2.
Vivere
insieme a Vi aveva i suoi lati positivi e i suoi lati negativi.
Pochi
giorni dopo l’essersi stabilita in pianta stabile in quel
piccolo appartamento,
Caitlyn notò per la prima volta un pessimo difetto della sua
coinquilina:
l’essere una gigantesca smemorata.
Questo
venne a galla una sera in particolare, quella in cui suo padre
organizzò una
festa per la dimissione di sua madre dall’ospedale. Fu un
ricevimento
abbastanza sobrio rispetto alla tipologia di eventi organizzati dalla
famiglia
di solito: solo una ventina di persone, tra amici e persone influenti
della
città, una lunga tavola imbandita di leccornie varie nel
centro del salone
principale, un po’ di musica classica di sottofondo.
C’era anche Jayce, quella
sera; lui e Caitlyn si scambiarono solo qualche parola di cortesia
prima di
evitarsi come la peste per tutta la sera.
Non
avevano smesso di volersi bene, certo. Ma era una situazione spinosa,
dopo
tutto quello che era accaduto negli ultimi mesi, come se guardarsi in
faccia
facesse riaffiorare tutti i problemi e che entrambi non sapessero cosa
dirsi a
vicenda se non tutta una sequela di scuse e condoglianze.
Convincere
Vi ad unirsi non fu meno semplice. Quando ne parlarono qualche sera
prima a
casa, dopo essere tornata da un lungo ed estenuante turno di lavoro,
alla sola
proposta la zaunita aveva arricciato il naso dal disgusto,
“una festa? Qui?”.
Ma cedette subito dopo che Caitlyn le parlo del motivo della festa e, a
cuore
aperto, le confessò di aver bisogno di
lei, “non ti aspettare che mi
metta una gonna però”.
Non
era vestita con una gonna, ma l’agente constatò
che stava bene anche con i
pantaloni neri e la camicia che aveva scelto d’indossare. Per
tutto l’evento Vi
stette più in silenzio che altro, dileguandosi ogni tanto e
palesandosi nella
sala solo quando veniva servito il cibo.
Non
l’avrebbe costretta a sostenere nessuna conversazione con
nessun pomposo
piltoviano; detestava anche lei quelle riverenze e quei
discorsi altezzosi,
ma come figlia della consigliera non poteva tirarsi di certo indietro.
Ma
sapeva che il motivo per cui era elusiva come uno yordle era un altro:
non
voleva mettersi in imbarazzo e soprattutto non voleva mettere in
imbarazzo
Caitlyn.
In
quella sala tutti sapevano già tutto di lei, in un modo o
nell’altro. Che
proveniva dalla città sotterranea, che era stata in
prigione, che aveva aiutato
la polizia ad eliminare la minaccia di Silco (che poi le cose fossero molto
più complicate non gli era dato saperlo) e che, da poco
tempo, lei e la
signorina Kiramman convivevano. Gossip da bordello,
l’avrebbe chiamato
Vi. A ciò che contribuiva a renderla un pezzo di legno si
aggiunse, oltre al
resto, la paura di inimicarsi i genitori di Caitlyn. Lei la prese un
po’ in
giro, perché la donna forte e brutale che conosceva
diventava piccolissima
quando il signor o la signora Kiramman le rivolgevano la parola.
I suoi
genitori erano al corrente dei lei. Mentre suo padre, anche se con le
sue
remore, aveva accettato di buon grado la presenza di Vi, sua madre non
era
dello stesso avviso: come biasimarla, dopo quello che è
successo alla Consulta.
Ma a parte questo, nessuno diede fastidio alla zaunita.
Saperla
nelle sue vicinanze tranquillizzò abbastanza
l’agente da farla tener duro e
arrivare sana di mente a fine serata, quando si congedarono in tutta
fretta e
fuggirono dalla mansione verso il distretto delle Arti.
Era
una classica notte tarda di un inverno piltoviano, fatta di freddo
umido a
cause del fiume nelle vicinanze, un vento sferzante ma che quella sera
era
interrotto dalla pioggia battente; quest’ultima le aveva
prese di sorpresa
mentre tornavano a piedi e ovviamente non avevano
pensato di portare con
loro un ombrello.
Caitlyn
stava lentamente gelando; se Vi non avesse rinunciato alla sua giacca
per riparare
entrambe almeno un po’ dall’acqua, sarebbe stata
zuppa fino alla punta dei
piedi. Si strinse appena nell’indumento, alla ricerca di
tepore, mentre Vi
armeggiava davanti la porta.
“Oh merda”
esclamò mentre si toccava incessantemente i pantaloni e la
camicia, alla
ricerca di qualcosa.
“Che
succede?”
“La
chiave.”
“Cosa
la chiave?”
“L’ho
dimenticata sul tavolo” si lamentò, ricordandosi
del motivo per cui non ce
l’avesse addosso. Si accovacciò davanti al
chiavistello e lo osservò con
attenzione, alla ricerca di una soluzione. Se solo quella non fosse
stata la
porta di casa sua, non si sarebbe fatta problemi a buttarla
giù con un calcio
ben assestato. “Cait, hai qualcosa di lungo e appuntito che
posso usare?”
Caitlyn
annuì e tirò fuori dai suoi capelli una lunga
bacchetta di legno dorata, una di
quelle usate per tenere i capelli ordinati in una crocchia, causando
il disfacimento della sua complicata acconciatura. Gli occhi di Vi
guizzarono
sul collo scoperto dell’agente, dove i suoi capelli scuri
scivolarono; scosse
la testa subito e tornò a concentrarsi sulla serratura per
forzarla.
Caitlyn
la osservò esterrefatta, “non sapevo fossi anche
una scassinatrice”.
“Sono
piena di soprese” si vantò senza
spostare lo sguardo da quello che stava
facendo; il chiavistello fece un rumore ma la porta non si
aprì. Ne seguì uno
sbuffo, “ugh, non sono mai stata capace a
fare ‘sta roba” ridacchiò al
riaffiorare di un ricordo “quello bravo davvero era
Mylo-“.
Silenzio.
La mano indaffarata di Vi si fermò e tutta la sua figura
s’incupì. Solo la
domanda dell’altra la ridestò e la fece
continuare, “Mylo?” ma non ricevette
nessuna risposta. E Caitlyn non chiese nient’altro.
Il
silenzio regnò indisturbato, così a lungo che
Caitlyn sospettò che Vi si fosse
addormentata. Ma il suo respiro era corto e anche se lei in quel
momento le
dava le spalle, riusciva ad immaginarsi perfettamente la sua
espressione
corrucciata.
Di
nuovo ruppe il silenzio, “Vuoi parlarne?”. La
risposta fu immediata.
“No.”
C’erano
tante cose che Caitlyn non conosceva di Vi. Cose che avrebbe voluto
conoscere
con tutta sé stessa e con tutto il cuore. Poteva solo
immaginare le difficoltà
che aveva affrontato, gli orrori che aveva visto; qualche volta aveva
condiviso
stralci del suo passato, ma erano solo attimi persi, che pitturavano il
suo
viso di tensione e dolore. Ogni volta che qualcosa spuntava fuori da
sotto
quella corazza d’acciaio, era questo il risultato: si
tramutava in un animale
ferito, inavvicinabile e imperscrutabile.
Un
giorno, Caitlyn sperava, Vi si sarebbe aperta completamente, e lei
avrebbe
avuto la possibilità di ascoltarla, di consolarla, di
asciugare le sue lacrime.
Ma non era quello il momento e lei non aveva fretta. Si era promessa di
lasciarle tutto il tempo necessario.
L’unica
cosa che poteva fare a quel punto era farle sapere che era
lì per lei. S’infilò
sotto le lenzuola e si stese, allungò un braccio per cingere
la vita di Vi.
Attese in una sua reazione contraria, che non ci fu, e si strinse a
lei,
poggiando la guancia sui suoi tatuaggi. Prima di addormentarsi, si
segnò la
nota mentale di procurarsi una copia delle chiavi.
±
Angolo
dell'autrice:
dunque, non sono mai stata produttiva così tanto nella mia
vita. Grazie Arcane. E che dire! Non voglio dare una cadenza
settimanale a questa fanfiction, ma aspettatevi un altro aggiornamento
presto! Grazie per aver letto.