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Autore: Theana    03/12/2021    0 recensioni
«Sono-»
«…bellissima!» concluse per lei Giuliano, pentendosi l’istante successivo di quell’uscita così impulsiva. Doveva aver detto qualcosa di incredibilmente sbagliato, perché il viso della donna si rabbuiò.
«Tutto okay? Non intendevo…»
«Non fa niente…» In contrasto con le sue parole, il corpo della giovane si irrigidì e la sua voce divenne gelida e triste.
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E se la famiglia Medici fosse vissuta in tempi moderni? Come sarebbe stato in questo contesto il primo incontro fra il bel Giuliano e la misteriosa Simonetta? Piccola rivisitazione moderna, dal punto di vista di Giuliano, della scena dell'incontro fra i due presente nell'episodio 2x02 - " Un uomo solo".
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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È in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta
Il vento dell'ovest rideva gentile
E in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti

Quel lunedì mattina il cielo sopra Firenze era cupo e ricoperto da nuvole grigie che lasciavano cadere le loro lacrime sotto forma di pesanti goccioloni d’acqua. Giuliano aveva sempre amato la pioggia, sin da bambino. Immaginava che insieme all’acqua scivolassero via anche i cattivi pensieri e ciò lo faceva sentire libero e leggero. In ogni caso, il mal tempo non lo infastidiva perché in quel momento lui si trovava al riparo e all’asciutto sotto il portico della sede principale della banca di Lorenzo. Aveva accompagnato il fratello sin lì, ma, all’ultimo minuto, aveva cambiato idea e si era rifiutato di entrare, preferendo invece aspettarlo fuori. Per ingannare l’attesa, il ragazzo biondo dagli occhi azzurri e dai lineamenti scolpiti aveva iniziato a sbocconcellare una mela rossa che aveva comprato da una bancarella di frutta e verdura lungo la strada. In altre circostanze si sarebbe accesso una sigaretta, ma si era ripromesso di smettere quel vizio. Con fare annoiato, fece correre lo sguardo lungo la strada sulla quale si affacciava la sede principale del banco dei Medici. All'improvviso il rombo di un tuono potente annunciò l’arrivò di un taxi che si fermò proprio di fronte alla banca. L’attimo dopo la portiera della vettura si aprì e davanti allo sguardo azzurro del Medici comparve la più bella donna che lui avesse mai visto. Aveva due grandi occhi luminosi di un verde smeraldo come la pietra che impreziosiva il sontuoso anello che portava all’annullare della mano sinistra. Una cascata di lunghi capelli dorati le scendevano morbidi e ordinati fin sotto le spalle e incorniciavano il bel viso ovale e privo di imperfezioni come un’opera d’arte. Nonostante la pioggia, il suo cappotto era aperto e lasciava intravedere il vestito singolare che indossava. Il tessuto era di ottima fattura, di un color azzurro quasi brillante. L’abito era molto elegante nella sua semplicità e l’orlo, simile ad un’onda del mare, si arricciava e si infrangeva su un paio di ginocchia, dritte e levigate come scogli. La giovane donna era di una bellezza senza eguali e, in tempi antichi, si sarebbe detta la dea Venere personificata. Per alcuni lunghi secondi, Giuliano rimase ad osservarla quasi senza fiato. Un fulmine invisibile lo aveva colpito al centro del cuore e gli aveva paralizzato tutto il resto del corpo. Per una sfortunata coincidenza, il taxi si era fermato facendo sì che l’uscita del passeggero si trovasse proprio sopra ad una vasta e profonda pozzanghera, difficile da evitare. Riscossosi, il giovane gettò via la mela e prese il suo ombrello decorato con una stampa della Cupola di Brunelleschi. Lo aprì e fece qualche passo in avanti per aiutare la nuova arrivata a scendere dalla macchina senza inzaccherarsi le scarpe.
«Posso?»
Nel pronunciare quella domanda, le offrì con fare galante una mano. Lei l'accettò e lo ringraziò educatamente con un sorriso dolce e luminoso. La sua voce era limpida e angelica.
«Molte grazie, messer…?» chiese con una punta di ironia, incuriosita dal gesto cavalleresco del suo biondo e aitante salvatore che sembrava uscito da un romanzo cortese medievale.
«Medici…» si presentò lui, con un leggero sorriso, cercando disperatamente di ricacciare indietro il nodo che gli aveva inspiegabilmente serrato la gola. Rimase senza respiro per qualche secondo, la bocca stranamente impastata e secca. Un’agitazione irrefrenabile pareva essersi impadronita del suo cuore che cominciò a galoppargli nel petto, accelerando sempre di più i battiti. Lo sguardo verde della donna era puntato su di lui ed era così intenso che per un attimo Giuliano rischiò di dimenticare il suo stesso nome. Si inumidì le labbra prima di continuare a parlare:
«…Sono Giuliano de’ Medici.» concluse.
«Vi ringrazio, messer de’ Medici. Senza di voi non sarei mai riuscita a raggiungere la mia meta e mi sarei completamente lavata da capo a piedi.» rispose lei con un lieve sorriso, scostandosi con la mano libera una ciocca di capelli che il vento umido e gonfio di pioggia le aveva spinto sul volto. Il cuore di Giuliano perse un battito quando lei gli sorrise per la seconda volta. Non aveva mai provato un’emozione come quella. Ignorava il nome di battesimo di quella donna, ma gli sembrava di conoscerla da sempre. Come se si fosse appena riunito ad una parte di sé stesso che non sapeva di aver smarrito. Avvertì il desiderio irrefrenabile e irrazionale di aiutarla e di farla sentire protetta e al sicuro. Si accostò a lei e sollevò maggiormente l’ombrello per essere certo di riparare interamente la figura di quella bellissima donna. Era alta (anche se più bassa di lui di circa una decina di centimetri) e doveva avere più o meno la sua stessa età. In quel momento i loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altra. Ad una distanza così ravvicinata, se è possibile, la ragazza appariva ancora più bella. Giuliano la fissò per un lungo momento negli occhi chiari e ridenti. Dietro la maschera della bellezza, colse nel suo sguardo una spiccata intelligenza, caratteristica quella che lo attraeva molto più delle forme perfette del suo corpo.  
Improvvisamente si ricordò il motivo per cui le era andato incontro. Con espressione seria e premurosa le disse:
«Non si preoccupi, non la faccio bagnare!»
Aggrottando le sopracciglia, lei gli restituì un’espressione piuttosto scettica.
«Curioso…Non è esattamente il genere di frase che una donna vorrebbe sentirsi dire.»
Non c’era malizia nell’affermazione del ragazzo, ma lei approfittò del doppio senso per prendersi bonariamente gioco di lui. Quindi scoppiò in una piccola, ma fragorosa risata facendo comparire un paio di tenerissime fossette sulle guance. Quelle di Giuliano avvamparono, con suo sommo dispiacere. Arrossendo sempre di più, il ragazzo si allontanò, sgusciando rapidamente fuori dal riparo offerto dalla cupola dell’ombrello.
«Mi piace la pioggia!» si giustificò a voce bassa con un sorrisetto imbarazzato, cercando di mascherare la propria goffaggine. Con la mano destra continuava a tenere l’ombrello. Dopo aver lasciato andare la mano della giovane, si passò la sinistra tra i capelli che in breve tempo divennero fradici di pioggia.
«Che coincidenza! Anche a me.» Commentò la ragazza, quindi schiuse nuovamente le labbra carnose intenzionata a ricambiare un minimo la sua cortesia e a presentarsi come si deve:
«Sono-»
«…bellissima!» concluse per lei Giuliano, pentendosi l’istante successivo di quell’uscita così impulsiva. Doveva aver detto qualcosa di incredibilmente sbagliato, perché il viso della donna si rabbuiò.
«Tutto okay? Non intendevo…» 
«Non fa niente…»  In contrasto con le sue parole, il corpo della giovane si irrigidì e la sua voce divenne gelida e triste.
«Mi dispiace, non volevo essere indiscreto.»
«Non è questo, io…» si morse il labbro inferiore e si interruppe, come se avesse bisogno di pensare bene a ciò che stava per dire. Giuliano sentì del dolore nella sua voce ed ebbe la sgradevole sensazione che lei stesse per piangere.
«Non aggiunga altro. Ho capito tutto.»
«Davvero?» chiese lei, presa in contropiede da una simile risposta.  
«Certo!» fece lui con l’aria di chi la sa lunga. Sentiva di essere rientrato in un campo che conosceva anche meglio di quello da calcio, sport in cui eccelleva e di cui era un gran appassionato.
«Per un attimo mi ero dimenticato di stare parlando con una donna d’altri tempi…»
Rianimato dalla sua solita spavalderia, le fece l’occhiolino e si esibì in un sorriso furbetto, cercando di apparire allegro e sicuro del fatto suo. Si schiarì la gola e si rivolse alla sua interlocutrice con un tono volutamente esagerato, solenne e formale:
«Perdonatemi madonna, il vostro nome non l’ho ancora udito…»
La donna si rilassò e si costrinse a non ridere. Quindi emise un piccolo sospiro di finta rassegnazione:
«Mi chiamo-»
«Simonetta!»
Proprio in quel momento una voce maschile, più adulta e più profonda di quella di Giuliano, la precedette, con un tempismo tutt'altro che provvidenziale. Nel sentirsi chiamare, lei si voltò di scatto. Il nuovo arrivato, anch’esso armato di ombrello, percorse la distanza che li separava con ampie e rapide falcate. Era alto quanto il Medici, ma decisamente più vecchio. Aveva una barba piuttosto folta, ben curata e scura, dello stesso colore dei capelli corti e riccioluti. Fu subito evidente che l’uomo dai capelli scuri e la ragazza dalla bellezza eterea si erano dati appuntamento in quel luogo e Giuliano si sentì improvvisamente a disagio, realizzando di essere il terzo in comodo. Suo malgrado non riusciva a distogliere lo sguardo dalle acque chiare e profonde degli occhi dalla donna che ora sapeva chiamarsi Simonetta. Si costrinse a farlo quando l’uomo più vecchio si presentò, senza tuttavia porgergli la mano.
«Piacere, Marco Vespucci. E lei deve essere uno dei famosi fratelli Medici. Giuliano, giusto?» cercò una rapida conferma negli occhi azzurri del giovane biondo che non si meravigliò per essere stato riconosciuto da un estraneo. Proveniva infatti da una famiglia facoltosa e nota in tutta Firenze.
«Io e mia MOGLIE» continuò Vespucci senza attendere risposta e rimarcando con un tono più alto della voce l’ultima parola «abbiamo un appuntamento proprio ora con Lorenzo.»
Un nuovo travolgente rombo di tuono squarciò l’aria e il cuore di Giuliano che non si era accordo che Vespucci aveva nominato suo fratello usando solamente il nome di battesimo, come se fossero amici di lunga data.
«Sua moglie…» sussurrò in modo gelido, quasi facendo il verso al marito di Simonetta. Quelle parole gli rimbombarono come un’eco nella mente e lo fecero sentire come se avesse appena ricevuto un pugno alla bocca dello stomaco che gli si contrasse violentemente. Accusò a fatica il colpo e abbassò il capo, fissandosi le eleganti e ormai fradicie scarpe che portava ai piedi. Non si era aspettato una simile rivelazione e non fece nulla per mascherare la delusione che rifletté il suo volto quando lo rialzò. Gli sfuggì un sospiro amareggiato e quasi impercettibile. Ripiegata la stoffa impermeabile con la riproduzione della Cupola, il biondo mise da parte il suo ombrello e lasciò che fosse quello cupo di Vespucci a riparare Simonetta mentre le gocce di pioggia, come gelide sbarre di una gabbia, la circondavano e le impedivano qualsiasi possibilità di fuga.
«Vieni tesoro, siamo in ritardo.» la esortò Marco, prendendola a braccetto e iniziando a muoversi verso l’entrata della banca. Il suo tono di voce era cordiale e affabile, ma nei suoi occhi si poteva scorgere l’ombra di un tacito rimprovero. Simonetta esitò prima di incamminarsi nella direzione che le era stata appena indicata. Si strinse appena nelle spalle e stiracchiò un mezzo sorriso di circostanza in direzione di Giuliano che la fissò a sua volta, ma non proferì parola. Si limitò a seguire silenziosamente con lo sguardo la donna mentre si allontanava insieme al marito fino a quando entrambi non furono scomparsi. A quel punto, il Medici, dimentico sia di suo fratello che del suo ombrello, si incamminò per le strade di Firenze, non curandosi né della pioggia gelida che con rinnovata violenza gli inzuppava gli abiti né del freddo che gli penetrava nelle ossa e gli ghermiva il cuore.

E in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora
E potrò consolare i tuoi occhi bagnati
In un giorno di pioggia saremo vicini
(
Modena City Ramblers)

  
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