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Autore: Daniela Arena    22/11/2021    2 recensioni
Due anime possono cercarsi per un'intera vita e non trovarsi mai, possono incontrarsi e non riconoscerci o possono trovarsi ed essere troppo spaventate per fondersi insieme.
Jennifer e Mark sono due perfetti estranei eppure la loro vita per certi aspetti è simile, entrambi hanno molti demoni da nascondere nell'armadio e con estrema fatica cercano di costruirsi una strada da percorrere nel mondo. Il loro primo incontro è del tutto inaspettato ma si capisce subito che nell'aria esplode qualcosa capace di avvicinarli inevitabilmente.
Forse le loro anime non sono fatte per trovarsi, forse devono prima andare all'inferno per poi salvarsi o forse si passeranno accanto senza notarsi affatto.
Solo il Karma sarà in grado di decidere per loro o forse no.
Tutti i diritti sono riservati ©
Ogni riferimento a persone esistenti sia che esse siano vive o morte oppure a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Ogni nome o luogo citati, realmente esistenti, sono stati utilizzati come riferimento simbolico per rendere più reale il contesto di narrazione.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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   Mark rise di gusto quando Christian scivolò dallo scalino laterale che separava il bancone del bar dal pavimento della sala, rise sapendo che il suo amico non si era fatto niente e che era tanto sbadato perché non aveva chiuso occhio per qualcosa che si era categoricamente rifiutato di raccontargli. Negli ultimi giorni i due avevano lavorato sodo per cercare di organizzare la loro "serata-svolta", avevano contattato un paio di persone per avere della musica dal vivo, avevano affisso degli annunci per cercare qualcuno da assumere ad ore, avevamo preso un contatto per realizzare la pubblicità e per rifornirsi da nuovi fornitori. Avevano quasi elaborato un buon piano d'azione e si erano impegnati per far aumentare al massimo le possibilità di successo così da smettere di stare sempre sul filo del rasoio. Con tutto quello che ci sarebbe stato ancora da fare non si sarebbero potuti permettere di bighellonare. 

   Ridendo Mark continuò a pulire i bicchieri e a riordinare tutto il caos che era rimasto in sospeso dalla sera prima: Una folla di ragazzini mai visti era entrata nel locale a metà serata e aveva iniziato ad animarla fino al punto in cui tutti non avevano iniziato ad essere più alticci di quanto avrebbero dovuto finendo per degenerare al controllo. Per quanto assurdo potesse sembrare, quel piccolo avvenimento spontaneo era stato il segno che forse le cose sarebbero potute cambiare davvero.

   «Cazzo ti ridi?» Chiese Christian pulendosi le mani sul grembiule. «Quegli stronzetti hanno conciato un bagno che fa schifo, tra piscio e vomito pare di stare in un angolo della Pioneer Square.»

   Se possibile Mark rise ancora di più.

  «Un buon prezzo da pagare per tutti i soldi che ci hanno lasciato.» Ammise alzando le spalle e voltandosi verso l'amico.

   Christian lo guardò torvo.

   «Facile dirlo quando non sei tu a pulire.»

   Mark fece spallucce. 

   «Touché.»

   Tra i due calò di nuovo il silenzio, entrambi avevano molte cose a cui pensare e parlarne le avrebbe rese necessariamente reali. Forse non erano ancora pronti per mettersi nudi di fronte alla realtà dei cambiamenti che si stavano lentamente insinuando nella loro vita e, semplicemente, mantenere il segreto avrebbe permesso loro di continuare a negare l'evidenza ancora a lungo. 

   Christian tornò a pulire i gabinetti sbuffando di tanto in tanto e Mark si perse a inventariare il negozio per capire tutto ciò di cui avrebbero dovuto avere bisogno. 

  Mentre contava le sue bottiglie nel piccolo magazzino tra il suo alloggio sul retro e il bagno di servizio in cui Christian imprecava sottovoce, Mark non riusciva a smettere di togliersi dalla testa alcuni pensieri. C'era qualcosa nella sua mente che non riusciva a quadrare, non aveva idea di cosa fosse ma si sentiva come se l'universo lo stesse mettendo alla prova per capire se potesse meritarsi il suo giro di boa e cambiare finalmente rotta. Si sentiva inspiegabilmente sotto pressione, come se qualcuno lo stesse giudicando e la cosa lo stava facendo uscire di testa perché un conto era credere nel mistico potere del Karma, un'altro era impazzire per qualcosa di inesistente. 

   «Mark, il telefono.» Gridò Christian riportando l'amico nel mondo reale. 

   Trascinato come suo solito dai pensieri non aveva fatto caso all'incessante vibrare del suo telefono malamente posato sul bancone del bar. 

   Posò carta e penna sfregandosi la fronte con il dorso della mano. Diede uno sguardo al numero sconosciuto e rispose.

   «Pronto?»

  «Salve, mi scuso per il disturbo, sono la Signorina Sanders. Ho trovato una telefonata persa stamattina presto e mi sono permessa di richiamare siccome mi sono appena liberata da impegni.» 

   La voce dall'altro capo del telefono era estremamente professionale, quasi robotica. 

  Mark spostò il cellulare per guardare bene lo schermo e capire se il numero potesse appartenere davvero a qualcuno o se stava parlando con un nastro preregistrato.

   Cercò di ricordare chi avesse chiamato, se fosse qualcosa di importante e soprattutto se fosse stato lui a comporre realmente il numero. Ci pensò qualche attimo poi ricordò.

  «Non mi aspettavo mi contattasse una donna, che piacevole sorpresa.» Ammise con genuina sincerità grattandosi la nuca. 

   «Oh.»

   «Mi chiamo Mark Wilson, possiedo un piccolo Pub qui a Seattle e mi hanno consigliato di chiamarla per un lavoro pubblicitario, chi mi ha lasciato il numero dice che lei fa ottimi lavori a prezzi accettabili».

  Dall'altro capo del telefono calò il silenzio e Mark guardò di nuovo lo schermo del telefono per accertarsi che non fosse caduta la linea.

    «Pronto? C'è ancora?»

   «Si, mi scusi.» Sussurrò la donna. «Ora sono in un luogo dove poter parlare liberamente senza ulteriori fastidi.»

   Mark si spostò nel retro e si andò a sedere sul suo letto.

   «Siamo entrambi in luoghi indisturbati ora.» Il tono del ragazzo si fece più gutturale e la sua mente vagò per un attimo verso pensieri inappropriati.

   La donna si schiarì la voce. «Di cosa avrebbe bisogno esattamente?»  

   Mark sorrise, avrebbe avuto bisogno di tante cose: una montagna di soldi, un appartamento vero, una bella scopata, una famiglia vera, la certezza che Christian e Margaret avrebbero avuto un buon futuro, un contratto con una casa discografica per inseguire i suoi sogni.. La lista sarebbe potuta essere molto lunga ma sapeva anche che era pura fantasia. «Questo dovrebbe dirmelo lei no? Se lo sapessi me lo farei da solo ma la sto contattando proprio per questo» Sorrise ancora. 

   «Io non..» Iniziò la voce.

   «Se fossi bravo in tutto non ci sarebbe divertimento, mi piace credere di essere buono nel lasciare che gli altri diano il meglio per me in quello in cui sono bravi.» Aggiunse Mark interrompendo la donna. 

   Al telefono calò il silenzio e Mark scoppiò a ridere.

   «Sono un cretino, mi perdoni, scherzavo. Sono state giornate molto tese ma non avrei dovuto farle queste battute inappropriate.» Scosse la testa dandosi dello stupido. «In realtà ho davvero bisogno di lei e della sua bravura. Ho bisogno di qualcuno che faccia pubblicità alla serata che abbiamo in programma qui al locale in speranza che porti nuova clientela. Io e il mio socio crediamo sia ora di aria fresca, magari ci liberiamo dei vecchi scheletri che si annidano ancora nei nostri armadi e che tengono lontani molta gente.»

   Ci fu ancora silenzio e Mark temette di essersi bruciato l'aggancio. 

   «Credo di aver capito.» Esordì finalmente la donna dall'altro capo del telefono.

   «Dovremmo incontrarci per approfondire il discorso affinché io riesca a ottenere tutte le informazioni necessarie, purtroppo in questi giorni mi sarà impossibile liberarmi per altri impegni di lavoro.» 

   Il ragazzo si rabbuiò in viso. 

   «La festa si terrà tra tre settimane.» 

   «Perfetto.» Esclamò la voce nell'orecchio di Mark. «Gli esami saranno conclusi e io avrò tutto il tempo di dedicarmi a voi.»

   Esami? 

   Mark stava conversando con una studentessa?

  Avrebbe potuto conoscere una seducente ragazza in procinto di laurearsi a cui piaceva sondare il terreno per il futuro o magari una timida matricola a cui avrebbe insegnato un po' di biologia. La cosa lo intrigò, probabilmente sarebbe riuscito a ottenere più di un buon ingaggio lavorativo, magari sarebbe riuscito a spuntare qualche altra voce della sua lista di necessità se si fosse giocato bene le sue carte.

   «Se è d'accordo potremmo incontrarci la prossima settimana, può inviarmi la via e una fascia d'orario in cui preferirebbe.» Aggiunse lei. «Spero di essere all'altezza delle sue aspettative.»

   «Lo spero anche io.» Borbottò Mark alludendo ad altro.

  I due continuarono a parlare un'altra manciata di minuti per accordarsi al meglio e si salutarono educatamente.

  Chiusa la telefonata, Mark si sdraiò sul letto e respirò come se in qualche modo avesse trattenuto ossigeno vitale per tutto il tempo, si coprì il viso con entrambe le mani e poi si stiracchiò i muscoli. Scosse ancora una volta la testa pensando che ci fosse qualcosa di strano in lui altrimenti non si sarebbe mai potuto spiegare il motivo per cui si stesse trasformando in un tale chiacchierone. Nella vita non aveva mai dovuto usare tante parole come nell'ultimo periodo: con sua madre non aveva mai parlato molto, di amici non ne aveva mai avuti e Christian non aveva mai avuto bisogno di grandi spiegazioni per capirlo persino meglio di se stesso. 

  Se non fosse stata una teoria assurda avrebbe creduto davvero che l'universo stesse complottando qualcosa verso di lui.  

   Si stropicciò la faccia e si alzò di nuovo, non poteva ancora permettersi di perdere tempo con tutto il lavoro che lo stava attendendo nella stanza accanto. Prima di tornare nel locale si fermò ad ascoltare Christian che stava parlando a bassa voce con qualcuno e inarcò le sopracciglia captando l'ostilità nella voce dell'amico. Si accostò alla porta con le orecchie tese per capire se dovesse intervenire o farsi gli affari suoi.

   «Senti, ti ho detto che non puoi venire qui e credere di poter fare quello che ti pare.» Sbottò Christian. «Te ne devi andare, non hai alcun diritto di ribaltarmi la vita a tuo piacimento dopo tutto questo tempo.»

   «Ti prego Chri, io..» Piagnucolò una voce femminle.

   Mark si stupì profondamente nel sentire l'amico parlare così animatamente con una donna. Nella vita del biondo c'era sempre stato spazio per una femmina soltanto ed era quella di Margaret. Dopo la morte di Anastasia per Christian non c'era più stato spazio per nessuna, le sue uniche preoccupazioni erano state Meggie, il nostro pub e la speranza di costruire un futuro stabile. 

   «No.» La interruppe lui. «Tu niente, adesso vai via e basta. Io non posso aiutarti, non voglio farlo.» Aggiunse.

   Calò il silenzio e poi la porta fece rumore lasciando intendere a Mark che la persona con cui stava discutendo l'amico se ne fosse andata. Per quanto gli sarebbe piaciuto fare il solito cazzone e commentare quanto accaduto con l'amico, Mark capì che sarebbe stato meglio lasciare un pochino di tempo a Christian. Qualcosa nella voce di lui gli aveva fatto intendere che era una faccenda grande e, quando si sarebbe sentito pronto, avrebbe parlato con Mark. Dopotutto erano e sarebbero stati per sempre una famiglia, Mark non avrebbe mai voltato le spalle a Christian nonostante capisse che per certe cose avevano caratteri completamente differenti. 

   Dopo alcuni minuti Mark tornò nel locale dove trovò Christian ancora immobile di fronte alla porta con sguardo fisso sulla strada che appariva dalla piccola finestra tonda. Mark si schiarì la voce riportando alla realtà l'amico che gli fece un sorriso obliquo con occhi tristi. 

   «Mi ha chiamato quello per la pubblicità, in realtà è una donna, la incontriamo la prossima settimana per elaborare un piano d'azione.» 

   Christian annuì voltandosi leggermente di spalle e sospirò.

   La stanza piombò nel più totale silenzio, Christian assorto dai propri pensieri si osservava le mani mentre Mark si era rimesso a inventariare il bancone lanciando sfuggevoli occhiate preoccupate in direzione del suo amico.

   Quando il silenzio divenne un peso per Mark, si riempì i polmoni per dire qualcosa.

   «Ehi Chris, senti..»

   Christian si girò a guardare l'amico.

   «No.» Lo interruppe subito. «Ti prego no.»

   Mark aggrottò le sopracciglia confuso. 

   «Volevo solo dire..»

   «Hai sentito tutto non è così?» Lo interruppe di nuovo Christian.

  Ci fu un lungo momento di silenzio tra i due interrotto solo dalle voci e dai suoni provenienti dall'esterno e attutiti dalle pareti insonorizzate. 

   Per qualche attimo Mark fu tentato di fingere di non sapere nulla, di non aver sentito ma poi pensò di non voler iniziare a mentire al suo unico amico.

  «Non esattamente, ho sentito qualcosa ma so bene che non sono affari miei. Sono solo preoccupato, insomma non ti vedevo così distrutto dalla nascita di Meggie.»

   Christian fece un sorriso obliquo, senza togliersi la luce triste dagli occhi. 

  «So di poter contare su di te amico, solo, non sono pronto ad affrontarlo. Ho bisogno di tempo, è qualcosa di complicato.»

   Mark annuì, cercò di imprimersi nella mente le parole dell'amico per impedirsi di ficcare il naso e tentare di proteggere il biondo da qualunque male lo stesse ferendo. 

   «Vai a casa, prenditi la mattinata libera che qui ci penso io oggi. Fatti una bella doccia che puzzi di vomito e torna quando starai meglio.»

   Christian cercò di obiettare ma Mark non si fece intimidire. Alla fine, rassegnato, il biondo annuì, prese tutte le sue cose e salutò il suo socio.

   Mark sospirò e imprecò.

   Per quanto desiderasse essere abbastanza furbo da farsi gli stramaledetti affari suoi, Mark già sospettava che sarebbe finito per impicciarsi perché non poteva sopportare di vedere Christian in quello stato e soprattutto non sarebbe mai stato inerme di fronte a quella situazione. Per quanto stupido potesse semprare Mark voleva davvero bene a Christian e avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.

 
   
 
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