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Autore: Fafanella    08/12/2021    7 recensioni
E se STELLA non avesse avuto tutti i suoi blocchi...
E se BENJI avesse inisistito di più...
What if della mia long: 1,2,3… STELLA.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: SENTIVO LA NOSTALGIA DEI MIEI BENJI E STELLA E PER IL COMPLEANNO DEL NOSTRO PORTIERONE, ANCHE SE SONO IN RITARDO DI UN GIORNO, HO VOLUTO SCRIVERE QUESTA WHAT IF.
 
BUONA LETTURA.
 
 
LA STELLA DI NATALE
 
 
 
 
Gus mi si avvicina e mi informa “Sono andati tutti via, tranne quell’armadio la giù. Chiamiamo il mio amico poliziotto per farci dare una mano?”
“Perché, è ubriaco?”
“No, solo non si fa guardare in faccia, ha sempre la testa china. È losco.”
Mi sporgo dal bancone e lo metto a fuoco, non so perché ma ho la sensazione di conoscerlo, o per lo meno, di averlo già visto da qualche parte.
“Non essere sempre così esagerato. Il fatto che sia un omaccione non significa che debba essere per forza un tipo aggressivo.”
“Però sembra orientale, potrebbe conoscere le arti marziali e farci fuori entrambi in un lampo.”
Scruto prima mio cugino Gus, che avendo una corporatura esile non è proprio un cuor di leone, poi risbircio il bel tenebroso seduto al tavolo e… mi si accende una lampadina. Sono certa sia lui, così tranquillizzo lo smilzo “Tu vai a dormire, me la vedo io con l’armadio là giù. Tra titani ci intenteremo sicuramente.”
“Non ti lascio da sola con quello, tu dai sempre il beneficio del dubbio a chiunque e…”
Lo faccio ammutolire con la mia occhiataccia che significa –STAI PARLANDO TROPPO- poi gli spiego “Lo conosco, vai di sopra e non preoccuparti.”
“Veramente lo conosci?”
“Dovresti conoscerlo anche tu, solo che quando vedi ragazzoni del genere, subentra il complesso di inferiorità e devi per forza vedere il male…”
“Ok, può bastare, non ho voglia dell’ennesima lezione sull’avere maggior stima di sé stessi, soprattutto se viene dal pulpito sbagliato.”
Sorrido, ha ragione, ma lui è peggio di me. Evito di infierire ancora e mettendogli una mano sulla spalla lo invito ad andare di sopra.
Termino quel che stavo facendo, poi chiudo la porta in modo da poterla aprire solo dall’interno e mi avvicino al mio ospite illustre.
Prendo un grande respiro imponendo a me stessa di cercare di essere gentile, nonostante io odi i musoni.
Più mi avvicino e mi più sento come se la sua tristezza mi avvolgesse, prendo un altro respiro e lo informo “Stiamo chiudendo, vuole che le chiami un taxi?”
“Non è neanche mezzanotte” argomenta senza alzare la faccia.
“Sono le nuove regole del comune, dal lunedì al mercoledì devo chiudere massimo a mezzanotte, visto che il locale si è svuotato un po’ prima, sto già chiudendo.”
“Ma mancano quindici minuti a mezzanotte.”
Mi sta snervando, aggrappandomi a non so quale forma di pazienza, una molto ben nascosta nel mio io più profondo replico “Infatti le ho detto che stiamo chiudendo, non che abbiamo chiuso e, nel caso le fosse servito un taxi, avremmo rispettato comunque l’ordinanza comunale.”
Sempre a testa china brontola qualcosa facendo a brandelli quel rarissimo granello della mia pazienza “Signor Price non la mimetizza né il cappellino e né la testa china, inoltre trovo sia molto sgarbato e poco educato nei confronti di chi con sacrificio porta avanti un’attività.”
Finalmente solleva gli occhi su di me e incazzandosi “È una fissazione questa cosa del cappellino. Lo porto solo in campo, non ci esco, non ci vado a dormire e non lo uso per mimetizzarmi.”
“Bene, si è sfogato? Faccia un comunicato stampa per convincere il mondo che non fa pipì con il cappellino calzato in testa e nel frattempo, mi faccia chiudere il mio locale.”
Sorride divertito ed è estremamente affascinante, finalmente sento che quella tristezza che mi aveva avvolta sta allentando la sua stretta.
Mi stupisce chiedendomi “Se fossi un suo amico potrei restare?”
C’è qualcosa nel suo tono di voce, nel modo in cui ha inclinato la testa sul lato sinistro, nelle sue dita che stringono con forza il bicchiere di birra ancora pieno; è quasi una richiesta d’aiuto.
Sospiro ancora, gli prendo il bicchiere dalle mani e lo invito a seguirmi “Questa ormai è calda e imbevibile, inoltre credo che farebbe più al caso suo una tazza di tè. Mi segua.”
Arrivati al bancone, spengo le luminarie che lo adornano e lo faccio sedere nell’angolo destro imponendogli “Scelga una tazza.” Gli mostro una nicchia con tazze provenienti da tutto il mondo.
Diventa serio, come quando in campo deve prendere una decisione difficile, poi un po’ deluso “Non c’è quella che avrei scelto, dovrò accontentarmi di Roma.”
Sorrido incuriosita, eppure non lascio spazio a quello che vorrei sapere, anzi mi premuro di sapere altro “Ha mangiato qualcosa stasera? Ha fame?”
“No, e non ho fame. Lei però non ha risposto alla mia domanda.”
La mia faccia interrogativa lo porta a proseguire “Se fossi suo amico potrei restare?”
Mi appoggio al bancone lasciando che la piccola abat-jour mi illumini il viso “Può restare fino a quando non avrò sistemato tutto, prenderemo insieme una tazza di tè e nel frattempo, forse, capirò che cosa ci fa BENJAMIN PRICE nel mio locale.”
“Ha un viso molto bello, o forse è solo la luce di quella piccola lampada che illuminandola le mette in risalto gli occhi. Sembra una persona molto felice, i suoi occhi sono molto allegri.”
Mi ritraggo per non fargli notare che sono arrossita, stranamente gli ho creduto, nonostante io sia io, cioè sono quella che sono e certamente non sono bella, eppure mi ha fatto arrossire.
Riprendo il controllo delle mie emozioni e con sincerità “Cerco di esserlo, felice, non che la vita non mi abbia riservato dei bei ganci destri ben piazzati, ma sì: sono essenzialmente una persona felice.”
“Come si chiama?”
“Stella” glielo traduco poi in tedesco e sorride ancora “Le si addice.”
“Non mi prenda per la Stella di Natale, non è qui che deve restare, fra poco dovrà andare via.”
Scoppia a ridere ancora e annuisce, mi alzo e gli dico “Mi aspetti qualche istante” mi allontano, preparo il tè e prendo una treccia al burro arrotolata, la glasso e ci metto sopra la candelina lasciandola sul ripiano, non mi serve adesso. Il suo compleanno è domani, ossia fra qualche minuto, in città non si parla d’altro che della mega festa a villa Price. L’acqua arriva a bollore, la verso nelle due tazze e il tè inizia l’infusione, prendo dell’anice stellato, una stecca di cannella, un paio di fette di arance caramellate e tolgo la bustina. Porto le tazze dal mio ospite illustre e gli porgo la sua. Quando mette a fuoco la mia esclama “C’era allora, solo che non è fruibile.”
“Avrebbe scelto la tazza di Napoli?” domando con estrema curiosità.
“Sì.”
Scoppio a ridere “Non resisterebbe che pochi minuti nella mia città.”
“È italiana dunque!”
“Napoletana, è diverso.”
“Come disse una delle donne più belle al mondo.”
“Sofia è quel tipo di donna che dieci uomini non potrebbero mai eguagliare.”
“E lei che tipo di donna è?”
“Sta facendo il Casanova con me? Dico mi ha vista? Crede che potrei crederle?”
“Credevo di averle fatto un complimento poco fa, e non sto facendo Giacomo, era una domanda per capire con chi ho a che fare.”
Prendo un sorso di tè e replico “Per misurare il mio carattere?”
“Crede di mettermi in difficoltà citando Jane Austen?”
“Crede che cadrò a suoi piedi perché conosce uno dei più grandi capolavori della letteratura e chiama per nome il più grande amatore di tutti i tempi?”
Scoppia a ridere e non posso trattenermi dal dirgli “È veramente bellissimo quando ride di gusto.”
Si blocca e mi fissa in un modo strano, si riscuote e argomenta “Quindi cadrà ai miei piedi se riderò ancora.”
“Lo chieda a Giacomo” e bevo un altro sorso.
Ride ancora annuendo, mi volto a controllare l’ora e mi allontano, torno da lui con la treccia glassata e la candelina accesa invitandolo “Esprima un desiderio e spenga la candelina.”
Sono nuovamente illuminata dalla piccola abat-jour, mi guarda in un modo così magnetico che mi tremano le mani, mi domanda con fermezza “Lo esaudirà se lo esprimo?”
“Io? Non credo…”
“Vorrei un bacio di buon compleanno, adesso” dichiara a voce alta e soffia con decisione.
Sono senza parole, quasi sgomenta.
Uno degli uomini più belli e desiderati al mondo mi ha chiesto di baciarlo.
“Questo le… le ha insegnato il suo amico Giacomo? Non lo sa che i desideri non si esprimo a voce alta?” sto prendendo tempo.
“No, Giacomo non chiederebbe mai, porterebbe l’oggetto del suo desiderio a fare ciò che lui vuole senza che se ne renda conto. Io sto rischiando di essere rifiutato” si sporge un po’ e a voce bassa aggiunge “Ho dovuto esternarlo affinché lo sentisse la Stella giusta.”
“Sta confondendo le modalità per esprimere i desideri” lo informo sempre più sgomenta.
Lui nega con la testa “La Stella alla quale alludo in modo poco nascosto è lei, non quella cadente.”
“Signor Price lei forse con questa luce soffusa non mi ha vista bene, io… io non sono affatto come le donne che in genere frequenta.”
“L’ho vista più che bene e la sto vedendo anche adesso…” si accarezza il mento perplesso “quindi sta rifiutando di esaudire il mio desiderio di compleanno?”
“Mi sta inducendo a fare ciò che vuole, proprio come le ha insegnato il suo maestro.”
Sorride e sottolinea “Però lei se ne sta rendendo conto, non è inconsapevole… inoltre mi sta facendo dubitare del mio fascino…”
“Ora sta mentendo, non dubita affatto del suo fascino, non dica assurdità.”
“Sono sincero invece, e mezzanotte e dieci, sono dieci minuti che aspet…” gli prendo il viso fra le mani e lo bacio a fior di labbra, non posso fare altro e pur se con imbarazzo gli spiego il perché “Non posso fare di più, non so come si fa.”
Mi bacia il palmo della mano destra e si divincola, fa il giro del bancone e prima di oltrepassarlo aspetta che gli dia il consenso. Arrivato da me, si china e con una mano mi accarezza il braccio sinistro, parte della coscia e poi va oltre il sedile per trovare la leva che fa alzare al massimo lo sgabello su cui sono seduta.
Nel frattempo il suo respiro mi sposta i ricci, sa di cannella e arancia, la sua mano sinistra è poggiata sulla mia spalla destra, lentamente la sposta verso il collo e quando torna a guardarmi mi sussurra “Posso avere per me il suo primo vero bacio?”
Annuisco mentre il mio corpo viene attraversato da un brivido feroce e lo stomaco mi si contrae.
Mi avvolge il viso e mentre i suoi pollici mi coccolano le gote, mi spiega “Il bacio è la prima delle carezze intime, permettimi di accarezzarti e credimi, saprai cosa fare.”
Poggia la sua bocca sulla mia, la schiude di poco e ingloba fra le sue labbra il mio superiore, ripete la stessa cosa con quello inferiore e quando la apre maggiormente, sento di doverlo fare a mia volta ed è così che le nostre lingue si incontrano. Si rincorrono e scivolano l’una sull’altra in movimenti sinuosi e languidi.
Mi sento come se stessi precipitando e avverto l’esigenza di poggiare i piedi a terra, per poterlo fare devo allontanare un po’ il suo corpo, ma non voglio che smetta di baciarmi, così una mano la porto dietro la sua nuca e una sul suo addome. Al mio tocco i suoi muscoli si contraggono e gli sfugge un verso strano, come di compiacimento. Finalmente poggio i piedi a terra, eppure quella sensazione di vertigine non mi abbandona, anzi viene accentuata quando una sua mano scivola lungo la mia schiena e mi costringe, con presa salda, ad aderire al suo corpo.
Mi spinge fino a farmi scontrare con il bancone, come fossi un fuscello mi solleva quel tanto per farmi sedere sul bancone e si fa spazio fra le mie gambe, il tutto senza smettere di baciarmi.
Solo quando una sua mano si avventura sul mio addome lo allontano interrompendo il mio primo vero bacio.
Si scusa all’istante “Perdonami mi sono lasciato travolgere dalle emozioni” si accarezza un sopracciglio con un pollice, è in imbarazzo ma prosegue “tu… sei così morbida e… poi… il fatto che nessuno ti abbia…” abbassa lo sguardo e colpevole ammette “Ho perso il controllo, scusami.”
Morbida, mi ha toccata e tutto ciò che ha sentito è: che sono morbida.
Non grassa e disgustosa.
“Tu mi vorresti?” chiedo con troppa enfasi, sembrando quasi aggressiva.
Fa un passo indietro e cerca di argomentare “Io… io… vedi tu hai qualcosa, tu mi fai sentire stranamente protetto. Inizialmente credevo mi avresti dato uno schiaffone alla mia richiesta del bacio, non avevo avuto l’impressione di piacerti. Poi quando mi hai detto che non sapevi come fare e ho capito che nessuno mai ti ha… ti ha… insomma è una cosa che fa girare la testa e poi hai ricambiato il mio bacio, e che bacio e… ho perso il controllo, non farei mai nulla senza… cioè… io… hai capito, vero?”
Nego con la testa e lui sospira avvilito, non pensavo di poter vedere una tale reazione da Benjamin Price, soprattutto non credevo che una come me potesse piacergli.
Lo pungolo “Giacomo non apprezzerebbe questo balbettare e il non avere risposto alla mia domanda. Devo richiedertelo: tu Benjamin Price, mi vorresti? Io ti eccito? Io?”
“Sì” nessuna incertezza.
Lo attiro a me afferrandolo per la maglia mentre i suoi occhi non perdono il contatto con i miei.
Nell’impattarmi contro avverto la sua eccitazione, se ne accorge e fa un passo indietro, rido.
“Non rideresti se lo avessi avvertito bene” ci tiene a sottolineare.
“Sei tutto grande Price, non penso tu abbia un bonsai là sotto.”
“Ci sono anche quelli giganti.”
Sorrido maliziosa e gli dico “Non lo so cosa ti concederò, sono ancora incredula che ti stia permettendo di toccarmi” e gli indico le sue mani sui miei glutei, per maggiore sicurezza gli chiedo “Tu sei proprio sicuro che mi vorresti?”
Si avvicina poggiandosi a me totalmente e mi domanda “A te cosa sembra?”
Arrossisco e sorrido intimidita, lui mi solleva il mento e mi informa “Fermami prima di farmi arrivare al limite, altrimenti mi uccidi.”
“Avvisami quando saremo poco prima del tuo limite, perché io di certo non lo so” a questa mia frase lo sento crescere ulteriormente, così gli chiedo “Sicuro che ti piaccia io e non il fatto che sia vergine?”
“Entrambe le cose in verità” mi bacia a fior di labbra e aggiunge “Hai altro da chiedermi?”
Nego con la testa e le sue mani si spostano sulla mia camicia mentre mi domanda ancora “Posso sbottonarla? Vorrei toccarti meglio.”
“Me o il mio seno?”
“Entrambi.”
Scoppio a ridere e gli impongo “Però baciami come prima.”
Sorride sghembo e fa ciò che gli ho chiesto, mentre non so come, una sua mano mi sta già accarezzando un seno.
 
 
 
   
 
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