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Autore: tbhhczerwony    28/11/2021    0 recensioni
[OC & Mirton centric | accenni a qualche ship (ajnashipping, juxtapozshipping) | demenziale, angst, a tratti violento | ambientato durante BW2]
«Se vuoi diventare membro dei Superquattro devi anche studiare molto, sai?» le disse, «Essere Superquattro non vuol dire solo essere forti con le lotte Pokémon: è molto di più»
«Lo so, zio. Ma io vorrei andare in una scuola che mi permetta di non allontanarmi da casa, per tornare quando voglio»
Mirton scoppiò a ridere, facendo roteare una carta del suo mazzo tra le dita, «Hai una fervida immaginazione, signorina. Andrai a un college, non a un altro liceo»

La vita di Jenna si alterna tra piacere e dovere, unendo anche il sogno di diventare Superquattro come suo zio, Mirton. Il percorso è tutt'altro che facile, ma la ragazza non vuole perdersi d'animo e credere di più in sé stessa.
Genere: Angst, Generale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Artemisio, Camilla, Catlina, Mirton
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Jigentō'
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udite, udite, popolo! *rullo di tamburi* oggi sono riuscito finalmente ad aggiornare! dopo un mese, ma proprio, letteralmente un mese, ma ce l'ho fatta! purtroppo con un altro capitolo corto, il blocco mi sta facendo abbastanza male (e probabilmente il prossimo capitolo ci metterà un po' di più a venir postato, chiedo venia!). questo terzo capitolo è leggermente più incentrato sul punto di vista di mirton, ho voluto alternare un po' i pov tra lui e la nipote, che tra l'uno e l'altro non è che se la stiano passando bene (ma quando mai l'hanno passata bene sti due?) e qua comincio anche a nominare un paio di ship che verranno più accennate che altro, ovvero la juxtapoz (artemisio/camelia) e la ajna (mirton/camilla), anche se quest'ultima non è established come lo è la juxtapoz. avrei voluto accennarne un'altra, che sarebbe la taijiquan (marzio/ciprian) ma lo vedrò quando raccoglierò meglio tutte le idee [watch jenna essere l'unica single perché le ship che ho con lei sono un po' varie, LMAO]. detto ciò, spero che vi piaccia questo capitolo, nonostante sia corto! ;;
 




Don Amour



 

Dopo l’ultima sfida, Mirton mandò l’Allenatore da Catlina e, quando questo uscì, lui si andò a sedere sul divano. Prese la moneta d’oro dalla sua tasca e iniziò a giocarci con un leggero groppo alla gola, non sapeva se fosse lo stress del lavoro oppure il fatto che Jenna fosse così noncurante della sua stessa salute; probabilmente entrambi, ma nulla che una semplice partita la sera non potesse risolvere. Ma che ne sarebbe stato della loro promessa, allora?

Controllò l’Interpoké con una certa fretta. Niente, nemmeno un messaggio. A meno che lei non stesse esponendo il suo tema, Mirton non riusciva veramente a capire che cosa la stesse facendo esitare così tanto. In fondo lui voleva solamente parlare con il docente, non era un tipo violento come alcuni genitori dei suoi compagni di classe. Notò però una notifica da Artemisio, ma non appena vide il prossimo sfidante arrivare dovette ritirarsi giù la manica della camicia, per alzarsi successivamente dal divano.

Un ragazzo poco più alto di lui, capelli viola rasati dal lato destro, l’abbigliamento suggeriva che probabilmente aveva solamente pochi anni in meno di lui. Per non parlare delle scarpe da tennis in tela piegate, portate come se fossero pantofole, mostrando i talloni scoperti, come anche le ginocchia con i jeans strappati. Di primo acchito sembrava proprio un ragazzo di strada.

«Buongiorno,» salutò il Superquattro, «Hai già affrontato Antemia, suppongo»

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, e fece un sorrisetto, «Sì» rispose, «Mi chiamo Blair, vengo da Zondopoli»

Ora si spiega tutto,” pensò Mirton, ma non poteva di certo basarsi su qualche stereotipo, non sarebbe stato corretto. 

«Bene, bene,» lui annuì, «Allora, cominciamo».

 

***

 

«Non mi risponde, probabilmente è impegnato con una lotta Pokémon»

Artemisio guardò con attenzione lo schermo del suo Interpoké, con cui stava facendo una videochiamata con Camelia. Davanti a sé c’era un quadro incompleto, infatti con la mano sinistra teneva il pennello sporco di vernice. 

«Va be’, non preoccuparti» lo rassicurò Camelia, «Lo richiamerò io più tardi»

Artemisio trattenne una risata, «Così gli fai venire un infarto»

«Esatto, mi risponderà subito» la Capopalestra di tipo Elettro si mise a ridere, «Beh, ora vado»

«Torni a casa stasera?» domandò lui.

«Non ne sono sicura, ma spero di sì»

I due si salutarono e la chiamata si concluse lì, con un veloce scambio di “ti amo” prima di chiudere definitivamente. Solo dopo poco, Artemisio notò una chiamata persa e un messaggio lasciato da Mirton, “Hai bisogno di qualcosa?”. Effettivamente, dopo aver squillato avrebbe anche potuto mandargli un messaggino. Ma ormai, era troppo tardi.

“Non importa, ho risolto”

Chissà come avrebbe reagito invece alla chiamata di Camelia. Sarebbe stato divertente.

 

***

 

Passarono altre due ore, a scuola. Jenna dovette cambiare nuovamente classe e ne approfittò per mettere alcuni libri dentro il suo armadietto. Diede un’occhiata al suo Interpoké, forse avrebbe dovuto chiamare Mirton come le era stato consigliato. Aveva ancora paura di cosa sarebbe potuto succedere, ma non poteva più esitare. Avvicinò il dito indice della mano destra al piccolo schermo, ma fu interrotta da una sonora pacca sulla schiena prima che potesse pigiare il tasto.

«Ehi, piratessa,» non appena alzò lo sguardo, notò uno dei suoi compagni di classe, Anthony, dalla chioma bionda di media lunghezza, con altri due ragazzi, «Hai fatto a botte con qualcuno?»

Jenna aggrottò appena la fronte, «Non chiamarmi “piratessa”. E comunque non sono affari che ti riguardano»

«Oh, su, mi stavo solo preoccupando per te» il ragazzo si mise a ridacchiare, «Senti, più tardi devo allenarmi per l’esame dei tipi Normale. Ci sei per una lotta nel pomeriggio?»

Lei chiuse l’armadietto con la chiave e si voltò verso di lui, «Non credo, devo chiamare mio zio, probabilmente mi porterà anche a casa prima»

Anthony sbuffò, «“Mio zio”, “mio zio”, finisce sempre così con te» i due ragazzi dietro di lui fecero finta di non ascoltare, ma il fatto che stessero sghignazzando tra di loro infastidiva Jenna, «Anche quando ti avevo chiesto di uscire l’altra volta mi hai dato la stessa risposta»

«Ho degli impegni a cui non posso proprio dire di no, non ti è chiara la cosa?» il tono di voce della ragazza si alzò leggermente, «Se me lo chiedessi in giorni in cui sono libera, ti risponderei di sì»

«Ah, beh, almeno questo è un sollievo» rispose sarcasticamente Anthony, appoggiando la mano destra su uno degli armadietti, «Quindi, ce la facciamo a lottare o no?»

«Non lo so, chiamo mio zio e te lo faccio sapere più tardi. Non fare niente che possa farmi cambiare idea, se ci tieni tanto ad allenarti con me»

Lui ridacchiò, «E va bene»

«Sarà meglio» la ragazza si voltò verso gli amici di lui, «E voi finitela di ridere.»

Lasciando a bocca aperta i due, che ripresero a ridere pochi secondi dopo, Jenna camminò per il corridoio riuscendo finalmente a chiamare Mirton. Però, lui non rispose. Un po’ se lo aspettava, dato che stava ancora alla Lega. Ma dopo la seconda chiamata, Mirton rispose quasi subito.

«Ehi,» la salutò lui, «Tutto a posto?»

«Diciamo di sì…» Jenna si grattò appena la testa, «Puoi venire? Io però dovrò lottare con un mio compagno, più tardi»

«Quindi non potrai vedere come darò una lezione al tuo allenatore, peccato»

«Zio!»

Mirton si mise a ridere, «Stavo scherzando, voglio solo parlargli. Tu sarai impegnata nella lotta o ci sarai?»

«Non lo so… ma nel caso ti avviso»

«D’accordo, io sarò lì tra una ventina di minuti»

Jenna sentì la campana suonare e guardò in alto, prima di tornare a guardare lo schermo dell’Interpoké, «Ora torno in classe»

«Ci vediamo dopo!»

La chiamata si chiuse lì, Jenna spense l’Interpoké e sistemò la benda sull’occhio, prima di correre verso la sua classe. Avrebbe dovuto lottare con Anthony poco dopo quella lezione, pensava che molto probabilmente non ce l’avrebbe fatta a vedere Mirton, ma sperava solamente che non si sarebbe cacciato in qualche guaio.

 

***

 

Nemmeno Mirton era sicuro di quello che sarebbe successo di lì a poco. Notò che qualcuno lo stava chiamando e attivò il vivavoce della macchina, senza neanche guardare la schermata.

«Arti, sappi ch—»

«Sono Camelia, ma sì, Artemisio mi ha detto di chiamarti»

Mirton sgranò appena gli occhi dallo stupore, non si aspettava di certo di trovare lei dall’altro lato della chiamata.

«E perché proprio tu? Non poteva dirmelo lui?» chiese, mentre frenava, «Uhm… qualunque cosa volesse dirmi» mormorò successivamente, guardando i semafori da lontano.

«Perché, sai… voleva che te lo dicessi io, così saresti stato più sorpreso»

«Non ci sto capendo niente,» ammise lui, «Ma che succede?»

«Camilla è venuta qui in visita»

Oh, ecco perché. In realtà, non sapeva nemmeno lui stesso perché si sentiva così nervoso a riguardo, ormai succedeva ogni volta che aveva l’occasione di incontrarla. Era cambiata tanto da quando era adolescente, si conoscevano che lui, Artemisio e Catlina erano ancora dei bambini, la vedevano solamente quando Catlina la invitava a casa sua. Anche Jenna l’aveva incontrata, ma probabilmente neanche se lo ricordava, dato che aveva solamente tre anni. Chissà se era rimasta la stessa, nonostante—

«Mirti, sei ancora vivo?» la voce di Camelia lo riportò alla realtà, e anche il suono di un clacson dietro di lui. Ripartì quindi con la macchina e tossì nervosamente.

«Sì, sì… c’era… c’era un Bouffalant che stava passando in autostrada…»

«Non ci credo neanche se mi paghi.» Camelia si mise a ridacchiare, «Va be’, ora torno in Palestra. Cerca di non imbambolarti in mezzo alla strada un’altra volta, okay?»

«Non ero imbambolato.» mentì lui, «Stavo solo guardando la strada»

«Sì, va bene» dal tono, sembrava come se la Capopalestra stesse trattenendo una risata, «Allora ci vediamo tutti a casa di Catlina stasera?»

«Come vi pare.»

«Okay, a stasera, Don Amour»

«A stasera» Mirton chiuse la chiamata, tirando un sospiro esasperato.

«Imbambolato, io. Tsk, figuriamoci» assottigliò gli occhi, «E poi che razza di nome è Don Amour?»

 
   
 
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