Serie TV > Jessica Jones
Segui la storia  |       
Autore: InevitablePurpleRain    11/12/2021    5 recensioni
E se le cose fossero andate diversamente quella fatidica sera? E se dopo essersi liberata dal controllo mentale di Killgrave, fosse stata Jessica a essere investita da quel bus?
Killgrave si ritroverebbe disperato con una Jessica in punto di morte fra le braccia e due soli obiettivi da raggiungere:
-salvarla
-approfittare spudoratamente della situazione.
Come? Scopritelo con noi 😉
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

cover-pr

 




Capitolo II: Kiss me!



Jessica guardò Kilgrave con le labbra dischiuse e lui la ricambiò attento, carico di aspettativa.

“Il mio … cosa, cazzo?” reagì lei, con un lieve sussulto. Era già la seconda o terza espressione colorita che usava quella mattina. Era solita parlare così, forse?

Ma più francesismi usava, più lui sembrava divertito e a suo agio.

“Amore, perché non guardi meglio la tua mano sinistra?” le propose quel misterioso e affascinante uomo, con quel tono così calmo, rilassante.


Esitante, Jessica sollevò la mano richiesta.

Al suo anulare c’era un anello. Una fede nuziale, in oro bianco e intarsi d’oro giallo, al cui centro poggiava un'ametista romboidale, che racchiudeva in sé più sfumature.

Kilgrave aveva dato disposizione perché il Primario le infilasse quell’anello prima di svegliarla, ma questo Jessica non lo poteva sapere.

Mentre Jessica osservava incredula quell’anello, Kilgrave fece bella mostra del proprio, identico, se non per un particolare: la sua pietra era un’opale nera, della stessa forma e lucentezza.

Viola e nero.

Questi colori non le sembravano casuali.

Il secondo le dava quasi un senso di familiarità, ma il primo… la inquietava e non sapeva spiegarsi il motivo.
Ora che lo guardava meglio, notò che la pochette nella taschino dell’elegante giacca blu, così come la sua cravatta, erano viola.
Perché mai lei avrebbe dovuto provare un senso di allarme rispetto a quel colore? E rispetto a quell’uomo, soprattutto?


Non ha un cazzo di  senso. Lui è mio marito e prima ancora deve essere stato il mio fidanzato, forse per lungo tempo… e un fidanzato deve pur conoscere i gusti dell’amata. Perché questo bellimbusto mi ama, giusto?


Quel ch'era certo è che, nel bene o nel male, quello era un colore che gli donava davvero tanto.

“Jessica? Jess?” la chiamò Kilgrave, vedendola così persa nei suoi pensieri, tanto da non avere nemmeno ascoltato quello che le stava dicendo.

“Uh?” alzò lo sguardo verso di lui, con occhi vacui.

“Ho così tanto da raccontarti, abbiamo così tanto da recuperare, ma ci sarà tutto il tempo, mogliettina mia.” sorrise lui, baciandole l’anello.

Jessica avvertì un brivido e non sapeva spiegarsi se fosse piacevole o meno

 

 

__________

 

Se c’era una cosa di cui Kilgrave era certo, quella era che non si sarebbe mai sposato. Pur apprezzando molto la compagnia delle belle donne, aveva sempre dato per scontato che non ci fosse nessuna simile a lui per poteri, inclinazione naturale e storia di vita. Ma poi aveva conosciuto Jessica, una ragazza sperduta come lui, rassegnata alla vita, sola ma anche straordinaria. Si rese presto conto che lui e Jessica erano simili, come due binari paralleli e talvolta incidenti. Si scontravano, correvano alla stessa velocità, ma erano anche vicini, inevitabili.

Vivere in amore e armonia quella predestinazione era la scelta senza dubbio più intelligente e ragionevole.

Se le mentiva, lo faceva per lei, per proteggerla, specie da quando si era messa in testa di voler mettere i suoi poteri al servizio del prossimo, con quegli assurdi discorsi sul diventare una detective e cose del genere.

Esporti a un tale pericolo per salvare vite pressoché inutili! Bah, tu dovresti soltanto ringraziarmi, Jessica!

E Kilgrave ne era convinto: Jessica lo avrebbe ringraziato prima o poi, lo avrebbe guardato con quello sguardo dolce e malizioso che lui aveva imparato a conoscere e poi ad adorare.

Il ricordo di quello sguardo gli diede una scossa piacevole al bassoventre. La voglia di tornare a letto con lei era fortissima, però… Però, doveva aspettare, non doveva mandare tutto al diavolo un’altra volta. E poi ricordò spiacevolmente che con lei i suoi poteri sembravano non funzionare più. Era stato talmente impegnato con la questione della perdita di memoria e dell’incidente che si era quasi dimenticato di quel piccolo, clamoroso dettaglio.

Kilgrave finì velocemente il caffè annacquato preso alle macchinette e tornò da Jessica. Aprì la porta e la trovò su un letto nuovo, con un giornale in mano e la gamba sottile e bianca che penzolava con poca eleganza dal materasso.

“Ciao, amore” la salutò, ma in risposta lei alzò gli occhi al cielo e si voltò dall’altra parte.

Kilgrave sospirò. Per qualche strana ragione, Jessica sembrava arrabbiata. Ma possibile che pure sotto amnesia quella donna dovesse farlo impazzire?
 

Beh, ora è mia moglie, che si rassegni.
 

“Come stai?” le chiese, facendo finta di niente.

“Di merda” gli rispose, con gli fissi sul giornale “Mi è rimasto in mano il lavabo del bagno, spero non sia problema.”

“No, figurati” minimizzò, sedendosi di fronte a lei.

Jessica finalmente si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi, Kilgrave ebbe un brivido.

“Che storia è questa?” gli domandò lei, seria “Come riesco a fare queste cose?”

“Hai un dono” le spiegò lui, non lo dava a vedere ma si sentiva agitato, fremente. “Hai una forza sovrumana che ti rende speciale.”

Jessica fece una smorfia “Ma che merda.”

“No, non dire così,” le disse, prendendole istintivamente la mano. Jessica fremette e abbassò lo sguardo sulle loro mani, ma Kilgrave non la spostò “Sei meravigliosa, la cosa… Scusami, la persona, più stupenda dell’universo.”

Jessica lo guardò con curiosità, il suo sguardo chiuso e aggressivo si sciolse leggermente.

“Perché mi sento così arrabbiata con te?”

Kilgrave finse di pensarci su.
“Oh, non lo so. Sei sempre arrabbiata con me.”

Jessica per la prima volta gli accennò un sorriso divertito, un vero sorriso. Fu come un colpo al cuore, istintivamente si piegò verso di lei per baciarla, ma lei si discostò.

“Baciami” le ordinò allora, non poté farne a meno, fu naturale ma anche invano. Jessica non solo non lo baciò, ma lo spinse via.

“Ma fottiti, non ti conosco” gli rispose infatti, con ancora un mezzo sorriso sulle labbra. Merda, allora era vero: lei non era più plagiabile.

Diavolo, non era abituato. Non sapeva cosa volesse dire desiderare ardentemente qualcosa e non poterla avere subito, nell’immediato. Era una sensazione insopportabile, invivibile. 

“Stai bene?” gli domandò lei, con le sopracciglia alzate.

“Voglio baciarti e non posso farlo” gli rispose subito lui, insofferente “Questo è… È orribile, diavolo, mi distrugge. Come fate a vivere così?”

“Tu non sei normale” gli rispose Jessica “Ho sposato uno che non è normale.”

Kilgrave abbassò lo sguardo, indeciso se raccontarle dei suoi poteri oppure no.
Anche quello era un problema, una lama a doppio taglio. E se lei lo avesse odiato come tutti gli altri? Se quel ricordo le avesse fatto riacquistare la memoria? Non voleva dire addio a quel sorriso.

“Andiamo, Jess” la pregò invece, stringendole la mano “Non ti ho chiesto di scopare in sala mensa davanti a tutti.”

Lei sgranò gli occhi, divertita. “Scusami?” esclamò, incredula “Ma quanto puoi essere idiota?”

“Suvvia, Jessi. La nostra smodata intesa sessuale è uno dei principali motivi per cui mi hai sposato.” scherzò, sorridente.

Lei scoppiò a ridere. Per lui era una visione vederla così.
“Oh beh, di sicuro un motivo dev’essere la simpatia, ma se non altro sei sincero. Idiota, ma sincero.” gli ammiccò, seppur in modo molto trattenuto.

“Non vedo l’ora che tu lo ricorda...” sussurrò con tono intenso, infilando una mano sotto alle coperte “Tutte le scintille che facevamo.”

Le accarezzò una coscia, ma Jessica gli bloccò forte il polso.

“Dimmi, marito, posso anche tranciare i polsi con questa mia forza sovrumana?” lo sfidò con aria innocente, avvicinando il viso al suo. Kilgrave a quel punto allontanò le dita e lei lasciò andare la presa, soddisfatta.

Si guardarono negli occhi per una manciata di istanti e Jessica percepì sulla sua pelle la forte tensione sessuale che lui aveva tanto proclamato. Solo che… c’era sempre un velo di inquietudine a circondarla. Una parte di lei era allarmata e le impediva di cedere alle sue avance. 

Si rese conto che non lo conosceva, era bello e sexy, ma non lo conosceva. E se fosse stato uno di quegli stronzi che malmenano le donne? Che fanno i padroni? Non le dava quella idea, ma a ben vedere non danno mai quell’idea.
 

Che cazzo stavo facendo? Ci stavo davvero flirtando? 


Lui sembrò leggerle nel pensiero, cosa che era già solita capitare, anche prima che lei perdesse la memoria.

“Non preoccuparti, Jessica, lo so che non deve essere facile per te, ma ci sono io al tuo fianco; se serve, ricominceremo tutto da capo. Se non hai più i tuoi ricordi vorrà dire che ce ne costruiremo di migliori.” la consolò lui, facendo uno sforzo su se stesso stavolta, per mantenere le distanze.

Non devo forzare i tempi. Quindi, anche se vorrei farci l’amore su questo lettino, ora, mentre tutta l’equipe medica ci guarda, dovrò aspettare.

Jessica si sporse in avanti, per scrutarlo meglio.

“Sei Inglese, vero?” gli chiese.
Lui sorrise, annuendo.

“Non ci posso credere! Io che vado a immischiarmi con un damerino Inglese, che cazzo mi avrà detto il cervello?” lo provocò lei, alzando gli occhi al soffitto. 

“Taci, eretica Americana.”

"Taci tu, paggetto Inglese!” rilanciò Jessica

“Barbona mangia-hamburger!” 

“Dandy scola-tè!”

Stavano battibeccando come due bambini all’asilo.
Entrambi se ne resero conto e scoppiarono a ridere.

Per Kilgrave vederla ridere così di gusto era una delle cose più gratificanti del mondo, poi però Jessica si fece un po’ più seria.

“Questa cosa… questo tenerci testa a vicenda… è sempre stato così?” gli chiese lei.

“Fin dal nostro primo incontro.” le sorrise lui, dicendole né più né meno che la verità.
La personalità così cazzuta della ragazza e la resistenza che sapeva mostrargli aveva messo in difficoltà il controllo mentale che esercitava su di lei già da quella fatidica sera.

“Beh, allora devi essere proprio speciale… com’è che ti chiami?”

Era la più semplice delle domande, la più basica, eppure aveva messo Kilgrave in non poca difficoltà.

Soppesò la sua decisione.

Era un nome che non avrebbe mai voluto dissotterrare dal proprio passato colmo di sofferenze, ma era per una giusta causa.

Se era determinato a dare a Jessica una vita il più normale possibile, doveva esserlo anche il suo nome.

“Io sono Kevin.” le disse, con naturalezza.

“Che nome tipicamente Inglese!” sbuffò lei, ma poi gli sorrise, tendendogli la mano. “Piacere di conoscerti, Kevin.”

 


Il Primario entrò nella stanza dell’ospedale, dove c’erano già Jessica e Kevin ad attenderlo. Jessica aveva una smorfia infastidita, lui invece sembrava contento.

“Bene” esordì il medico, sedendosi di fronte al letto dove era stesa la ragazza “Prima di dimetterla, dobbiamo preventivamente esaminare il grado di gravità della sua amnesia” le spiegò, cercando di evitare lo sguardo severo e inquietante del persuasore “A tal fine, le mostrerò delle immagini e lei mi deve dire che cosa raffigurano o chi raffigurano, d’accordo?”

Jessica alzò palesamente gli occhi al cielo e guardò Kevin, che le fece un veloce occhiolino.

“Va bene” mormorò lei, annoiata.

“Grazie, signora. Partiamo da una figura semplice” le disse, mostrandole un disegno piuttosto banale.

Jessica lo guardò come se fosse stupido “E’ un albero” disse con ovvietà.

“Giusto. E questo?”

“Una macchina” replicò Jessica con tono piatto.

“Va bene. Più difficile” esclamò il medico, mostrandole la terza figurina.

Jessica alzò platealmente gli occhi al cielo e guardò di nuovo Kevin, che sorrise.

“Quello è uno gnomo… o un folletto, non saprei” rispose subito Jessica “Ho perso la memoria, non sono diventata deficiente”.

“Benissimo, e allora passiamo al livello successivo” disse il medico “Chi è costui? Come si chiama?”

Jessica guardò la figura di un uomo simile a un grosso e muscoloso robot rosso, che fendeva il cielo col pugno chiuso.

“Non può saperlo” si intromise Kevin, a gamba tesa “Se non ricorda chi sono io, come potrà mai sapere chi è…”

“Iron man” lo anticipò invece Jessica, lanciandogli uno sguardo ironico. Lui rimase basito.

“Benissimo” si complimentò il medico “Questo?”

“Capitan America” indovinò di nuovo lei, come se la cosa fosse ovvia.

“Costui?”

“Il gigante verde, Hulk”

Kilgrave scrollò le braccia, stava iniziando a offendersi seriamente.

“Costei?” continuò rapidamente il medico, mostrandole la foto di una donna dai capelli rossi. A Kilgrave sfuggì un fischio.

“Ah, questa lo so io! Lei è la Vedova Nera si intromise con tono dispettoso, non stare al centro dell’attenzione lo spiazzava. “Natasha per gli amici”.

Jessica lo guardò male “Perché, la conosci?”

“È un bel tipino, mi ricorda un po’ te.” sviò furbamente Kilgrave.

“Nel senso che anche lei vuole prenderti a calci nel culo?” rispose candidamente Jessica, facendolo sorridere.
“Bene” li interruppe il medico, imbarazzato “Direi che per oggi abbiamo finito. Signora Kilgrave?” si rivolse a Jessica, che lo guardò con le sopracciglia corrugate “La dimettiamo domani mattina”.

Jessica osservò il medico uscire e poi guardò il suo presunto marito, basita “Kill… Cosa?”

 

______________

 

Finalmente giunse anche la sera di quell’ultimo giorno di degenza in ospedale. Kevin aveva ricevuto parecchie chiamate da parte dell’immobiliarista e dell’azienda che aveva assunto per il trasloco e tutto risultava ultimato. La casa che aveva scelto per lui e Jessica era pronta.

Ora non restava che trascorrere un’ultima notte, una notte e poi finalmente avrebbe dormito in un letto vero e fatto un pasto degno di questo nome. Da quando Jessica aveva fatto quell’incidente, si era nutrito di cibi confezionati, panini delle macchinette, crackers salati e altre porcherie. Stava giusto sbocconcellando una merendina quando sentì distrattamente una voce proveniente dal televisore in fondo al corridoio.
// “Patricia, è un vero onore averti ospite nella nostra trasmissione!// la salutò il conduttore.

Patricia?!
Si accese un campanello d’allarme nella testa del persuasore.
Naah, dev’essere una coincidenza, ne esistono a milioni di Patricia nello showbiz…

//“Il tuo programma radiofonico ‘Trish Talk’ sta andando alla grande e tiene compagnia ogni giorno a milioni di spettatori, e il numero è sempre più in aumento…” // proseguì il presentatore.

Oh cazzo, è proprio lei!

Non era da lui correre, ma la situazione lo richiedeva e quando arrivò a destinazione da quella televisione la biondissima Patricia Walker, la sorella adottiva di Jessica, probabilmente fra gli ospiti di quel talk show, stava per rispondere.


“Cambia canale!” gridò subito alla vecchietta col deambulatore che stava assistendo alla trasmissione. Costei cambiò canale ma ci rimase male.

“A me piaceva quel programma, giovanotto” protestò.

“Oh, stia zitta!” la zittì malamente Kilgrave, per poi tornare in camera di Jessica. Non voleva correre il rischio che Jessica vedesse quella Trish, come soleva chiamarla lei stessa.

Quando entrò, la trovò sdraiata con la testa nel posto dei piedi e i piedi nudi nel posto della testa. Sembrava un’anima in pena.

“Voglio anche io una merendina” brontolò Jessica, appena lo vide. 

“Non finché non starai meglio” replicò lui, divertito. Poi la guardò, le gambe nude e scoperte davano bella mostra di sé e la camicia da notte sembrava quasi un velo pronto per essere strappato. Kilgrave sospirò dal naso e si mise a sedere nella sua solita sedia, incrociò le gambe. Qualcosa dentro di lui gli suggeriva che Jessica non indossava le mutandine.

“E così” riprese lei, del tutto ignara del suo turbamento “Un pullman mi ha messo sotto e io ho perso la memoria?”

“Sì, cara” annuì lui.

“E prima di ciò non avevo un lavoro” lo guardò di sbieco.

“No”

"Né una famiglia.”

“Ahimè.”

“Solo te.”

“Esatto” le sorrise Kevin “Solo me.”

Jessica smise di guardarlo e si issò a sedere, con le gambe incrociate sotto la camicia da notte dell’ospedale. Lui istintivamente staccò la schiena dalla sedia e le rivolse uno sguardo vibrante, eloquente.

“Che cosa ti ha fatto innamorare di me?” gli chiese, ignorando la scarica elettrica che le avevano mandato i suoi occhi “Non mi sento tanto il tipo di donna che potrebbe piacere a uno scola-tè come te.”

Kevin le sorrise “Sei esattamente il tipo di donna che piace a me” la corresse, alzandosi e sedendosi al suo fianco, sopra il materasso. Jessica provò un’emozione intensa, di paura e lussuria unite insieme. Non si ritrasse.

“Ho avuto parecchie ragazze nella mia vita” riprese lui, ed era sincero “Ma nessuna, nessuna è nemmeno lontanamente paragonabile a te, Jessica Jones.”

Senza smettere di guardarla negli occhi, infilò la mano destra sotto la sua veste, in mezzo alle sue cosce calde. 

“Sei tutto ciò che ho sempre desiderato” continuò con voce morbida, pregna di eccitazione “Sei tutto ciò che amo.”

Jessica divaricò leggermente le gambe, piena di piacevole aspettativa, ma come lui si spinse oltre, lei ebbe un sussulto. Un flash infinitesimale del suo passato le era balenato di fronte agli occhi e la lasciò raggelata, spaventata.

“No!” sbottò Jessica in modo inconscio, allontanandosi da lui e spezzando l’incanto. “Scusa, ma non… Non ce la faccio, non so perché.”

“Certo” la rassicurò lui, celando bene l’enorme delusione “Non ti preoccupare.”

Si alzò in piedi, abbacchiato.

“Vado a cercarmi una poltrona più comoda, la mia schiena merita di meglio.”

“Aspetta” lo fermò Jessica “Kevin.”

Lui si voltò di scatto e la guardò con tanto d’occhi. Per l’inferno, nessuno lo chiamava così da… Da secoli. Anche Jessica sembrava stranita da quel nome.

“Dimmi” le rispose subito lui, curioso.

“Questo letto è grande” mormorò lei, arrossendo leggermente “Se vuoi stenderti, ci stiamo.”

“Intendi vicino a te?” le domandò, sempre più stupito. Lei gli sorrise.

“Dovrò cominciare ad abituarmi, prima o poi…”

Kilgrave non poté credere alle proprie orecchie, ma quando la vide fargli posto e scivolare verso il muro, capì che non stava scherzando.

Si tolse le scarpe italiane, appoggiò la giacca firmata sulla sedia e poi si sedette di fianco a lei, sopra al copriletto. Non poteva credere a quello che stava succedendo.

“Sei proprio sicura?”

Jessica si voltò dall’altra parte e gli diede le spalle come una bambina dispettosa.

“Sono in un ospedale, senza memoria e con un marito inglese che non ricordo di avere. Posso essere sicura di qualcosa, secondo te?” gli domandò, ma con il suo adorabile sorriso ironico sulle labbra. Lui la ricambiò e decise di approfittarne. Si sdraiò al suo fianco, la sua schiena indolenzita rese subito grazie, e con il braccio destro le circondò la vita al di sopra della coperta. Si spinse più vicino, fino a ritrovarsi nella medesima posizione in cui era sdraiata lei, come se lui fosse un guscio, un’armatura che la proteggeva.

È così che si sente un vero marito?
Si domandò, mentre guardava i loro anelli, così vicini.


“Buonanotte, Jessi” la baciò velocemente nella guancia.

Lei sorrise tra sè.

“Buonanotte, Kevin.” gli rispose dolcemente, chiudendo gli occhi, inebriandosi del suo profumo.

No, si disse Jessica, lui non era un mostro.

 

L’indomani mattina, Kevin si svegliò presto con ancora la sua amata tra le braccia, col naso ancora sepolto tra i suoi capelli. Il fatto di aver dormito tutto vestito ma senza nemmeno una coperta addosso lo aveva intirizzito dal freddo, ma lui nemmeno ci fece caso. Si sollevò con molta delicatezza e la guardò, incredulo.

Jessica stava ancora dormendo e come di consueto si era appropriata di buona parte del letto. Lui le accarezzò delicatamente i capelli e sorrise.

Non l’aveva toccata, non si erano nemmeno scambiati un bacio, ma quella notte era stata senza dubbio la più bella di tutta la sua vita. Era stata intima nel suo romanticismo, sensuale nel suo affetto. Jessica gli aveva come fornito una prova di fiducia e il passo successivo era ormai alle porte. Sarebbe stato meraviglioso. Kilgrave si rese conto in quel momento della differenza tra il prima e l’adesso. Aveva già dormito tantissime notti con Jessica, ci aveva fatto l’amore un sacco di volte, in tutti i modi possibili e immaginabili ma… Nessun amplesso, nemmeno il primo, era stato all’altezza di quell’abbraccio prolungato. O lui si stava rammollendo, o il fatto che lei glielo avesse chiesto di sua spontanea volontà faceva davvero la differenza.

In ogni caso si alzò, si infilò le scarpe e andò a prendersi sia la giacca che il soprabito, visto il freddo di fine gennaio e di quelle mattine ammantate di brina.

Jessica stava ancora dormendo come un sasso, con le labbra dischiuse sul cuscino in maniera davvero poco elegante. Non era esattamente una lady, ma era comunque bellissima, verace. E poi, notò Kilgrave, appena lui si era alzato lei si era voltata dalla sua parte. O era un caso, oppure il suo bel corpo lo stava cercando…

Sorrise tra sé e uscì dalla stanza.

“Portami un caffè” ordinò all’infermiera con uno schiocco di dita, la quale obbedì senza nemmeno fiatare.

Ora c’era da pensare a un’altra cosa, una cosa bionda, pelosa e con un fiocchetto viola intorno al collo.


___________

 

Jessica venne presto dimessa dall’ospedale. Il suo corpo da supereroina si era rigenerato in fretta, ma lo stesso non poteva dirsi della sua memoria. Continuava a non ricordare nulla, solo pochi e sconclusionati frammenti del suo passato: un locale simile a un bugigattolo, volti senza nome e parole senza voce. E poi c’era l’uomo che le aveva salvato la vita.

Suo marito.

Quando costui le aveva detto che erano sposati, Jessica non aveva avuto particolari reazioni, era rimasta apatica. Si era chiesta sinceramente cosa mai ci aveva trovato in un uomo del genere… A parte l’ovvio, naturalmente. La notte prima era stata a un passo dall’andarci a letto e quando aveva sentito le sue dita sfiorarle le cosce, il suo bassoventre si era come liquefatto. 

Ma c’era qualcosa in lui che non riusciva a spiegarsi. Qualcosa che la teneva lontana, che la rendeva inquieta e che mortificava l’attrazione che pur provava per quell’affascinante e divertente estraneo.

Ma cosa?

Il fatto che non avesse nessun altro al di fuori di lui la rendeva ancor più  scettica e allarmata. Possibile che non avesse un’amica, un parente, nessuno a cui chiedere spiegazioni o confidarsi?  Era come se lui avesse scavato una fossa intorno a lei. Certo, le aveva detto che i suoi genitori erano morti in un incidente d’auto. Le aveva detto che la questione della super forza l’aveva esclusa ed estraniata dal mondo, perché la gente la evitava, dato che i supereroi sono belli solo in televisione, per ripetere le sue esatte parole. Eppure qualcosa in tutto questo non la convinceva, come il fatto di indossare degli stivaletti così inutilmente scomodi e un vestito così eccessivamente viola. Jessica ormai aveva capito che a lui il viola piaceva molto e sembrava che fosse stato lui ad aver scelto i suoi vestiti al posto suo. E se quel era vero… beh, col cazzo che avrebbe potuto rifarlo di nuovo. 

E poi il fatto che avesse un aspetto così belloccio e blasonato non aiutava. Sì, era un figo, per una botta e via era perfetto, ma non era esattamente il tipo d’uomo che avrebbe sposato. Evidentemente Kevin - così si chiamava suo marito - doveva essere una clamorosa eccezione. Non poteva averla conquistata col suo aspetto patinato o con la sua discutibile gentilezza…

 

“Ferma!” aveva gridato alla strada, e subito un suv di grossa cilindrata aveva inchiodato con uno stridio di freni. E poi si era voltato e le aveva fatto un occhiolino da playboy. Stai a guardare, le mimò con le labbra.

“Prestami la macchina, forza” aveva ripreso Kevin come se niente fosse, e subito il proprietario dell’auto, un signore distinto in giacca e cravatta, era sceso e aveva lasciato loro le chiavi.

“Ma che cazzo…?” esclamò Jessica, esterrefatta “Perché ci ha lasciato la macchina?”

Kilgrave fece un sorriso gongolante “Scoprirai, Jessica Jones, che la tua dolce metà possiede un certo ascendente nei confronti delle persone.” le spiegò criptico, salendo in auto “Forza, amore! Sali”

Jessica obbedì e con qualche ritrosia si sedette nel sedile del passeggero.

“Lo conoscevi?” gli domandò, cercando di trovare la quadra.

“Chi, quel tizio?” domandò Kevin, mentre metteva in moto l’auto “No. Ma dannazione, non c’è il cambio automatico! Che razza di Mercedes è questa!?”

Jessica lo fissò con una smorfia, Kilgrave la guardò.

“Ci credi che è dal… 2009 che non mi metto alla guida di un’auto? L’ultima volta mi è successo in Oklahoma, dopo che il mio autista era stato morso da un mocassino acquatico.” le sorrise “Ma credo di ricordare come si fa.”

E detto questo diede una gran sgasata sull’acceleratore e partirono così veloce che Jessica dovette aggrapparsi alla maniglia in alto.

“Cazzo!” imprecò, spaventata “Attento! I pedoni!” strillò.

“Li ho visti!” minimizzò lui, mancandoli per un pelo. Diede ulteriore gas all’acceleratore e Jessica si strinse ancora più forte alla maniglia.

“Coglione, stai andando ai 180! Vuoi rallentare!?” gli gridò contro, ma Kevin sbuffò e sterzò in modo così brusco che lei finì con la faccia contro il vetro. Un ciclista, per evitare di finire investito, si gettò in mezzo a un’aiuola, basito.

“Kevin, cazzo! Rallenta!” continuò a gridare lei per tutto il viaggio, dopo i vari semafori rossi bruciati, le corse contromano e quelle nelle corsie preferenziali. Malgrado avesse trasgredito a forse tutte le regole del codice della strada, Kilgrave alla fine si dimostrò un bravo autista e portò entrambi a casa nella regione del Queens, sani e salvi.

“Eccoci qui, amore” le disse compiaciuto, mentre una scarmigliata Jessica tirava un sospiro di sollievo “Siamo a casa.”

Jessica si sporse subito dal finestrino e guardò con gli occhi sgranati quella villetta color biscotto, dall’aspetto ampio e accogliente.

“Quella è casa mia?” domandò, perplessa.

“Nostra. Ti piace?” le domandò lui, leggermente preoccupato.

“Sì” rispose.

Credo, pensò.

 




TBC
 


Note delle autrici
Eccoci qui con il secondo capitolo! Come l'avete trovato? ^^
Come vedete la nostra Jessica è molto combattuta, apprezza molto la premura di Kevin ma c'è qualcosa che la frena, qualcosa che la inquieta e che non riesce a distinguere...  Situazione difficile, vero?
Poi c'è stato anche un piccolo ma importante cameo di Trish e degli Avengers i quali, vi ricordo, che in Jessica Jones esistono. Lei stessa nomina Hulk ("the big green guy") durante la prima stagione.
Niente, confidiamo che l'idea continui a piacervi e vi salutiamo con affetto!
Ecate&Lu


 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Jessica Jones / Vai alla pagina dell'autore: InevitablePurpleRain