto: D’accord, ti lascio sola mon amie, buona notte.” -  “Buona notte ma belle, a demain.”
 
Ma quella notte Chat Noir non si presentò.
 
 
 
 

****

 
 
*Il blu di Francia =  Ad oggi conosciuto come Diamante Hope, è uno splendido dimamante blu acquistato da Luigi XIV che si dice essere maledetto per via del fatto che pare essere stato rimosso dalla statua di una divinità pagana orientale, infatti chiunque ne sia entrato in possesso pare essere morto di una morte violenta o impazzito, quali gli stessi sovrani di Francia.
Il diamante è presente anche nella pellicola “Titanic”con il nome di Cuore dell’oceano, e guarda caso la nave su cui è in viaggio cola a picco nel suo viaggio inaugurale, coincidenze? 
 
**Sigisbee = in italiano cicisbeo, era una figura maschile che accompagnava la nobildonna nei suoi momenti durante la giornata, oltre a presenziare con lei in svariate occasioni pubbliche. In Italia nel ‘700 era diventata prassi includere questa figura nei contratti matrimoniali, il che ha inciso nel dare un'immagine negativa della morale italiana.
 
***Gioco del faraone = Gioco di carte d’azzardo la cui popolarità esplose nelle corti europee già durante il barocco, si trattava di un gioco assai rischioso con alte vincite o pesanti perdite infatti molti esponenti dell’alta nobiltà europea si rovinarono ai tavoli di questo gioco, tant’è che presto vennero emanate leggi che ne regolamentavano la durata del gioco e l’altezza delle puntate.
La stessa Maria Antonietta non fu immune al fascino esercitato da questo gioco, tant’è che pare che in un’occasione s’intrattenne ad un tavolo da gioco per ben trentasei ore consecutive.
 
****Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve = scrittrice francese che visse tra il XVII e il XVIII secolo è ricordata per aver scritto una delle prime versioni de La bella e la bestia”  pubblicata in “La jeune américaine, et les contes marins”.  
 
 
 
Considerazioni finali
 
Eccomi qui finalmente riapparsa, vi chiedo di perdonarmi ma ho finalmente terminato un corso che ha letteralmente esaurito ogni mia energia, sia fisica che mentale a causa di… motivi, inoltre il capitolo ha richiesto più revisione del previsto, tanti tagli e tante modifiche anche radicali.
Ma alla fine ce l’ho fatta e quindi ora siamo qui, con un nuovo capitolo di questa avventura, questa volta siamo alla festa di carnevale, quindi cos’è più carnevalesco di una festa in maschera? Lo so, è abbastanza scontata come scelta, ma nel ‘700 questi balli erano molto in voga, oltre ad essere una splendida scusa per esibire spelndidi vestiti ed intrecciare intrighi. 
 
Ovviamente non essendoci il suo POV voi lettori non potete sapere che  Emilie non era a conoscenza delle intenzioni di Chloè e le offre aiuto nel suo gioco perché sotto sotto le vuole bene un po’ come se fosse sua figlia.
Spero davvero che abbiate gradito il capitolo, fatemi sapere la vostra nei commenti e scusate il solito ed infinito ritardo nella pubblicazione, se il lavoro lo garantirà spero di riuscire ad aggiornare quanto prima.
Un abbraccio e ci vediamo presto!
Starfallen 

 
 
 
 
 
 
 
 

   
 
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