Libri > Louisa May Alcott, Varie
Ricorda la storia  |      
Autore: ROSA66    26/11/2021    3 recensioni
Questa storia è stata ispirata dal contest “Skip”, indetto da SoulMancini sul forum di Efp, ora concluso.
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum "Ferisce più la penna".
Beth se n'è andata per sempre, lasciando Jo nella disperazione più nera. Dal testo:
Perché, ti ripeti, Dio non può essere così crudele, Lui, Padre Misericordioso, non può volere il male per i suoi figli. L’hai respirato fin dalla culla, te l’hanno insegnato i tuoi genitori, l’hai vissuto in tutta la tua vita.
Te lo dice la ragione, te lo suggerisce il cuore.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elizabeth March, Josephine March
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


In loving memory
 

Thanks for all you've done
I can't believe you're gone
You still live in me
 

Lisci con una lieve carezza la coperta patchwork, una distesa multicolore di stoffe diverse – accostate, il più delle volte, in maniera audace – quasi tu possa sentire ancora, sotto le dita, il calore del corpo minuto di Beth.
Un groppo alla gola ti serra il respiro e si concentra sugli occhi; a stento riesci a reprimere le lacrime che da giorni premono per uscire.
Stavolta, però, sei sicura di non farcela. Troppa angoscia e troppo dolore accumulati nel cuore, talmente gonfio da pensare che potrebbe scoppiare, prima o poi.
Così, sconfitti, gli occhi lasciano scivolare giù per il viso quelle stille salate, incastrate tra le ciglia, trascinando con sé, quasi un fiume in piena, la tua anima devastata.
Sono libere, adesso, come lei, non più imprigionata in un corpo sfibrato da una malattia insidiosa.
Tra le quattro sorelle March sei sempre stata la più forte, un uragano senza freni, ribelle come un cavallo selvaggio, a volte così anticonformista da risultare imbarazzante per la tua stessa famiglia. Ma non per Beth.
Solo con lei potevi essere te stessa e cambiare nello stesso momento.
Ti bastava averla accanto, con la sua presenza dolce e disarmante, per riuscire a placare la tempesta che ti infuriava dentro, infondendoti quella quiete cercata da sempre ma che non ti è mai appartenuta.
Ricordi ancora quando ti bastava quel sorriso timido e schivo per placare le tue intemperanze e donarti una linfa nuova, più sicura, più consapevole, più generosa.
E pensi che non l’hai mai ringraziata per questo.
 
Un singhiozzo strozzato ti risale dalla gola: la perdita di Beth è qualcosa di talmente innaturale e insopportabile che ancora non riesci a crederci.
Tutto là dentro, ogni singolo oggetto, ti parla di lei.
«Beth… » sussurri mentre ti guardi intorno, spaziando con gli occhi umidi di pianto e di dolore nella stanza dove, una settimana prima, Beth si era spenta, consumata come una candela che scioglie tutta la cera e si lascia morire.
Sulla mensola ci sono ancora le sue bambole, malconce e rovinate, che voi avevate gettato via come stracci vecchi, ormai inutili e mezze mutilate, ma che Beth aveva teneramente raccolto, amandole come fossero il più prezioso dei tesori.
Sorridi amaramente tra le lacrime. Magari fosse bastato soltanto l’amore per salvare una persona, come aveva fatto Beth con quei giochi…
Lo sguardo si ferma a osservare la piccola scrivania, su cui è posato il suo cestino da ricamo. Ognuna di voi quattro ne aveva uno, e quello di Beth la rispecchiava alla perfezione: piccolo e modesto, di un delicato color lavanda con i ricami viola, è rimasto così da quando non è più stata in grado di prendere in mano un ago, dal momento in cui le forze hanno iniziato ad abbandonarla, prima della fine.
 
Accanto al necessaire per il cucito sono posati alcuni fogli, perfettamente allineati sul ripiano. Li tocchi in punta di dita, con religiosa dedizione come se, solo sfiorandoli,  tu stessi commettendo un sacrilegio. Sono – erano – gli spartiti di Beth, suoi solitari compagni di tante giornate quando, china sul pianoforte, muoveva leggera le dita sottili sulla tastiera e la musica si diffondeva per tutta casa.
Chiudi gli occhi. Ti sembra di sentirla ancora, dentro di te, e quella melodia dolce e triste risuona chiara, prendendo il tempo insieme con il tuo respiro.
È come se lei fosse ancora viva.
Se. Ma non lo è, non più.

I feel you in the wind
You guide me constantly
 
Con un gesto improvviso afferri quei fogli e li infili in tasca e, ingoiando l’ennesimo singhiozzo spezzato, esci sul corridoio dirigendoti velocemente verso la scala che porta al piano di sotto. Tenendo la veste appena sollevata per non inciampare ti precipiti – scappi quasi – all’esterno dell’abitazione.
Il cielo è gonfio di pioggia, livido e nero come il tuo cuore, ma tu lo ignori, perché nulla ha più importanza adesso.
I passi divengono via via sempre più svelti mentre il vento, che ti agita i capelli schiaffeggiando un viso pallido e smagrito, sembra chiamarti:
«Jo… ». È il lieve sussurro dell’aria, o forse un piccolo angelo dalle trecce castane, volato via troppo presto dal mondo e ora tornato sulla terra per salvarti da te stessa.
E così inizi a correre e, incespicando sui tuoi stessi piedi, ti arrampichi su per la collina dietro casa, tra cespugli e rami, col fiato in gola e le lacrime che non vogliono sapere di smettere, la gonna tutta rovinata e graffi tra le dita.
Ansimi per la corsa – il periodo trascorso a New York ti ha un po’ fiaccato – piangi ancora ma fingi che si tratti solo di sudore, tanto nessuno può vederti, e corri a perdifiato finché non arrivi davanti a una piccola tomba, e lì ti fermi.
 
Cause you were always there for me
You were always there waiting
And will come home and I miss your face so
Smiling down on me
 
Crolli a terra, sfinita. La terra è ancora molle e tenera a ricoprire un buco nero – ma la voragine del tuo cuore, chi potrà colmarla? - 
Tremando, tendi la mano verso quel terriccio scuro – lei avrà paura, là sotto? – e lo accarezzi piano. Non c’è fede, non c’è religione che riesca a donarti sollievo.
«Beth, tesoro, mi manchi tanto», sussurri, continuando a ingoiare le tue stesse lacrime, «mi manca la tua voce, la tua musica… ». I singhiozzi ti impediscono di continuare, e allora ti pieghi su te stessa a sfiorare la terra con la fronte perché quel dolore, che non passa più, è pesante come una montagna  e ti schianta al suolo.
«Quanto vorrei che tu fossi ancora qui, Beth… ho bisogno della tua forza, della tua fede. Io… non ne ho più…. Come posso ancora credere in Dio, se ha permesso che ti accadesse tutto questo? Ti prego, Beth, aiutami a capire perché… » Le parole, spezzate dai singhiozzi, rimangono incastrate in gola, chiuse tra mille domande e nessuna risposta.
Perché, ti ripeti, Dio non può essere così crudele, Lui, Padre Misericordioso, non può volere il male per i suoi figli. L’hai respirato fin dalla culla, te l’hanno insegnato i tuoi genitori, l’hai vissuto in tutta la tua vita. Te lo dice la ragione, te lo suggerisce il cuore.
 
Guardi la tomba, adorna dei fiori più belli del vostro giardino, portati ogni giorno da vostra madre. L’hai vista coglierli, china sulle siepi tra lacrime silenziose, e poi arrampicarsi sulla collina, come in un calvario doloroso, le gambe pesanti e un macigno al posto del cuore, e arrivare davanti a quella voragine in cui è stata sepolta una parte di lei.
Il vento si è calmato, diventando una brezza gentile che sfiora il tuo viso come la carezza leggera di un angelo, come il suo respiro.
Alzi la testa e guardi il cielo con gli occhi ancora appannati. Si sta aprendo lentamente, rivelando uno sprazzo d’azzurro tra le nuvole grigie. Un raggio di sole riesce a penetrare la cortina scura delle nubi e si diffonde intorno a te, illuminandoti.
Sospiri. È caldo sul tuo viso, come il bacio dolce di una madre che ti rende nuovamente la vita. Lo senti sulle tue lacrime ormai secche, lo senti sulle tue mani, ancora chiuse su una zolla di terra, e lo senti nel tuo cuore, freddo per quell’assenza che – tu ne sei convinta –non si colmerà mai più.
Il suono melodioso del canto di un cardellino interrompe i tuoi pensieri: quel piccolo uccellino, del tutto ignaro del tuo dolore, sembra ricordarti che il mondo è vivo, e che non finirà mai di girare nonostante tutto.
In fondo alla tua anima senti che qualcosa non è morta del tutto: è come un germoglio che cerca di sopravvivere tra le spine insidiose della sofferenza e del rancore contro un destino ingiusto. È come se qualcuno ti sussurrasse di non arrenderti, che non tutto è perduto, e che l’amore non può morire.
Ora il sole splende alto, allontanando le nubi grigie del temporale.
Pioverà ancora. Ma non adesso.
Per la prima volta, dopo giorni, provi un indefinito senso di pace.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Questa storia è stata scritta per il contest “Skip”, indetto da SoulMancini sul forum di Efp. Tuttavia, una forma di insicurezza mi ha bloccato, impedendomi di pubblicarla. Dopo quasi due mesi ho deciso che non aveva senso tenerla sul mio Pc, e così ho deciso di postarla.
Tutti i crediti per la bellissima idea vanno, quindi, a Soul Mancini, che ha scelto le canzoni una ad una: quella che mi è capitata, a sorpresa, è “In loving memory”, After Bridge, che ha ispirato questa storia e i cui versi sono sparsi nella shot.
Per il resto, credo non ci sia altro da aggiungere: i personaggi non mi appartengono, in quanto creati dalla penna di Louisa May Alcott, autrice del romanzo “Piccole donne”.
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Louisa May Alcott, Varie / Vai alla pagina dell'autore: ROSA66