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Autore: pampa98    11/12/2021    2 recensioni
[Questa storia partecipa al "Calendario dell'Avvento" indetto da Cora Line sul forum "Ferisce la penna"]
EverybodyLives!AU
Da quel momento, Fili iniziò a organizzare la più grande festa che Erebor avesse visto dai tempi di re Thror, e non ci fu più modo di convincerlo a stare a riposo – “Tu eri quello intelligente della famiglia! Sei stato pugnalato e hai fatto un volo di parecchi metri, e solo Durin sa come tu sia ancora intero!” lo aveva rimproverato Dwalin, ma una pacca sconsolata di Balin sulla spalla lo aveva portato a lasciar perdere.
Tutti i nani parteciparono attivamente all’organizzazione, sebbene Bilbo si rese presto conto che si sarebbe dovuto occupare lui di riempire la dispensa e, soprattutto, tenerla al sicuro fino al fatidico giorno. Si unirono a loro anche gli Uomini del Lago e qualche Elfo amico di Tauriel, la ragazza di Kili. Dopo i primi sguardi truci tra le varie fazioni, con l’intervento di Bilbo e Gandalf, gli unici appartenenti ad altre specie, riuscirono a preparare tutto in discreta armonia.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balin, Bilbo, Fili, Gandalf, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Ricucire

Note: La Battaglia delle Cinque Armate è avvenuta il 23 novembre, dunque ho pensato di approfittarne per scrivere una storia "natalizia". Premetto che la mia cultura del mondo di Tolkien si limita alle due trilogie (quella dello Hobbit in particolare), quindi non so se esista effettivamente una festa simile al Natale, né se le tradizioni di cui parlerò nella storia siano vere o meno (quasi sicuramente no ^^"). Spero che possiate chiudere un occhio sulle libertà che mi sono presa e apprezzare comunque la storia ^^ Buona lettura!


 

Dove si trova casa

A Leila e Cedro ❤




Bilbo era rimasto al suo capezzale fino a quando non aveva riaperto gli occhi. Gandalf lo aveva rassicurato che la ferita era sì grave, ma non mortale, tuttavia Bilbo non si sarebbe messo l’animo in pace finché Thorin non si fosse svegliato. Bofur e Balin gli portavano a turno qualcosa da mangiare e restavano lì con lui per permettergli di riposare per qualche minuto, con la promessa che lo avrebbero svegliato all’istante se fosse cambiato qualcosa.
Quando Thorin aprì gli occhi, Bilbo stava leggendo un libro sulla storia di Erebor che gli aveva prestato Bard e aveva una mano posata su quella del re.
«Bil… bo?»
Bilbo chiuse il libro di scatto, posandolo sgraziatamente a terra, e fu subito da lui. Thorin provò a tirarsi su, ma Bilbo lo fermò.
«No, no, Thorin, fermo. Sei ferito, devi riposare. Vuoi un po’ d’acqua?»
Thorin posò la testa sul cuscino con un sospiro, le sopracciglia aggrottate per il dolore del movimento.
«Sì. Grazie.»
Lo aiutò a bere e poi uscì per chiamare Gandalf. Fuori dalla porta si imbatté in Gloin, che cominciò a urlare a squarciagola che Thorin si era svegliato. Nel giro di pochi istanti, dieci nani si precipitarono nella stanza e Bilbo dovette ripararsi dietro il letto e minacciare tutti per evitare che saltassero addosso al re. Thorin sorrise ai suoi amici, ma presto il suo volto si fece preoccupato.
«Dov’è Kili? E...» Il suo sguardo si rabbuiò, mentre i ricordi della battaglia riaffioravano alla sua mente.
«È in un’altra stanza. Insieme a Fili» Dwalin gli mise una mano sulla spalla e annuì. «Se la sono vista brutta anche loro.»
«Sono vivi?»
«Sì. E sono coscienti già da alcuni giorni» rispose Balin.
Come se parlare di loro li avesse chiamati, i due fratelli comparvero sulla soglia della stanza accompagnati da Gandalf.
«Gandalf!» lo rimproverò Bilbo. «Devono riposare. Tutti e tre devono riposare, sono quasi morti!»
«Tranquillo, Mastro Scassinatore» Fili si avvicinò a lui lentamente e gli diede una pacca sulla spalla – particolarmente forte, considerata la sua condizione. «La buona compagnia è meglio del riposo.»
«Pensavamo che saresti morto» esclamò Kili, avvicinandosi a suo zio. Il movimento repentino lo portò a deformare il volto in una smorfia di dolore e dovette appoggiarsi al bordo del letto.
Thorin sorrise e prese le mani dei due ragazzi. Per Bilbo fu un’immensa gioia vedere quella famiglia riunita, finalmente a casa.
«Sono davvero felice che siate vivi. Tutti quanti.» Il suo sguardo vagò su tutti i nani, impegnati a piangere e abbracciarsi, per poi indugiare su Bilbo. Lo Hobbit si sentì avvampare e fu costretto ad abbassare lo sguardo, nel tentativo di nascondere le lacrime che minacciavano di sgorgare dai suoi occhi.
«Bentornato a casa, Re di Durin» disse Gandalf. «E congratulazioni, a tutti quanti. Ora però due di voi devono tornare nella loro stanza e un altro dovrà riposare come si deve se vuole ascendere al suo trono.»
Kili protestò, ma Dwalin e Fili riuscirono a trascinarlo via e lentamente tutti i nani lasciarono la stanza.
«Bilbo» lo chiamò Gandalf, «anche tu devi riposare come si deve.»
«Stai bene, Mastro Baggins?» si informò subito Thorin, allarmato.
Bilbo gli sorrise e gli diede una pacca di rassicurazione sul braccio. «Sto bene, Thorin. Ero solo… molto preoccupato.» Si stiracchiò. Quel viaggio lo aveva provato, sia fisicamente che emotivamente: il sonno ristoratore che poteva concedere un letto soffice sembrava molto attraente in quel momento.
«Riposati. Torno più tardi.»
Thorin annuì e lo guardò uscire dalla stanza insieme allo stregone.

❄ ❄ ❄
 

Trascorsero alcuni giorni prima che a Thorin venisse dato il permesso di lasciare il suo letto. Bilbo era andato a trovarlo ogni giorno, per assicurarsi che mangiasse e riposasse a dovere, e per impedirgli di muoversi a suo piacimento. “A te dà ascolto” gli aveva detto Balin e, in effetti, se era Bilbo a dirgli di stare a riposo e non fare sforzi inutili, Thorin obbediva. Questo in qualche modo lo faceva sentire speciale per il nano, come era accaduto anche durante il suo – fortunamente breve – periodo di follia, ma ciò non fece che ricordare a Bilbo che, non importava quanto le sue azioni fossero finalizzate al bene di Thorin e del suo regno, aveva tradito la sua fiducia. Anche Thorin doveva spesso tornare con la mente a quei momenti, perché aveva ripreso a chiamarlo con il suo titolo e il suo sguardo talvolta si rabbuiava quando i loro occhi si incontravano. Se fossero tornati indietro, Bilbo avrebbe fatto esattamente le stesse cose, perché anche se ciò che aveva creduto – folle anche lui – che potesse nascere tra lui e Thorin era svanito per sempre, il nano era tornato quello di sempre. Avrebbe ricomposto il suo regno ed Erebor sarebbe prosperata negli anni a venire. Era uno prezzo più che equo per la fine delle sue illusioni.
«Potresti restare a vivere qui» gli suggerì Fili un giorno. «Erebor potrebbe diventare bella come la Contea.»
Bilbo gli sorrise. Sentì il peso della ghianda che aveva raccolto nel giardino di Beorn e ripensò al sorriso che gli aveva rivolto Thorin quando gliel’aveva mostrata. Casa Baggins gli mancava.
E non aveva motivo di restare ancora lì.
«Verrò a trovarvi, promesso.»
«Resta almeno fino al nuovo anno» insistette Fili. «È usanza per i nani dare una festa che duri ininterrottamente dal 24 dicembre fino all’ultimo giorno dell’anno. È da tempo che non possiamo festeggiare come si deve...»
Bilbo sorrise. «Nella Contea addobbiamo un albero del nostro giardino e la mattina del 25 dicembre ci scambiamo dei regali. E mangiamo molto, naturalmente.»
«Niente male questa tradizione dei regali. È un sì, dunque?»
Bilbo annuì.
Da quel momento, Fili iniziò a organizzare la più grande festa che Erebor avesse visto dai tempi di re Thror, e non ci fu più modo di convincerlo a stare a riposo – “Tu eri quello intelligente della famiglia! Sei stato pugnalato e hai fatto un volo di parecchi metri, e solo Durin sa come tu sia ancora intero!” lo aveva rimproverato Dwalin, ma una pacca sconsolata di Balin sulla spalla lo aveva portato a lasciar perdere.
Tutti i nani parteciparono attivamente all’organizzazione, sebbene Bilbo si rese presto conto che si sarebbe dovuto occupare lui di riempire la dispensa e, soprattutto, tenerla al sicuro fino al fatidico giorno. Si unirono a loro anche gli Uomini del Lago e qualche Elfo amico di Tauriel, la ragazza di Kili. Dopo i primi sguardi truci tra le varie fazioni, con l’intervento di Bilbo e Gandalf, gli unici appartenenti ad altre specie, riuscirono a preparare tutto in discreta armonia.
Anche Thorin prese parte ad alcune decisioni, ma per lo più si limitava a sorridere a ogni nuova proposta e a passeggiare per il castello, tenendosi però sempre a debita distanza dalla sala del trono.
«Non vuole più essere re?» chiese un giorno Bilbo a Balin, preoccupato.
«No. Ha solo paura di tornare a essere quel re.»

 

I giorni passarono ed Erebor si riempì di ghirlande e colori sgargianti. Kili si era rimesso del tutto, e anche Fili e Thorin riuscivano a muoversi per tutto il castello senza stancarsi o sentire il dolore pervadere ancora le loro membra. Bilbo era felice per loro. Anche se le occasioni di passare del tempo insieme a Thorin si erano fatte sempre più rare, saperlo vivo e circondato dalla sua famiglia era più che sufficiente. Sarà più semplice andare via, si ripeteva lo Hobbit, sebbene sapesse di essersi affezionato molto anche agli altri membri della compagnia, e lasciarli sarebbe stato doloroso.
«Mastro Baggins.» Thorin gli si avvicinò la sera prima del 24 dicembre, le ultime ore in cui Erebor sarebbe stata occupata solamente dalla loro compagnia. «Ti va di passeggiare con me?»
Bilbo accettò senza indugio e percorsero i corridoi del palazzo in silenzio, salvo i rari commenti che Thorin si lasciava sfuggire ogni tanto sulla festa e su come era stato bravo a organizzare tutto con così poco preavviso. Bilbo si limitò ad annuire, incerto se dover instaurare una vera conversazione e quale argomento scegliere.
Si fermarono davanti alla sala del trono. Quell’area non era stata toccata, salvo qualche piccola ristrutturazione al trono stesso, decisa e portata avanti da Balin.
«Vogliono una cerimonia ufficiale» disse Thorin, lo sguardo perso sul trono che per tanto tempo aveva inseguito. «Un’incoronazione.»
«È arrivato il momento che tu riprenda ciò che ti spetta, Thorin.»
Il nano si voltò verso di lui e Bilbo abbozzò un sorriso, sperando di risultare incoraggiante. Thorin mosse impercettibilmente il capo in segno di assenso.
«Avrei piacere che tu fossi presente. Che restassi a Erebor almeno fino a quel momento.»
Il modo in cui lo guardò mentre pronunciava quella richiesta fece perdere un battito al cuore di Bilbo. In passato aveva imparato a conoscere Thorin, a capire cosa passasse nella sua mente, ma in quel momento, in quegli ultimi giorni, era come se si fosse creata una crepa tra loro e Bilbo non sapeva come ricucirla. Accettare il suo invito forse avrebbe aiutato – e lui desiderava restare, lo desiderava davvero – ma era certo che niente avrebbe potuto riportarli al punto raggiunto con tanta fatica mesi prima. Perché restare, allora?
«So di non essermi comportato nel migliore dei modi con te da quando siamo qui» disse Thorin, forse interpretando il suo prolungato silenzio come un rifiuto.
«No, Thorin, era… era la Malattia del Drago, non tu.»
«Non mi riferisco solo a quello. Io… cercando di capire come fare ammenda per ciò che ho fatto allora, temo di aver solo peggiorato le cose.»
Bilbo scosse la testa. «Non devi fare ammenda di niente.»
«Stavo per ucciderti.»
«Non eri in te! E comunque non lo hai fatto. Thorin, quello che conta...» Allungò le braccia verso di lui, per cercare un contatto, ma a mezz’aria le ritrasse. «Ascolta, per me… per me va tutto bene così.» Non era la verità, non del tutto almeno. Thorin dovette percepire la tristezza nella sua voce e fece un passo indietro, appoggiandosi al muro alle sue spalle. Per un momento Bilbo temette che stesse male, ma poi il nano parlò.
«Quando ho sconfitto Azorg, credevo che la ferita che mi aveva inferto mi avrebbe ucciso. Ero dispiaciuto all’idea di lasciare i miei compagni dopo tutto quello che avevamo passato per tornare a casa, ma sapevo anche che avrebbero saputo andare avanti senza di me. Il mio unico rimpianto, il mio grande rimpianto, era non aver detto addio a te.» Sollevò gli occhi chiari nei suoi. Bilbo avrebbe voluto chiedergli di non parlare del passato, di tutto il male che era accaduto loro perché non aveva più importanza, ma non riuscì a emettere un suono.
«Il pensiero di non potermi mai scusare per ciò che ti avevo fatto passare, di non poterti dire quanto tu sia stato importante per me continuava a martellarmi in testa, incessante. Credevo di essere morto con quel rimorso come compagno eterno, ma quando ho riaperto gli occhi tu eri lì. Avrei dovuto porgerti le mie scuse in quel momento.»
Bilbo riuscì a scuotere la testa e staccarsi dal suo sguardo. «Da quando ti sei svegliato l’unica cosa importante era che tu ti rimettessi in forze. Sei stato davvero sul punto di morire, Thorin, e non hai idea di quanto… È stato… Quando ti ho trovato riverso in una pozza di sangue, ero terrorizzato. Non potevo accettare che tu non ci fossi più. Avrei preferito che Azorg uccidesse me, perché almeno non avrei dovuto convivere col dolore di averti perso per sempre. Volevi fare ammenda? Volevi il mio perdono? Be’, se fossi morto non ti avrei mai perdonato, ma non lo hai fatto perciò...»
Bilbo non riuscì a terminare la frase. Le labbra di Thorin premettero sulla sua bocca, annullando qualunque suono stesse per uscirvi. Bilbo dovette aggrapparsi alle sue spalle per non perdere l’equilibrio. Non capiva cosa stesse accadendo, perché all’improvviso Thorin lo avesse stretto a sé e lo stesse baciando. Era tutto così giusto e sbagliato che non sapeva come avrebbe dovuto reagire.
Poi ripensò a Smaug, ad Azorg e all’Arkengemma, a tutto ciò che sarebbe potuto andare storto dal giorno in cui Thorin aveva varcato la soglia di Casa Baggins; eppure erano lì, vivi e insieme. E allora i come e i perché non avevano più importanza: contavano solo le labbra di Thorin, i suoi capelli crespi e morbidi tra le dita di Bilbo e la sua barba che gli graffiava il volto con dolcezza. Non seppe quanto tempo passò, né avrebbe mai rotto quel momento se i suoi polmoni non avessero reclamato aria.
Si rese conto di toccare il pavimento solo con la punta dei piedi e Thorin lo rimise a terra, per poi fare un passo indietro.
«Perdonami, sono stato… irruento.»
Bilbo si passò distrattamente l’indice sulle labbra gonfie. Era stato decisamente irruento, ma in un modo molto piacevole.
«Credo di aver appena aggiunto un altro punto all’elenco dei motivi per cui devo chiedere il tuo perdono» mormorò Thorin, cercando di nascondere l’imbarazzo dietro il suo portamento regale.
«Veramente no» rispose Bilbo. «A meno che questo non fosse solo il modo che usano i nani per zittire qualcuno che non vogliono ascoltare.»
«Non volevo sentirti parlare della tua morte. E speravo anche di riuscire a spiegarti, meglio di quanto riuscirei a fare a parole, perché vorrei che tu restassi con me, Bilbo
Bilbo si lasciò sfuggire un sospiro, seguito subito dopo da una risata liberatoria. Prima che Thorin potesse pensare che lo stesse deridendo, chiuse la distanza tra di loro e gli prese il volto tra le mani.
«Le tue ragioni sono state spiegate con estrema chiarezza, Thorin.»
Lo baciò e quella volta si rese conto delle braccia di Thorin intorno a sé che lo sollevavano da terra.
 

❄ ❄ ❄
 

Quando Bilbo aveva diffuso la voce della festa a Erebor, aveva invitato tutti a portare parenti e amici, quasi del tutto certo che i pochi elfi presenti sarebbero stati quelli che avevano contribuito all’organizzazione della stessa e che erano ormai stati accettati da tutti i suoi compagni. Non avrebbe mai immaginato che i nani si sarebbero dovuti sedere a tavola e condividere il loro cibo con Re Thranduil in persona.
«Avevi detto che potevamo invitare degli amici, no?» gli disse Bard l’Ammazzadraghi quando Bilbo gli domandò come mai avesse portato il re degli Elfi. Per loro fortuna, ebbe il tempo di informare Thorin e fargli accettare la situazione prima che la cena avesse inizio.
Presto il vino iniziò a scorrere e le antiche rivalità furono messe da parte per quella sera. Ori aveva cucito dei cappelli rossi che aveva distribuito all’ingresso e Gandalf aveva accettato di esibirsi nei suoi spettacoli pirotecnici. Le sale di Erebor, solo poche settimane prima spente e silenziose, trasudavano aria di gioia e di vittoria.
«Non ti smentisci mai, mastro Baggins» gli disse Thorin, sporgendosi verso di lui per farsi sentire sopra la cacofonia dei presenti. «Sei riuscito a salvare tutte queste pietanze da un branco di nani affamati.»
Bilbo rise. «Potrei averli minacciati uno per uno, anche più di una volta.»
Thorin gli mise un braccio intorno alle spalle e gli posò le labbra sulla fronte in un piccolo bacio. «Dubito che avresti potuto tenerli lontani in altro modo.»
La cena si protrasse fino a notte fonda e solo alle prime luci dell’alba gli ospiti cominciarono a lasciare la Montagna. Alcuni sarebbero tornati ogni giorno, ma Bilbo sospettava che la folla di quella sera si sarebbe riunita di nuovo solo per festeggiare l’inizio di un nuovo anno.
«Potrei affermare che questo giorno passerà alla storia.» Gandalf si sedette sul divanetto accanto a lui. I nani erano ancora tutti a tavola, chi impegnato a mangiare, chi semplicemente a urlare e ubriacarsi. «E il merito è tutto tuo, Bilbo.»
Bilbo arrossì. Si raddrizzò e prese a tormentarsi le mani giunte in grembo.
«Io ho solo evitato che si saltassero al collo. È stato Thorin a rendere possibile tutto questo» disse, mentre i suoi occhi vagavano sulla figura del nano, sul cui volto risplendeva un sorriso di sincera felicità. «Credo che lo abbiano accettato tutti, come re. Intendo, non solo i nani...»
Gandalf annuì.
«Sì, è possibile.» Si alzò e gli tese la mano. «Addio, mio piccolo amico. Il mio tempo con voi è giunto al termine. Ti proporrei di fare parte del tragitto insieme, ma ho come l’impressione che la Contea dovrà fare a meno di te ancora per un po’» disse, rivolgendogli uno sguardo eloquente.
Bilbo si alzò in piedi e gli strinse la mano.
«Un giorno tornerò a Casa Baggins» disse, stringendo le dita intorno alla ghianda che portava sempre in tasca. «Mi manca e ho ancora delle cose da sistemare laggiù. Però...» I suoi occhi cercarono quelli di Thorin che, come se avesse avvertito il suo richiamo, volse lo sguardo verso di lui. Gli sorrise, quel sorriso dolce di cui Bilbo era tremendamente geloso e che mai avrebbe voluto vedere rivolto a qualcun altro. Gli sorrise di rimando. «Per il momento, è questa la casa in cui voglio stare.»






 
   
 
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