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Autore: k_Gio_    25/11/2021    3 recensioni
Inej torna a Ketterdam e Kaz la aspetta. Possibili spoiler se avete visto solo la serie tv.
(Non so più scrivere le introduzioni, scusate :'))
Questa storia partecipa all'attività A corde di Acquaviola del gruppo Facebook L'angolo di Madama Rosmerta.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You Raise Me Up




 
“You raise me up, so I can stand on mountains
You raise me up, to walk on stormy seas
I am strong, when I am on your shoulders
You raise me up to more than I can be’’






 
Era distratto e nervoso. Guardava i libri contabili senza vederli davvero. Anika era entrata nel suo ufficio e l’aveva mandata via bruscamente, niente di anormale in realtà, Kaz Brekker non era la persona più amabile di Ketterdam del resto. Era talmente preso dai suoi pensieri che non si ricordava nemmeno per cosa lo avesse disturbato. La tensione gli aveva trasformato il volto in una maschera contratta e insofferente.
Chiuse di scatto i libri sulla scrivania e spostò le altre scartoffie su un lato. Si costrinse a inspirare profondamente, premette le sue mani ancora protette dai guanti neri sugli occhi. Tutta quella tensione si stava inesorabilmente riversando sulla gamba, era teso come una corda di violino.
Si detestò. Era solo una tempesta, ci voleva ben altro per mettere fuori gioco la sua Inej. Sua. Inej di sicuro non gli apparteneva ma era grato ogni volta che tornava a Ketterdam, da lui. Ogni volta si chiedeva quando si sarebbe accorta che con lui non avrebbe potuto avere quello che magari un'altra persona, non rotta come lui, le avrebbe potuto dare.
Nemmeno quei due anni di tentativi, di progressi fatti lo avevano reso sicuro. Con Inej il Bastardo del Barile si nascondeva sotto il letto. Emergevano i dubbi e le ansie di un comune adolescente, quello che non era mai stato. Inej in quei momenti perdeva la pazienza, era in grado di decidere e scegliere per se stessa, e finchè avrebbe visto da parte di Kaz la seria intezione di voler combattere per loro lei sarebbe rimasta. Senza armatura , le aveva promesso. E lui stava mantenendo quella promessa.
Si ritrovò a sorridere suo malgrado, quando le aveva affidato il suo cuore? Quando si era presa quella parte di lui che non aveva mai concesso a nessuno? Probabilmente fin dal primo momento in cui lei lo aveva colto di sorpresa al Serraglio. O quando lo aveva visto nei suoi momenti peggiori e nonostante tutto era rimasta al suo fianco.
E in lui si era ancorato alla sua presenza nella sua vita. Saperla vicino gli dava tutta la forza di cui aveva bisogno. Nemmeno tutte le sue kruge gli davano la metà della gioia di quando vedeva Inej sorridergli. Non glielo avrebbe detto, era un bastardo in ogni caso. Con lei un po’ meno però.
Le sue mani fremevano. Rimanere a perder tempo nel suo ufficio con la possibilità che qualcuno lo venisse a disturbare un’altra volta lo fece alzare dalla sedia e varcare la soglia. Chiuse la porta e si diresse verso le scale. L’avrebbe aspettata in camera, lontana dal rumore e dal vociare degli altri Scarti.
E poi accadde, quel cambiamento nell’aria che non sapeva spiegare a parole ma che percepiva chiaro e nitido. Si concesse un profondo respiro e la tensione accumulata iniziò a defluire fuori dal suo corpo. Non la vide ma sapeva che era lì. Posò la giacca sulla sua vecchia scrivania, seguita dai guanti che ora non servivano più a proteggerlo dal mondo esterno. Fuori la pioggia non accennava a scemare, una coltre fitta fuori dalla finestra.

“Potevi usare la porta’’
“Sono più tipa da finestre’’ quanto le era mancata la sua voce. Si appoggiò allo stipite della porta che dava alla camera da letto. Il cuore fece una capriola e non riuscì ad impedire alle sue labbra si sollevarsi in un mezzo sorriso.
Inej si voltò verso di lui, abbottonandosi gli ultimi bottoni della camicia asciutta che si era messa. I pugnali sul comodino, in fila e pronti per ogni evenienza. Rimasero ad osservarsi per qualche minuto, beandosi della reciproca presenza.
Inej si avvcinò. “E poi avrei bagnato tutta la stecca se fossi passata per la porta’’
“Avrei messo sul tuo conto le spese per le pulizie”. La raggiunse a metà strada. “Mi sei mancata”.
“Mi sei mancato anche tu”. Sollevò le mani fino al suo viso, lentamente, in modo tale che lui fosse libero di arretrare se non fosse stato pronto al contatto. Sperava non lo avrebbe fatto.
Kaz aveva aspettato di riaverla tra le braccia per troppo tempo, era passato quasi un mese dall’ultima volta. Quando le mani di Inej toccarono il suo viso chiuse gli occhi. Lei era davvero lì, non era un sogno. Si chinò verso di lei e le accarezzò a sua volta una guancia, la fronte che si appoggiava alla sua. Inspirò il suo odore. L’altra mano le circondò la vita, dolcemente, senza chiuderla in gabbia, e l’avvicinò a sé un po’ di più.
Le sfiorò delicatamente le labbra con le proprie, un bacio leggero. Sentiva l’acqua alle caviglie lambirgli la pelle, non voleva rovinare quel momento, doveva andare piano. Si scostò da lei quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi. Era stanca, glielo leggeva in faccia.
“Lo Spettro è ancora tutto intero?”
Inej alzò un sopracciglio “Dubiti delle capacità del suo Capitano?”
“Mai”
“Bene”
“Dormi un po’ Inej”. Ogni volta che la chiamava con il suo nome il suo cuore si scaldava, la sua voce rauca generava in lei una sfilza di brividi lungo la schiena.
“Dormi con me?”
Kaz annuì.
Inej si coricò sul suo lato del letto mentre lui si cambiava, lo vide camminare per la stanza e spegnere le luci. Il materasso cigolò leggermente sotto il suo peso.
“Potremmo comprare un nuovo letto” le uscì dalla bocca prima che potesse accorgersene, quel noi implicito aveva il sapore di un futuro insieme, un sapore dolce sulle sue labbra.
Kaz si mise comodo, distendendo la gamba malata e trovando una posizione comoda.
“Sì, potremmo. Siamo disgustosamente ricchi, i soldi non ci mancano.” Si voltò su un fianco per guardarla meglio. La pioggia che cadeva costante attuttiva il chiacchiericcio al piano si sotto, c’erano solo loro.
Allungò la mano e i suoi polpastrelli iniziarono a tracciare il percorso dal suo polso alle sue dita, la sfiorava come fosse la cosa più delicata e preziosa che esistesse a questo mondo. Sorrise tra sé, Inej era letale. Le voci sul Capitano dello Spettro si erano diffuse a macchia d’olio, la sua reputazione la precedeva e un moto di orgoglio gli nasceva nel petto quando sentiva i racconti nelle strade di Ketterdam.
“Jesper mi ha scritto che c’è stata una rissa con una nuova banda Kaz, perché non me lo hai detto?”
“Jesper dovrebbe farsi gli affari suoi”
“Kaz”
“È andato tutto bene, hanno capito che devono rimanere al proprio posto se vogliono rimanere in queste strade.”
“Eri in un bagno di sangue”
Kaz contrasse la mascella, Jesper l’avrebbe pagata.
“Era perlopiù sangue loro, e qualche cicatrice in più non fa male alla mia reputazione”
Inej sospirò.
“Prego i Santi affinché veglino su di te, Kaz, ma tu rendi le cose difficili anche per loro”
Lui intrecciò le loro dita e sorrise impertinente.
“Devono impegnarsi di più allora”
“Kaz” lo rimproverò lei.
“Mi basta che sia tu a tornare sana e salva Inej”
“Non farti ammazzare Kaz”
“Ci proverò”. Per lei avrebbe sfidato anche la morte.
Inej si stropicciò gli occhi, non riusciva più a tenerli aperti. Kaz sciolse le loro mani e, consapevole che ce l’avrebbe fatta, allargò il braccio in un chiaro invito. Inej lo guardò attentamente per cercare in lui anche un solo singolo accenno di turbamento, ma non lo trovò. Scivolò verso di lui, si accoccolò nel suo abbraccio e chiuse gli occhi.
Il cuore di Kaz aveva preso a correre, ma gli bastò sentire la sua pelle calda, il suo respiro contro il suo petto per fargli riprendere un battito regolare.
Inej era sempre calda, la sua pelle emanava calore anche in giornate come quella, dove il freddo penetrava nelle ossa. Forse era il sole che la sua pelle beveva quando era sulla sua nave, forse era un calore primigenio che nasceva direttamente da dentro di lei e che la rendeva la donna straordinaria che era. Non lo sapeva.
Non credeva ai suoi Santi, a certe credenze religiose o alla fede in generale, ma in cuor suo non riusciva a non pensare come loro due, in qualche assurdo modo, potessero non essere destinati.  Credeva in lei. Credeva in loro.
Le aveva affidato la sua vita un’infitità di volte da quando avevano iniziato a lavorare insieme, e si fidava ciecamente di lei come non aveva mai fatto con nessun altro. Era la sola che riusciva a tirarlo fuori dagli abissi in cui veniva trascinato durante i suoi momenti no, la sola. La sua vita era intrecciata alla sua ormai, traevano forza l’uno dall’altra e per lei avrebbe fatto ogni cosa.
L’amava.
Strinse un po’ di più l’abbraccio e si addormentò anche lui con il sorriso sulle labbra.

L’acqua in quel momento cadeva solo fuori dalla finestra.

 


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Orbene, salve fandom.
Io spero vivamente che sia una cosa leggibile e godibile per i vostri occhi perchè avevo una paura matta di scrivere di loro, di Sei di corvi in generale. Quindi mi auguro che siano verosimili. 
Magari la prossima volta ci penso sei volte prima di fare le cose, e sopratutto devo ricordarmi di non prendere iniziative da appena sveglia. Non ho molto altro da aggiungere, è solo molto fluff, di angst mi era balenata mezza idea ma non mi andava di soffrire.
La canzone del prompt è davvero molto bella, se non lo conoscete andate ad ascoltarla perchè merita davvero : Josh Groban - You Raise Me Up. 
E nulla, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va di chiacchierare in generale su questi due anche, sono qui. 
Alla prossima, forse xD
Gio
  
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