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Autore: MollyTheMole    24/11/2021    0 recensioni
Circa vent'anni prima degli eventi delle Guerre dei Cloni, la Forza ha messo un padawan Jedi e una giovane duchessa sulla stessa strada. Nel tentativo di proteggere la giovane Satine Kryze dai cacciatori di taglie e da un pericoloso usurpatore, Qui Gon Jinn ed Obi Wan Kenobi saranno costretti ad immergersi nella cultura Mando, e scopriranno che i loro popoli non sono poi così incompatibili.
In particolare, il giovanissimo aspirante Jedi dovrà fare i conti con i propri sentimenti. Che dire, inoltre, quando si troverà a fronteggiare forze che non è in grado di comprendere?
ATTENZIONE: spoiler dalla serie The Clone Wars.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Satine Kryze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 21

Un uomo buono

 

Nonostante lo scarso assortimento, la tisana che il giovane padawan le aveva preparato era buona. 

I motori della navicella avevano iniziato a tuonare subito, non appena si erano seduti in cucina. La navetta era stata praticamente sommersa dalla neve e la tormenta non accennava a calmarsi. La neve aveva coperto tutti i vetri e solo il forte vibrare dei motori in riscaldamento aveva fatto cadere il ghiaccio dagli oblò.

Satine ed Obi Wan si erano seduti con calma in cucina e vi erano rimasti, attaccati quanto più potevano al tavolo e alla sedia, mentre Qui Gon faceva decollare la navetta. Il vuoto d’aria iniziale attanagliò per un poco i loro stomaci, come sempre, ma la sensazione scomparve non appena la traiettoria si fece leggermente più orizzontale. 

In un baleno, si trovarono ad osservare Kalevala dall’alto, un globo bianco come una biglia che brillava nel nulla cosmico. 

Obi Wan le aveva teso la tazza metallica piena di liquido fumante e Satine l’aveva immediatamente cinta con le mani, cercandone il calore ed annusandone il fumo caldo. Era ancora bollente e non si poteva bere, ma per il momento anche solo scaldarsi le dita era per lei un sollievo.

Obi Wan era rimasto a guardarla mentre la duchessa, in silenzio, si era avvicinata all’oblò ed aveva cominciato a guardare fuori. 

- Duchessa, se posso permettermi…-

- Smettetela di chiedere il permesso, padawan Kenobi. Che cosa volete chiedere?-

Obi Wan arrossì di nuovo, ma Satine, gli occhi fissi sulla biglia bianca che era Kalevala, non se ne accorse.

- Che cosa è successo? Vi attendevamo con una slitta. Avevamo pure fatto posto per il vostro guardaroba.-

La duchessa abbozzò un sorriso triste.

- Mi sono accorta che ci erano alle costole. Gente strana andava e veniva dalla via del Lago, che solitamente non è trafficata. Avevo intuito che stavano solo aspettando che io uscissi, o che stavano attendevano il momento giusto per entrare. Così, ho mandato avanti la slitta con qualche soldato scelto, mentre io uscivo dal retro con le scorte di emergenza. Mi sono consultata con le Abiik’ade, che hanno provveduto a correggere le coordinate per l’atterraggio.-

- Le Abiik’ade?- chiese Obi Wan, allargando gli occhi per la sorpresa.- Non pensavo esistessero veramente. Su Coruscant raccontano le favole, sulle donne guerriere di Mandalore.-

Satine rise.

- Spero siano lusinghiere.-

- Non ricordo un granché, ero molto piccolo quando me le hanno descritte. Mi ricordo solo che erano coraggiosissime e bellissime.-

Satine azzardò un sorso della tisana, finalmente alla giusta temperatura.

- Beh, grazie del complimento.-

Gli ci volle un poco per processare quella frase.

- No, aspettate: voi siete una Abiik’ad?-

Satine annuì, ma lo guardò storto.

- Come mai questo tono sorpreso?-

Il padawan non comprese come mai se la fosse presa. Cercò di ignorare il senso di offesa che lentamente si faceva strada dentro di lui e preferì tacere.

L’informazione non rendeva le cose più semplici. Obi Wan era sempre più convinto che quella missione fosse strana. Se davvero la duchessa di Mandalore era una Figlia dell’Aria, ciò cozzava con il suo dichiararsi pacifista, a meno che non ci fossero cose di cui loro non erano a conoscenza. Il che voleva anche dire che il suo maestro aveva avuto ragione, quando aveva detto che la duchessa aveva mentito - o meglio, omesso qualcosa - al Consiglio Jedi. 

- No.-

- Come?-

- Non c’è assolutamente nulla di strano. E’ tradizione che il Mand’alor scelga un corpo armato a cui appartenere. Mia madre era una Abiik’ad, ed io ho sempre voluto volare. Questo non significa che imbraccerò le armi, ma il mio dichiararmi contraria al conflitto non può nemmeno comportare lo smantellamento dell’apparato militare di Mandalore. Ci dobbiamo pur difendere.-

Ecco, questo lo impressionò parecchio.

Gli esseri senzienti e sensibili alla Forza possono percepire i pensieri degli altri. 

Di solito, però, non avviene il contrario. 

Per quanto ne sapeva lui, dunque, la duchessa non aveva avuto modo di sapere che cosa gli stesse passando per la mente, eppure aveva azzeccato in pieno i suoi pensieri.

- Facile anche questo.- gli rispose, tenendo gli occhi fissi su di lui. - La strategia è una delle caratteristiche principali del mio clan. Un tempo ci chiamavano stregoni, dicevano che sapevamo leggere nel pensiero. Ovvio che non è così.-

Stavolta Obi Wan sgranò gli occhi e provò a pensare a qualcos’altro, per vedere fino a quanto la duchessa fosse capace di spingersi.

Satine continuava a fissarlo negli occhi, mentre inclinava la testa da una parte e dall’altra, provando a leggergli nella mente.

L’avrebbe descritta come un cucciolo domestico, se non lo stesse guardando con penetranti occhi di ghiaccio.

- Prevedibile.- aveva detto a quel punto, distogliendo lo sguardo e fissandolo di nuovo sulla sagoma di Kalevala.- Avete provato a depistarmi pensando ad altro. Quello che avete pensato prima era direttamente collegato a quanto ci siamo detti, e quindi deducibile. Secondo voi come faccio a sapere quello a cui state pensando adesso, se non c’entra niente?-

Obi Wan era strabiliato e allo stesso tempo irritato dalla figura della duchessa. Era brava, per essere una persona non sensibile alla Forza, e forse anche troppo per non esserlo del tutto. Allo stesso modo, però, aveva un’aria saccente che gli dava sui nervi.

Forse era così che si sentiva Qui Gon quando lo accusava di essere un’enciclopedia ambulante.

- I miei complimenti, duchessa.-

- Per curiosità, a che cosa stavate pensando?-

- Oh, niente di che - le disse, dandole le spalle e raggiungendo la propria tazza di tisana. - Un membro del Consiglio Jedi che non potete conoscere.-

- Un certo Mace Windu, per caso?-

Questa volta Obi Wan trasecolò e Satine rise forte.

- Non vi scaldate troppo, padawan. Mi ha mandato un messaggio registrato per avvertirmi del vostro arrivo. Ho clamorosamente tirato ad indovinare.- 

Poi Satine sospirò, affondando di nuovo il naso nella tazza.

- Vi prego, smettiamola di giocare a questo gioco.- gli disse, sorridendo appena. - Mi sembra di mettermi in mostra e mi sento socialmente imbarazzante. Parlatemi d’altro. Non voglio offendervi dopo cinque minuti che ci siamo conosciuti.-

Sì, la duchessa era un po’ saccente, però sembrava anche molto alla mano ed intelligente. Obi Wan le aveva lanciato un’occhiata in tralice mentre la ragazza osservava malinconica il vuoto fuori dall’oblò. Aveva i capelli racchiusi in quella strana cuffia, ma non sembravano bagnati. Anche il resto di lei sembrava aver riacquistato un po’ di colore, a parte le mani. Il calore aveva sciolto i muscoli ed ammorbidito la pelle, che si era spaccata ed aveva cominciato a sanguinare un poco. Le unghie erano tornare rosa, ma Obi Wan immaginò che quei geloni ed i tagli dovessero fare molto male. In silenzio, voltò le spalle alla duchessa ed infilò in infermeria alla velocità della luce. 

Tornò con un piccolo kit del pronto soccorso, con un poco di bacta, fasce e cerotto.

- Oh, meno male. Pensavo di avervi fatto scappare.-

- Niente di più assurdo. Sono solo andato a prendere qualcosa per medicarvi le mani. Vi dispiace?- le disse, accennando alla sedia e al tavolino. 

Satine si avvicinò a lui e si accomodò. Obi Wan le prese le mani con delicatezza e cominciò a tamponare le ferite. 

Aveva delle belle mani. Lunghe ed affusolate come quelle di una musicista. A differenza di quelle degli artisti, però, le sue mani erano anche coperte di calli e sul mignolo della mano sinistra c’era una curiosa cicatrice smerigliata, come se si fosse bruciata con qualcosa.

- Che cosa avete fatto alla mano?-

Satine si guardò il mignolo, l’aria pensosa e triste.

- La schiuma del Jaro è corrosiva.-

- Che cos’è il Jaro?-

- Il veleno con cui hanno cercato di uccidere mio padre. Gliel’ho tolto di bocca prima che gli corrodesse il viso.-

Ne parlava come se fosse la cosa più normale del mondo, eppure era una scena talmente raccapricciante che il solo immaginarsela disturbava lo stomaco del giovane padawan.

Dentro di sé, si diede dello stupido per averlo chiesto.

- Mi dispiace, non avrei dovuto.-

- E’ un fatto di dominio pubblico. Non c’è niente di male.-

Obi Wan tornò a concentrarsi sulle mani della ragazza. 

Espanse i sensi nella Forza, sperando di carpire qualcosa di più su di lei. Fin dall’inizio aveva sentito la sua presenza, intrisa di malinconia e tristezza. Di fronte a lei, però, le sue sensazioni si intensificavano e peggioravano. La malinconia si trasformava in dolore, la tristezza in disperazione. Alle volte la giovane duchessa pareva estraniarsi, ferma con le mani protese in avanti in attesa che lui finisse di medicarla, assorta nei suoi pensieri.

Obi Wan non riusciva a smettere di pensare che Satine avesse bisogno di un aiuto serio.

- Ho finito. Vi fanno male?-

- Come?-

- Ho finito di medicarvi. Le mani vi fanno male? Le garze tirano?-

- No, grazie. Va tutto benissimo.- gli rispose, guardandosi pensosa le punte delle dita piene di cerotti e le mani fasciate. 

In assoluto, completo silenzio, Obi Wan raccolse il kit del pronto soccorso e lo portò via. Satine continuò a bere la sua tisana ormai tiepida, mentre ascoltava il rumore dei motori che rombavano con maggiore continuità e soprattutto più silenziosamente.

I liquidi probabilmente si stavano scaldando, nonostante l’azione del fluido antigelo avesse impedito loro di raffreddarsi del tutto.

- Vi capita spesso?-

- Chiedo scusa?-

- State bene?- le disse il padawan, affondando di nuovo nella sedia davanti a lei. - Sembrate…  Non so, persa.-

Satine scosse il capo e cercò di mascherare l’emozione negli occhi. 

Persa era la parola giusta. L’aveva cercata per molto tempo e finalmente l’aveva trovata.

- No, sono solo molto stanca e mi sono isolata per un momento. Che cosa avete detto?-

- Se vi capita spesso di andare in ipotermia.-

- Oh, sì. Il freddo per me è micidiale. Fa un po’ ridere la cosa. Voglio dire, sono nata su Kalevala, dovrei essere abituata alla neve, eppure non riesco mai a restare abbastanza al caldo.-

- Se posso… Oh, va bene.- disse Obi Wan, alzando le mani quando lei lo guardò male.- Ho notato che il vostro abbigliamento, era, come dire? Inadeguato alla tormenta.-

- Avete notato il mio abbigliamento?-

Obi Wan arrossì, non seppe nemmeno perché. 

In fondo, non aveva detto nulla di male, no?

- Insomma, siete qui, no? Voglio dire, vi vedo. Siete davanti a me.-

Questa volta Obi Wan si diede del fesso sul serio. Era uno che, se non sapeva che cosa dire, di solito se ne stava dignitosamente zitto. L’eventualità si presentava raramente. Obi Wan sapeva sempre che cosa dire, a volte anche troppo bene. Il suo maestro lo guardava sempre male perché diceva che parlava a sproposito, oppure perché faceva il saccente.

Quella volta invece stava blaterando a vanvera senza sapere che pesci pigliare.

Riprenditi, Obi Wan!

Quanto a Satine, si era sentita leggermente piccata dal fatto che a giudicare la sua apparenza fosse stato uno che girava con una tunica assemblata con quelli che parevano scampoli di lino messi insieme da un ente di beneficienza, Pia Sezione Ciechini Senza una Mano

Sii diplomatica.

- Semplicemente non credevo che i Jedi si intendessero di moda.-

- Non me ne intendo, infatti. So distinguere la lana dal cotone, però, e il vostro mantello è un po’ troppo leggero per questa stagione. Sbaglio?-

- No.- rispose secca, passandosi le mani sulle maniche del maglione come se volesse essere sicura che fosse di lana.

Satine cominciava ad essere a corto di argomenti. Sperò che fosse il giovane padawan a fornirgliene uno, ma evidentemente anche lui aveva finito la scorta di commenti intelligenti.

Piuttosto che dire scempiaggini, sta’ zitta.

La sensazione di familiarità che aveva provato non appena lo aveva visto non l’aveva mai lasciata, anzi, si era intensificata mano a mano che conversavano. Il modo in cui la guardava, gli occhi grigioverdi, persino la postura del suo corpo sapevano di già visto. 

Se solo Satine si fosse ricordata dove!

Anche perché, diciamocelo pure, un viso così se lo sarebbe ricordato bene.

Aveva gli occhi grigioverdi, ma era sicura di averlo già notato. 

E i capelli rossi, anche se più chiari di quelli di sua madre e di sua sorella Bo. Sembrava biondo, ma non lo era, e la treccia dietro l’orecchio piena di sottili fili colorati e metallici lo rendeva ancora più interessante.

E poi aveva un bel sorriso brillante a trentadue denti, che a volte si stendeva solo da una parte, e gli venivano due simpatiche fossette ai lati della bocca.

Ed aveva anche una leggera piega sul mento, e il viso pulito, fresco, senza la barba caprina del maestro Jedi.

- Ho qualcosa di strano in faccia?-

- Come, prego?-

- Lo avete fatto di nuovo.-

- Oh, scusatemi, devo dormire. Dicevate?-

- Ho qualcosa di strano in faccia? Perché mi fissate?-

Satine sentì il sangue andarle via dal viso, per poi risalirle alla testa alla velocità della luce. Era certa che, se non fosse stato lontano a sufficienza, il padawan avrebbe potuto sentire il calore irradiarsi dalle sue guance purpuree.

- Mi dispiace di avervi messo a disagio, solo che mi sembra di avervi già visto da qualche parte. Ci siamo già incontrati, per caso?-

Obi Wan fece spallucce, grattandosi il capo.

- Non credo, no. Il maestro Windu vi ha mostrato qualche immagine, forse.-

- No, lo escludo. Me lo ricorderei.-

- Allora forse sull’holonews. Ci siamo finiti un po’ di tempo fa, per aver impedito l’attacco bomba all’ambasciata di Ibaar.-

- Temo di non ricordare l’episodio. Sono stata molto presa da faccende interne, ultimamente.-

- Di sicuro, il mio buon padawan non ricorda l’ultima volta che ha visto me.- sbottò il maestro Jinn, in piedi sulla porta, le braccia conserte e lo sguardo severo.

Obi Wan divenne rosso come un gambero.

- Ti sei dimenticato di venire a darmi una mano in plancia?-

Satine, mossa a compassione, si sentì in dovere di intervenire.

- Credo, maestro, che sia stata tutta colpa mia. Sono uscita di casa in fretta e furia e con abiti poco adatti alla tormenta. Sono andata in ipotermia. Il vostro padawan mi ha curata.- gli disse, mostrandogli le mani bendate ed ammiccando al bricco di tisana calda posato sul fornello.

Il maestro alzò un sopracciglio, parzialmente convinto.

- Duchessa, apprezzo la vostra prontezza di spirito, ma per certe cose c’è il droide medico. E tu non sei un droide, vero, Obi Wan?-

Mormorando scuse, il ragazzo si alzò e si diresse verso il suo maestro, pronto a seguirlo.

- Ho bisogno di qualcuno ai comandi assieme a me, figliolo. Se la duchessa non ha più bisogno di te, preferirei tu mi dessi una mano.-

- Sì, maestro.-

Il Jedi era immenso. Non entrava nemmeno tutto nella porta. Satine era rimasta a guardare quella massa gigantesca che sfiorava il soffitto e si chiese come facesse uno così alto ad incastrarsi in una navicella spaziale così piccola.

Le sue maniere invece lasciavano un poco a desiderare. Aveva sentito che molti Jedi apparivano freddi e distaccati anche quando non lo erano davvero perché il loro codice morale impediva loro di provare emozioni. Non sapeva se fosse vero o meno, ma tendeva ad avvalorare quell’ipotesi. Il padawan giovane e carino che l’aveva aiutata sembrava molto più aperto di lui, nonostante il contegno che emanava. Forse proprio perché stava ancora imparando sembrava più propenso a lasciarsi andare. 

Il maestro Jinn, invece, aveva solo fatto commenti un po’ caustici da quando era arrivata.

Pensò che fosse solo di cattivo umore, ed un po’ ci sperò. 

Li guardò uscire, prima di giungere ad una conclusione un po’ diversa e un po’ più politica rispetto alle valutazioni personali che aveva fatto fino a quel momento.

Sorrise tra sé, maliziosa, consapevole di aver compreso.

In fondo, la tecnica del poliziotto buono e del poliziotto cattivo funziona sempre, no?

 

- Allora, che ti sembra?-

- Mi sembra la duchessa, fuori da ogni dubbio. Penso che la sua storia sia credibile e credo che dovremmo andarcene da qui, o ci troveranno. Il diversivo della slitta non durerà in eterno.-

Lo facevano spesso, loro due. Frequentemente le persone che assistevano erano giovani o in coppia. Erano capitati madri e figli, fratelli. Di solito, più giovani erano, più tendevano a confidarsi con Obi Wan. All’inizio, era stato un caso. Poi, constatata la regola, i due avevano cominciato a sfruttare quella tendenza. Certo, non facevano mai il doppio gioco, ma quando c’era qualcosa sotto - come nel caso della chiamata della duchessa di Mandalore - era una tecnica molto utile per acquisire informazioni che altrimenti non avrebbero mai ottenuto.

- Quindi possiamo essere certi che la ragazza non è un’impostora.-

- Con tutto il rispetto, maestro, ma la ragazza assomiglia incredibilmente a quella del filmato. Ha persino la stessa cuffia strana a nasconderle i capelli.-

- Non sai quanto sia facile fare un falso, ragazzo mio.-

Forse il maestro aveva ragione, però Obi Wan aveva anche percepito qualcos’altro.

- C’è di più però, maestro.-

- Qui Gon alzò un sopracciglio, pensieroso.

Erano in plancia, facendo finta di tenere d’occhio i comandi. Non ne aveva mai avuto bisogno, in verità, ma Qui Gon aveva utilizzato la prima scusa che gli era venuta in mente per contattare Obi Wan. 

- Pensavo di averti dato abbastanza tempo, ragazzo.-

- Ed infatti è stato sufficiente. Quello che intendo dire è che la duchessa è disperata. Un tipo di disperazione del genere è difficile da imitare.-

- Che cosa intendi dire con disperata?-

- Si isola. Fissa il vuoto e ci si perde dentro. Sembrava triste quando l’abbiamo trovata, cioè, quando lei ha trovato noi, ma adesso è peggio. Non è solo malinconia, è proprio disperazione. Non ho mai visto niente di simile in vita mia.-

Qui Gon sospirò.

- Abbi pena per lei e per le persone che non possono disperdere il dolore nella Forza, ragazzo mio.-

- Non so come faccia a reggere tutto quel dolore senza potersene liberare.-

- Impara a conviverci fino a che non se ne va da solo.- 

- Ammesso che succeda?-

- Ammesso che succeda.-

Obi Wan non era del tutto certo che avere pena per lei fosse la cosa giusta. Semmai, quello fortunato era lui. Persone come i Jedi hanno un grande dono da cui trarre forza. Satine, al contrario, sembrava una persona perfettamente normale, come la stragrande maggioranza degli esseri viventi della galassia, e doveva arrangiarsi con quello che aveva. 

Non andava compatita, andava ammirata.

Seduto in plancia con il suo padawan vicino, Qui Gon lanciò un’occhiata verso di lui, solo per trovarlo assorto e apparentemente concentrato sui comandi. Era evidente che Obi Wan aveva qualche pensiero che gli frullava per la testa e non se ne stupì. 

Il suo padawan aveva un grande dono, ovvero quello dell’introspezione. Poteva sembrare un inguaribile secchione, ma il tutto era dettato dal bruciante desiderio di fare qualcosa di se stesso. Il ragazzo era curioso e voleva solo imparare, nella speranza di diventare un giorno un buon Jedi. Preferiva rifugiarsi nell’intimo dei suoi pensieri, nascondersi da qualche parte a meditare, piuttosto che fare bella mostra di sé in allenamento con gli altri padawan.

Era stata una delle cose che gli avevano causato più problemi al Tempio.

Eppure quella era una dote ammirevole. Aveva la capacità di leggere se stesso e gli altri attorno a lui. Grazie alla sua empatia gli erano bastati pochi minuti in compagnia della duchessa per capire che qualcosa non andava, e forse medicarle le mani non era stato solo un modo per guadagnare tempo. 

Obi Wan era buono a sufficienza da provare a tirarla su di morale, almeno un po’. Era capace di farlo solo per il bisogno di prendersene cura. 

Poi, lo vide sbadigliare.

- Hai dormito poco, un’altra volta.-

Non era una domanda, bensì un’affermazione, e Obi Wan sapeva di non poter mentire.

- Ho faticato, maestro.-

- Nemmeno la meditazione ha funzionato?-

- Il problema non è addormentarsi. E’ l’incubo in sé che mi infastidisce e dopo non riesco più a prendere sonno.-

- Se capitano così di frequente non credo che siano incubi, bensì visioni, ragazzo mio. Dovremo venirne a capo.-

Obi Wan non amava quel tipo di conversazioni. Il suo maestro era un po’ fissato con le profezie e il padawan era convinto che non fosse una buona cosa. Credeva fermamente che ognuno è artefice del proprio destino e che le visioni potevano fornire un’anticipazione solo incerta del futuro. Le strade della Forza - come gli aveva insegnato il maestro Yoda a suon di colpi di bastone sulle nocche - possono cambiare, e nulla nel futuro è già scritto. 

La nostra storia cambia a seconda delle strade che si scelgono.

Una parte di lui, però, era consapevole che quando un sogno si ripete troppo spesso non può essere un caso. La cosa lo infastidiva, ma non poteva farci niente.

- Sì, maestro.-

Un leggero bussare alla porta della plancia li distrasse.

Qui Gon ed Obi Wan si guardarono, incerti.

- Duchessa?-

- Posso entrare?-

- Certo. Qualcosa non va?-

- Assolutamente no.- rispose loro, nascondendo una ciocca bionda ribelle dietro l’orecchio.- Ho solo pensato che voleste sentirmi, adesso che avete avuto modo di scambiarvi le opinioni che vi siete fatti di me.-

Se al padawan venne da ridere, il maestro Jinn fece schizzare le sopracciglia fino all’attaccatura dei capelli, preso in contropiede.

- Che significa? Noi…-

- Giocate al poliziotto buono e a quello cattivo, lo so. Il maestro austero e il giovane allievo faccia d’angelo che ispira confidenza. Uno raccoglie informazioni, l’altro aspetta e trae le conclusioni. Sentite, sono Mando e sono sopravvissuta ad uno svariato numero di attentati terroristici. Non sono una completa ignorante. Se volete, posso dirvi io quello che volete sapere.-

- Non c’è bisogno, duchessa. Il mio principale interesse era comprendere se foste veramente voi. Capirete che era strano che foste arrivata completamente sola. Volevamo solo essere certi di non avere caricato a bordo un’impostora.-

- E l’apparenza si può facilmente falsificare. Se foste stata una delle mie guardie personali, avrei apprezzato molto il vostro operato. Complimenti, maestro, padawan.- disse loro chinando il capo con cortesia. 

Quando Qui Gon incrociò lo sguardo della duchessa, non potè fare a meno che condividere l’idea che si era fatto Obi Wan. La ragazza era pallida e stanca, visibilmente infreddolita nonostante l’ipotermia fosse passata, ed oltre l’apparente compostezza i suoi occhi tradivano un profondo dolore che mandava i suoi riverberi potenti nella Forza.

Doveva aver vissuto di recente qualcosa di indicibile.

- Perché non andate a riposarvi, duchessa?- le disse, poggiandole una mano sulla spalla e provando a condurla fuori dalla plancia.

- Non volete davvero sapere niente?-

- No, non per il momento. Avremo modo di conoscerci meglio. Soltanto, sapete che cosa dobbiamo aspettarci?-

- Verranno a cercarmi, sicuramente.- concluse la duchessa, percorrendo il corridoio fino alla porta della sua stanza. - La prima volta hanno mandato la Ronda della Morte, ma dubito che lo faranno una seconda. Sono il braccio armato di Larse Vizla adesso, ed avrà bisogno di loro e della loro forza bruta per consolidare il suo regime. Io sono una spina nel fianco per lui, nonché la principale avversaria politica. Il fatto che sia sopravvissuta è un grosso cruccio per quel farabutto. Una volta accertata la mia fuga da Kryze Manor mi manderà qualcuno dietro. Cacciatori, probabilmente.-

Qui Gon ed Obi Wan dovettero ammettere di averci capito molto poco, ma non fecero domande.

- Andate a riposare adesso. Ne avete bisogno.-

E loro avrebbero avuto bisogno di quel tempo per studiare un po’.

Mandalore era un sistema che veniva ricordato spesso e volentieri per la sua violenza, ma mai per il resto. Se c’era una cosa che Obi Wan ricordava delle lezioni di storia che aveva pedissequamente frequentato, era la brutalità con cui si erano battuti e la spregiudicatezza con cui avevano distrutto il loro stesso sistema in nome della guerra, della supremazia e del potere.

Un nome sopra tutti era rimasto impresso nella memoria di Obi Wan, ed era quello dei Vizla. 

- Credo che dovremmo recuperare un po’ di informazioni. Il tuo database non ti dice niente?- gli disse Qui Gon, muovendo le dita attorno alla tempia per indicare le rotelle del suo cervello.

- Tarre Vizla è stato l’unico Mando che sia mai divenuto un Jedi, nonché il creatore della Darksaber. Se non sbaglio, oggi è diventata un simbolo di potere e di leadership. Poi, mi pare che Vizla fosse stato anche colui che aveva condotto le guerre mandaloriane un centinaio di anni fa, contro la Marina della Repubblica, e che hanno causato la desertificazione di Mandalore.-

- Insomma, i Vizla godono di buona fama!-

- Credo che la duchessa prima di andarsene abbia rilasciato un discorso alla nazione. Insomma, sarebbe stato logico, no?-

Qui Gon annuì, e i due si rifugiarono dentro la stanza del maestro. Il datapad acceso aveva trasmesso in diretta il discorso di Satine, lo stesso che aveva tenuto quella mattina prima di mandare la richiesta d’aiuto ai Jedi, ed i due ne erano rimasti strabiliati.

- La ragazza sa fare politica, va detto.-

- Ed anche bene. Insomma, a livello strategico è particolarmente brava. Ecco, questo mi sono dimenticato di dirlo, maestro. Lei è quasi capace di leggere nel pensiero!-

Qui Gon alzò un sopracciglio.

- Che vuoi dire?-

- Le ho chiesto come fosse arrivata qui, e lei ha risposto che è riuscita a fuggire con l’aiuto delle Abiik’ade, che hanno preso la sua slitta per attirare il fuoco dei terroristi mentre lei fuggiva in fretta e furia. A quel punto, lei stessa mi ha confessato di essere una Abiik’ad.-

Qui Gon spalancò gli occhi.

- Le leggendarie donne guerriere di Mandalore?-

- Apparentemente. La cosa, però, mi ha lasciato perplesso, perché credevo che essere una guerriera di quel genere non fosse compatibile con il pacifismo che la duchessa millanta. Non ho espresso questo pensiero, ma lei mi ha anticipato, dicendo che è tradizione che il Mand’alor scelga un corpo armato, e lei ha scelto quello in cui era stata sua madre, e che non avrebbe mai smantellato le forze dell’ordine per la pace perché ciò avrebbe significato rinunciare completamente a difendersi.-

- E’ un pensiero prevedibile, anche se è ammirevole che lei ci sia arrivata.-

- Non è finita qui. Ha capito che ero perplesso ed ha anticipato il mio commento, spiegandomi che il suo clan viene ritenuto magico, come se fossero degli stregoni, quando in verità hanno solo molta abilità a dedurre, appunto. Il problema è che poi ho provato a depistarla e lei ha capito lo stesso.-

- In che senso?-

- Ho pensato al maestro Windu. Lei ha capito che stavo provando a pensare a qualcosa che non avrebbe mai indovinato, e non appena le ho detto che avevo pensato ad un maestro, ha azzeccato Mace Windu pretendendo di aver tirato ad indovinare!-

Questa, poi, era bella.

- Non è che è sensibile alla Forza?-

- Una Mando? Anche se fosse, voglio vedere come farete a convincerla a farsi testare, e forse è meglio se Vizla non viene a saperlo.-

Qui Gon dondolò il capo, convinto. 

- Considerati i toni di questa guerra e i connotati della duchessa, forse è meglio se usciamo definitivamente dallo spazio aereo di Kalevala, o rischiamo di averli addosso nel giro di poco. La duchessa non è pronta per affrontare un altro disastro, e nemmeno noi siamo pronti a respingerli.-

 

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