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Autore: orange    10/12/2021    7 recensioni
Aveva imparato, mordendosi la lingua prima di poterla dire, la parola adatta a descrivere quella sensazione che le indugiava in gola ogni volta in cui si soffermava a osservare quelle linee immaginarie, tracciate da lui, per lei, a insegnamento.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Colgo l’occasione per ringraziare immensamente i lettori e tutti colori che hanno apprezzato You will find me where it’s quiet. È sempre una gioia leggere i vostri pareri, grazie per il vostro entusiasmo.
Grazie anche agli autori di questo fandom, siete una grande fonte di ispirazione.

orange
 
*
 
Così lontano
 
 
Guardarlo allenarsi era diventata, con il tempo, un’ossessione. A se stessa, almeno, poteva confidarlo, che quei movimenti fluidi, quei kata disegnati a mezz’aria, puro colore su tela, la consumavano.
E in silenzio, trattenendo il fiato per non fare rumore, di quei movimenti studiava con avidità ogni dettaglio, seguendo il profilo teso del corpo animarsi per ogni respiro, sentendosi rimpicciolire di fronte all’intensità di quei gesti.
Erano lì, davanti a lei, eppure irraggiungibili. Così lontani.
Come lui, così lontano.
 
Aveva imparato, mordendosi la lingua prima di poterla dire, la parola adatta a descrivere quella sensazione che le indugiava in gola ogni volta in cui si soffermava a osservare quelle linee immaginarie, tracciate da lui, per lei, a insegnamento.  Come se quella provocazione fosse stata creata con il solo scopo di ricordarle che non sarebbe mai stata all’altezza.  
Era invidia. Una parola così contorta da stringerle il petto, così disarmante, nella sua evidenza, da farle girare la testa.
Era così che l’invidia la coglieva impreparata, facendole mancare la terra sotto i piedi, mentre restava indietro, a guardare da lontano. Mentre scivolava via, come uno stelo sfiorito.
 
E puntualmente, mera spettatrice di quella forza che tanto la attirava, supplicava una preghiera lancinante che non osava nemmeno pronunciare ad alta voce.
 
Ti prego, ti prego, ti prego.
 
Il battito accelerava, le dita si stringevano in un pugno finché le unghie non lasciavano finalmente il segno sulla pelle, lo stomaco si torceva fino a fare male.
 
Voglio essere così anch’io.
 
Forse era quello il suo sogno. Non ereditare la scuola di famiglia, rendere orgogliosa sua madre, dimostrare a suo padre che poteva farcela da sola, ma essere come lui. Avere quello che aveva lui.
 
Anche quel pomeriggio, nascosta appena dalla porta del dojo, mentre ne stringeva saldamente il bordo ruvido e si domandava se lui si fosse accorto dei suoi occhi affamati, Akane si lasciò andare a un sussurro, l’aria fredda di fine autunno che tremava sulle labbra.
 
Ti prego, ti prego, ti prego.
 
Sapeva che, se avesse lasciato la presa, quel sogno sarebbe volato via.
 
Anch’io.
 


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