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Autore: pampa98    02/12/2021    0 recensioni
[Questa storia partecipa al "Calendario dell'Avvento" indetto da Coraline sul forum "Ferisce la penna"]
Totsuka sorrise e si stiracchiò, prima di stendersi sul divano, usando la coperta piegata come cuscino. Si chiese se, dopo la conversazione che avevano avuto pochi giorni prima, Kusanagi avrebbe preso anche del vischio. Lo immaginò appeso alle finestre dietro il divano su cui sedeva sempre Mikoto, la tenue luce del sole invernale che filtrava attraverso i vetri per dipingere riflessi sui suoi capelli rossi. Si sarebbe seduto accanto a lui – Mikoto avrebbe inarcato un sopracciglio, ma lo avrebbe lasciato fare – e gli avrebbe parlato di tradizione, di baci e, se sarebbe stato abbastanza coraggioso, di amore.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izumo Kusanagi, Kushina Anna, Mikoto Suoh, Misaki Yata, Tatara Totsuka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt 2: ''Dici che se riempio la casa di vischio sarà costrettə a baciarmi?''
 
IL FUOCO DEL VISCHIO

 

 

«Hai l’aria pensierosa. Sputa il rospo.»
La voce di Kusanagi lo distolse dai suoi pensieri. Sollevò lo sguardo verso il barista che lo stava fissando da sopra i suoi occhiali, le mani appoggiate al bancone e il bicchiere che stava pulendo posando accanto a loro insieme allo straccio. Totsuka tentò un sorriso e agitò le mani.

«Non c’è nessun rospo da sputare, Kusanagi-san. Sono solo entusiasta per l’arrivo del Natale.»
«Quella non è la tua faccia entusiasta, ragazzino» ribatté l’altro, sporgendosi verso di lui. «Quella è la faccia che fai quando decidi di infilarti in qualche guaio.»
Totsuka si passò una mano tra i capelli, emettendo una risatina nervosa. A volte avrebbe voluto che il suo amico fosse meno perspicace o che non lo conoscesse così bene da riuscire a distinguere ogni sua minima emozione. A qualcosa stava pensando: qualcosa che forse avrebbe causato qualche disturbo all’interno del locale, ma in tutta onestà non sapeva più dove andare a sbattere la testa.
«Parla, Totsuka» gli intimò Kusanagi.
Il ragazzo sospirò e prese a dondolarsi sulla sedia.
«Va bene. Stavo pensando… Se riempio la casa di vischio credi che il Re sarà costretto a baciarmi?»
Percepì il suo sguardo scioccato anche tenendo gli occhi puntati sul soffitto. Fu il turno di Kusanagi di sospirare. Si sfilò gli occhiali e lo afferrò per un braccio, riportando i gambi della sedia a terra e costringendolo così a guardarlo in faccia.
«Non abbiamo già appurato che il vischio non funziona?»

 

Durante il loro primo Natale, Totsuka si era presentato al bar con un sacchetto di biscotti allo zenzero preparati da lui e un rametto di vischio in mano. Aveva cercato di alzarlo sopra la testa di Mikoto, senza riuscirci, e si era beccato una manata in testa dal Re Rosso – che però aveva mangiato i biscotti senza lamentarsi.
Il secondo anno avevano appena deciso di formare l’Homra, ma erano ancora solo loro tre, e Totsuka aveva messo una ghirlanda piena di vischio lungo le scale e all’ingresso del locale, ma Mikoto, forse ignaro della tradizione o semplicemente disinteressato, vi era sempre passato sotto senza mai degnare Totsuka di un’occhiata.

Con la crescita in numero dei membri del Clan, Kusanagi aveva vietato un eccesso di decorazioni e, soprattutto, di vischio: l’anno precedente Totsuka, in accordo con Misaki, Kamamoto ed Eric, aveva violato questo punto e il risultato era stato che Fushimi aveva inseguito Misaki per tutto il locale nel tentativo di baciarlo – e Mikoto, naturalmente, era rimasto indifferente a tutto.

 

«È perché non lo posizioniamo bene!»
Kusanagi scosse la testa.

«Totsuka, se vuoi un bacio da Mikoto, la tua unica possibilità è chiederglielo direttamente.»
Totsuka sospirò, buttando la testa sulle braccia incrociate sul bancone.
«Non posso...» mormorò e sperò che la camicia assorbisse il suono della sua voce.
Darsi un bacio per una tradizione era semplice e non implicava niente di più – a un certo punto, Kamamoto e Fushimi si erano ritrovati insieme sotto una pianta di vischio e si erano dati un bacio nonostante non andassero affatto d’accordo. Poteva chiedere un bacio al Re in una situazione simile senza compromettere la sua posizione all’interno dell’Homra né, soprattutto, il loro rapporto.
«Lo sanno tutti che vi amate, Totsuka.»
Totsuka sollevò la testa, aggrottando le sopracciglia.
«Vi amate… chi?»
«Tu e Mikoto» rispose semplicemente Kusanagi, mentre finiva di riordinare i bicchieri. «Da parte tua è piuttosto ovvio. Lui è più… complicato, ma è chiaro che tenga a te.»
Totsuka sorrise, alzandosi.
«Il Re è molto più tenero di quanto voglia dare a vedere. Tiene a tutti i membri dell’Homra, senza distinzioni.»
«A eccezione di Anna. E di te. E spero anche di me! Considerati tutti i problemi che gli ho evitato al liceo, me lo deve.»
Totsuka rise, ripensando a quando Kusanagi li raggiungeva in riva al fiume infuriato per aver dovuto coprire l’ennesima assenza di Mikoto. Sembravano trascorsi solo pochi giorni, invece quelle memorie appartenevano a molti anni prima.
«Ero serio, comunque» riprese Kusanagi. «Tu sei speciale per lui.»
«Va bene.»
Totsuka continuò a sorridere, mentre cercava di tenere quella speranza lontana dal suo cuore.

 

🎄🎄🎄
 

Cominciò col portare nell’ingresso del bar un abete da riempire di decorazioni. Quando gli altri ragazzi lo videro, si offrirono subito di aiutarlo ad appendere gli addobbi e, dopo un paio d’ore e parecchie imprecazioni di Yata nei confronti delle luci, l’albero era pronto.
«Babbo Natale viene anche quest’anno?» chiese Anna, tirando il cappotto di Totsuka per attirare la sua attenzione.

«Ma certo, Anna! Dimmi un po’, hai già scritto la tua letterina?»
La bambina scosse la testa.
«Accidenti, anch’io non l’ho ancora scritta!» esclamò Yata, con sufficiente serietà da far capire agli altri che non lo aveva detto per coprire quella bianca bugia ad Anna.
«Sopra i dieci anni, non serve più la letterina a Babbo Natale» commentò Kamamoto, guadagnandosi un’occhiataccia da Yata. Totsuka scoppiò a ridere e posò una mano sulla spalla del ragazzo.
«Tranquillo, vedrai che andrà tutto bene. Perché non aiuti tu Anna a scrivere la sua lettera, allora?»
Yata annuì e corse dalla bambina. La prese per mano e la trascinò al piano di sopra, imbattendosi sulle scale in Kusanagi e Mikoto che stavano scendendo in quel momento.
«Andiamo a scrivere a Babbo Natale» spiegò Anna quando li vide. Kusanagi le sorrise, sostituendo l’espressione infastidita che si era dipinta sul suo volto quando aveva visto l’albero illuminato, e Mikoto raggiunse il suo divano senza dire una parola.
«È più grosso dell’anno scorso» si lamentò Kusanagi, avvicinandosi all’albero.
«Dici? A me sembrava più piccolo.»
«Credo sia uguale» intervenne Kamamoto.
«Ah, pazienza! Ormai non dovrei più stupirmi.»
«Coraggio, Kusanagi-san! È Natale, il periodo più felice dell’anno.»
«È il 2 dicembre, Totsuka.»
«Il Natale è a dicembre infatti» ribatté l’altro con il suo solito sorriso, facendo roteare gli occhi al barista, che scosse la testa sconfitto. «E siamo solo all’inizio. Mancano le ghirlande e le calze e...»
«E nient’altro!» lo fermò Kusanagi. «Kamamoto, vieni con me. Andiamo a comprare quello che manca.»
«Ehm, va bene» rispose l’altro, incerto. «Ma di solito se ne occupa Totsuka-san, non so se...»
«È proprio per questo che lo facciamo noi due quest’anno. Forza, muoviti.»
«Sei cattivo, Kusanagi-san!» gli urlò Totsuka mentre i due uscivano dalla stanza. Sospirò, lasciando che un sorriso comparisse sulle sue labbra, e andò a sedersi di fronte a Mikoto. «Ehi, Re, che te ne pare dell’albero?»
Mikoto degnò appena la pianta di un’occhiata.
«Carino.»
Totsuka sorrise e si stiracchiò, prima di stendersi sul divano, usando la coperta piegata come cuscino. Si chiese se, dopo la conversazione che avevano avuto pochi giorni prima, Kusanagi avrebbe preso anche del vischio. Lo immaginò appeso alle finestre dietro il divano su cui sedeva sempre Mikoto, la tenue luce del sole invernale che filtrava attraverso i vetri per dipingere riflessi sui suoi capelli rossi. Si sarebbe seduto accanto a lui – Mikoto avrebbe inarcato un sopracciglio, ma lo avrebbe lasciato fare – e gli avrebbe parlato di tradizione, di baci e, se sarebbe stato abbastanza coraggioso, di amore.
«Totsuka-san!»
La voce di Yata lo distrasse dal suo sogno a occhi aperti. Si sollevò e sorrise al ragazzo che era sceso di corsa con una scatola in mano.
«Sì, dimmi.»
«Qui ci sono delle decorazioni… Stai bene?»
Totsuka sbatté le palpebre. «Sì, perché?»
«La tua faccia è rossa» disse Mikoto alle sue spalle.
Totsuka si sentì avvampare ulteriormente e scoppiò in una risata che sperò sembrasse più divertita che nervosa.
«Sarà il freddo» disse. «O la coperta, avevo la faccia appoggiata lì. Su, fammi vedere cosa c’è qui.»
Si alzò e tolse la scatola delle mani di Yata. Quando ne vide il contenuto sorrise.
«Ehm, ce la fate da soli?» chiese Yata. «Altrimenti, tornerei...»
«Ma certo, certo. Torna su da Anna, qui ci pensiamo noi. Grazie, Yata-chan.»
Il ragazzo arrossì e chinò il capo prima di scattare di nuovo al piano di sopra.
«Quindi non serviva comprare nuove ghirlande?» chiese Mikoto.
«In realtà sì, questa è solo una ghirlanda di vischio» spiegò, togliendola dalla scatola per mostrargliela. «Kusanagi-san deve aver dimenticato di darla via l’anno scorso.»
«È quella roba che appendi sempre ovunque?»
Totsuka abbassò lo sguardo, rigirandosi la pianta tra le mani.
«G-Già… Non credevo te ne fossi accorto.»
«Era difficile non notarlo.» Si alzò in piedi e lo raggiunse. Prese la ghirlanda e la squadrò attentamente. Per un momento, Totsuka si chiese se in realtà lui non fosse a conoscenza del significato di quelle palline rosse che spuntavano tra le foglie e, di conseguenza, avesse capito perché continuava ad appenderle ogni anno.
«Ti piacciono perché sono rosse?»
Quella domanda sciolse le preoccupazioni di Totsuka. Sorrise e infilò le mani in tasca, cercando di apparire disinvolto.
«Anche, sì. Sono adatte al nostro clan, no?»
«E?»
Mikoto lo fissò negli occhi e Totsuka sentì che il suo volto stava tornando di nuovo caldo.
«E… E cosa, Re?»
«Esistono decine di piante natalizie rosse. Perché proprio questa?»
Il cuore di Totsuka prese a battere all’impazzata. Sentì la bocca arida e il suo intero corpo sembrò diventare di pietra, ma capì che se voleva agire, quello era il momento giusto. Mikoto stesso glielo stava dicendo, anche se non sapeva davvero perché.
Gli fece cenno di dargli la ghirlanda e, quando Mikoto lo fece, Totsuka sollevò le braccia in modo che il vischio fosse sopra di loro. Inspirò.
«C’è una tradizione» spiegò, mentre il battito del suo cuore gli tamburellava nelle orecchie. «Quando due persone si trovano sotto una pianta di vischio, si… si devono baciare.»
Aveva cercato di guardarlo negli occhi per tutto il tempo, ma all’ultimo momento non era riuscito a resistere oltre. Aveva paura dell’espressione di Mikoto nel momento della rivelazione e non voleva che rimanesse stampata in eterno nella sua mente. Avrebbe accettato qualunque scenario gli si sarebbe parato davanti, ma questo non significava che volesse anche vederlo.
«Totsuka.»
Totsuka non ebbe il tempo di decidere se rispondere o meno a quel nome, perché le dita di Mikoto si strinsero sui suoi capelli e lo tirarono a sé, facendo scontrare le loro bocche. Il vischio cadde a terra, mentre le labbra di Mikoto si mossero su quelle di un sorpreso Totsuka, che ebbe bisogno di qualche secondo per rendersi conto di ciò che stava accadendo. Poi tutto esplose in un attimo e lui gli circondò il collo con le braccia, lasciando che Mikoto esplorasse la sua bocca e lo stringesse a sé. La tradizione non richiedeva esattamente quello. Che Kusanagi avesse ragione? Non sarebbe certo stata la prima volta, in fondo. Ma, pensò Totsuka mentre i suoi polmoni iniziavano a reclamare l’inutile aria, non aveva davvero importanza: qualunque cosa Mikoto provasse per lui, non gli avrebbe chiesto più di quanto poteva dargli. E se quel momento, quel bacio rubato in un pomeriggio invernale grazie a una pianta di vischio, fosse stato tutto ciò che avrebbe avuto, Totsuka non sarebbe potuto essere più felice.
Quando si separarono, Totsuka si rese conto che non stava più toccando il pavimento. Mikoto lo rimise a terra e per un lungo momento nessuno di loro parlò. Poi il Re si chinò per raccogliere la ghirlanda e la depose sul divano, prima di tornare verso di lui. Gli mise una mano sui capelli, le dita entrarono in contatto con la sua testa con più delicatezza del normale.
«Non ti serve quello per baciarmi» disse e si diresse verso il bancone, dove iniziò a cercare qualcosa da bere – rum, probabilmente.
Totsuka sentì un sorriso affiorare sulle sue labbra e si trattenne dal ridere di gioia. Kusanagi aveva davvero ragione.



 
   
 
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