Serie TV > Wynonna Earp
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Autore: aurora giacomini    29/11/2021    1 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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4


 


 

Forse voglio raccontare un amore gay, pensò Wynonna, potrei trasformare William in una Willa, qualcosa del genere. Un romanzo in cui anche Waverly possa rivedersi; voglio dire, l'amore è amore, ma... vabbè, so io cosa intendo dire. Una rappresentazione Gotica con un amore gay? Esiste già? Probabile. Mi viene in mente quando Waverly ha fatto coming out; ricordo ancora le sue parole: ''I nostri genitori non ci sono, quindi sei tu quella che deve... ascoltare quello che ho da dire''. Lo sospettavo da tempo, ma non mi è mai importato. Volevo e voglio che la mia sorellina sia felice, che trovi una persona che la rispetti e con cui possa vivere il grande amore che sogna.

Waverly... la stessa disgraziata che è salita in macchina con quella donna! Che diavolo le è saltato in testa?!

Ho deciso: le protagoniste saranno Mary e Willa. Devo solo sostituire il pronome His con Her e il gioco è fatto, oh, e il nome... e qualche altro accorgimento.

Waverly... dannazione!

Come immagino questa Willa? Come immaginavo William, grosso modo: lunghi capelli neri e... E se quella Nicole le facesse del male?

Le prese il volto... o... le poggiò la mani sulle gote... no... accolse il viso di lei fra le sue grandi, pallide mani... Quanti modi ci sono per descrivere la stessa azione! Sono infiniti, o quasi.

Quando una donna deve smettere di preoccuparsi per sua sorella? Mai, suppongo.

E' una donna adulta... non sono sua madre!

Esasperata, Wynonna spense la sigaretta e afferrò il cellulare. Aveva deciso di chiamare Waverly, anche solo per togliersi le macabre immagini relative al suo cadavere dalla testa.

Nell'attesa che la chiamata partisse, riportò gli occhi sul foglio elettronico. Rilesse delle frasi a caso.

Il cellulare suonò libero.

Bene.

Poi però un dettaglio smontò tutto: una canzoncina penetrò fin nel salotto. Proveniva dall'esterno.

“Cazzo.”

Senza mettere fine alla chiamata, Wynonna attraversò il salotto. Aprì la porta e il vento gelido le congelò metà faccia.

“Cazzo.”

Il cellulare di Waverly era appena sotto il portico, mezzo sepolto dalla neve e la canzoncina standard continuava, ovviamente, indisturbata.

Non ne fanno più cellulari così resistenti.

Raccolse l'oggetto e la mano si congelò istantaneamente.

“Cazzo”, imprecò per la terza volta.

E se l'avesse rapita? No: ho visto Waverly salire di sua volontà sulla macchina della rossa...

Merda.

Starà bene. Andrà tutto bene.


 

Wynonna andò in cucina e prese un bicchiere. Tornò nel salotto e scelse una bottiglia dall'angolo liquori; un Bourbon.

Questo mi calmerà i nervi e mi aiuterà a scrivere, pensò, versando il liquido ambrato. Una dose generosa.

Rimise le dita sulla tastiera:

«Non m'importa, Willa! Non m'importa neppure ora che il mio cuore conosce la verità!»

Sorso di Bourbon e...

«Come puoi dire che non t'importa? Guardami!» Il corpo ora deforme tremava scosso da sentimenti conflittuali troppo potenti per quel corpo involucro così fragile.

«Ti sto guardando e ti trovo meravigliosa.» Le lacrime I suoi occhi pieni di lacrime non lasciarono abbandonarono il volto di lei. Il suo Lo sguardo lo accarezzava come avrebbero voluto fare le mani. (?)

Finì il bicchiere e si versò altre due dita di liquore; finì anche quello e ne versò dell'altro.

Willa è un mostro, è vero, ma se a Mary non importa... qual è il problema? Nessuno, ma questo è solo il sesto capitolo... capitoli non così lunghi... Probabilmente Mary partirà, sì, la risolvo così. Racconterò le loro vite separatamente e poi un incontro, forse quello definitivo, forse no... Ci penso. Per ora è troppo corto per essere un romanzo. E' la bozza di un romanzo. Wynonna, chiama le cose col loro nome!

L'alcol comincia a fare il suo dovere. Vorrei toccarmi, ma non qui in salotto. Quando è stata l'ultima volta che ho fatto del sesso? Non me lo ricordo. L'ultima volta che mi sono presa cura di me? Sicuramente più di tre settimane fa.

Farò una doccia.

Si alzò e guardò le fiamme del caminetto: erano ancora impegnate col grosso ceppo che aveva infilato quando era tornata in casa.

Domani dovrò spaccare della legna... evvai! Che palle...

La donna, decisa a rilassarsi con una bella doccia calda e soddisfare le sue voglie, salì al piano superiore.

Era abbastanza brilla da dimenticare la paura; la paura di essere sola in quella grande casa... o di non essere sola affatto...


 

Aprì l'acqua e, nell'attesa che quella scorresse alla giusta temperatura, si tolse i vestiti e l'anello col drago.

Entrò sotto il getto d'acqua calda, quasi bollente.

Perfetta.

Via libera alle fantasie...

La mano era appena più giù dell'ombelico, quando un verso la paralizzò. Sembrava un respiro molto pesante. Forse, addirittura un ringhio.

“Merda!”

Chiuse l'acqua e ascoltò con attenzione.

Nulla.

Cazzo, magari erano le tubature... in fondo ho appena aperto l'acqua.

Rinfrancata dal pensiero riaprì il rubinetto, ma non provò a toccarsi: non sarebbe riuscita a concentrarsi o a darsi piacere, non dopo lo spavento, giustificato o meno che fosse.

Il verso si ripeté.

Era un cazzo di ringhio!

Chiuse l'acqua e si preparò ad uscire. Fu allora che qualcosa accadde, qualcosa di più fisico di un suono.

Qualcosa che non avrebbe dovuto accadere.


 

<)o(>


 

“Non ho avuto la migliore delle idee”, constatò Nicole, spegnendo il motore.

Erano nel parcheggio sul retro del Happy Break. Un parcheggio deserto o quasi: le due altre macchine presenti dovevano appartenere alla proprietaria e a un dipendente.

Osservò la neve che continuava a cadere a grossi, placidi fiocchi. Il lampione arancio sotto cui erano parcheggiate e contro cui si poteva osservare la neve, conferiva alla scena e alla caduta dei fiocchi ghiacciati un che di magico. Era un'immagine calda e accogliente.

“Dovrò mettere le catene, per tornare alla tenuta.”

“Ti aiuterò io. Forse avrei dovuto dirti che era prevista neve, per questa sera...” si scusò Waverly.

“Non è certo colpa tua.” Si slacciò la cintura e mise il freno a mano, nonostante il terreno pianeggiante. “Anche io sono dotata di occhi per vedere e di una mente per pensare, non trovi?”

“Sarà una sorta di avventura. Potrebbe rivelarsi divertente procedere a passo d'uomo godendosi il paesaggio innevato”, cinguettò Waverly, felice che la donna avesse parlato ancora. “Solo nove miglia, in fondo, separano Purgatory dall'Homestead.”

Nicole si voltò a guardarla; la guardò intensamente negli occhi per un tempo indefinibile.

Che fa...? Devo distogliere lo sguardo o la devo guardare? C'è una risposta corretta? Ne dubito. Dio, che occhi! Se continua a fissarmi in questo modo finirò per scappare via... o per innamorarmi.

“Mi piace il tuo modo di pensare, di vedere le cose”, le sorrise. Un sorriso quasi grato. “Non mi fai neppure sentire in colpa.” Era un sorriso di gratitudine, sì.

Grazie... Voglio dire... prego.. Che diavolo dovrei rispondere?

Nicole scese dall'auto, liberando Waverly dall'imbarazzo.


 

L'aria del grande e unico locale era calda e odorava di ciambelle, di caffè e di fritto. Un odore rassicurante e famigliare. Era una stanza lunga e piuttosto stretta: i tavoli con le panche e la vetrata che dava sul parcheggio anteriore da un lato, e il lungo bancone di alluminio dall'altro. L'arredamento un po' polveroso e la fantasia di alcune superfici gridavano anni settanta. Quel posto era probabilmente rimasto immutato dal '73, quando era stato aperto; lo testimoniavano le cornici appese alla pareti piene di foto di persone sorridenti, recensioni e articoli di giornale.

Stavano percorrendo lo stretto corridoio quando Nicole, che camminava un paio di passi davanti a Waverly, si irrigidì violentemente.

Le luci dei lampadari cominciarono a sfarfallare e ad emettere un ronzio acuto, quasi uno sfrigolio. Durò solo pochi secondi.

Vide Nicole cadere sulle ginocchia e frenare la caduta con le mani.

Waverly si guardò attorno in cerca d'aiuto, ma lì dentro c'erano solo loro due.

“Stai male?” Le si avvicinò. “Che succede?”

“Non... parlarmi...” annaspò. Il suo corpo tremava e il suo respiro era pesante e irregolare. “Non toccarmi... Aspetta... ti prego...” Stava piangendo, a giudicare dalla voce.

Nonostante la considerevole statura, ora Nicole appariva piccola. Piccola e fragile.

Mio Dio, sta avendo un attacco d'ansia o qualcosa del genere? Perché respira in questo modo? Mi fa paura... E se stesse per avere un collasso? Che faccio?!

Una mano le afferrò piuttosto bruscamente il polso e, prima ancora che lei potesse girarsi per controllare chi l'avesse afferrata, la mano cominciò a trascinarla.

Katie, la proprietaria della tavola calda, condusse Waverly fin davanti alla porta d'ingresso.

“Dobbiamo lasciarla tranquilla un momento.”

Non attese replica, ricominciò a trascinarsi dietro Waverly. Questa volta la portò nelle cucine, solo allora le lasciò il polso.

“Jim, va' pure. Finisco io qui”, disse rivolta al giovanotto intento a sgrassare un fornello piuttosto incrostato. “Va' a casa prima che la neve salga troppo.”

Jim, un ragazzo dall'aspetto fragile e nevrotico, che sembrava uscito direttamente dagli anni novanta -la T-shirt di Scooby-Doo indossata sopra una maglia a maniche lunghe, e una zazzera sbarazzina che gli ricadeva sul volto come fronde di un salice- non se lo fece ripetere due volte. Si tolse il grembiule e sparì, senza neppure salutare, dalla porta che si apriva sulla stanza dedicata al personale.

“Te l'ho già detto, zucchero, perché non prendi il suo posto? Darei volentieri quel lavoro a te”, disse Katie che, al contrario del ragazzo, era di corporatura robusta e dava un'idea di morbida calma. Era una donna di sessantacinque anni; li portava piuttosto bene, nonostante non curasse particolarmente il suo aspetto. Aveva i capelli grigi e gli occhi castani, la pelle scura come l'ebano e una voce calda e rassicurante. Da giovane doveva essere stata bella come una dea.

Aveva rilevato l'attività del Happy Break quando aveva appena ventidue anni e l'aveva lasciato immutato, appunto, fermo agli anni settanta.

“Non voglio rubare il lavoro a nessuno...” mormorò. In realtà voleva parlare di Nicole e di quello che stava succedendo nell'altro locale, ma l'educazione prima di tutto.

“Non posso licenziarlo solo perché qualcuno ha dimenticato di insegnargli l'educazione, suppongo...” sospirò Katie. “In fondo, quello che deve fare lo fa. Ma se e quando si libererà un posto, tu sarai la prima a saperlo.”

“Ti ringrazio molto, Katie. Lo apprezzo davvero. Ascolta... conosci la donna con cui sono arrivata? Non sembri spaventata o allarmata da quello che è successo.”

“Il mio angelo!”, esclamò, mettendo in mostra un sorriso brillante. Waverly non era ancora riuscita a decidere se fosse una dentiera o se fossero i suoi denti. “Certo che la conosco! Dal momento che siete insieme, penso tu sappia di cosa si occupa, giusto?”

“Più o meno. La conosco da un'ora e mezza, forse meno...” ammise.

“Be', allora per rispetto nei suoi confronti, ti dirò solo che è un angelo! Non so come avrei fatto senza di lei!”

Un altro commento positivo. Inoltre ora mi sento più tranquilla riguardo l'identità di Nicole. Posso fidarmi di lei, a quanto pare.

“Puoi almeno dirmi cosa le è successo e perché le luci si sono comportate in modo così strano?”

“Zucchero, sai che sono una che bada ai propri affari. Lasciamo che sia lei a decidere se vuole dirtelo, va bene?”

“Sembra giusto...” ne convenne, anche se si sentì un po' delusa.

“Vieni”, Katie andò verso l'uscita delle cucine, dalla parte opposta a quella da cui era uscito Jim, “andiamo a controllare la situazione.”


 Nicole era seduta sulla moquette che una volta doveva essere viola scuro -come testimoniavano le parti rimaste protette dal sole e dalle scarpe delle persone-, ma ora era un pallido ricordo color vino -rosè-, e aveva le spalle appoggiate al bancone di alluminio. Lo sguardo perso nel vuoto e un'espressione indecifrabile.

Katie, seguita da Waverly, si fermò a un metro circa dalla donna dai capelli rossi. Sembrava in attesa di qualcosa, forse di parlare e di avvicinarsi.

Questa situazione è così surreale! Quanto vorrei consolarla... mi fa male vederla in quello stato. Non importa se non so nulla di lei, è un essere umano e sta male... pensò Waverly.

“Sto bene”, mormorò Nicole, continuando a fissare il nulla.

Quelle semplici parole ebbero il potere di sbloccare Katie: si avvicinò a Nicole e, prendendola da sotto le ascelle come fosse una bambola, la sollevò. Già, una bambola alta quasi il doppio di lei, però.

“Coraggio, ragazzona. É passato”, le sorrise. “Sono riuscita a contarti tutte le costole!”, la rimproverò poi. “Devi avere più cura di te, angelo.”

Nicole guardò Katie negli occhi; doveva tenere il mento quasi appoggiato al petto per poterla guardare senza che quello sembrasse uno sguardo altezzoso o sdegnoso. Aveva un che di infantile, ma non tanto in senso umano: ricordava più il modo di fare di un cucciolo di cane; quando hanno quell'espressione in bilico fra l'uggiolare e il sorridere -a modo loro-. Questo strinse il cuore di Waverly in una morsa di pura tenerezza.

“E' stata Pat, non è così?”

Nicole continuò a fissarla senza accennare a risponderle. Le posò semplicemente le mani sulle spalle.

Katie, che non sembrava infastidita o sorpresa, poggiò le mani su quelle di Nicole e a sua volta la guardò in silenzio negli occhi.

Forse dovrei andarmene... non so cosa stia succedendo, ma sono a disagio... Che stanno facendo?

“Grazie, Katie.” Finalmente la voce di Nicole.

La donna le sorrise. “Dai, vai a sederti. Ti portò un caffè e delle ciambelle.” Socchiuse gli occhi e aggiunse: “Che tu mangerai fino all'ultima briciola.” Si voltò poi verso Waverly: “Zucchero, vieni anche tu. Andate a sedervi. Torno subito.”

“Grazie...” replicò Waverly, ancora confusa.

Nicole si era già seduta su una delle panche.

Waverly prese posto davanti a Nicole, constatando che sedersi sulla coscia che aveva sbattuto sulla neve e sul terreno ghiacciato le faceva ancora male.

“Mi dispiace”, sussurrò Nicole. Era impegnata a torturarsi una pellicina al lato dell'unghia e i suoi occhi erano fissi lì.

Waverly sospirò e poggiò le mani sulla tavola di legno chiaro. “Non preoccuparti.”

Decise di attendere, di non fare domande: probabilmente Nicole stava per spiegarle cosa le era successo. Non doveva avere fretta, non voleva essere invadente.

La donna sorrise, accogliendo la comparsa delle due fossette. “Il tuo sedere ha preso una bella botta, per colpa mia.”

Waverly rimase interdetta: si stava scusando per quello? Ma che diavolo! Pensavo che... be', non che dovesse scusarsi per essersi sentita male o quello che è, ma... insomma, non mi aspettavo questo, ecco.

“Non sarei uscita in quel modo, se avessi potuto prevedere le conseguenze.” La pellicina si staccò e Nicole alzò gli occhi su quelli di Waverly. “Però ammetto di aver sorriso, quando ho capito che non ti eri fatta troppo male.”

Vuoi parlare di questo, Nicole? Va bene, ti accontento.

“Perché non mi hai aiutata ad alzarmi?” E' una buona occasione per capire qualcosa di lei; dopotutto, ora sembra che il suo udito funzioni, o per lo meno, che sia disposta a parlare come una persona civile.

“Non volevo toccarti.”

Come ti permetti?! “Come scusa? Ti faccio schifo, per caso? Guarda che mi lavo, ho un ottimo odore!”

Nicole sbuffò fuori l'aria dalle narici. “No, sciocca”, rise.

Era la prima volta che rideva. Aveva una risata infantile e profonda. Era una risata di sincero divertimento; fatta di tante A con diverse intonazioni. Una scala irregolare, che però sembrava avere una sua logica.

Mi piace, decise Waverly.

“Allora perché non volevi toccarmi?” Voglio proprio vedere come si giustificherà! Se mi risponderà... certo.

“Avevo freddo e il disagio sul tuo volto mi bastava, non volevo anche provarlo.”

Waverly stava per replicare, ma si fermò perché un pensiero le attraversò la mente: a pensarci, prima, quando Wynonna le ha messo una mano sulla spalla, Nicole le ha detto che non deve aver paura di lei... lì per lì non ci ho fatto caso... Può percepire le emozioni delle persone attraverso un contatto fisico?

Glielo chiese.

“Sì, si può riassumere così”, rispose Nicole, voltando la testa verso Katie, che stava avanzando verso il loro tavolo con un vassoio.

“Caffè e ciambelle.” Posò una tazza fumante davanti ad entrambe. “Non vi ho portato né latte né zucchero, perché so che lo prendete tutte e due così.” E un piatto di ciambelle al centro del tavolo.

Nicole e Waverly la ringraziarono all'unisono.

“Zucchero, posso?” Katie accennò alla panca su cui era seduta Waverly. Una seduta di finta pelle color rosso scuro, quasi come i capelli di Nicole. Quelle dovevano avere non più di cinque anni, anche se lo scheletro di legno era, ancora una volta, degli anni settanta.

“Certo.”

Scivolò leggermente verso la vetrata per fare un po' di spazio alla donna.

“Grazie.” Katie prese posto. “Non mi muovo finché non ti vedo mangiare”, dichiarò, rivolta a Nicole.

La donna dai capelli rossi le sorrise; un sorriso sornione e tenero al contempo. “Sì, mamma.”

Scelse una ciambella glassata alla vaniglia e le diede un morso generoso, buttandolo giù con un sorso di caffè altrettanto abbondante.

“Brava ragazza.” Si voltò poi verso Waverly: “Mangia anche tu, zucchero, avanti! Le ho fatte apposta per voi.”

Waverly non se lo fece ripetere. Aveva saltato il pranzo perché era troppo impegnata a leggere e, in ogni caso, aveva lo stomaco chiuso per l'arrivo della medium. Prese una ciambella glassata al cioccolato bianco e ornata da perline di zucchero colorato. Come Nicole poco prima, anche lei le diede un bel morso.

“Brave le mie ragazze.” La proprietaria del Happy Break si rilassò contro lo schienale. “Posso essere un po' curiosa?”

Nicole si affrettò a ingoiare un altro bel boccone.

“Prego.”

“Questo riguarda anche te, zucchero. Ci sono problemi alla tenuta degli Earp?”

Waverly lasciò fosse Nicole a rispondere.

“Non lo so ancora. Sono stata dentro per non più di cinque minuti -Wynonna mi ha praticamente cacciata via.” Il ricordo sembrò divertirla. “Però se mi hanno chiamata ci deve per forza essere qualche anomalia.”

“Wynonna!”, sbottò Katie, come se ce l'avesse davanti e potesse sgridarla. “E' una brava ragazza, devi saperlo, Nicole. E' un po' burbera, come suo padre, ma quando ti prende in simpatia è una persona gradevole e dolce.”

“Lo so”, rispose semplicemente la donna dai capelli rossi. “Inoltre adesso ha paura. Ha paura di quello che pensa ci sia in casa sua, e di me. Probabilmente se ci fosse solo lei non sarebbe così diffidente nei miei confronti, ma ha paura che io possa fare qualcosa di male anche a Waverly. La vuole proteggere, non la giudicherò per questo. Maschera le sue paure ed emozioni con l'agitazione, il sarcasmo e un pizzico di aggressività, ma non c'è oscurità nel suo cuore. Esteriormente sembra una donna semplice e infantile, forse lo è, ma dentro ha una profondità non comune. Mi sta simpatica, anche se le nostre anime sono completamente incompatibili.” Alzò le spalle e concluse: “Peccato, l'Aquario trova piacevole la compagnia del Sagittario: un costante amore platonico”, concluse. Non aveva mai fatto un discorso così lungo. Non era mai apparsa così presente a se stessa.

Waverly si chiese come avesse fatto Nicole a farsi un quadro così completo di Wynonna. La commosse, inoltre, che qualcuno fosse finalmente riuscito a capire sua sorella, la sua complessità mascherata da superficialità. Le è bastato guardarla negli occhi e toccarla, per capire quello che io ho messo una vita a realizzare.

Come fa a sapere il suo segno zodiacale? Questa volta non farò la figura della sciocca: probabilmente ha letto da qualche parte la data di nascita. In fondo ha detto di aver letto i suoi libri. Sì, l'avrà sicuramente letto... ma dato quello che sembra in grado di fare -wow, a proposito- non lo so.

Tratteneva la mia mano nella sua e mi guardava negli occhi in quel modo perché stava esplorando anche me? Devo pensare di sì... Chissà che cos'ha capito? Sono curiosa di sapere cosa pensa di me. Glielo chiederò dopo.

Mi chiedo se il suo sia un potere paranormale, o se è semplicemente molto sensibile e attenta. Non fa molta differenza, comunque: la trovo una cosa bellissima! Chissà quante persone ha fatto innamorare... Aspetta, lei può innamorasi di qualcuno, anche dopo aver capito ogni cosa di loro? Capire tutto non distrugge un po' quella magia fatta di mistero? Forse no, forse conoscere a fondo una persona ci permette di capire davvero i nostri sentimenti. Magari è un po' diversa dalla mia idea di romanticismo -un romanticismo giovane-, è più complesso e maturo... forse sono cose che potrei apprezzare da più vecchia... la troverei una cosa consolatoria, credo.

“... un Capricorno atipico”, stava dicendo Nicole. “Come ti dicevo prima, la dolcezza è parte del Capricorno, ma non è qualcosa che viene fuori così prepotentemente. Sei atipica proprio perché sei così dolce; la dolcezza è la prima cosa che si nota in te. Per rispondere all'altra domanda”, proseguì, “non lo so, ma intendo scoprire cos'ha preso di mira le sorelle Earp e perché.”

“Rimarrei ad ascoltarti per ore.” Katie si alzò. “Ma ora vi lascio tempo per parlare e finire in pace la vostra merenda.”

“Grazie.” Di nuovo all'unisono.

“E a te, Waverly? A te piace l'astrologia?”

“Non ne capisco niente”, ammise. “So che il Toro è un segno di terra, e che i Pesci... d'acqua?”

“Posso provare a indovinare il tuo segno?” Le sorrise e aggiunse subito: “Se ti annoio me lo puoi dire. Non sei costretta ad ascoltare le mie cialtronate.”

Termine interessante. Non riesco ad inquadrarla, non lei e neppure i suoi modi.

“Fai pure.”

“Vediamo...” Intanto prese un'altra ciambella; probabilmente al limone, a giudicare dall'aroma che si sprigionò quando la morse. “Un Leone...? No, c'è passione e orgoglio; sei sicuramente un segno di fuoco, ma non sei Leone...” La scrutò attentamente. “Sei Ariete”, affermò. “Un Ariete di marzo, oso aggiungere. Ho sbagliato?”

“Sono nata il 30 marzo”, confermò, impressionata. “Tu, se ho capito bene, sei Aquario. Quando sei nata? E per curiosità, l'Aquario e l'Ariete... vanno d'accordo?”

“Sì.” Non ci fu esitazione. “Formano una coppia che, in diversi ambiti e ruoli della vita, risulta vincente. Hanno un'ottima chimica. Anche se un po' burbero e geloso, l'Ariete riesce a compensare la freddezza dell'Acquario; personalmente, penso lo renda... più umano, in qualche modo. L'Aquario, tuttavia, trova la sua intesa, la compatibilità perfetta solo con un altro Aquario. E' l'unico segno ad avere questa caratteristica. E per rispondere all'altra domanda, sono nata il 3 febbraio.”


 Continuarono a parlare dello Zodiaco e delle varie combinazione e caratteristiche astrali per oltre un'ora; infine, Nicole si alzò.

“Continua a nevicare. Sarà meglio tornare alla tenuta.” La guardò per un po' negli occhi, poi le sorrise. “Se ti dovesse succedere qualcosa, Wynonna mi trasformerebbe in uno spirito.” Le voltò le spalle. “E poi non potrei perdonarmi, se ti succedesse qualcosa a causa mia.”

  
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