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Autore: Francyzago77    06/12/2021    7 recensioni
Questa storia nasce come seguito de "La figlia di Georgie". Sono passati diversi anni, quelli che erano bambini sono ormai cresciuti e coltivano sogni, desideri, amori e sentimenti che s'intrecceranno con le vite dei loro genitori.
Dopo più di un anno che era nel cassetto ho deciso di pubblicare questo racconto...consiglio di leggere "Georgie il sequel" e "La figlia di Georgie" dato che questa ne è la prosecuzione.
La maggior parte dei personaggi presenti non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Izawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Bella festa – ribadì Georgie dopo essersi cambiata d’abito, tornata in cucina dove Sophie era ancora seduta accanto al camino. 
-Non vai in camera? – chiese alla figlia – Abel è già nel letto, io sistemo queste stoviglie e poi gli rammendo la camicia, preferisco farlo ora e non domattina!
E intanto osservava la ragazza, silenziosa in un angolo.
Non attese molto, era scesa proprio per parlarle ed infatti, dopo pochi istanti, domandò:
-Ti ha fatto male vederlo?
Sophie si destò come da torpore, sua madre ripetè:
-Peter, è stata dura per te rivederlo?
-No, anche tu me lo chiedi – rispose scuotendo la testa – sapevo ci sarebbe stato, Eric mi aveva avvisato e non potevo evitarlo.
Georgie si mise seduta accanto a lei, ora aveva capito che Sophie si sarebbe confidata.
-E poi – continuò la giovane – sono stata io a lasciarlo, avrebbe dovuto far male più a lui che a me!
Non aveva bisogno di fare domande, Georgie sapeva che sua figlia avrebbe parlato.
-Eric, nelle sue lettere – spiegò – mi aveva scritto sia del matrimonio di Peter che della nascita della sua bambina. Certo, confesso che trovarmelo accanto oggi mi ha comunque fatto effetto però sono sinceramente contenta per lui. Non conoscevo Carol, so che è di Sydney.
-Sì, sì – disse Georgie – è un’amica di Beth, hanno studiato insieme, così mi raccontò la madre di Peter. Sai capita d’incontrarla in paese o al mercato, mi chiedeva anche di te, a volte. 
Sophie sorrise pensando a un passato che le sembrava lontano.
-Anche Beth si è sposata – continuò la ragazza – e insegna in città.
Poi non disse più nulla, fu Georgie che riprese la parola:
-Piccola mia, sono convinta che anche tu troverai la persona giusta, magari fra qualche tempo ma arriverà.
-Non ho rimpianti mamma! – esclamò con foga Sophie – Ora avrei potuto essere sposata con Peter, avere già due bambini ma non ho voluto!
-E allora cosa c’è che ti turba, cara? – domandò con delicatezza Georgie – Non è la prima volta, da quando sei tornata, che ti vedo così.
La ragazza strinse un lembo della gonna fra le mani, era tesa, si sfogò finalmente:
-Tutti hanno un posto al mondo, tutti tranne me. Troverò mai la mia strada?
-Ma Sophie – disse desolata sua madre – hai girato per le migliori capitali d’Europa, hai vissuto a Roma studiando, hai una dote innata per il disegno che stai coltivando, sei piena di capacità.
-E non ho concluso nulla! – esclamò forte – Vedo gli altri andare avanti, fare e realizzare progetti e io resto sempre così, nei miei sogni vaghi.
-Cosa desideri ora? – le chiese Georgie preoccupata – Se hai dei sogni puoi realizzarli anche tu! Vuoi dipingere, fare mostre, insegnare pittura? O cosa?
-Vorrei capire me stessa – disse Sophie tra le lacrime – e qui mi sento soffocare. Lavorare con te non mi basta, sapevo che non avrei potuto rimanere più a lungo qui.
-Questo lo immaginavo – asserì Georgie – il paese ti sta stretto, dopo aver viaggiato e vissuto in Europa forse preferisci andare a stare un po’ in città. Hai più stimoli lì, è normale tu senta questa esigenza.
Si fece forza e rispose a sua madre:
-Sicuramente è vero, qui ormai mi sta tutto stretto. La vita, il paese, la gente e poi c’è Arthur e io non ce la faccio!
-Arthur? – la voce di Georgie si spezzò, rabbrividì a quella rivelazione della ragazza.
-Sì – ammise Sophie – non riesco più neanche a chiamarlo zio ormai. 
La giovane, dopo un attimo di esitazione, continuò, era un fiume in piena:
-In questi tre anni ci ho pensato spesso mamma. Ho sempre percepito ci fosse un forte legame fra me e lui e quel giorno al porto ne ho avuto la conferma. Da te. L’unica che poteva saperlo con certezza.
-Ma non c’è alcuna certezza! – ribatté Georgie ancora scossa – Tuo padre può essere lui come lo può essere Abel, non avrei mai dovuto dirti quelle parole alla tua partenza.  
-E continuare a nascondermi tutto, come hai sempre fatto? – la aggredì Sophie piena di rancore.
-Cosa avrei potuto dirti? Eri una bambina – si giustificò Georgie.
-Mi avete mentito per tutti questi anni! – esclamò sua figlia alzandosi – E continuate ancora questa commedia, come bravi attori di teatro. Cosa vi aspettate da me ora, gli applausi?
-Sophie, ti prego – cercò di calmarla Georgie – non volevamo farti soffrire, sei cresciuta serenamente con Abel come padre e Arthur come uno zio sempre presente. Perché complicarti la vita?
-Tanto l’avevo capito – sussurrò più calma – l’avevo capito dentro di me. E così serena non sono cresciuta se ora mi sento un’anima inquieta, che gira per il mondo senza trovare pace.
-Vuoi incolparci di questo? – Georgie era piena di angoscia – Noi ti amiamo Sophie, forse non sai quanto se dici queste parole!
-So che non sei mai stata veramente sincera con me - spiegò con impeto la giovane – e hai amato indistintamente due fratelli senza prendere una decisione.
-Non parlare se non conosci le circostanze – la rimproverò Georgie.
-Non le conosco perché non me le hai mai raccontate – puntualizzò Sophie desiderosa di sfidare sua madre – Da tanto non sono più una bambina, potevi parlarmi con calma e aiutarmi a capire.
Georgie scosse la testa sentendosi inerme e in colpa, sua figlia continuò:
-Comunque è bene che io vada via. A Sydney starò meglio, potrò riflettere e distrarmi. Quando tornerò saprò confrontarmi più serenamente con tutti voi. Perché io voglio affrontare la questione non solo con te ma soprattutto con papà e Arthur. Io non voglio continuare a recitare.
Fece una pausa mentre sua madre era sconvolta da quelle rivelazioni, poi continuò:
-Credevo di riuscire a dialogare subito con voi, appena tornata, ma non è stato così. È difficile per me stare vicino ad Arthur, parlarci come facevo una volta. L’idea che tu e lui siete stati insieme mi destabilizza e non capisco come papà e zia Maria abbiano accettato tutto ciò. 
-Ti prego di non giudicarmi così severamente – disse Georgie ormai sfiduciata nel capire la posizione presa dalla figlia – e quando vorrai saremo pronti per un confronto con te. Insieme.
-Lasciami stare da sola per qualche tempo – ribadì Sophie – ne ho bisogno anche per capire cosa fare della mia vita. Sono un’anima in pena, è dalla nascita che non so chi sono!
E così partì, dopo qualche giorno, diretta a Sydney, alla casa del nonno.
Riprese tele e pennelli e s’iscrisse a un corso d’arte in città.
L’esperienza e il bagaglio culturale conquistato nella vecchia Europa la portarono in breve tempo a buoni traguardi.
I suoi dipinti interessarono diversi acquirenti, in genere nobili amici di Fritz, e riuscì ad allestire e partecipare a mostre di quadri che ebbero un discreto successo.
Il lavoro la impegnava molto, si sentiva più sicura e determinata e sarebbe tornata a casa pronta ad un dialogo sereno se quel giorno il destino non avesse bussato nuovamente alla sua porta.
-Signorina Buttman – le disse l’anziano conte con aria soddisfatta – i suoi due dipinti impreziosiscono la mia mostra.
-Mi lusingate – rispose lei osservando ancora compiaciuta le sue opere – sono io che devo ringraziarvi per avermi invitata.
-L’amicizia che mi lega a vostro nonno non poteva esonerarmi dal farlo – spiegò quello – ma questi quadri sono talmente belli che l’avrei voluti comunque qui!
Presentò la giovane pittrice ad altre persone, tutti intenditori d’arte, mentre ammiravano la mostra allestita nel palazzo del conte Dortes. 
Sophie era al centro dell’attenzione, ammirata sia per le sue doti pittoriche che per i suoi racconti sull’Europa.
-In Italia ho potuto vedere le opere dei grandi – spiegava ai presenti – da Raffaello a Giotto, passando per Michelangelo e Leonardo. Ma il mio preferito è il Caravaggio!
-Caravaggio? Inquietudine e tormento – disse una voce unitasi ora al gruppo che fece voltare Sophie incredula.
-Ecco il nostro Percy! – esclamò il conte Dortes – Signorina Buttman vi presento un grande intenditore d’arte e frequentatore dei migliori salotti qui a Sydney.
-Ci conosciamo già – sorrise il giovane Gray facendo il baciamano ad una sempre più stupita Sophie.
-Bene, allora non perdiamo tempo con le presentazioni – continuò il conte – e proseguiamo l’interessante discussione.
In realtà, quasi subito dopo, come attratti l’uno dall’altra, i due ragazzi si allontanarono spontaneamente dagli altri visitatori per conversare da soli.
-Quindi hai girato per la mia Italia affascinata da luoghi ed opere d’arte? – le chiese lui con un pizzico di ironia.
-Oh sì – rispose Sophie – ho potuto vedere ciò che tu mi raccontasti con entusiasmo qualche anno fa.
-Ne è passato di tempo! – esclamò il ragazzo – Come cambiano le cose, tu in Europa ed io in Australia a seguire gli affari per conto di mio padre.
-Però non hai abbandonato le tue passioni artistiche e letterarie, da come ho intuito – affermò la giovane con interesse. 
-Le passioni non vanno mai tralasciate – asserì Percy – ricordalo. A proposito, noto con piacere che il tuo stile è migliorato, hai fatto progressi in campo artistico.
-Ti ringrazio – disse semplicemente Sophie – tutto merito dell’impegno, dei viaggi e dello studio.
-E delle tue doti – aggiunse lui – soprattutto delle tue doti.
Le prese nuovamente la mano sfiorandola con le labbra mentre la guardava negli occhi.
Da quel giorno ripresero a frequentarsi assiduamente, tra mostre, incontri letterari e pomeriggi artistici.
Una sera, tornando dal teatro, erano entrambi presi dalla trama dell’opera appena vista che non si accorsero che la carrozza era già arrivata a destinazione.
-Eccomi a casa – disse Sophie – e non abbiamo ancora terminato il discorso sulla poetica di Shakespeare!
-Lo continueremo domani – affermò Percy aprendole la portiera per farla scendere.
-È stata una splendida serata – ammise la giovane – come tutte d’altronde!
-Abiti tutta sola in questo palazzo? – domandò lui indicando il portone.
-Non proprio – rise Sophie – anche il nonno vive qua ma in due appartamenti distinti. Lui al primo piano, io al terzo. Ma ora non c’è, aveva un convegno, starà via per tutta la settimana.
-Allora, buona notte! – la salutò mentre lei metteva la chiave nella toppa.
Stava per tornare alla carrozza quando vide Sophie voltarsi chiedendogli: 
-Vuoi salire?
-Guarda che se salgo – rispose prontamente Percy – poi non scendo più!
-È quello che voglio – sussurrò Sophie con determinazione.
 
 
 
 
 
   
 
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