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Autore: MollyTheMole    01/12/2021    0 recensioni
Circa vent'anni prima degli eventi delle Guerre dei Cloni, la Forza ha messo un padawan Jedi e una giovane duchessa sulla stessa strada. Nel tentativo di proteggere la giovane Satine Kryze dai cacciatori di taglie e da un pericoloso usurpatore, Qui Gon Jinn ed Obi Wan Kenobi saranno costretti ad immergersi nella cultura Mando, e scopriranno che i loro popoli non sono poi così incompatibili.
In particolare, il giovanissimo aspirante Jedi dovrà fare i conti con i propri sentimenti. Che dire, inoltre, quando si troverà a fronteggiare forze che non è in grado di comprendere?
ATTENZIONE: spoiler dalla serie The Clone Wars.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Satine Kryze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 22

 Imboscata in volo

 

Qui Gon osservò i due ragazzi mangiare. Obi Wan era sempre il solito animale. Quel ragazzo aveva la capacità di ingurgitare in un giorno la metà del suo peso, ed anche in quel momento stava attaccando - seppur con garbo - la sua colazione come se ne andasse della salvezza dell’universo. 

Satine, invece, sembrava avere meno voglia di mangiare. Aveva giocato con il cibo dentro la sua gamella per un po’ e poi, sotto l’influsso rilassato ed affamato di Obi Wan, aveva cominciato a mangiare anche lei, spazzolando tutta la ciotola di porridge. 

Era singolare, Qui Gon doveva ammetterlo. Era di una bellezza algida e fredda, ma nonostante l’apparente aspetto da regina delle nevi aveva una luce, una fiamma negli occhi che ne addolciva i tratti e illuminava il suo viso. In generale, aveva dovuto dare ragione al suo padawan. In sua presenza, Satine continuava ad emanare tristezza e questa volta anche qualcos’altro. Il maestro Jedi percepiva anche un vago senso di confusione, e forse di rabbia, o delusione. Un sentimento che, temeva, poteva compromettere la loro missione, se represso.

Qualora fosse esploso, avrebbe causato loro grossi problemi.

Il buon maestro avrebbe capito con il tempo quanto potessero essere pericolose le, ehm, esplosioni della duchessa.

Cercò lo sguardo di Obi Wan, che continuava ostinatamente a guardare la ciotola, e Qui Gon decise di raggiungerlo attraverso il profondo legame nella Forza che avevano instaurato con l’apprendistato.

Che cosa c’è?

Devo parlarvi, maestro. In privato.

Qui Gon si passò le dita sul pizzo brizzolato.

- Duchessa, vi ringrazio per la vostra compagnia, ma temo di dovervi abbandonare per un momento. Il mio ragazzo ha ancora bisogno di studiare e stamani ci aspetta una sessione di meditazione. Vi ha raccontato delle visioni, immagino.-

- Oh, sì.- gli occhi di Satine contemplarono il vuoto, come se inseguissero un pensiero improvviso.- Strano, non è vero?- 

- Molto.-

E’ di questo che vi voglio parlare, Maestro.

Così Obi Wan si alzò da tavola, con un cenno rispettoso del capo verso la ragazza, e se ne andò seguendo Qui Gon con la bocca ancora piena dell’ultima boccata di porridge. 

Satine rimase in cucina a pensare. 

Non le piaceva restare sola con la sua testa. La vista dello spazio immobile fuori dall’oblò non era granché interessante, e così Satine decise che lavare i piatti sarebbe stata un’occupazione dignitosa per ammazzare il tempo, aspettando che i due Jedi finissero di meditare.

O meglio, che finissero di parlare di lei. Non era stupida e sapeva che, almeno in quel periodo iniziale, tutto ciò che lei avrebbe detto sarebbe stato riportato all’uno o all’altro, a seconda di chi sarebbe stato il suo primo confidente.

Avrebbe dovuto abituarsi.

Obi Wan, invece, era rimasto profondamente turbato dalla conversazione che aveva avuto quella mattina con la duchessa. Doveva avere al massimo vent’anni ed aveva visto un numero indicibile di orrori, in un mondo accanito contro di lei e che lei non era capace di odiare. 

Qui Gon l’aveva condotto dentro la sua stanza, un poco più grande di quella dove il padawan aveva trovato ristoro. Da una parte Obi Wan ringraziò per la cortesia, perché dalla sua fuga in cucina non vi aveva più messo piede, lasciando un gran disordine dietro di sé.

- Allora, qual è il problema?-

- La duchessa ha risolto il mistero delle mie visioni.-

Qui Gon sollevò un sopracciglio.

- Che significa?-

- Secondo lei, le parole che sento dire corrispondono ad un epiteto mandaloriano che le è stato conferito.- 

Provò a concentrarsi per ricordare le parole.

- Cin'ciri oyayc, credo. Vuol dire ghiaccio vivo. E’ il suo nome. E’ lei il Ghiaccio Vivo di Kalevala.-

Qui Gon pensò che non fosse mai esistito nome più azzeccato di quello, ma al di là della frivolezza di quel commento, sapeva che la ragazza poteva avere ragione. 

Avevano provato a risolvere il mistero in tutti i modi. Obi Wan aveva provato a disegnare le sue visioni, a ripetere nel sonno le parole che sentiva, con Qui Gon che ascoltava. Avevano provato a chiedere in giro per il Tempio, ma nessuno parlava quella lingua strana.

In effetti, nessuno parlava Mando’a, al Tempio.

Certo, la duchessa poteva essersi fatta influenzare dalla circostanza.

Se da una parte quella soluzione aveva senso, dall’altra la visione rimaneva inspiegabile.

Se veramente le cose stavano così, la Forza voleva mettere Obi Wan sulla strada di Satine, ma restava da capire perché.

- E la luce bianca?-

- Non ha fatto in tempo a spiegarmelo. Ha solo detto che è complicato.-

Qui Gon era seduto per terra a gambe incrociate ed Obi Wan sedeva di fronte a lui, mimandone la posizione. Grattandosi la barba caprina, il maestro provò a fare mente locale, ma non gli venne in mente niente che potesse fornire una spiegazione credibile e preferì passare ad altri argomenti.

- Com’è andata la nottata con la duchessa, dunque?-

Obi Wan arrossì.

Il suo maestro non intendeva fare allusioni. Era semplicemente fatto così: sceglieva le parole, forse non proprio giustissime, ma che avevano un significato elementare. Qui Gon voleva solo sapere come era andata la conversazione che avevano avuto lui e Satine all’alba in cucina, e non voleva assolutamente alludere al fatto che i due ragazzi avessero passato la notte insieme.

La mente di Obi Wan, però, era di solito più maliziosa, anche se gli piaceva pensare di non concepire pensieri del genere. Quasi si stupì dell’immagine che il suo cervello aveva proiettato - lui e Satine sotto le stesse coperte - e scosse il capo per cacciare quel pensiero molesto.

Medita.

- Ha avuto una vita complicata, come può esserlo la vita di un Mando. Certo, non ha avuto le difficoltà della povertà ed ha sempre condotto una vita agiata, ma è stata accompagnata dalla violenza per tutta la sua esistenza. Mi ha detto che un commando armato ha ucciso sua madre davanti a lei quando aveva otto anni. Suo padre è stato avvelenato durante un attentato che lo ha lasciato menomato e così resterà per tutta la vita. Sapete che ha una cicatrice sul dorso della mano? Se l’è fatta togliendo la schiuma del veleno dalla bocca del padre. E’ corrosiva.-

Qui Gon lo guardava con interesse, una luce negli occhi che tradiva l’empatia che provava nei confronti della ragazza.

- Dev’essere stato molto difficile per lei.-

- E non è tutto. Avete visto il livido sulla tempia?-

- Sì.-

- E’ stata la mandibola di un membro della sua scorta. I terroristi gliel’hanno staccata dal viso col fucile, colpendola in testa di rimbalzo. E’ morto, ed era diventato padre il giorno prima. Si sente in colpa.-

- Che crudeltà! Non ho mai sentito parlare della Ronda della Morte prima che la duchessa la menzionasse, ma sembrano veramente violenti!-

- Ha ucciso un uomo.-

Questa volta, Qui Gon trasecolò.

- Come sarebbe? Lei è pacifista!-

- Sì. Ha detto che non ricorda che cosa è successo. Aveva ucciso sua madre e lei credeva di essere sola. Si è difesa, ma questo significa che all’epoca aveva solo otto anni.-

Il maestro sospirò, scuotendo il capo.

- Non dubito che soffra d’insonnia, povera ragazza. Lavorare per la pace su Mandalore è come, non so…-

- Provare a saltare nel vuoto senza paracadute e senza la Forza?-

- Più o meno.- sogghignò il maestro, intristito da quella storia.- Ma c’è anche qualcos’altro che ti turba, vero, Obi Wan?- 

- E’ soltanto che… - disse, scuotendo la testa, senza sapere che cosa gli stesse prendendo. 

Non era mai stato a corto di parole, eppure la duchessa riusciva a rendere tutto estremamente complicato. 

Anche esprimersi.

- Non ho mai sentito niente di simile. Era così…- pensò a quale termine usare per descrivere il senso di impotenza e tristezza che aveva percepito in lei durante la notte.- Vuota. Ecco, sì, vuota, come se il suo corpo esistesse, ma il resto di lei no. E’ un guscio che contiene solo dolore.-

Poi, pensieroso, aggiunse: 

- Maestro, come può una persona vivere con tutto quel dolore dentro?-

Qui Gon osservò il suo padawan con aria paterna e allo stesso tempo soddisfatta. Obi Wan aveva l’incredibile capacità, innata in lui, di guardarsi dentro e di guardare dentro l’anima degli altri. Il dono dell’introspezione era qualcosa di molto ricercato in un cavaliere Jedi, e se da una parte era fiero del suo padawan, dall’altra si preoccupava del fatto che questo suo carattere riflessivo fino all’eccesso lo privasse della libertà e della spensieratezza che un adolescente dovrebbe vivere, anche da Jedi.

- Il dolore è una reazione normale, Obi Wan. Tutti noi proviamo dolore. Ciò che ci differenzia dalle altre persone è la possibilità di entrare in contatto con la Forza e liberarcene. Non puoi fare altro che dispiacerti per le persone che non possono farlo e fare qualcosa per farle stare meglio, fino a che non lo assorbono e lo dimenticano. Ricorda che il dono della Forza ci è stato dato per fare del bene, non solo a noi stessi.- 

Lanciò un’intensa occhiata al suo padawan, che, nonostante fosse consapevole del diversivo del suo maestro, stava cercando di concentrarsi per la meditazione. La sua aura, però, era agitata, confusa come un tessuto stropicciato e raggrinzito. 

La mente di Qui Gon si riempì di immagini di un passato lontano, di eventi a cui non pensava da tanto tempo, e si chiese se, in fondo, non fosse proprio quello lo scopo della Forza, la ragione per cui il ragazzo aveva avuto quelle strane visioni.

Il suo padawan, però, interruppe il fluire dei suoi pensieri. 

- Non so se avete notato - e questa volta fu il turno di Obi Wan di sogghignare.- ma la duchessa ha i capelli tinti di blu.-

- Davvero?-

- Blu elettrico. Ha detto che ha fatto un favore ad un’amica e che andava a ballare su Kalevala ogni tanto.-

- Dovresti farlo anche tu, e non uscirtene con la solita solfa, che non è da Jedi. Rilassati ogni tanto, ragazzo. Hai diciott’anni, se reprimi la tua libertà diventerà un problema con il tempo, come la rabbia che prova la duchessa.-

Obi Wan si accigliò. Quando il suo maestro faceva così, non c’era verso di convincerlo. Quello che gli premeva di più, però, era informarlo delle conclusioni a cui era giunto.

- Non credo che sia rabbia. Piuttosto, confusione. E’ stata sballottata di qua e di là per quasi quarantotto ore. Ha bisogno di mettere ordine nei pensieri e le manca terribilmente il padre, che ama più di ogni altra cosa. Inoltre si sente in colpa, e mi ha chiesto una cosa che non potremo mai fare.-

- Ovvero?-

- Nel caso in cui dovessero prenderci, mi ha chiesto di consegnarla in cambio della nostra vita. Lei non vuole che qualcun altro muoia per lei, e noi non siamo da meno nella sua lista di vite da salvare.-

- Stai scherzando?- sbottò Qui Gon, scuotendo il capo, contrariato.- Se questo è quello che pensa, rischia di causarci un sacco di problemi in caso di fuga. Dobbiamo assolutamente farle cambiare idea. Tu che cosa le hai detto?-

- Che non ci pensiamo nemmeno.-

- Bravo ragazzo.-

Un leggero toc toc alla porta li distrasse. 

- Temo di dovervi disturbare, posso?-

- Prego, duchessa.-

La ragazza entrò ed Obi Wan notò con soddisfazione che aveva messo da parte quello strano pigiama peloso per un abito molto più comodo. Aveva lasciato andare i capelli - tanto ormai il segreto delle punte blu era stato svelato - e il padawan fu distratto solo per un momento dallo svolazzare delle sue ciocche color dell’alba. 

Satine teneva un datapad tra le mani.

- Dovete vedere questo.-

Si sedette per terra assieme a loro e con un gesto rapido lo accese, proiettando l’immagine azzurrognola di Larse Vizla nell’aria.

Stava rilasciando il solito discorso alla nazione con parole estremamente dure. A vederlo, non sembrava nemmeno un dittatore. Aveva il viso pulito, anche se dai tratti duri e marcati, e gli occhi non erano particolarmente folli. Obi Wan lo avrebbe definito persino banale, l’incarnazione del Mando tradizionale dai colori chiari e dai tratti marcati. Aveva visto regnanti più pazzi di quanto lo sembrasse Vizla, ma le sue parole non lasciavano spazio all’interpretazione.

Con una crudezza terminologica che mai le orecchie del ragazzo avevano udito, l’uomo additava i Kryze come un male da estirpare definitivamente dal sistema di Mandalore. 

I tre rimasero agghiacciati ad ascoltarlo mentre elencava le più terribili delle punizioni che sarebbero state inflitte ai traditori della causa e ai sostenitori della dar’manda Kryze. Poi, associò la persona di Satine a tutta una serie di epiteti in Mando’a che Obi Wan non capì, ma se ne fece un’idea. 

- Che cosa vuol dire?- chiese Qui Gon, sussurrando verso Satine in quel religioso silenzio.

- Come dite voi in Standard, quando una donna presta il proprio corpo ad atti intimi con sconosciuti di ogni specie, genere ed identità?-

- Ah.-

La parte interessante, però, sarebbe venuta dopo gli insulti.

Stando a quanto diceva Larse Vizla, aveva assoldato dei cacciatori di taglie per scovare la fuggiasca.

Anche quella volta, dunque, Satine aveva azzeccato la sua predizione.

Poi, però, aveva riferito di aver messo una taglia sulla sua testa. Ben sei milioni di crediti, e a quel punto Satine era diventata furibonda.

- Li ha presi dal fondo per la riforma della sanità, il farabutto!- sbottò, colpendo il pavimento della navicella con un pugno.- Vuole distruggere tutto quello che io e mio padre abbiamo fatto negli ultimi anni! Adesso che cosa racconterà a quel voltagabbana di Lusk Wren, eh?-

I due Jedi non avevano la più pallida idea di che cosa la ragazza stesse dicendo, ma si riservarono di chiederglielo più tardi.

Oltre ai sei milioni di crediti, i cacciatori di taglie evidentemente avevano l’ordine di portarla indietro viva. Larse Vizla si lanciò in una dettagliata descrizione di che cosa le avrebbero fatto non appena l’avrebbero presa. 

Obi Wan non era sicuro che fosse la strategia giusta. In fondo, un discorso del genere non avrebbe fatto altro che galvanizzare la rivolta, invece che sedarla. Le minacce di Larse Vizla erano di sicuro veritiere, considerate le atrocità che i terroristi al suo soldo avevano commesso alla Fortezza delle Cascate, ma era anche vero che i Mando erano un popolo fiero che combatteva in guerre intestine da una vita e che era uso alla violenza. 

Non avrebbero mai ceduto ai ricatti di un tiranno.

Vero?

Immaginò i Nuovi Mandaloriani, pacifici ma comunque fieri, mentre ascoltavano le orribili torture a cui l’uomo voleva sottoporre la loro leader, e gli sembrava già di sentire i canti di rivolta. 

O forse era solo la sua speranza.

- In fondo, ha senso, no?- fece Satine, un riso sarcastico sul volto.- Se sono una di quelle, non dovrebbe essere un problema se se ne approfitta tutta la Ronda della Morte, giusto?-

Obi Wan rabbrividì.

Non era mica finita lì. Oltre all’abuso, a Satine sarebbe toccato anche essere frustata nella pubblica piazza, assistere al massacro di ciò che restava della sua famiglia, essere uccisa, e poi, non paghi, il suo corpo sarebbe stato lasciato, sempre nella pubblica piazza, ai cani e agli uccelli.

Il tutto detto con il volto più calmo che Obi Wan avesse mai visto. 

- Quest’uomo è uno psicopatico.- borbottò, passandosi una mano nella terribile capigliatura da padawan.

- Decisamente.- brontolò Qui Gon, lanciando uno sguardo sbilenco alla duchessa.- E voglio sperare che vostra altezza, qui, non intenda davvero consegnarsi.-

Satine si accomodò meglio sul pavimento.

- Sarà sempre così? Vi racconterete tutti i dettagli della mia vita privata? No perché, nel caso, ditelo che prendo le misure necessarie.- 

- Noi siamo qua per proteggervi…-

- Ed io non sono qua per farvi uccidere, padawan. Lieta comunque di sapere di poter contare sul vostro riserbo.-

Obi Wan abbassò il capo, pentito.

Che cosa pretendeva? Che non dicesse nulla al suo maestro dopo l’orrore che gli aveva raccontato? Dopo averla beccata con una crisi di panico in corso?

Aveva tanta voglia di cantargliene quattro, ma si trattenne, date le circostanze.

- Duchessa, permettetemi di dirvi che se avete chiesto il nostro aiuto…-

- Io non ho chiesto niente.-

- Ma la vostra corte sì.-

Satine sospirò ed abbassò la testa.

- Non esisterà nemmeno più, la mia corte, dopo questo caos. Ci uccideranno tutti. Voi non li avete visti, sono indemoniati. Si divertono ad uccidere. Ridono mentre lo fanno. Sono bestie. Animali, ed è un insulto agli animali stessi.-

Il datapad si spense al terminare del discorso, lasciando i tre ammutoliti. 

Qui Gon cercò di pensare rapidamente. Oltre a stabilire quale fosse la strategia migliore per proteggere la duchessa, doveva anche pensare ad un modo per convincerla a fidarsi di loro. Se proprio avesse voluto, la ragazza avrebbe potuto mandarli via in qualsiasi momento, ma il buon maestro sperava davvero che la loro avventura non si concludesse così. Anche se non aveva avuto modo di conoscerla approfonditamente, la giovane duchessa gli piaceva. Condivideva molto con il suo padawan, anche se i due sembravano non notarlo. Satine aveva lo stesso umorismo nero e la capacità di incavolarsi come una iena di Lothal quando ciò in cui credeva veniva messo in discussione.

Obi Wan era solo più bravo a nasconderlo ed un po’ meno a frenare la lingua quando era necessario.

Inoltre, c’era da dire che la Forza li aveva fatti incrociare, e forse Qui Gon avrebbe dovuto assecondare quella volontà e vedere che cosa il destino avesse in serbo per loro. Un sospetto, forse, già lo aveva.

Satine, dal canto suo, era più convinta che mai. Non avrebbe coinvolto ulteriori innocenti nella sua terribile dipartita. Se fosse stato necessario consegnarsi e morire pur di salvare il suo popolo da una morte atroce e la sua famiglia dal massacro, lo avrebbe fatto volentieri. Poco importava che la Ronda avrebbe ucciso comunque e che Larse Vizla avrebbe continuato a fare il bello e il cattivo tempo nei confronti di chi gli stava antipatico con la scusa della dissidenza politica. Il buon senso della giovane duchessa se ne era andato giù per il tubo di eiezione della loro navicella spaziale, lasciandola in un mucchio di emozioni, confusione, panico e depressione.

Meglio a me che agli altri.

Obi Wan, però, era stato quello che aveva subito di più i colpi di quel terribile discorso alla nazione.

Non sapeva perché gli importasse così tanto. Aveva visto di tutto, nei suoi anni da padawan. Era stato cacciato dall’Ordine dei Jedi dopo essere stato deriso per una vita. Qui Gon l’aveva raccattato su Bandomeer, e a seguito di ciò era stato crocifisso dagli altri padawan per essere quello strano che si era meritato una possibilità che agli altri era stata negata. Era stato un soldato bambino, abbandonato da tutti su Melida/Daan. Aveva perso i suoi migliori amici ed era finito sotto test del Consiglio Jedi che non si fidava più di lui. Aveva visto morire la magistra Tahl e il suo maestro dare di matto tanto da sfiorare il lato oscuro.

Nel mezzo, aveva studiato al Tempio e se ne era andato a spasso in giro per la galassia a salvare la pelle a diversi governanti, sacerdoti, eminenti personaggi della scienza e della tecnica, diplomatici. Aveva persino aiutato popoli schiavi, e non era la prima volta che entrava in contatto con l’orribile mondo della schiavitù sessuale.

Le parole di Larse Vizla avrebbero dovuto sembrargli per lo meno familiari. Aveva sentito molte volte discorsi simili.

Obi Wan giunse ben presto alla conclusione, però, che il problema non era il discorso in sé, ma il fatto che fosse rivolto a lei. 

Lei, che aveva rinunciato ai suoi bisogni per proteggere il suo popolo e la sua famiglia.

Lei, che desiderava la pace senza spargimento di sangue innocente.

Lei rappresentava tutto ciò che Obi Wan aveva sempre voluto vedere nella galassia, senza trovarlo.

Molti, anzi, quasi tutti avevano detto che i Jedi erano guerrieri formidabili e si aspettavano di vederli uccidere con la loro spada laser senza battere ciglio.

Lei aveva chiesto loro, seppur indirettamente, di non combattere.

Nonostante le iniziali diffidenze, Obi Wan si trovò ad ammettere che Satine Kryze era diversa dagli altri e che non meritava quello che le stava accadendo. Nessuno lo meritava, ma lei, in particolare, non avrebbe dovuto subire attacchi del genere.

Guarda tutta la fattispecie, non soltanto lei.

C’è un mondo a rischio, l’intero sistema di Mandalore.

Ma lei era ammirevole, davvero. Obi Wan poteva sentire quel dolore sordo dentro di lei farsi sempre più profondo, come se stesse per esplodere una bomba dentro al suo corpo, eppure non aveva mai perso quella luce negli occhi, quel fuoco dentro che le permetteva di fare la scelta giusta in un mare di scelte sbagliate.

Beh, adesso non le ha proprio azzeccate tutte tutte. Vuole farsi ammazzare!

Che c’entrava? Era disperata, e non era un Jedi. Ci volevano tanti attributi per tenere insieme tutto quel caos che era in quel momento Satine Kryze, senza rilasciare le emozioni nella Forza. 

Tutti sbagliano, hai sbagliato anche tu. Lei non ne ha mai sbagliata una. Che si lasci andare, per una volta.

Questo suo pensiero, però, lo colpì.

In fondo, chi era lui per dire che Satine non aveva mai sbagliato una volta? Chi era lui per dire che poteva permettersi uno strappo alla regola? Chi era lui per scusarla quando buttava il buonsenso fuori dall’oblò?

Ed ancora, perché, di tutti gli esseri viventi su Mandalore, continuava a pensare a quanto stesse soffrendo lei, a quanto fosse brava, lei, e a quanto andasse perdonata per qualche misero errore?

Lei, lei, sempre lei!

Medita.

Lei, con le sue risposte da saputella.

Medita.

Lei, con i suoi capelli color alba.

Medita.

Lei, con i suoi occhi color galassia.

Medita!

Lei, il Ghiaccio Vivo di Kalevala che aveva tormentato i suoi sogni per mesi. 

Lei, che lo stava mandando fuori dai gangheri!

Accidentaccio, medita!

- Tutto bene, ragazzo?-

- Sì. Credo, però, che non basterà allontanarci da Kalevala. Dovremo lasciare il sistema adesso. I cacciatori di taglie ci intercetteranno a breve.-

- Sono d’accordo. Ai vostri posti, ce ne and…-

Ma il povero maestro non fece nemmeno in tempo a finire la frase che una forza esterna scaraventò i loro corpi contro la parete di fondo. Satine brontolò qualcosa in Mando’a che Obi Wan fece finta di non sentire.

Sicuramente erano parolacce.

- Li cercavi, Obi Wan?-

 

Qui Gon era riuscito ad aggrapparsi alla scrivania, lasciando i due ragazzi a rovinare contro la porta chiusa. Si era alzato, traballante sulle gambe, e si era diretto all’oblò, dove aveva scorto un incrociatore di dimensioni modeste che si avvicinava a cannoni spiegati.

- Li cercavi, Obi Wan?-

Satine lanciò uno sguardo implorante al mucchio di cenci che era il padawan Kenobi, accanto a lei.

Consegnami o vi uccideranno.

Peccato che il padawan avesse altri piani.

- Quanto tempo abbiamo?- disse, rialzandosi da terra con un balzo fluido e raddrizzandosi la tunica a tempo di record.

- Poco.- brontolò il maestro mentre i due scheggiavano fuori dalla stanza diretti in plancia.

Satine tenne loro dietro con un brutto nodo allo stomaco che le fece rimpiangere di avere fatto colazione. 

- Coordinate per l’iperguida?- chiese Obi Wan, mentre il trio accelerava spedito lungo il corridoio.

- Sicuramente andremo fuori dal sistema. Temo però che ci saranno addosso prima che il motore sia pronto.-

- Dobbiamo evitare il raggio trainante, ammesso che ne abbiano uno.-

- Ce l’hanno di certo, figliolo.-

In plancia, lo spettacolo era disarmante. L’incrociatore stava facendo manovra per piazzarsi in posizione frontale, con i cannoni che già puntavano contro di loro. La nave era abbastanza grande e Satine cominciava a temere che fosse una squadra di cacciatori piuttosto numerosa e ben organizzata. 

- Scudi!- disse Qui Gon, seduto al posto di guida e già bell’e pronto per la battaglia, cinture di sicurezza e commlink sulla fronte.

- Già alzati al massimo.- rispose Obi Wan, altrettanto comodo al posto di copilota.- Avete già una strategia, maestro?-

- Tu cosa faresti, mio giovane padawan?-

- Manovra evasiva. Tipo uno o due, dipende se il lato da cui ci attaccano resta costante o meno. Se rimangono frontali, forse è meglio il tipo quattro.-

Qui Gon proruppe in un sorriso sbilenco.

- Ottimo piano, ragazzo.-

Satine, seduta dietro di loro al posto del passeggero, stava lottando con la cintura di sicurezza, ma riuscì ad allacciarla prima di annodarcisi del tutto. Ringraziò gli dèi di Mandalore per essersi legata in tempo al sedile, perché quando i colpi dei cannoni cominciarono ad impattare violentemente contro gli scudi la navetta prese a sussultare e il suo stomaco con lei.

Finirò per sentirmi male!

- Allacciatevi le cinture, duchessa!- gridò Obi Wan, cercando di superare il frastuono dei colpi che si abbattevano sopra gli scudi.- Balleremo un po’!-

La ragazza, per tutta risposta, si attaccò con tutte e due le mani ai braccioli del sedile come se ne andasse della sua stessa vita.

Vergognati, non hai mai avuto paura di volare!

I due Jedi sembravano troppo preoccupati per i comandi e per i cannoni - giustamente -  per notare la sua paura sempre crescente.

Una parte di lei udiva ancora le parole di Larse Vizla e voleva fuggire lontano per non subire tutto quello che le avrebbero fatto. L’altra, invece, voleva restare, mettere fine al massacro e forse anche mettere fine a se stessa. 

- Vorrei oppormi a tutto questo. Se mi consegnate…-

- Non se ne parla.- disse Obi Wan, calmissimo.

Lo sguardo della duchessa si indurì.

- Voi mi avevate promesso…-

- Non vi ho promesso proprio un bel niente. Semmai, ho detto che vi avrei protetta sempre. Si tratta di cinque minuti, duchessa, e saremo su un sistema sicuro. E credetemi - stavolta, il padawan si fece molto serio.- Siamo perfettamente in grado di tenerli lontani per cinque minuti.-

Qui Gon apprezzò la sua fermezza, mentre Satine, dentro di sé, brontolava. 

L’aveva zittita. Cioè, aveva davvero osato darle contro?

Se lo ricordava, che lei poteva mandarli via in qualunque momento, vero?

Ingrata.

Si morse la lingua, e continuò a stringere i braccioli del sedile.

- Mira ai motori, Obi Wan!- gridò il maestro Jinn, cercando di allontanarsi il più possibile dalla linea di tiro. 

Il padawan, ancora una volta, era di tutt’altro avviso.

- Non per disobbedire, maestro - disse, mentre scagliava una raffica di blaster contro il motore di sinistra.- Ma credo che sarebbe il caso di fare prima fuori i cannoni, se vogliamo guadagnare tempo.-

- Loro sono più veloci di noi!-

- Ma noi siamo più piccoli!-

- Non è il momento di discutere!-

Obi Wan, presa la mira accuratamente, centrò il motore di destra e con un colpo solo eliminò il cannone di poppa. La nave continuò a sparare con tutto quello che aveva senza muoversi di un centimetro, ma la potenza di fuoco era decisamente ridotta.

- Beh, forse anche la tua idea non era niente male, padawan!- si complimentò il maestro, dondolando il capo.- Inserisci il pilota automatico con la manovra evasiva. Siamo quasi pronti per l’iperspazio.-

- Dove siamo diretti?-

- Aldeeran. Il senatore Bail Antilles è un caro amico dell’Ordine. Ci ospiterà.-

Obi Wan annuì, mentre faceva fuori anche il cannone di prua. Adesso non restava altro che eliminare quelli laterali e la loro fuga sarebbe stata garantita.

Satine li guardò lavorare, una squadra perfetta anche senza scambiare parola alcuna. Se le circostanze non fossero state così infauste, sarebbe stato quasi un piacere rimanere ad osservarli. 

Inserirono le coordinate del sistema e si accinsero a sparire nel nulla. Satine sentì uno strano risucchio all’altezza dello stomaco, segno che stavano per partire a velocità luce, quando qualcosa li urtò violentemente, facendoli pericolosamente sbandare non appena entrarono nel canale iperspaziale.  

- Che cosa è successo?-

- Uno dei cannoni ci ha colpito al motore di sinistra. Non siamo in grado di tenere la rotta fino ad Aldeeran, maestro!-

Qui Gon sbuffò, afflitto, mentre si passava una mano nei folti capelli scuri striati di grigio.

- Io vado al motore, do un’occhiata al danno. Tu cerca di modificare le coordinate verso un sistema più vicino!-

- Sì, maestro.-

Detto questo, il Jedi sparì correndo dalla plancia, lasciando Satine ed Obi Wan soli in cabina di pilotaggio.

Il giovane padawan, nel silenzio più assoluto, stava cercando di governare da solo la navicella spaziale. Niente di più difficile. Con il solo motore di destra funzionante, l’equilibrio era completamente spostato in quella direzione e, per tenere la barra diritta senza impattare contro i margini del canale spaziale, il ragazzo doveva gettare tutto il proprio peso a sinistra, da solo, senza nessuno che lo aiutasse al sedile del pilota.

- Padawan Kenobi, di che cosa…-

- Va tutto bene, Satine.-

No che non va bene!

Pensò, però, che fosse meglio non dirlo a lei.

- No che non va bene!- rispose la duchessa, con voce alterata.

- E’ tutto sotto controllo. Il maestro Jinn risolverà il problema ed atterreremo altrove, siamo comunque al sicuro.- sbuffò il ragazzo, lottando come un pugile contro l’iperguida impazzita. 

Oltre che con il corpo, il giovane padawan aveva ingaggiato anche un combattimento senza esclusione di colpi con il proprio cervello. La sua mente si stava arrovellando per ricordarsi tutte le coordinate di potenziali sistemi sicuri. L’operazione, però, non era per niente semplice, anche perché l’aura della duchessa in preda al panico sul sedile posteriore non favoriva di certo la sua concentrazione.

Inserisci le coordinate!

Quali?

Cercale!

Dove?

Sul database!

Non c’è tempo!

Chiedile al maestro Jinn!

E come faccio, lo vado a cercare e faccio guidare la navetta a Satine?

Già, Satine, aiutala! Falla calmare!

Pure?

Già, Satine.

Lei era di Mandalore. Questo significava che era addestrata a combattere. Era pure una Abiik’ad, quindi addestrata a volare.

Perché accidenti non ci aveva pensato prima?

- Duchessa?-

- Sì?-

- Mi serve il vostro aiuto!-

- Il mio cosa?-

- Se terrete la mente occupata vi sentirete meglio. Eravamo diretti vero Aldeeran, ma non riusciremo ad arrivarci in queste condizioni. Dobbiamo modificare le coordinate dell’iperguida verso un sistema più vicino. Ditemene uno!-

- Beh, ecco, io…-

Obi Wan le lanciò un’occhiata di traverso, mezzo sdraiato sul pannello di controllo per tenere il volante in posizione.

- Non è il momento di essere indecisi!-

Quello fu l’attimo in cui qualcosa, dentro di lei, scattò.

Con grande sorpresa per il giovane padawan, la duchessa si sganciò rapidamente dal posto del passeggero e con un balzo felino saltò lo schienale del sedile vuoto di Qui Gon, cadendo seduta precisamente in posizione. Si infilò il commlink, agganciò le cinture a tempo di record e cominciò ad armeggiare con i pulsanti.

Quella era una situazione disperata, e per ogni situazione disperata c’era un piano d’emergenza. Tale piano, di solito, era completamente folle, e proprio perché lo era, sempre di solito, era anche efficace.

Fai l’ultima cosa che il nemico si aspetta da te.

Ci voleva un piano alla Kryze, come lo erano stati il fantasma del duca Marmaduke, la PharmaMandalore o camminare sui muri per fregare l’istruttore Gol.

E lei, i piani alla Kryze, sapeva farli bene. 

- Coordinate 4-5-9-1-0 per il sistema di Mandalore. Destinazione, Draboon.-

- Draboon?- sbottò Obi Wan.- Ma non è…-

- Un pianeta del sistema di Mandalore? Esatto, l’ho appena detto. Siamo saltati nell’iperspazio, l’esterno è quello che quei tizi si aspettano. Passerà un po’ di tempo prima che vengano a cercarci a casa nostra, e poi la figlia del governatore è una mia cara amica, e lui è un Nuovo Mandaloriano. Ci proteggeranno.- ribatté, mentre digitava il codice con aria seria e competente.

- E’ anche abbastanza grande per riparare la nave e ripartire nel più breve tempo possibile. Si tratta di sopravvivere solo qualche giorno. Adesso aiutatemi: dobbiamo evitare di atterrare nel mezzo al deserto.-

Obi Wan non replicò, colpito. Satine era passata da un’inerme creatura spaventata dai cacciatori di taglie ad una vera e propria leader, prendendo in mano la situazione e risolvendola praticamente da sola se non si voleva contare lui, sdraiato con tutto il suo peso sul volante e con mezzo busto incastrato tra il parabrezza e il pannello di controllo.

Il maestro Jinn lo trovò mentre provava a districarsi da quella posizione scomoda, con suo grande imbarazzo. Appena tornato in plancia, si guardò intorno e si sedette al posto che era stato di Satine.

- Che sistema avete scelto?-

Obi Wan guardò la duchessa.

- Mandalore. Draboon.- fece lei, fissando il blu dell’iperspazio, intenta a spingere la navetta a sinistra nonostante gli sbandamenti dovuti al motore.

- Draboon?- fece il maestro, sbalordito.- Complimenti. Ci avevo pensato anche io.-

Obi Wan sgranò gli occhi, sbigottito, ma non disse niente.

Doti di comando a parte, soltanto a lui quel piano sembrava una completa idiozia?

- E’ abbastanza folle da poter funzionare.- decise di aggiungere, stringendo le mani saldamente attorno al volante.

- Pronti per l’uscita dall’iperspazio.-

La sensazione di risucchio allo stomaco li travolse, e in men che non si dica il corridoio dell’iperspazio scomparve per lasciare il campo ad una vista sconcertante. 

E’ sempre pericoloso cambiare rotta una volta lanciati nell’iperspazio. Il rischio principale è quello di essere eiettati a velocità troppo elevata fuori dal canale, entrando di conseguenza nel sistema di gravitazione del pianeta e schiantandocisi sopra. Arrivare troppo vicini all’atmosfera era un rischio frequente ed era la principale ragione per cui quasi nessuno, se non in estremo stato di necessità, cambiava traiettoria una volta lanciato a tutta velocità nell’iperspazio. 

In quell’occasione, si trovarono di fronte ad un enorme pianeta dalle forme geometriche, verdeggiante a tratti e desertico in altri. 

Quando la duchessa aveva scelto quell’enorme palla colorata, però, non aveva specificato che esso fosse circondato da una spessa e fitta fascia di asteroidi, grossi come una pila di bantha e pronti a fare loro la festa. 

Fascia di asteroidi che fu loro addosso prima che potessero evitarli. 

Obi Wan e Satine agirono in perfetta sincronia, virando a sinistra ancora una volta con tutte le loro forze e facendo fare un fastidiosissimo giro della morte alla loro povera vettura. 

Poi, su, in alto, e di nuovo giù, e a destra, e di nuovo a sinistra, con tutte le difficoltà del caso.

Obi Wan ebbe la sensazione che riuscire ad atterrare in un posto sicuro sarebbe stato addirittura più complicato che guidare nell’iperspazio con un motore solo.

Inoltre, i detriti oscuravano il vetro e impedivano loro la visuale.

- Come è messo il motore?- chiese Obi Wan al suo maestro, che osservava la scena dal posto del passeggero, a metà tra lo strabiliato e il divertito. 

- Non bene, purtroppo. L’iperguida è praticamente andata, siamo usciti dall’iperspazio appena in tempo. I detriti intaseranno quel poco che ancora funziona del motore sinistro, dovremo cavarcela solo con il motore di destra. A proposito, perché non azioni i tergicristalli? Con questa polvere non vedresti un bantha ad un tiro di schioppo.-

Obi Wan azionò con il gomito la leva dei tergicristalli, mentre continuava a guidare in sincronia con Satine.

Qui Gon alzò un sopracciglio, pensoso. 

- Depotenziato dai detriti?- fece il ragazzo, una nota di disappunto nella voce.

- Il motore di destra? Depotenziato dai detriti.-

Di bene in meglio.

- Sistema di filtraggio?-

- A destra funziona, a sinistra è completamente andato. I detriti però sono troppi per un filtro solo. Dobbiamo calcolare il rischio di eventuali ostruzioni.-

Obi Wan sospirò, mentre sterzava bruscamente e la duchessa bofonchiò quella che sembrava un’altra parolaccia in Mando’a tra i denti.

- Maestro, volete riprendere il vostro posto?- chiese la ragazza con educazione, tra un grugnito e l’altro, mentre forzava il volante a sinistra facendo roteare la navetta per evitare un asteroide subdolo, spuntato improvvisamente a prua da dietro un ammasso di polvere stellare. 

- Assolutamente no, duchessa, ve la state cavando benissimo. Guidate persino meglio del mio padawan.- 

Obi Wan alzò gli occhi al cielo, esasperato.

Per quanto lui e Satine provassero a far funzionare i comandi, gli acciacchi tecnici cominciarono a dare seri problemi. Ben presto prese a funzionare un solo tergicristallo. Il volante cominciava a dare segni di cedimento per le continue torsioni a sinistra. La spia del liquido refrigerante indicava, inoltre, un pericoloso surriscaldamento a destra.

Rischiavano di andare alla deriva.

- Stiamo perdendo il controllo, maestro!-

- Avviciniamoci al pianeta. Se entriamo nella zona di gravitazione dovremmo riuscire ad atterrare!- gridò Satine, concentratissima. 

Obi Wan azzardò un’occhiata verso di lei, mentre sterzavano ancora una volta ed evitavano anche l’ultimo, famigerato asteroide prima di uscire dalla fascia.

- Nelle condizioni in cui siamo, se ci avviciniamo troppo a questa velocità prenderemo fuoco!-

- Possiamo reggere ancora un poco virando a destra, dovremmo raggiungere i paraggi della capitale. Perderemo velocità ed entreremo nel sistema di gravitazione.-

Obi Wan non era contento, nemmeno un po’.

- Se procediamo in questo modo, probabilmente non avremo più nemmeno il motore di destra, intasato dai detriti!-

- Da qualche parte dovremo pur atterrare, no?-

Su questo non ci pioveva. Semplicemente, il giovane padawan non aveva voglia di fare la fine del topo chiuso in una scatoletta di latta.

Volare è per i droidi!

- Quindi il vostro piano è schiantarci?-

- No. Non ci schianteremo, se sfrutteremo bene i venti!-

Questa volta, Obi Wan trasecolò per davvero. Qui Gon, invece, sembrava interessato e quasi divertito. Rimase a guardare i due ragazzi battibeccare, e una parte di lui si chiese se avrebbero sempre fatto così, per tutto il tempo che sarebbero rimasti insieme.

La sua pazienza aveva un limite, Jedi o no.

- Volete planare?- sbottò il ragazzo.- Siete completamente pazza!-

- Avete un’idea migliore, padawan Kenobi?- chiese piccata la duchessa, sterzando bruscamente a destra e marciando verso la capitale del pianeta. - Preferite restare su un asteroide in una bella caverna senza ossigeno, in attesa di fuggire dall’incrociatore dei cacciatori di taglie? Perché quando ci troveranno, se non saremo già morti, dovremo fuggire ancora una volta a bordo di questo catorcio!-

Si sentì molto Bo Katan, in quel momento, ma non disse niente. 

Il padawan, dal canto suo, si sentì improvvisamente molto determinato a portare a casa la pelle, anche se ciò significava provare a dare ragione alla duchessa.

- E va bene, proviamoci.-

Obi Wan ridusse la potenza dei motori al minimo per preservare l’integrità della navicella e per ridurre la velocità del veicolo. La traiettoria procedeva traballante verso destra, mentre i due ragazzi facevano di tutto per stabilizzare la rotta.

Già, la rotta.

- Sono fuori uso anche gli stabilizzatori?- chiese la ragazza, aggrappata disperatamente al volante.

- Davvero, Satine? Come ci siete arrivata?- le rispose il padawan, con un piede sul pannello di controllo per puntellarsi mentre spingeva il volante a sinistra.

- Non è il momento di fare dell’ironia, Kenobi.-

Il radar cominciò a suonare, segnalando la presenza di un agglomerato nelle vicinanze. Era una città piuttosto grande, almeno a giudicare dal monitor. Satine aveva avuto ragione. Probabilmente lì avrebbero trovato un modo per riparare la nave, rifocillarsi ed andarsene alla volta di Aldeeran.

O almeno così speravano i due Jedi.

- Idea eccellente, duchessa.- fece Qui Gon, controllando lo schermo e annuendo, soddisfatto. 

Draboon, però, era grande. Obi Wan ricordava distintamente di aver letto che fosse uno dei più grandi del sistema di Mandalore. Il padawan borbottò un commento sarcastico tra i denti, mentre cominciava a sentire la forza di gravità attrarlo inesorabilmente verso il suolo. 

La navetta cominciò a prendere spaventosamente velocità.

- Siamo entrati nel sistema di gravitazione.- disse, mentre il pannello di controllo si accendeva come le luci dell’albero della Festa della Vita. 

Satine aggrottò le sopracciglia, pensierosa.

Erano riusciti a diminuire la velocità, ma se avessero assecondato la gravità sarebbero precipitati a velocità raddoppiata, forse. Era fondamentale mandare i motori indietro tutta.

Peccato che ne avessero solo uno.

- Possiamo dirottare tutta l’energia utile al sistema frenante?-

- Obi Wan!- disse il maestro, concorde.- Dirotta l’energia del motore di sinistra. Tanto, ormai è andato. Dimezza quella del motore di destra e riduci quella degli scudi al sessanta per cento!-

Il giovane padawan fece come gli era stato ordinato, ma con un occhio osservava la duchessa, labbra strette e mani serrate sul volante, che si accingeva ad atterrare planando. 

Le questioni sono due: o è completamente pazza, o sa il fatto suo.

Quando la navicella urtò contro l’atmosfera a velocità eccessiva, l’abitacolo prese a tremare e Satine fu sbalzata contro il parabrezza nonostante la cintura di sicurezza allacciata. Borbottò una serie di improperi in Mando’a, mentre si accarezzava la testa bionda contusa, e tornò immediatamente a guidare.

- Vi siete fatta male?-

- Davvero, Obi Wan? Come ci siete arrivato?-

Morditi la lingua e non replicare, ragazzo!

Satine colpì con un pugno il pulsante del sistema frenante e la navetta cominciò ad arrestare la sua corsa. Poi, spinse il timone indietro tutta, cercando di portare la navetta parallela al suolo. 

Obi Wan la imitò, e in poco tempo l’astronave si stabilizzò, sfruttando quel poco di propulsione che ancora il motore forniva loro.

Non era ancora abbastanza, però.

- A quanti piedi siamo?-

- Troppi. Siamo ancora a seimila metri.-

- Vento?-

- Polare. Quarantasei nodi.-

- Nord o sud?-

- Sud.-

- Male. Spira sopra il deserto.- borbottò la duchessa, concentrata.

In effetti, sotto di loro si estendeva uno spettacolo a dir poco bizzarro. Dire che il pianeta aveva forme geometriche era un eufemismo. Il vento spirava verso sud e li stava facendo allontanare dal loro obiettivo. Raggiungere la capitale era fuori discussione, perché compiere un atterraggio di emergenza vicino ad un centro abitato era un’operazione criminale. Tuttavia, il vento che spirava da nord in direzione sud li stava mandando fuori rotta. Ben presto la navicella, che avrebbe dovuto sorvolare uno spazio verdeggiante, si trovò a percorrere il limitare del deserto, una netta linea verde contro il giallo ocra della sabbia, come se qualcuno l’avesse disegnata con una matita.

Obi Wan e Qui Gon, però, non ebbero il tempo di ammirare il panorama perché una spia cominciò a suonare improvvisamente in modo allarmante.

- Che cosa significa?-

- Il motore di destra è in sovraccarico. Troppa propulsione e troppi detriti. Rischiamo di perderlo. Duchessa, dobbiamo abbassarci ancora.- disse Qui Gon, serio. 

La situazione stava andando peggio del previsto.

- Teniamoci pronti ad eventuali espulsioni di emergenza.-

- Assolutamente no!- proruppe la duchessa.- La navetta ci serve, o non potremo più ripartire da Draboon! A seconda di dove atterriamo troveremo solo pezzi di ricambio e qualche tecnologia rudimentale, non potremo mai procurarcene un’altra!-

Obi Wan, per una volta, annuì.

- Sono d’accordo con Satine. Dobbiamo provare a salvare il salvabile.-

Il maestro scambiò un’occhiata rapida con il giovane padawan, ed annuì.

I due ragazzi ripresero a pilotare la navicella, per quanto fosse possibile. Il volante stava dando cenni di cedimento ed il vento non accennava a rallentare. 

- Quota?- chiese la duchessa, sospirando per la stanchezza.

- Duemila metri.-

In quel momento, il rombo del motore cessò completamente.

I tre si lanciarono uno sguardo sgomento.

Erano del tutto in balìa del vento.

- Quarantasei nodi dovrebbero essere sufficienti per mantenerci in volo.- fece Obi Wan.- Ma presto perderemo quota.-

- Sfruttando il vento forte e l’aria calda come freno, dovremmo riuscire ad atterrare. Ci dovrebbe bastare, facendo un rapido calcolo. Quarantasei nodi consistono in circa diciassette metri al secondo di spostamento, rapportati alla restante spinta ottenuta dalla propulsione?-

- Circa il doppio.- disse Obi Wan. 

- Rapportato alla distanza che dobbiamo ancora percorrere, aggiungendo la stazza della nave, la forza di gravità e l’attrito del vento?-

- Dieci chilometri e mezzo da percorrere in circa quindici minuti.-

- Carburante?-

- Quasi finito. Ne abbiamo almeno per trenta minuti. Per gli scudi e i freni dovrebbe bastare.-

- Dovremmo farcela.-

Tra i due ci fu un cenno di intesa.

Il maestro Qui Gon non era mai stato particolarmente malizioso, ma forse cominciava a capire come mai la Forza aveva fatto in modo che le strade dei due ragazzi si incrociassero.

Lei era brillante, tanto quanto lo era il suo padawan, mentre Obi Wan era abbastanza arrogante da poter credere che un piano folle come quello della duchessa potesse funzionare e darle fiducia.

Quei due avrebbero fatto una bella coppia, tutto sommato.

Continuarono a planare come uccelli sul deserto fino a che il vento, con un colpo più forte degli altri, inclinò la navetta verso sud e la mandò definitivamente alla deriva.

Satine, però, stava perdendo la pazienza ed aveva deciso che era ora di atterrare prima che arrivassero troppo lontano dalla capitale e troppo in là nel deserto. 

Quello era qualcosa che non potevano decisamente permettersi.

- Velocità?-

- Stabilizzata, ancora un po’ forte per atterrare.-

- Carrello?-

- Funziona con il motore, che ovviamente è andato.-

- Dobbiamo impattare sulla pancia?-

- Così sembra.-

Di bene in meglio.

La ragazza piantò gli occhi sul deserto e assottigliò le palpebre, concentrata.

Poi, si alzò in piedi e piantò le scarpe contro il cruscotto.

- Mio il timone.-

- Che volete fare, Satine?-

- Vi fidate di me, Obi Wan?-

Sinceramente?

Già l’idea di atterrare sulla plancia rischiando di saltare in aria non lo rendeva particolarmente entusiasta. In quel momento, poi, lo sguardo della ragazza non prometteva niente di buono.

Finora non ha sbagliato niente.

Chi sei tu per dirlo?

Il fatto che tu non ti sia rotto l’osso del collo nella fascia di asteroidi non ti basta?

La domanda, in quel momento, era puramente retorica. 

Il giovane padawan lasciò il timone, trattenne il respiro e si tenne stretto alla sua poltroncina. 

La duchessa, per converso, virò con forza sopra il deserto, dirigendosi verso il verde della pianura. Spinse il timone indietro tutta ed espose la pancia della nave all’aria aperta, frenando per forza di inerzia. Si aiutò con le gambe contro il cruscotto, le mani ferite dal freddo e dalle vesciche che facevano male, qualche taglio che aveva ripreso a sanguinare, ma non le importava. Stava fissando attentamente il suolo che si avvicinava pericolosamente, mentre la coda della navicella puntava verso il basso e il muso verso l’alto. 

- Satine…-

Ancora qualche metro.

- Satine!-

Ancora un po’.

- Ci schianteremo con la coda! SATINE!-

Con un colpo secco, spinse il timone verso il basso, e il muso dell’astronave tornò a fronteggiare l’erba fresca. 

Quando la pancia della navicella toccò terra, emise un tonfo sordo e sprofondò nel terriccio, sollevando zolle dovunque. 

Scivolarono sull’erba per un breve tratto, scavando un solco nel terreno. Poi, la navicella, sotto il controllo delle dita di ferro della ragazza, fece un pericoloso testacoda per evitare un grosso masso basaltico e infine si fermò, strisciando, a pochi metri dalla foresta.

Dentro l’abitacolo c’era fumo ed umidità dovunque. In un ultimo sussulto di dignità, il pannello di controllo si illuminò completamente e poi, con un vibrante suono sordo discendente, si spense. 

I tre, vivi e vegeti, rimasero a fissare il verde paesaggio fuori dal parabrezza, come se volessero essere certi di essere veramente fermi. Certo, tra la terra, i detriti ed il tergicristallo incrinato che continuava a fare avanti e indietro non si vedeva un granché, ma bastò per tranquillizzarli. 

Poi, sospirando di sollievo, i tre presero a guardarsi.

Obi Wan non aveva ancora lasciato i braccioli della sua poltroncina e, ad occhi chiusi, mormorava tra i denti qualcosa di molto simile a volare è per i droidi.

Satine, invece, non sembrava ancora certa di quanto stava vedendo e di essere ferma. Rimase seduta a guardare perplessa il verde e la terra fuori dal parabrezza.

Il primo a parlare fu il maestro Qui Gon Jinn. Si rimise seduto sul sedile, dopo essere finito a gambe all’aria durante il testacoda, e, con la testa scarmigliata e mezzo affumicato, chiese: 

- Duchessa, mi permettete una domanda?- 

Aveva una strana espressione divertita sul volto. La ragazza lo guardò, curiosa, mentre uno stranito Obi Wan accanto a lei si passava una mano tra i capelli emettendo finalmente un sospiro di sollievo.

- Siete sicura di non essere un Jedi?-

 

***

 

NOTE DELL’AUTORE: La descrizione di Larse Vizla e dei suoi discorsi allucinati è stata ispirata ad uno scritto di Oriana Fallaci, in cui ripercorre i suoi ricordi dei famigerati dittatori della Seconda Guerra Mondiale. Non c’è però nessun parallelismo politico. Vizla non nasce per somigliare a qualcuno in particolare. Sono i dittatori che si assomigliano sempre tutti: assetati di potere, spregiudicati, violenti. Vizla vuole essere la personificazione di tutto questo.  

Devo inoltre aggiungere che io soffro di vertigini e non so un bel niente di volo e di qualunque cosa possa riguardare lo stare in alto in generale. Ciò che ho scritto è probabilmente impossibile, nonostante abbia provato a documentarmi per rendere la storia il più realistica possibile. Sui calcoli, non vi conviene fare la prova perché la sottoscritta ha in tedio la matematica tanto quanto gli ascensori panoramici.

Insomma, non vi fidate e - non mi stancherò mai di ripeterlo - non fate nulla di tutto quello che leggete a casa. La storia vuole far comprendere l’odio per ogni tipo di violenza, non spingere a replicarla.

In conclusione, Satine è un disastro, Obi Wan è una tempesta di emozioni che non sa gestire, Qui Gon è sui generis, Larse Vizla è un pazzo sadico psicopatico con le peggiori intenzioni, i cacciatori di taglie sono…

Beh, nel resto della storia ve ne renderete conto. 

Satine volerebbe su qualsiasi cosa, mentre Obi Wan sta bene con i piedi per terra. 

Oh, e si sono schiantati.

Insomma, le cose non potrebbero andare meglio di così.

 

Molly.

  
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