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Autore: MadLucy    03/12/2021    2 recensioni
[Near/Mello | slash | angst | one-shot | first & last kiss | missing moments | Wammy's House flashbacks]
Mello scosse la testa, con un sorriso sprezzante. «Chi vuoi prendere in giro? Tu non hai mai invidiato nulla a nessuno in vita tua. Speravo che qualche volta avessi goduto a vincere, o almeno a umiliarmi, ma tu non provi niente. Lo speravo perché ti avrebbe reso –comprensibile, e odiarti sarebbe stato normale.»
Near sorrise a sua volta, di sottecchi. «Invece eri tu a ridere di me.»
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Mello chiuse la porta a chiave dietro di sé. Near avvertì il rumore sottile e furtivo dell’ingranaggio della serratura, e ricordò. Rimase dov’era, accucciato a terra, allentando la presa sul treno di plastica in anticipazione di cosa sarebbe successo. 

 

 

Quella notte di tanti anni fa, gli aveva chiesto “hai chiuso a chiave?”

“Questo è tra noi”, aveva risposto Mello. “Non posso fallire”. 

 

 

Pochi istanti dopo, Near si sentì tirare indietro e schiacciare con la guancia contro il pavimento. 

«Hai chiuso a chiave.» Non era una domanda.

«Se avessi voluto ucciderti, saresti già morto.» Mello lo perquisì sbrigativo. Nella tasca dei suoi pantaloni di flanella trovò una barretta di cioccolato. Lo fissò con astio. «Credi che sia un gioco?»

Una volta libero dalla sua stretta, Near si sistemò carponi davanti a lui. «Non vorrai discutere proprio ora.»

«Quando mai abbiamo discusso? Non riesco a ricordare una sola volta.» Finalmente poteva vederlo. Mello era alto, più di quanto fosse nella sua memoria. La guancia deturpata era piuttosto esotica. I capelli erano sfrangiati, come se fossero stati pareggiati con un paio di forbici. Aveva un aspetto incurante e statuario. 

«Non abbiamo mai parlato molto, io e te» osservò Near. 

 

 

Mello aveva raggiunto la sponda del suo letto e gli aveva messo le mani alla gola. Erano ancora mani esili, la stretta era inesperta ma appassionata. Premeva forte il pollice contro la sua laringe, ma Near riusciva ancora a respirare, piano, in silenzio. 

«Chiedimi di smettere.» Mello era posseduto da un tremore convulso. Al buio era impossibile distinguere la sua espressione. «Chiedimelo.» Sembrava lo stesso ricattando, o accusando. Era sulla difensiva, un atteggiamento insolito per un aggressore. «Vuoi morire?!»

«Non è questo il punto» disse Near, mentre la presa sulla gola si faceva intermittente, sudata, nervosa. 

«Qual è il punto?! Qual è?! Dimmelo!» 

«È complicato.»

 

 

«Tra noi è sempre stato tutto complicato, anche le cose più semplici.»

Mello evitava il suo sguardo. Aveva scartato la barretta, con il gesto automatico di un tic. Un respiro profondo gli riempì il torace, affacciato alla vetrata del grattacielo del quartier generale dell’SPK. Aveva un’aria cupa. 

«Quando sono uscito da quella porta, mi sono ripromesso che non ci saremmo visti mai più. Che lavoriamo bene insieme era soltanto la favola della buonanotte di Elle. Il fatto è che, quando sei nei dintorni non sono minimamente la persona che vorrei essere. Per diventare qualcuno, ho dovuto mettere continenti tra noi. Non è stato sufficiente.» Lo constatò con freddezza.

Near piegò la testa su una spalla. «Sei qui per finire il lavoro?» si informò. 

Mello strinse gli occhi. «Ti ho già detto che non morirai oggi.»

 

 

«Urla. Fa’ qualcosa.» Mello singhiozzava. Near era attratto dalla maniera in cui il suo corpo irradiava energia, come se fosse la cosa più istintiva del mondo. Fissò le sue lacrime, e immaginò di delegare a quel pianto anche le proprie, quelle che non scendevano. Gli sembrò che attraverso Mello passasse la catarsi di un mondo intero di ingiustizie. Era una figura tragica, quasi mitologica. Ricercava la propria distruzione, ma era davvero notevole. Sperò che l’avrebbe compreso, prima o poi, o perlomeno che fallisse nel distruggersi. 

«Devi supplicarmi, Near! Supplicami… e vivrai.» Pestava i pugni sul suo cuscino. 

«Non riesco a capire» articolò Near, contemplando la sua agonia, il suo impotente dibattersi.

Mello lo fissò con rabbia. «Non c’è niente da capire.»

 

 

«Ho sempre invidiato la tua capacità di esprimere ciò che provi» ammise Near, con gravità. 

Mello scosse la testa, con un sorriso sprezzante. «Chi vuoi prendere in giro? Tu non hai mai invidiato nulla a nessuno in vita tua. Speravo che qualche volta avessi goduto a vincere, o almeno a umiliarmi, ma tu non provi niente. Lo speravo perché ti avrebbe reso –comprensibile, e odiarti sarebbe stato normale

Near sorrise a sua volta, di sottecchi. «Invece eri tu a ridere di me.»

 

 

«Tu non sei niente, Near. Non sei niente. Tutti ti diranno sempre il contrario, ma sei meno di niente, te lo devi ricordare.» Mello tremava e soffiava quelle parole nel suo orecchio. 

Near provava un recondito piacere fisico dalla sua vicinanza. Iniziava a scorgere il suo viso nel buio, e lo guardò incuriosito. «E tu, cosa sei?»

Il suo fiato era caldissimo e la sua voce vibrante. «Io farò tantissime cose. Ho persino già baciato Matt. Ucciderò delle persone, fotterò altre persone, e cambierò le cose. Tu non uscirai mai dalla tua testa.» Near non dubitò neanche per un attimo che fosse tutto vero.

«Neanche dalla tua» replicò. 

Mello s’irrigidì. «Questo non è qualcosa che tu puoi sapere.»

Near pensò che non gli piaceva che avesse già baciato Matt. Fece coincidere le loro labbra, che ai tempi erano ancora simili, lisce e morbide. Disse: «Ci sono cose che anch’io so.»

 

 

«Dopo quella notte, ho scoperto che non ti odiavo, ma che mi facevi paura.» Mello fissava il passato con sguardo remoto. «Qualsiasi cosa fossi venuto a toglierti, tu non ce l’avevi mai avuta. Eri come un cratere che inghiottiva tutto.»

Near contrasse la bocca. «Capisco.»

«No, tu non capisci. Non hai mai capito.» Mello scattò, stizzito, e gli puntò un dito contro. «Avrebbe potuto essere facile. Quello che ha sempre avuto l’opportunità di mettere fine a questa storia ero io, non tu. Quel giorno non ti ho ucciso, ma l’ho fatto infinite volte nel sonno, ed era così reale che potrei descrivere ogni modo in cui l’ho fatto, così orribile che–» S’interruppe, atterrito. «Sogno di stuprarti da quando avevo quattordici anni» confessò, in tono indefinibile.

Near non sbatté le palpebre. «E hai smesso?»

Mello affondò il viso tra le mani. Tremava, come quella notte. «Cosa c’è che non va in te?» gemette. 

Calò il silenzio. 

 

 

«Già te ne vai?» mormorò Near. 

Mello si abbassò di nuovo in ginocchio accanto al suo letto. Era stato un bacio da poco. Quello con Matt aveva la lingua, eppure non era stato per niente altrettanto torbido. Mello si sentiva eccitato in modo inquieto, e sporco, del tutto sbagliato. «Cosa vuoi che faccia?» Era spaventato e ipnotizzato. 

Near infilò la mano nei suoi pantaloni, e fece esplodere il mondo in lampi di luce violenta. «Puoi non fare niente.»

 

 

«Pensavo che oggi potesse andare in modo simile a quel giorno» commentò Near. «Ma mi sbagliavo.» 

Mello ghignò stancamente. «Lo dici per compiacermi? Non siamo più bambini.» Gettò la carta appallottolata del cioccolato nel cestino. «E le cose non possono andare sempre come vuoi tu.»

«Quando sei nelle vicinanze, non succede spesso» notò Near. 

Mello si allontanò da lui a passi veloci, di nuovo verso la vetrata, come per prendere idealmente aria. «Questa conversazione è snervante.»

«Trovi? Per me è istruttiva.» Near aggiustò la posizione delle proprie gambe intorpidite. «Il fatto che tu mi piacessi non mi ha mai fatto guadagnare punti ai tuoi occhi. Questo ha reso difficile creare un rapporto di fiducia, o quantomeno di collaborazione.»

Mello si voltò a guardarlo con durezza. «Il momento in cui capirai che ciò non fa altro che renderti più intollerabile sarai un passo più vicino alla verità» dichiarò con sussiego, «ma ancora infinitamente lontano da me.»

 

 

«Non provare a farlo mai più» ansimò Mello, sconcertato.

Near si ripulì la mano con disinvoltura sul lenzuolo del letto. «Non so se sono molto bravo.»

«Non trattarmi da idiota» sibilò Mello, schiacciandolo giù sul materasso. «Non cercare mai più di entrare.» Strappò furiosamente il laccio dei pantaloni del pigiama. Near rovesciò la testa indietro sul cuscino e chiuse gli occhi. 

 

 

«Pensavi che io fossi sempre un passo avanti a te, ma se avessi guardato meglio–» Near arrotolò una ciocca all’indice, «avresti capito che siamo sempre stati l’uno nell’altro» concluse, la voce appena arrochita. 

Mello non rispose. Sembrava assorto. «Quella notte mi sono reso conto–» bisbigliò «che non eri tu. Ero io. Ti ho reso qualcosa che mi terrorizza e mi terrorizzerà per sempre.» Si abbassò sulle ginocchia per essere alla sua altezza, quasi con una certa cautela. «Tutto il controllo che hai sempre avuto su di me» gli sottrasse la ciocca dalle dita, e glie la sistemò dietro l’orecchio, «ce l’ho in corpo, e me lo porterò sottoterra, se è quello che serve per porvi fine.» 

Near percepì il calore ardente della sua vicinanza, e sorrise. Le sue mani ora erano più grandi, la pelle più spessa, più screpolata, ma l’energia era la stessa, incontrollata. «Mello che muore per me» sussurrò, quasi cantilenandolo. «A Elle sarebbe piaciuto.»

«Non ti ucciderò, Near.» Gli toccò il labbro inferiore con il pollice. Si sentiva sicuro, e forte. Era così che Near avrebbe sempre voluto che Mello vedesse se stesso. «Ti lascerò in vita. Ma quello che sei nella mia testa morirà, e onestamente non so cosa resterà di te.» Le sue labbra erano così diverse. Near le fissò con intensità. 

«Quello che tu sei nella mia» soffiò, «no.» 

Mello lo baciò, raccogliendo il suo gemito. Non era più un cratere. Era una casa infestata. Durante il bacio, Near affondò la mano nella tasca dei suoi pantaloni di pelle nera. Ne esibì il contenuto: un dado. Si sentì come se l’enigma fosse stato svelato per sempre. 

 

 

«Mi chiedo se ci rivedremo.» 

Mello strusciò il palmo della mano sulla sua camicia bianca e sputò: «Mai più.»

 

 

«Mi chiedo se mi mancherai» ipotizzò Near, la voce monocorde. 

Mello si rialzò in piedi. «Ogni giorno» rispose, «ogni giorno» ripetè, vendicativo.

Near lo lasciò uscire. 

  
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