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Autore: Clementine84    06/12/2021    0 recensioni
Una donna normale, distrutta dalle difficoltà che la vita l'ha costretta ad affrontare, costringendola a dimostrare un coraggio che non credeva di avere e che le ha prosciugato ogni energia.
Un uomo famoso, abbandonato dalla compagna di una vita proprio mentre sta attraversando uno dei periodi più difficili della sua vita.
Entrambi restii a confessare le proprie debolezze, entrambi incapaci di chiedere aiuto, devono rimettere in piedi le proprie vite.
Quante sono le possibilità che si incontrino e decidano di provare a farlo insieme?
Two in a million. Once in a life.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 11

 

Is it love? Is it fate?
Where it leads, who can say?

 

 

Elle era in camera sua a preparare il borsone da portare con sé in occasione della partenza con Brian per trascorrere le feste a Oceanside, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Poco dopo, la testa di Amanda fece capolino. Elle le sorrise.

“Ehi”.

“Ehi. Serve aiuto?” le chiese la sorella.

Elle scosse la testa. “No, ho quasi fatto”. Poi, dopo averle rivolto uno sguardo pentito, domandò “Sei sicura che non ti dispiaccia se vado con Brian?”

Questa volta fu Amanda a scuotere la testa. “Ti ho già detto di no” la rassicurò. “Anzi, mi dispiacerebbe se non ci andassi”.

Elle sorrise di nuovo, più rilassata, e solo in quel momento di accorse che la sorella teneva in mano un pacchetto.

“Quello cos’è?” le chiese, curiosa.

Amanda abbassò lo sguardo sul pacchetto che stringeva tra le mani e porgendolo a Elle, rispose “È per te. Da parte di Will”.

Elle spalancò gli occhi e le sembrò di sentire il pavimento della stanza muoversi sotto i suoi piedi, quindi si lasciò cadere sul letto, per evitare di ritrovarsi stesa sul pavimento, senza nemmeno accorgersene.

“Co-cosa?” farfugliò, sconvolta.

Amanda annuì. “Mi ha chiesto di dartelo il primo Natale che avresti passato senza di lui” spiegò. “Ho detto di sì, per farlo contento, ma speravo di non doverlo fare veramente. Invece…”. Lasciò cadere il discorso, posando una mano sulla spalla della sorella, che stringeva il pacchetto tra le mani, fissandolo come se fosse un raro manufatto alieno.

“Ti lascio sola” annunciò Amanda, uscendo dalla stanza e richiudendo la porta dietro di sé.

Elle aspettò che la sorella se ne fosse andata, poi prese un respiro profondo, per farsi coraggio, e iniziò a scartare il pacchetto, togliendo prima il nastro azzurro, e poi la carta con la scritta Merry Christmas glitterata, facendo attenzione a non romperla. Era stato Will a incartare quel regalo ed era l’ultima volta che poteva scartare un pacchetto preparato con le sue mani. Era prezioso.

Una volta concluse le varie operazioni, mise da parte nastro e carta, dopo averla piegata accuratamente, e si concentrò sugli oggetti che si era ritrovata tra le mani: un CD, un biglietto natalizio, e una busta bianca con scritto il suo nome.

Guardò subito il CD e, istintivamente, sorrise. Era il singolo della canzone River, nella versione originale cantata da Joni Mitchell. A Elle non serviva ascoltarla, la conosceva a memoria. Con mani tremanti, aprì il bigliettino e iniziò a leggere le parole, scritte nella grafia tremolante di Will dell’ultimo periodo.

Buon Natale, amore. Ho pensato di regalarti la mia canzone preferita, così puoi ascoltarla, dato che non ci sarò più io a cantartela. Il che, in effetti, potrebbe anche essere un bene, considerato quanto sono stonato”.

Nonostante la vista fosse già annebbiata dalle lacrime, Elle sorrise e continuò a leggere.

L’ideale, però, sarebbe che tu trovassi qualcuno che te la canti al posto mio. Questa, o qualcosa di più allegro, come piaceva a te. Magari qualcuno più intonato di me.

I wish I had a river I could skate away on”.

Elle si ritrovò a ridere, tra le lacrime, pensando a quanto Will avrebbe trovato ironico che Brian, un cantante professionista, le avesse dedicato proprio quella canzone, giusto la sera prima. Richiuse il biglietto e le sue dita si strinsero attorno alla busta con il suo nome. Da una parte voleva aprirla ma, dall’altra, le mancava il coraggio. Nell’istante in cui la sua mente era andata a Brian, aveva sentito crescere dentro di lei una sensazione di vergogna, come se stesse facendo qualcosa di male. Sapeva che era assurdo, ma si sentiva come se il solo pensare a Brian significasse tradire Will. Per non parlare di quello che aveva fatto la sera prima. Chiuse gli occhi e scosse energicamente la testa, cercando di scacciare quei pensieri, ma non ci riuscì e, quando li riaprì, erano ancora lì, che pesavano sulla sua anima, più opprimenti di prima. Sentendo il panico iniziare a prendere possesso di lei, serrandole la gola in una morsa, abbandonò la busta sul comodino, afferrò la giacca rossa di Brian, che aveva posato accanto al borsone, con l’intento di portarla con sé, e si precipitò giù dalle scale, ignorando Amanda che la chiamava, per sapere cosa stava succedendo. Uscì di casa e si diresse a passo spedito verso l’abitazione di Nick. Aveva la mente annebbiata e il cuore che batteva forte, ma non era una sensazione piacevole, come la sera precedente, anzi. Voleva solo che smettesse in modo da poter tornare a respirare normalmente. Arrivata davanti al cancello, suonò il campanello con mano tremante. Dopo qualche istante, sentì la voce di Nick domandare “Chi è?”

Agendo come un automa e riconoscendo a stento la propria voce, si sentì rispondere “Nick, sono Elle. Devo vedere Brian”.

“Ti apro subito”.

Mentre percorreva il vialetto che conduceva alla porta d’ingresso, una parte del cuore di Elle sapeva che stava per commettere l’errore più grosso della sua vita. L’altra parte, però, era spaventata, completamente paralizzata dal terrore, e fu quella ad avere il sopravvento, impedendole di tornare in sé anche quando Nick la fece entrare, accompagnandola in salotto, dove trovò Brian che la aspettava sorridente. Le andò incontro e la strinse tra le braccia, tentando di darle un bacio. Solo quando lei si scostò, fissandolo con espressione spaventata, Brian si accorse che c’era qualcosa che non andava. Cercando di non farsi prendere dal panico, la prese per mano e la fece avvicinare al divano, dove si sedettero, uno accanto all’altra.

“Amore, che succede?” le domandò, senza smettere di stringerle la mano. “Sarei passato a prenderti tra qualche ora”.

Lei lo guardò, con gli occhi colmi di lacrime. “Io...non posso, scusami. Non posso venire” farfugliò, trattenendo a stento i singhiozzi.

“C-cosa…?” balbettò Brian, confuso, iniziando a sentirsi invadere dal panico. Stai calmo, si disse. È chiaramente terrorizzata. Cerca di capire cos’è successo.

“Credevo di farcela, invece non sono ancora pronta” aggiunse lei, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.

“È successo qualcosa?” le domandò, ostentando una calma che in realtà non provava affatto. “Cosa ti ha fatto cambiare idea?”

“Will mi ha lasciato un regalo di Natale e una lettera. Non l’ho ancora aperta, ma mi ha fatto capire che non ce la faccio, non sono ancora pronta a lasciarlo andare” spiegò Elle, con le guance ormai bagnate dalle lacrime, che scendevano libere dai suoi occhi tristi. Poi posò una mano sulla guancia di Brian e guardandolo negli occhi, disse, in un sussurro “Scusami, sono una persona tremenda. Ti ho illuso. Ma non volevo. Provo davvero qualcosa per te ed ero convinta di essere pronta a dimostrartelo completamente. Invece non è così. Perdonami”.

Brian restò a fissarla, senza sapere cosa dire o fare. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla forte a sé e dirle che sarebbe andato tutto bene, che qualsiasi cosa fosse, l’avrebbero affrontata insieme e che lui non le avrebbe fatto nessuna pressione. Voleva implorarla di ripensarci, di non lasciarlo. Di non abbandonarlo di nuovo, come aveva fatto la sua ex moglie. Aveva bisogno di lei, solo Elle sapeva dare un senso a quel casino in cui si era trasformata la sua vita. Ma la voce non gli usciva, non ne voleva sapere di collaborare e, invece, sentiva salirgli un groppo in gola che, sapeva, si sarebbe presto trasformato in singhiozzi, se non avesse combattuto per impedirlo. Così non disse nulla, si limitò a guardarla, con occhi tristi, pregando che quello che stava succedendo non fosse vero, che fosse solo un brutto sogno. Elle lasciò scivolare la mano dalla sua guancia e, senza smettere di piangere, si alzò lentamente dal divano, avviandosi verso l’ingresso. Non si voltò a guardarlo, non avrebbe retto. Stava spezzando il cuore all’unica persona al mondo a cui, invece, avrebbe voluto donare il suo. Ma non poteva. Non era ancora pronta. Credeva di esserlo, ma evidentemente si sbagliava. Se il regalo di Will le aveva fatto quell’effetto, significava che non l’aveva ancora dimenticato e non poteva illudere Brian, non se lo meritava. Non appena si richiuse la porta alle spalle, iniziò a correre verso casa, singhiozzando rumorosamente, incurante della gente che la osservava con espressione stupita quando la incrociava. Non credeva possibile che il suo cuore potesse rompersi una seconda volta, eppure era successo. Ed era solo ed esclusivamente colpa sua.

 

~ * ~

 

Quando Nick sentì richiudersi la porta d’ingresso, si stupì del fatto che Elle se ne fosse andata senza salutarlo. Lasciando Odin e Saoirse a guardare un cartone animato in TV, si avviò verso il salotto, dove trovò Brian seduto sul divano con la testa tra le mani. Non appena sentì i passi dell’amico avvicinarsi, alzò lo sguardo e Nick si accorse con sgomento che aveva gli occhi colmi di lacrime. Gli andò vicino e, sedendosi accanto a lui, gli posò una mano sulla spalla.

“Ehi. Cos’è successo?” gli chiese.

“M-mi ha scaricato. Credo” farfugliò in riposta Brian, scuotendo leggermente la testa.

Nick strabuzzò gli occhi, il ritratto dell’incredulità. “Cosa?” sbottò. “Perché?”

“Dice che non si sente ancora pronta” tentò di spiegare Brian, sebbene quella scusa suonasse assurda anche a lui.

“Ma...ieri sera…?” balbettò Nick, cercando di rimettere insieme i pezzi.

Brian annuì. “Lo so. Lo credevo anch’io. Lo credeva anche lei, a quanto pare. Ma, alla fine, non ce l’ha fatta”.

“Dovevate passare le vacanze insieme” osservò Nick, sentendosi improvvisamente triste per l’amico. Avrebbe voluto potersela prendere con qualcuno ma, in quel momento, non sapeva nemmeno bene a chi dare la colpa.

Brian sospirò. “Non me lo dire. Avevo mandato qualcuno ad addobbare un albero di Natale, per farle una sorpresa al nostro arrivo” confessò.

“Dio, Bri. Mi dispiace” si lasciò sfuggire Nick, abbracciandolo.

Brian nemmeno commentò l’esclamazione dell’amico. Non ne aveva la forza. Nick lo notò ed ebbe la conferma che Brian stava veramente crollando.

Nonostante questo, si strinse nelle spalle e tentò di minimizzare. “Non importa. Doveva andare così. Era troppo bello, per essere vero”.

Nick gli strinse una mano, preoccupato. Brian si voltò a guardarlo e gli rivolse un debole sorriso.

“Sto bene” lo rassicurò.

“No, non stai bene” obiettò Nick, scuotendo la testa.

“Okay, non sto bene” ammise Brian, con un sospiro rassegnato. “Ma la supererò, come sempre”.

Nick decise di non approfondire ulteriormente l’argomento – sapeva che a Brian non piaceva farsi vedere troppo vulnerabile – e passò alle cose pratiche.

“Cos’hai intenzione di fare?” gli chiese.

“Andrò a casa mia, come programmato” rispose Brian, deciso.

“Da solo?” domandò Nick, scettico. Non gli avrebbe fatto bene, sarebbe stato meglio avere gente intorno in modo da non lasciarsi avvolgere dalla spirale autodistruttiva di cui Brian era solito cadere vittima, quando qualcosa di veramente brutto incrociava la sua strada. Ma Nick lo conosceva abbastanza bene da sapere che non l’avrebbe mai ammesso e anche che non avrebbe cambiato idea. Era testardo come un mulo e orgoglioso come un vecchio leone ferito, che non accetta di mostrare le sue debolezze per paura di essere dimenticato in un angolo e sostituito. Solo lui riusciva a fare breccia sotto quella corazza. Lui ed Elle. Per quello quei due dovevano stare insieme. Cosa poteva fare per sistemare le cose?

Fu riportato alla realtà e strappato alle sue riflessioni dalla voce di Brian che commentava, afflitto “Devo farci l’abitudine”.

“Sai che puoi stare qui, vero?” gli ricordò. Non riusciva a sopportare l’idea dell’amico che trascorreva le vacanze di Natale da solo, a struggersi per aver perso l’unica persona che era riuscita a entrare di nuovo nel suo cuore.

Brian sorrise, anche se era un sorriso di circostanza. “Lo so, e ti ringrazio. Ma ho bisogno di stare un po’ da solo per tentare di rimettere insieme i pezzi della mia vita. Per l’ennesima volta”.

“Cosa farai a Natale?” gli chiese Nick, preoccupato.

Brian alzò nuovamente le spalle. “Andrò da Kevin. Ci sarei andato comunque. E poi Baylee mi raggiungerà per Capodanno con Addison”. Poi, notando lo sguardo corrucciato di Nick, gli posò una mano sul ginocchio e lo rassicurò “Starò bene, non preoccuparti”.

Non ne era sicuro. Non ne era sicuro per niente. Anzi, era certo che sarebbe stato tutto, tranne che bene. Ma non aveva senso dirlo a Nick e farlo preoccupare ulteriormente. Per quanto l’affetto dell’amico – o, forse, avrebbe fatto meglio a dire fratello adottivo, perché era così che aveva sempre considerato Nick – lo commuovesse e gli riempisse il cuore di gratitudine, Brian voleva stare solo. Aveva bisogno di leccarsi le ferite e capire da dove ricominciare, finalmente. Solo in quel momento si rese conto che, dopo la fine della relazione con Leighanne, non si era mai fermato a riflettere su cosa volesse veramente, su come vedesse il suo futuro. Non ne aveva avuto il tempo. Era arrivata Elle e gli aveva sconvolto la vita con la sua spontaneità e la sua determinazione, e lui si era semplicemente lasciato travolgere da quel fiume in piena di nuove emozioni, senza domandarsi cosa gli avrebbe riservato il futuro. O, meglio, l’aveva fatto, ma soltanto per immaginarlo insieme a Elle. E, per un breve ma bellissimo istante, si era illuso che il suo sogno potesse diventare realtà. Aveva creduto di essere stato davvero così fortunato da trovare la sua anima gemella, quella vera, in grado di leggere nel suo cuore come quasi nessuno era mai riuscito a fare. E di poter passare il resto della vita con lei. Era stato quello il suo unico scopo. Fino a quel giorno. Adesso, il castello di carta su cui aveva ricostruito la sua vita era miseramente crollato sotto l’uragano che gli si era scagliato contro e Brian non poteva fare altro che rimettere insieme i pezzi, come meglio riusciva, e ricostruirsi una sorta di vita. Non sarebbe mai stata bella e appagante come quel sogno in cui si era cullato fino a poche ore prima, ma avrebbe dovuto fare del suo meglio. Anche se sarebbe stato tremendamente difficile e doloroso.

 

~ * ~

 

Elle stava singhiozzando da almeno un’ora, abbandonata tra le braccia di Amanda, che ancora non era riuscita a capire esattamente cosa fosse successo. Aveva colto qualche pezzo di frase, qua e là, tra il delirio della sorella minore, e aveva tentato di ricostruire la vicenda, a grandi linee. A quanto pareva, il regalo di Will aveva sconvolto Elle, come, in effetti, Amanda temeva. Sua sorella si era lasciata prendere dai dubbi e dal rimorso per aver, a detta sua, dimenticato così in fretta il marito e aveva agito d’impulso, scaricando Brian e rifiutandosi di rivedere la sua decisione. Sulle prime, Amanda avrebbe voluto prenderla a schiaffi per vedere se riusciva a farla rinsavire. Cosa diavolo le era saltato in mente? Quell’uomo terribilmente affascinante e dolce la amava e le aveva giurato di voler passare tutta la sua vita con lei, perché la sua stupida sorellina non la smetteva di fare la martire e si decideva a godersi la vita, una volta per tutte? Dopo tutto quello che aveva dovuto sopportare, si meritava un lieto fine. Ora, però, tenendola tra le braccia e sentendo il suo corpo scosso dai singhiozzi, si ritrovò improvvisamente catapultata indietro di trent’anni, quando aveva dovuto consolare una Elle undicenne che era tornata a casa da scuola in lacrime perché aveva deliberatamente sbagliato l’ultima parola alla finale statale della gara di spelling, lasciando vincere la sua compagna di classe Kathy e precludendosi la possibilità di partecipare al concorso nazionale, per cui si allenava da ormai due anni.

“Ma perché l’hai fatto, se adesso ci stai così male?” le aveva chiesto Amanda, confusa.

Elle aveva alzato le spalle e, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, aveva risposto “Perché Kathy non ha la mamma e deve occuparsi del fratellino piccolo perché suo papà lavora fino a tardi. Se lo meritava più di me”.

A distanza di trent’anni, la situazione era pressoché la medesima e sua sorella non era affatto cambiata. C’era sempre qualcuno che stava peggio di lei e che si meritava più di lei quello a cui tanto agognava. Elle aveva l’animo da martire e, sebbene non avesse idea da dove diavolo l’avesse ereditato, dato che lei non era per niente così, Amanda doveva rassegnarsi a tenersela com’era. In quel caso specifico, anche se non sapeva bene cosa l’avesse spinta a farlo, doveva aver deciso di non meritarsi l’amore di Brian o un futuro felice con lui, e aveva fatto dietrofront prima di pensare di averlo preso in giro. Elle era fatta così. Era fatta male, a suo avviso, ma ormai non nutriva grande speranza che potesse cambiare.

Quando i singhiozzi sembrarono essersi leggermente calmati, Amanda fece alzare Elle, in modo da poterla guardare negli occhi e, sorridendole dolcemente, le chiese “Mi dici solo perché? Stamattina non vedevi l’ora di passare il Natale con Brian e adesso, di punto in bianco, lo scarichi a poche ore dalla partenza e piangi come una disperata, quindi deduco che non sia stata una decisione presa a cuor leggero”.

Elle prese un respiro profondo e farfugliò, con la voce roca per il lungo pianto “Mi sono accorta che stavo dimenticando Will e non voglio. Non posso dimenticarlo”.

Amanda sentì crescere dentro di sé un’ondata di tenerezza per quella creatura che le stava di fronte, a cui la vita aveva riservato così tante sfide da lasciarla completamente distrutta, anche se non voleva darlo a vedere. Alzò una mano e accarezzò una guancia della sorella, dicendole “Ma tu non dimenticherai mai Will. È parte di te. Ti creerai semplicemente nuovi ricordi con Brian”.

Elle scosse energicamente la testa, tirando su col naso. “No” replicò, decisa. “Tu non capisci”.

Amanda annuì. “Hai ragione,” ammise “non capisco. Non capisco perché ti ostini a credere di non meritare un po’ di serenità. Nessuno la merita più di te, mettitelo in testa. Ma devi capirlo da sola”.

Detto questo, si alzò lentamente dal letto e uscì dalla stanza, lasciando la sorella sola, a riflettere sugli avvenimenti di quel movimentato pomeriggio.

Ritrovatasi sola e con un vuoto incolmabile nel cuore che, era certa, solo la presenza di Brian sarebbe riuscita a riempire, Elle allungò una mano verso il comodino, per prendere il cellulare. Voleva mandare un messaggio a Brian per chiedergli nuovamente scusa, anche se sapeva che sarebbero state parole vane. Come poteva perdonarla dopo che lo aveva illuso, giocando con i suoi sentimenti e trattandolo come un dolce ordinato sulla scia dell’entusiasmo e poi abbandonato praticamente intatto nel piatto, a fine pasto, quando si era accorta di essere troppo sazia per mangiarlo? Nemmeno Brian, che riteneva in assoluto la persona più buona che avesse mai conosciuto, poteva essere così compassionevole. Non poteva arrivare a tanto. Nell’avvicinarsi al telefono, le dita di Elle si posarono su qualcosa di sottile e ruvido e si accorse di avere la mano sulla busta con il suo nome che Will le aveva fatto recapitare da sua sorella insieme al CD e al biglietto natalizio. Senza riuscire a staccare gli occhi da quelle lettere, scritte nell’inconfondibile grafia del marito, Elle prese la busta e iniziò a rigirarsela tra le mani. Se la portò al viso e le sembrò di percepire il profumo del dopobarba di Will, per quanto assurdo potesse sembrare. Istantaneamente, le tornò alla mente il profumo di Brian, che sentiva su di sé per aver indossato la sua giacca, che ne era ancora impregnata. Sospirò e alzò gli occhi al cielo, cercando di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di ricominciare a scendere all’idea che, se non fosse stata così codarda e impulsiva, in quel momento avrebbe potuto essere con lui, in viaggio verso l’oceano, verso la loro nuova vita. I suoi occhi si posarono nuovamente sulla busta che teneva tra le mani.

Will.

Dio, quanto le mancava. Aveva deciso di aprire la busta a Natale, in un ultimo disperato tentativo di sentirlo ancora con lei ma, in quel preciso momento, la nostalgia per il marito era talmente forte che le mancava l’aria e faceva fatica a respirare. Lasciandosi guidare dall’istinto, aprì la busta e ne estrasse un foglio, che spiegò con mani tremanti. Recava la scrittura di Will. Cercando di non mettersi a piangere ancora prima di iniziare, si apprestò a cominciare la lettura.

Mia cara Elle,

non so dove sarai in questo momento, forse a Las Vegas da Amanda. Spero soltanto che tu non sia sola e che non senta troppo la mia mancanza. Ho pensato a lungo a cos’avrei voluto dirti per salutarti, ma mi venivano in mente soltanto stupide battute tratte dai nostri film preferiti e qualcosa mi dice che, quando leggerai questa lettera, non sarai troppo in vena di scherzare. Non sono mai stato bravo con le parole, ma a te non è mai importato. A volte, però, avrei voluto essere capace di esprimere tutto quello che sei stata per me. So che lo sai, ma è bello sentirselo dire, ogni tanto. Purtroppo, non ne sono capace, quindi mi concentrerò su questioni più pratiche. Sorridi, Elle. Sorridi perché, quando lo fai, ti si illuminano gli occhi e tutto il viso diventa radioso, come quei dipinti delle madonne che ci divertivamo a prendere in giro quando andavamo a visitare i musei. Solo che non è ridicolo, anzi. È bello vederti ridere. Scalda il cuore. Voglio che tu sia felice, Elle. E non importa se riuscirai o meno a tenere fede a tutti gli impegni della lista che abbiamo fatto. Non è questo che conta. Conta solo che tu sia felice. Io lo sono stato, con te. Lo siamo stati, insieme. Ora devi esserlo anche senza di me. Con qualcun altro, magari, qualcuno a cui dare tutto l’amore che hai dato a me. Ne hai ancora tanto, lo so. E sarebbe un peccato che nessun altro potesse goderne, come ho fatto io.

Questo mi devi promettere. Solo questo. Indipendentemente da dove vivrai, cosa farai o quanti tatuaggi deciderai di farti (o non farti).

Non avere paura di dimenticarmi, non succederà mai.

Lasciami andare e accetta ciò che il futuro ha in serbo per te.

Verranno giorni felici. Te lo meriti.

Tuo, per sempre.

Will”.

Elle ricominciò a singhiozzare, stringendo la lettera tra le mani e bagnando la carta con le lacrime, che non riusciva a trattenere. In parte, erano lacrime di commozione, certo. Will le aveva scritto una lettera dolcissima e non se lo sarebbe mai aspettato. Per la maggior parte, però, erano lacrime di disperazione. Stupida, si disse. Stupida che non sei altro. Ti sei lasciata accecare dalla paura e hai rinunciato all’unica cosa che ti avrebbe reso felice, come voleva Will. Asciugandosi le lacrime con la manica della felpa, Elle aprì il cassetto del comodino e ne estrasse un foglio scritto a computer. La lista delle cose da fare dopo la sua morte che Will l’aveva obbligata a stilare mentre era in ospedale. Scorrendola, si accorse che erano quasi tutte spuntate, tranne l’ultima. Quell’ultimo punto su cui tanto avevano discusso, arrivando quasi a litigare, e che, alla fine, aveva acconsentito ad aggiungere alla lista solo perché non voleva bisticciare con lui. Osservò i caratteri stampati, nero su bianco, soffermandosi su quell’ultima voce, ancora senza spunta.

Innamorarti di nuovo.

Non credeva che sarebbe mai riuscita a tenere fede a quell’ultimo impegno, invece, inaspettatamente, era successo. Si era innamorata di Brian e, ormai, l’idea di dover passare il resto della vita senza di lui le faceva mancare l’aria. Boccheggiando, si alzò di scatto dal letto e spalancò la porta, fiondandosi verso le scale e urlando “Amanda!”

La sorella comparve subito in fondo alla rampa, un’espressione terrorizzata in viso.

“Cosa c’è?” domandò, preoccupata. Aveva lasciato Elle solo pochi minuti prima, cosa poteva essere successo, nel frattempo, per costringerla a urlare così?

“Io...sono un’idiota” farfugliò Elle, scendendo velocemente le scale e andando verso di lei. “Un’enorme, colossale idiota”.

Amanda si lasciò sfuggire una risatina e stava per ribattere con un commento sarcastico su quanto concordasse con la constatazione della sorella, ma Elle non gliene lasciò il tempo e annunciò “Devo andare da Brian”.

“A-adesso?” balbettò Amanda, presa alla sprovvista.

Elle annuì. “Sì, adesso. O, almeno, il prima possibile”.

Amanda non fece domande. Non chiese cosa le avesse fatto cambiare idea, in fondo, non era importante. La cosa fondamentale era che Elle sembrava essersi resa conto di aver commesso un errore ed era decisa a rimediare. Le posò le mani sulle spalle e sospirò. “Okay, calmati. Vai di sopra, finisci di preparare le valigie e fatti un bel sonno, che se Brian ti vede così si spaventa, pover’uomo. Io, intanto, cerco di capire come farti arrivare a Oceanside nel minor tempo possibile”.

Elle aprì la bocca per protestare ma la sorella non glielo permise. La fece voltare e la spinse su per le scale, con gesti decisi. “Niente obiezioni” la rimproverò. “Lascia fare a me”.

 

  
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