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Autore: Simo_Dowaze    14/12/2021    1 recensioni
Quanto ci vuole per correggere un comportamento errato?
Di certo non un giorno soltanto. È un processo che necessita di abbastanza tempo, forse anni, e di impegno; a volte si è riluttanti ad abbracciare il cambiamento di qualcuno noto per le sue precedenti azioni, nonostante venga dimostrato.
Ma è più facile sforzarsi di accettarlo o continuare a condannarlo per i suoi peccati?
~ Dal testo: ~
"- Lascia che ti porti via da qui. - provò a persuaderla, cortesemente, allungando una mano verso di lei.
- Posso farcela benissimo da sola. Non fingere con me, lo so che non sei cambiato. - asserì, severa.
[...]
- Non puoi semplicemente farti i fatti tuoi? - domandò la gatta-riccia ad Alex, dimenandosi ancora.
- Come ti dimostro che sono cambiato, se rimango indifferente a tutto questo? -"
Buona lettura.
Dio vi benedica.♥
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '☆Insieme Contro Il Bullismo!'
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• Un bullo può cambiare? •

- Non hai intenzione di rivolgergli la parola, vero? - domandò per l'ennesima volta Aurora, tentando di far cambiare idea all'amica.
- Sì, te l'ho detto almeno mezzo milione di volte! Per quale motivo dovrei parlargli? - rispose Dowaze, stizzita.
Le giovani si stavano avviando verso il loro liceo, menzionando quello che era divenuto ormai il loro argomento quotidiano, ovvero la causa del quasi suicidio di Aurora: Alex.
Tra le due, quella che sembrava portare più rancore era Dowaze.
- Eppure, è a me che è successo, non a te. -
- Aurora, non provare a difenderlo! - disse in tono di rimprovero, agitando l'indice verso la riccia rosa.
- Ci mancherebbe! Però, su, stai calma! - fece, mettendo le mani davanti a sé.
- Sono calma! - affermò la gatta-riccia, superbamente.
"Sì, come no!" commentò ironicamente l'altra.
Nel frattempo, oltrepassarono il cancello e un Tiger estremamente felice venne loro incontro.
- Ciao, ragazze! -
Dowaze ricambiò con lo stesso saluto, ma più laconico, mentre Aurora gli disse:
- Ciao, Tighy! - stampandogli un bacio sulla guancia e abbracciandolo.
Lui arrossì lievemente e in risposta le accarezzò gli aculei, sorridendo.
La gatta-riccia sbuffò sommessamente, roteando gli occhi. Girò la testa dall'altra parte e, in lontananza, vide Alex con la schiena poggiata al muro dell'edificio.
Pareva avesse un'aria triste, ma all'ibrida non importava molto, avendo sempre impressa la scena di lui che derideva la rosa e se stessa che la salvava prima dell'arrivo del treno.
Di colpo, il riccio dalla coda da volpe si voltò verso sinistra, strabuzzando gli occhi alla vista della ragazza. Aveva percepito che qualcuno lo stesse osservando, tuttavia non si aspettava affatto che fosse proprio lei.
I suoi occhi d'oro con sfumature cremisi gli trasmisero una sottospecie di speranza, credendo che, con quel gesto, si stesse impegnando a perdonarlo.
Ma le sue deduzioni furono screditate non appena la viola spostò lestamente lo sguardo altrove, mettendosi a braccia conserte.
La campanella suonò.
Dowaze si apprestò ad entrare nella struttura, insieme a Tiger e Aurora. Salutato il gatto blu, le due varcarono la soglia della loro classe e andarono a sedersi ai loro posti.
La gatta-riccia incrociò - accidentalmente e per un attimo - gli occhi con il riccio verde, che si trovava al primo banco della fila opposta alla loro (non in quella centrale), ma li distolse subito.
Egli abbassò iridi e orecchie, guardando davanti a sé, in attesa che il professore entrasse.
Era davvero amareggiato per ciò che era successo ad Aurora l'anno prima e il fatto che l'ibrida non lo volesse tra i piedi lo faceva sentire un mostro spregevole.
Lui sapeva di essere cambiato, si era pentito sin dal momento in cui la viola gli aveva rivelato ciò che era stata in procinto di compiere la riccia rosa. Ma quello che l'aveva fatto mortificare ancora di più era stata quella frase colma di disprezzo, che gli aveva fatto capire quanto lui avesse esagerato.
Desiderava che lei lo perdonasse; purtroppo, notava come la principessa non riuscisse ad andare oltre quell'episodio.
La prima ora iniziò.
Il loro liceo comprendeva discipline miste, non avendo un indirizzo specifico.
Successivamente, due ore di una stessa materia.
Poi, giunse la ricreazione.
Tutto nella norma: la professoressa si dileguò nella classe successiva, alcuni studenti decisero di uscire, altri restarono seduti a mangiare o chiacchierare.
Aurora avvisò l'amica che sarebbe andata da Tiger e lei intuì che ci sarebbe rimasta per un po', quindi acconsentì e si affacciò alla finestra.
Una lieve brezza le accarezzò dolcemente il volto, provocandole dei piacevoli brividi di freddo.
La primavera stava facendo capolino e lei non vedeva l'ora di poter sfrecciare per le spiagge della Sol Dimension, gareggiando con i suoi genitori, suo fratello, Tiger e la sua migliore amica.
Le scappò un sorriso a tali pensieri.
Provenendo da una famiglia pressoché perennemente seria, erano rare quelle smorfie di felicità.
Persa nelle sue elucubrazioni, non si accorse che qualcuno le si fosse messo di fianco a rimirarla.
Solo quando udì un flebile risolino, strabuzzò gli occhi e si girò verso destra, scoprendo Alex. Stette in silenzio a scrutarlo, riducendo gli occhi a due fessure.
Lo vide sollevare lievemente gli angoli della bocca, ma non se ne curò granché e marciò verso la porta a testa alta, uscendo.
Il riccio verde abbassò orecchie e capo, affranto.
"Mi perdonerà mai?" pensò, sospirando.
Decise di sedersi al suo posto per guardare l'andirivieni antropomorfo esterno. Poggiò il gomito sul banco e mise una mano sotto al mento.
Il suo gruppo di amici gli si avvicinò e uno di loro lo chiamò:
- Hey, Al! -
Alzò lo sguardo verso il pappagallo giallo, il quale era scortato dal suo gemello del medesimo colore. Si differenziavano solo dagli occhi: quelli del primo erano color caramello, mentre il secondo li aveva grigi.
Con i due uccelli erano presenti un riccio arancione e uno rosso, avente una cicatrice su un occhio.
- Ciao, Karl. - esordì, rivolgendosi al ragazzo che gli aveva rivolto la parola.
- Noi stiamo andando da quello sciocco nerd che ieri mi stava facendo cadere con la sua cartella. Vuoi venire? - sogghignò l'istrice arancione, scrocchiando le dita.
- Russel, non credi di esagerare? - fece il verde, annoiato.
Un coro di sospiri stupefatti diramò dai quattro.
- Non starai dicendo sul serio? - inveì Boris, il gemello di Karl.
- Ma stai bene? - domandò Xavier, il rosso.
Alex prese un respiro profondo.
Tirò fuori dal suo zaino il cellulare e infilò le cuffie, comunicando loro, stizzito e svogliato:
- Ragazzi, voglio essere sincero con voi: non mi va proprio di prendere parte alle vostre ... faccende private, okay? Non includetemi più, grazie. -
Slittò sulla sedia al lato del muro e si appoggiò ad esso, stendendo i piedi su quella di prima. Attivò la playlist e fece partire una canzone a caso, liquidando così i suoi amici, che uscirono sbalorditi dalla classe.
Intanto, Dowaze non smetteva di pensare e ripensare a ciò che era accaduto con lui.
"Perché insiste? - si chiedeva - Perché? Non gli è bastato quello che ha combinato?"
Se c'era una cosa che la ragazza detestava, era fronteggiarsi con lui e guardarlo in quelle sue meravigliose iridi azzurre. Avrebbe passato ore a perdersi in quelle pozze color cielo. Ma non l'avrebbe mai ammesso.
Giunta in bagno, fece una coppa d'acqua con le mani e se la gettò in viso, sfregandolo.
Osservò il suo riflesso allo specchio, percorrendo con i bulbi oculari i suoi lineamenti.
- Che cosa mi sta succedendo? - sussurrò, frustrata.
Scosse la testa e lavò le mani, schizzando poi le gocce nel lavandino. Si asciugò con della carta assorbente e ritornò alla sua aula.
Trovò la sua migliore amica seduta al proprio posto, intenta a parlare con Pamela, una riccia turchese. Aveva gli occhi marroni e gli aculei sulla testa erano corti, con solo due ciocche lunghe ai lati del viso.
Salutò quest'ultima con un "Ciao" accompagnato da un mezzo sorriso e l'altra ricambiò, andandosene.
- Di che parlavate? - domandò Dowaze, dopo essersi accomodata sulla sua sedia, a lato del muro.
- Mi ha chiesto se io potessi venire a casa sua oggi, per fare i compiti insieme. - rispose Aurora, girandosi verso la principessa.
- E per tornare a casa? Come farai? - fece, lievemente preoccupata.
Le comparve un'espressione sul volto che fece intuire all'ibrida che all'amica fosse passato di mente quell'importante dettaglio.
Sospirò.
- Se vuoi, posso venire a prenderti io. Puoi dormire da me. - le propose.
La riccia annuì, euforica.
- Sì!!! Grazie, amica mia! - e l'abbracciò forte al collo.
La viola ricambiò la stretta, circondandole la schiena.
Ma non appena sentì che la morsa si faceva sempre più intensa, cercò di far terminare quel gesto d'affetto, comunicandole soffocamente:
- Auriiiiiii ... non, non respiroooo! - cosicché l'altra potesse staccarsi da lei.
Si scusò e si allontanò, leggermente imbarazzata, per poi prendere il cellulare e avvisare i suoi genitori, che acconsentirono.
Entrò la professoressa in classe, con un ritardo di trenta minuti; insegnava il mobiano antico e l'unica a conoscerlo era Aurora.
Anche se ... in realtà, c'era qualcun altro che lo sapeva; tuttavia, non aveva mai dato prova della sua bravura.
La lezione finì, con vari interventi della riccia rosa e come ultima materia ebbero educazione fisica.
Gli alunni, giunti in palestra, fecero un po' di stretching, guidati dal loro esigente quanto severo professore.
Qualche palleggio, una partita a pallavolo e infine la campanella scandì il suo rintocco, facendo sì che un esercito di creature antropomorfe uscisse dal portone della scuola, con l'impazienza e la frenesia di rincasare.
Aurora salutò Dowaze e fece per raggiungere Pamela, la quale l'aspettava fuori dal cancello, ma venne fermata da Tiger.
- Aury! -
Si girò e ricambiò il saluto, sorridendogli.
- Hey! -
- Dove stai andando? - chiese lui.
- A casa di Pamela. Mi ha chiesto di fare i compiti insieme, questo pomeriggio. - rispose, indicandola col pollice.
- E per il ritorno? Vuoi che venga a prenderti io? - domandò.
La rosa notò un pizzico di premura in lui. Gli sorrise nuovamente: era dolce da parte sua curarsi di lei.
- Ti ringrazio per l'offerta, Tighy, ma ne ho già parlato con Dowaze. - così gli diede un bacio sulla guancia e raggiunse la riccia turchese, incamminandosi con lei.
Passarono l'intero pomeriggio a studiare e ogni tanto venivano interrotte dal fratellino di Pamela, Enea, un piccolo riccio lilla dagli aculei indaco, oppure scherzavano su un fatto pensato sul momento.
Aurora, inoltre, spiegò dettagliatamente l'ultima lezione di mobiano antico all'amica, per la quale le aveva principalmente chiesto aiuto.
Finirono in fretta i compiti assegnati e si concessero una pausa, degustando una buona fetta di torta fatta in casa dalla madre della compagna di classe.
Arrivata l'ora di andare via, Aurora caricò in spalla lo zaino e salutò la famiglia di Pamela, uscendo dall'abitazione. Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei suoi pinocchietti e digitò il numero di Dowaze.
Frattanto, l'ibrida stava prendendo parte ad una riunione reale, alla quale erano stati convocati tutti i nobili della Sol Dimension.
Lei definiva quei convegni con una sola parola: noia.
Anche perché, l'unico ad avere più lamentele da esternare era sempre il duca di una delle isole vicine: Julian.
Sebbene il suo nome all'anagrafe fosse stato scritto in quella maniera, lui preferiva che si apportasse un accento marcato sulla "a", in modo che venisse pronunciato "Juliàn", con una specie di "h" espirata.
Un singolo aggettivo per descrivere quell'ermellino marrone: puntiglioso.
Mentre continuava a cincischiare senza sosta, il dispositivo mobile della principessa suonò. Quegli squilli la destarono dal mortorio in cui la sua mente si era ritrovata a vagare e sgattaiolò fuori dalla sala, scusandosi per aver interrotto le interessanti questioni reali del duca Julian, con l'accento sulla "a".
Guardò sullo schermo il nome del mittente e rispose.
- Hey, Aurora! -
- Ciao, Dowaze! - ricambiò dall'altro capo la rosa.
- Devo ringraziarti per avermi telefonato! Non ne potevo più di ascoltare quel duca! - disse l'ibrida, sbuffando.
L'altra si mise a ridere.
- Julian, con l'accento sulla "a"? -
- Già, proprio lui. - confermò, ma poi continuò, comunicandole:
- Ascoltami, credo che non potrò venire a prenderti subito. Il duca deve ancora finire e sono sicura che ci metterà molto. Tu ri-- - non poté proferire altro, ché l'amica sopraffò la sua voce, affermando:
- Non importa, vengo io da te! -
- Cosa? Non se ne parla! Resta a casa di Pamela! - le ordinò lei, disapprovando totalmente.
- Spiacente, sono uscita da un bel po' da casa sua! Dai, non è così lontano il castello! Sarò lì fra poco! -
Un'altra cosa che Dowaze non sopportava era proprio l'irrimediabile cocciutaggine della sua migliore amica: non c'erano ragioni che tenessero di fronte alla sua risolutezza.
La gatta-riccia, suo malgrado, acconsentì, mettendola giustamente in guardia e facendole promettere di stare attenta.
Riagganciò la chiamata, sperando che andasse tutto bene.
La madre uscì dal portone e intimò la figlia a rientrare, in quanto la riunione non era ancora terminata ed era necessaria la sua presenza.
Si schiaffeggiò una mano sulla fronte, scocciata, emettendo un flebile gemito lamentoso. Sentiva che la sua sanità mentale non avrebbe retto ad un'ennesima sillaba dell'ermellino.
Si costrinse a tenere duro e assunse una postura composta, facendo ritorno in sala, pronta a sorbirsi i perentori disappunti del duca.
Aurora, dal canto suo, iniziò a camminare verso il palazzo reale, decisa.
Improvvisamente, sentì dei rumori assordanti dietro di sé. Si girò e vide degli individui su delle motociclette. Dopo qualche falcata, si rese conto che avessero tutta l'aria di starla seguendo.
Fece finta di niente e continuò normalmente il tragitto, ma una moto si accostò vicino al marciapiede.
- Hey, bimba! Che ci fa una come te qui, tutta sola? - domandò il tizio sul veicolo.
Aurora non poteva ben vederlo in faccia, poiché indossava la tuta da motociclista e il casco.
Non volendo rivolgergli la parola, cominciò ad accelerare pian piano la sua camminata.
- Hey, zuccherino! Sto parlando con te! Che c'è, non sai parlare? - insistette lo sconosciuto.
Ciononostante, lei lo ignorò bellamente.
- D'accordo! - affermò lui, in procinto di scendere dal suo piccolo mezzo.
Non appena la riccia se ne accorse, scattò via a grande velocità.
Il ragazzo rimase qualche secondo spiazzato da ciò a cui aveva appena assistito, così come il resto del gruppo. Nondimeno, non esitò a fare un sorrisetto malizioso e ad inseguirla a tutta birra, accompagnato dai suoi amici. Vedendoseli alle calcagna, Aurora cercò di cambiare strada, svoltando al primo angolo.
E fu lì che si accorse di aver commesso un mastodontico errore: era un vicolo cieco.
"Accidenti!" pensò, a denti stretti, mentre una sfilza di sei motociclette si piazzava all'entrata.
Il capo della banda scese dal proprio veicolo e si tolse il casco, rivelando la sua fisionomia ed identità: Xavier.
Ma la rosa non aveva idea di chi fosse e, impaurita, indietreggiò, toccando sfortunatamente il muro con la schiena dopo pochi passi.
Il riccio avanzò verso di lei, iniziando a parlare:
- Bene, bene, bene. Rinnovo la domanda: che ci fa una ragazzina come te qui, in giro? Non lo sai che, ad esempio, potrebbero aggirarsi dei malintenzionati, a quest'ora? - fece, con tono derisorio, ghignando.
Ad Aurora si accapponò la pelle e le si gelò il sangue nelle vene; aveva colto perfettamente la sua ironica allusione e temeva che potesse farle qualcosa di molto spiacevole.
Lui si avvicinò ancora, sino a fermarsi davanti a lei.
Le prese il mento con la punta delle dita della mano sinistra, affinché lo guardasse, e sorrise malignamente, scoprendo il terrore stampato sul volto della riccia.
In quel preciso istante, udirono una voce ferma:
- Lasciala stare, Xavier! -
Aurora la riconobbe subito e i suoi occhi luccicarono dalla felicità.
Il rosso si voltò, assieme alla sua gang.
- Chi sei tu? - chiese, irritato.
Il nuovo individuo balzò, superando le moto, e arrivò davanti ai due ricci, confermando la tesi di Aurora: era Tiger.
L'aveva seguita da lontano, ma aveva perso le sue tracce dopo essere corsa via durante l'inseguimento, perciò aveva tardato a ritrovarla.
- Il mio nome è Tiger The Cat e ti ordino di lasciarla in pace! - affermò, puntando l'indice verso di lui.
Di rimando, il ragazzo con la cicatrice rise alle sue parole, accompagnato dai suoi compagni.
- Dimmi un po', chi ti credi di essere per darmi ordini? - disse serio, lasciando perdere la ragazza e concentrandosi sul gatto blu.
- Uno da cui è meglio che tu stia alla larga! - così dicendo, si affrettò ad avvicinarsi al rosso e non esitò a mollargli un montante in faccia.
Però l'altro fu più veloce: schivò il colpo abbassandosi e ricambiò tirandogli un forte pugno dritto allo stomaco.
La riccia rosa portò le mani alla bocca, terrorizzata.
Tiger finì a terra e Xavier, a sua volta, fece per dargli un calcio, ma venne bloccato da Aurora, che lo prese per un braccio.
Se la scrollò di dosso violentemente e abbastanza facilmente, buttandola al suolo. I cinque raggiunsero l'amico e si affrettarono a dare una bella lezione al micio, mentre quest'ultimo si rialzava.
Da dietro, uno lo spinse verso un altro e quello ad un altro ancora.
Continuarono a passarselo a vicenda come una palla sotto gli occhi attoniti di Aurora che, rialzatasi, cercò di soccorrere il ragazzo, scombussolato sia dal precedente colpo sia dai continui movimenti.
Il suo tentativo, malauguratamente, fu vano: alla sua vista, quei tipacci pensarono bene di togliersela dai piedi.
Due di loro le diedero una spinta con i gomiti, che le fece urtare dei cassonetti lì vicino. Quel gesto produsse un gran baccano e, dal dolore, la riccia perse i sensi dopo il colpo.
Il gatto ebbe appena il tempo di gridare il nome della ragazza, ché venne scaraventato accanto a lei, con la faccia a terra.
Cercò di ergersi nuovamente, ma Xavier piantò con forza il piede sulla sua schiena, esercitando pressione, in modo tale da fargli emettere dei gemiti strazianti.
Il povero ragazzo alzò la testa e notò qualcuno sul palazzo di fronte a lui.
Quella figura si appallottolò e colpì tutti i presenti, salvo Tiger e Aurora, la quale si stava riprendendo.
Uno del gruppo si chiese chi fosse stato l'artefice e la risposta gli arrivò da un altro dei suoi compagni, il quale aveva puntato l'indice contro di lui.
Il blu e la riccia strabuzzarono gli occhi - avendolo riconosciuto -, non potendo credervi.
- Al? Che accidenti ci fai qui? - interloquì il rosso, confuso.
L'interlocutore gli rivolse un'occhiata impassibile, stando a un metro da lui a braccia conserte.
- Ah, ho capito! Ti sei pentito di quello che hai detto oggi e sei venuto per riscattarti. Beh, meglio tardi che mai, amico. - disse Xavier, spavaldo.
Ma lo sguardo di Alex non accennava a cambiare, al che il riccio lo guardò in tralice.
- Che ti prende, Al? Su, vieni a divertirti! - lo incitò, però l'altro continuava a non battere ciglio.
Nel silenzio che inspiegabilmente era piombato, pareva che si fossero create due fazioni propense ad affrontarsi, una minoritaria e l'altra maggioritaria.
Alex faceva parte della prima.
Uno contro tutti.
La tensione tra loro era inverosimilmente tangibile.
Il verde scosse la testa, austero.
Si girò verso i due amici e tese loro le mani per aiutarli a rialzarsi.
Il riccio con la cicatrice sopra l'occhio e il gruppo sbalordirono a tale visione.
- Che significa? - ringhiò il capo della banda.
Alex si voltò nella sua direzione, puntando i bulbi oculari sui suoi.
- Non voglio più essere un bullo, Xavier! Sono stanco di condurre questa vita! - sentenziò, risoluto.
Perché sapevano benissimo di essere dei bulli e quel titolo lo consideravano un vanto.
Ma per Alex non c'era più nulla di cui gloriarsi.
Il rosso sgranò gli occhi dallo stupore, non riuscendo a concepire ciò che era uscito dalla bocca del ragazzo mezzo riccio mezzo volpe.
- Tu stai insinuando di essere cambiato? Proprio tu? -
L'altro annuì.
Xavier allora si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito, per poi passare a una forte risata.
A Tiger non poté che ritornare in mente il momento in cui venne deriso da Alex per aver detto di essere cambiato.
Ponderò sulle sue parole e pensò che, forse, stesse dicendo la verità.
- È la cosa più assurda che io abbia mai sentito! Andiamo via, amici! Lasciamo che questo bravo ragazzo stia con gli altri pappamolle come lui! - proseguì con le sue sghignazzate, mentre rimontava in sella alla sua moto e partiva sgommando insieme alla sua comitiva.
Alex li osservò allontanarsi, per poi ridare attenzione ai due compagni di scuola.
Sorrise appena e fece per andarsene, ma il gatto blu notte lo richiamò:
- Aspetta! -
L'ibrido volse loro lo sguardo.
- Mh? -
Tiger prese un respiro profondo ed esordì, sincero:
- Grazie. -
Il riccio verde sbarrò gli occhi dalla sorpresa.
Quella parola lo fece trasalire, dandogli, però, anche una sensazione di appagamento.
- Tu ... mi ringrazi? -
Il micio annuì.
- Certo! Se non fossi arrivato, non so cosa avrebbero fatto ad Aurora e come mi avrebbero conciato. -
- Sono d'accordo. - intervenne la riccia rosa.
- In un certo senso, ci hai salvati. Ma ... sarei curiosa di sapere perché tu l'abbia fatto. -
Alex sospirò, pronto ad aprirsi completamente a loro.
- Perché ho capito di aver sbagliato per tutto questo tempo. Ho sbagliato a scegliere di essere un bullo, credendo di potermi sentire più forte, ho sbagliato a prendere in giro gli altri, perché ho causato solo del male. E ho fatto del male anche a te, Aurora. Mi dispiace davvero tanto per essermi accorto dopo anni che il mio comportamento non è stato buono. Vi chiedo perdono, soprattutto a te, Aurora, per ciò che ti ho fatto l'anno scorso. Spero che, un giorno, tu possa perdonarmi. -
Si era liberato finalmente di quel magone che da un anno si portava appresso.
Avrebbe voluto scusarsi pure con Dowaze, se soltanto lei gliene avesse voluto dare l'occasione.
Sorrise amaramente e abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi.
- Una volta qualcuno mi ha detto che non è mai troppo tardi per ricominciare. -
Tiger sussultò udendo l'ultima frase, guardandolo nel medesimo istante in cui lui sollevò il capo.
Non c'era bisogno di aggiungere verbo: quell'asserzione fu la prova schiacciante di quanto il riccio verde fosse dispiaciuto per ciò che aveva causato ai danni di Aurora ed era altresì un'attestazione del suo cambiamento.
Il blu si avvicinò al riccio, porgendogli la mano una volta davanti a lui.
Dopo una breve esitazione, Alex accettò la stretta e si sorrisero a vicenda, mentre venivano raggiunti dalla riccia rosa.
Anche lei sollevò gli angoli della bocca e il verde le rivolse attenzione.
- Le ferite rimangono, Alex. Ma se dimostrerai che sei veramente cambiato, gradualmente credo che ti perdonerò. -
Gli si illuminò il viso e le strinse le mani tra le sue.
- Sul serio? Oh, ti ringrazio, Aurora! Vi farò vedere che non esiste più l'Alex che conoscevate prima! -
- Ce lo auguriamo, perché non stavi simpatico a nessuno! - lo prese bonariamente in giro Tiger, dandogli una pacca sulla schiena e i tre risero di gusto.
- Volete che vi accompagni? Dove siete diretti? - chiese il ragazzo mezzo riccio mezzo volpe.
- Non è necessario, tranquillo. Scorterò io questa donzella da Dowaze e non accetto un altro no come risposta. - le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé.
- Stavolta non rifiuto. - ridacchiò, facendogli la linguaccia.
- Va bene, se lo dite voi. Allora io vado, ci vediamo domani! -
- A domani! - lo salutarono con la mano, frattanto che lui si allontanava correndo, scomparendo nel buio della notte.
Dopodiché, Tiger e Aurora si avviarono verso il palazzo reale.
Durante il tragitto, la riccia chiamò Dowaze, per comunicarle il suo arrivo in compagnia del gatto.
L'ibrida l'avvertì di passare dall'entrata secondaria, poiché a quell'orario le guardie bloccavano chiunque dalla principale.
Giunti a destinazione, la rosa guidò Tiger verso l'ingresso menzionato dalla principessa; fermatisi davanti la porta, si salutarono guancia a guancia e il gatto se ne andò.
Salite alcune scale, attraversato il corridoio e svoltato qualche angolo, Aurora trovò la gatta-riccia ad aspettarla fuori dalla sua stanza.
- Hey! - esclamò, sventolando la mano.
- Dowaze! - corse a fiondarsi sul collo di lei, abbracciandola energicamente per la gioia.
L'altra la guardò con fare perplesso, alzando un ipotetico sopracciglio.
- Aurora? Come mai questa felicità? - chiese, ridacchiando nervosamente.
- Ora sono felice! Ma se sapessi cosa ho passato! A proposito, che ore sono? - 
Dowaze diede un'occhiata veloce all'orologio alle sue spalle, appeso alla parete.
- Solo le dieci e otto. -
- Caspita! Ci sono stata un bel po' fuori! - dedusse, stupita.
- Già! E io ho dovuto sopportare il discorso di tre ore del conte Julian, con l'accento sulla "a"! E sai cosa riguardava? - domandò, esasperata, portandosi una mano sulla faccia.
La riccia scosse la testa.
- Una cartaccia. Un misero foglio di carta che qualcuno aveva sbadatamente accartocciato e gettato per terra. - spiegò, annoiata e ancora scettica.
E in egual modo la migliore amica la guardò, prima di scoppiare in una fragorosa risata che venne prontamente interrotta dalla gatta-riccia, tappandole la bocca con entrambe le mani.
- Sshh! Piano, Auri! A quest'ora c'è chi dorme! - mormorò, portando l'indice all'altezza del naso.
- Ops! Scusa! - fece a bassa voce, con una punta d'imbarazzo.
- Entriamo. - intimò la viola.
Chiuse l'uscio e la rosa si accomodò sul letto baldacchino che tanto amava.
Non avendo cenato, un brontolio propagò dalla sua pancia; emise una risatina isterica, mentre l'altra rideva con ilarità.
- Vado in cucina a prenderti qualcosa da mangiare. Ci metterò un attimo. - sparì dalla vista della riccia, avvolta dal suo fuoco celeste e bianco, per poi ritornare appena due minuti dopo con un vassoio di chili dogs e una bottiglietta d'acqua.
Le pupille di Aurora si ingrandirono, brillando dalla meraviglia.
Amy aveva raccontato alla gatta-riccia che, durante la sua gravidanza, Sonic l'avesse pressoché costretta a ingerire quel cibo almeno due o tre volte al giorno in modo da trasmettere, secondo la teoria dell'eroe di Mobius, la sua ossessione per i chili dogs al nascituro.
Tesi assurda ma che ebbe dell'incredibile, dando il risultato sperato: padre e figlia, infatti, erano capaci di farne intere scorpacciate e addirittura sfidarsi a vicenda sino a ingozzarsi e ad avere il mal di stomaco.
- Tu sì che mi conosci! - chiocciò la ragazza, addentando un panino.
Mandò giù e si leccò le labbra.
Bevve un lungo sorso di acqua e mangiò altri tre chili dogs, fino a quando non fu sazia.
Fece un piccolo rutto silenzioso e, poi, riferì alla sua migliore amica:
- Ti ringrazio per la cena: è stata più che gradita! -
- Figurati! - disse l'altra, sorridendole.
- Ora puoi dirmi cosa è successo? Cosa hai passato? - interloquì l'ibrida, che non aveva scordato la precedente affermazione della riccia.
Quest'ultima si sedette composta e le raccontò tutto ciò che era accaduto in quella sera.
- Dopo aver chiuso la telefonata con te, sono stata inseguita da sei teppisti con le moto e, se non sbaglio, uno di loro va nella nostra scuola. È un riccio rosso e si chiama Xavier. Sfortunatamente per me, sono finita in un vicolo cieco e lì Xavier è sceso dalla moto e mi è venuto vicino. Non ho la benché minima idea di cosa volesse farmi né voglio saperlo; fatto sta che è stato interrotto da Tiger. -
- Accipicchia! Io te l'avevo detto di stare attenta! Menomale che è arrivato Tiger! - esclamò la principessa, leggermente sollevata.
- Un attimo, non ho ancora finito. - la avvisò la rosa, incrociando le gambe sul materasso.
- Va bene. Continua. - la incitò, avvicinando la sedia della scrivania al letto e accomodandosi.
- Tiger ha avuto uno scontro con Xavier, ma è stato buttato per terra. Io ho cercato di intervenire, ma Xavier mi ha spinta. Gli altri del gruppo si sono intromessi e hanno incominciato a passarsi Tiger come una palla. Ho tentato di nuovo di fermarli, ma due di loro mi hanno scaraventato per terra e sono svenuta. Quando mi sono svegliata, mi sono ritrovata Tiger vicino a me e, poco più avanti a noi, c'era Alex. -
Dowaze spalancò gli occhi, sconvolta.
Si chiese che cosa ci facesse lui in quel posto e che ruolo avesse avuto nella vicenda, da soccorritore o da nemico.
- A ... Alex ... ? - bisbigliò, con sguardo attonito.
L'amica annuì, accennando un mezzo sorriso.
- Sì. Anche noi siamo rimasti senza parole, proprio come te. Ma poi lui ci ha aiutato a rialzarci e ci ha difesi. -
- Vi ha ... difesi? - fece la gatta-riccia, ancora più scioccata.
- Sì, si è fatto persino prendere in giro da loro! E quando se ne sono andati, mi ha addirittura chiesto scusa per quello che mi ha fatto! Ha detto di essere cambiato e ci ha promesso che lo dimostrerà. Non ci ha mai trattati così bene. Dovevi vederlo, sembrava un'altra persona. Forse è sinceramente pentito. - finì Aurora, ma l'ibrida si portò le mani alla testa, curvando la schiena verso il basso.
"Cambiato? Pentito?" erano le parole che focalizzò nella sua mente, immaginando le scene descritte dalla migliore amica.
Chiuse gli occhi.
Non riusciva a concepire che fosse andata realmente in quel modo.
Doveva esserci un trucco, pensò.
Poteva benissimo essere tutta finzione, la sua, una messinscena architetta nei minimi dettagli affinché ci cascassero.
Oppure era lei a non voler credere a quell'ipotesi, a non voler concedergli una possibilità?
Dowaze era scettica al suo improvviso mutamento.
Per lei c'era qualcosa sotto.
Per lei, Alex aveva un secondo fine.
Non si fidava minimamente di lui.
Si mise in piedi rapidamente, facendo sobbalzare la riccia rosa dallo spavento.
- Ma che ...? -
- Io non credo proprio che sia cambiato. Sta fingendo, ne sono sicura. - disse, atona.
Il suo sguardo era talmente torvo da infondere paura anche ad Aurora.
- Perché pensi così? Non potrebbe redimersi? Non potrebbe davvero essersi pentito? -
La gatta-riccia ghignò sommessamente.
- E se fosse tutto un inganno, invece? Ci hai pensato? Se volesse solo ottenere la nostra fiducia, per poi pugnalarci alle spalle, mh? -
L'amica la fissò intimorita, non avendola mai sentita parlare in una maniera tanto dura e con un volto così cupo.
- Dowaze, perché il tuo viso ha cambiato espressione? Mi metti paura ... - la indicò, tremante.
- Perché non è vero! Non è vero nulla, ci sta solo prendendo in giro! Io non gli credo, Aurora! E non gli crederei neanche se lo vedessi! - sbraitò, aumentando il tono di voce.
I respiri si fecero conciati e i suoi pensieri giravano attorno ad una singola ed infida parola: incredulità.
Si avviò verso la porta-finestra, uscendo sul balcone.
Inspirò largamente ed espirò, corrugando la fronte.
- Dowaze? Che hai intenzione di fare? - la raggiunse l'amica, allarmata.
- Solo un giro. Non seguirmi. - sentenziò, saltando giù e sfrecciando via senza una meta.
Aveva bisogno di rinfrescarsi le idee e la velocità glielo permetteva.
Non poteva crederci.
Non voleva crederci.
Era convinta che un bullo non potesse cambiare, ma poi le venne in mente Tiger: anche lui lo era stato ed era cambiato veramente, dopo essersi pentito.
Perché Tiger sì ed Alex no?
Non erano ambedue esseri antropomorfi dotati di una coscienza e di un cuore?
Giunta vicino la scuola, arrestò la sua corsa.
Non si voltò nemmeno a guardare l'edificio, bensì sorrise lentamente, finché quella smorfia non sfociò in una risata.
- Lui? Cambiato? Tsk, ridicolo. -
Si ricompose e si incamminò verso casa.
Si era allontanata sufficientemente.
Ma passarono appena una manciata di minuti che udì dei motori roboanti dietro di sé.
Si girò e vide delle moto messe a semicerchio.
Uno dei motociclisti alzò la voce, dichiarando:
- Ma guardate un po': due ragazze in una sola notte! Che fortuna! - un ghigno sadico si dipinse sul suo volto.
Dowaze intuì che si stesse riferendo ad Aurora, dopo aver contato le motociclette.
Non accennò alcun timore, troppo sicura di poter competere con loro.
- Che cavolo vuoi? - sbottò scontrosa, innervosendosi.
- Ohoh! Ma che tagliente la micia! - esclamò, ridendosela e scendendo dal veicolo.
Per tutta risposta, la viola gli mostrò le sue fiamme in entrambe le mani, nel tentativo di incutergli paura.
- E anche focosa! - sghignazzò lui, sfilando da dietro la schiena una frusta, che batté al suolo, imitando le stesse intenzioni della principessa.
- Io, invece, sono elettrizzante! - esordì, premendo sul pulsante dell'arma e confermando quello che aveva svelato.
- Non voglio combattere con te. - replicò lei, autorevole. Voleva soltanto intimorirlo, non aveva la benché minima voglia di scontrarsi con lui. Dissolse il fuoco e gli voltò appena le spalle, facendo per andarsene.
- E se ti dessi una ragione per farlo? -
Ancor prima che l'altra potesse proferire mezza parola, il ragazzo le colpì violentemente la coda, facendola urlare dal dolore.
Si accasciò a terra e se la guardò, mentre lui toglieva il casco.
Intuì fosse il capo banda, Xavier.
Le aveva provocato una brutta, fumante bruciatura.
I suoi occhi divennero tremendi e ringhiò di rabbia, ergendosi con uno slancio un po' barcollante.
Iniziò a scagliare palle di fuoco a intermittenza verso di lui.
Gli altri si spostarono a distanza di sicurezza, temendo per la loro incolumità.
Il riccio rosso schivò ogni colpo e così anche l'ibrida.
Improvvisamente, una fiammata gli prese una guancia, bruciandogli il pelo lì stante e facendolo inginocchiare.
I suoi amici accorsero in suo aiuto, rialzandolo.
Digrignò i denti dalla fitta e si scrollò di dosso le mani dei motociclisti.
La ragazza era quasi allo stremo delle forze, non potendo contare sull'equilibrio della sua coda.
Accadde in un attimo.
Con un gesto fulmineo, a cui Dowaze non fu abbastanza rapida da scansarsi, il rosso le provocò una seconda ustione, stavolta al braccio destro, che la costrinse a cacciare uno strepito.
Cadde al suolo, serrando la mascella e trattenendo le lacrime che minacciarono di scendere.
Provò a levarsi in piedi, ma poggiò sbadatamente il peso del corpo sull'arto malandato.
- Ora non fai più l'audace, eh? - la schernì, beffardo.
- Che cosa vuoi da me? - ripropose la precedente domanda.
Lui le si avvicinò, abbassandosi sulle ginocchia.
- Nulla di che. Voglio solo divertirmi un po'. - le riferì, poggiando le braccia sulle gambe piegate.
La gatta-riccia osservò la scottatura che gli aveva fatto e poi la cicatrice che aveva, per passare infine ai suoi occhi verdi.
Quella sensazione di impotenza non le piaceva affatto.
Tentò nuovamente di alzarsi, ma il riccio le posò una mano sulla spalla, facendola rimanere in posizione prona.
Lo fissò con sguardo minaccioso, stufa di sentirsi così infima davanti a quel gradasso.
D'un tratto, udì dei passi dietro di lei e una voce che riconobbe immediatamente.
- Lasciala, Xavier! -
Il rosso si alzò e vide il riccio verde avanzare nella loro direzione.
Ghignò malignamente e lo salutò:
- Al, amico mio! Come mai di nuovo da queste parti? -
Alex gli si fermò esattamente di fronte.
Si mise accanto all'ibrida e la fissò, mentre lei ricambiava lo sguardo con stupore e sospetto.
Non sapeva cosa aspettarsi né se credere alle parole di Aurora.
Egli la scrutò e si accorse delle ustioni presenti sul suo corpo.
- Che cosa le hai fatto? - fece, aggressivo.
L'amico sfoggiò un'altra smorfia fastidiosa, annunciandogli:
- Mi ha mancato di rispetto. Dovevo punirla, no? - disse con arroganza, sghignazzando.
Alex si accigliò, guardandolo truculento.
"Non dovevi toccarla!" avrebbe voluto dirgli, ma optò per un'altra mossa.
Si chinò verso di lei e le prese la mano.
- Stai bene? - le domandò, premuroso.
La principessa lo guardò sbigottita; quel tocco le provocò un brivido lungo la spina dorsale e trattenne addirittura il fiato, osservando le sue iridi di ghiaccio.
Non l'aveva mai visto preoccupato per la sua salute.
Le sorrise a malapena e la viola sbarrò gli occhi quando si materializzò nella sua mente l'immagine di Aurora sui binari e il treno in procinto di travolgerla.
Si incupì e gli schiaffeggiò le dita bruscamente.
- Non ho bisogno del tuo aiuto! - sibilò, a tono basso, in maniera che potesse sentire solo lui.
Il ragazzo le rivolse un'occhiata mista tra lo smarrimento, la delusione e l'amarezza.
- Lascia che ti porti via da qui. - provò a persuaderla, cortesemente, allungando una mano verso di lei.
- Posso farcela benissimo da sola. Non fingere con me, lo so che non sei cambiato. - asserì, severa.
- Fingere? Ti sembra che io stia fingendo? Per cosa dovrei fingere? Per farti credere che voglia essere tuo amico per poi pugnalarti alle spalle? Se pensi questo, stai sbagliando. Io voglio solo aiutarti. - mise in chiaro lui, ancora inginocchiato davanti a lei.
- Io non sarò mai tua amica! - tuonò la ragazza.
Ormai tutti stavano ascoltando il loro dialogo.
- Non importa, voglio solo portarti al sicuro. - detto ciò, se la caricò velocemente in spalla, prima che lei potesse opporre resistenza.
- Che cosa fai? Mettimi giù! Come ti permetti? - obiettò la principessa, dandogli pugni sulla schiena.
- Perché? Dovrei lasciare che questi ragazzi ti facciano del male? È questo che vuoi? -
- Non vorrei intromettermi, però sei stato anche tu uno di questi ragazzi. - intervenne Xavier, ma entrambi gli ibridi gli riferirono, all'unisono:
- Fa' silenzio, tu! -
Il rosso alzò le mani in segno di resa, lasciando che proseguissero con la loro litigata.
- Non puoi semplicemente farti i fatti tuoi? - domandò la gatta-riccia ad Alex, dimenandosi ancora.
- Come ti dimostro che sono cambiato, se rimango indifferente a tutto questo? -
Dowaze si bloccò, rizzando le orecchie.
Il riccio dalla coda da volpe la fece scendere, tenendola delicatamente per le braccia.
- Puoi darmi questa possibilità? -
La ragazza lo guardò fisso, non sapendo cosa rispondergli.
Era confusa, dal momento che l'Alex che aveva di fronte sembrava l'opposto di quello che aveva conosciuto.
- Hey, noi siamo ancora qui. Se dovete risolvere i vostri problemi di coppia, fatelo in separata sede! - esalò uno dei motociclisti in fondo.
- Non siamo una coppia! - dissentirono ambedue.
- Allora smettete di sembrarlo! - replicò un altro.
- Io ci rinuncio. Non so voi, ma io mi sto annoiando a morte a sentirli. Andiamocene, questi due hanno molto di cui discutere. - comunicò Xavier, tornandosene alla sua moto e andando via assieme agli altri, lasciando i due ibridi da soli.
Alex liberò le braccia della ragazza dalla sua gentile morsa.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi lui prese la parola.
- Quindi? -
Come se fosse appena caduta dalle nuvole, Dowaze lo guardò con un cipiglio.
- Quindi cosa? -
Lui sospirò.
- Mi darai questa possibilità? -
La principessa distolse lo sguardo da lui, esitando.
- Devo pensarci. - pronunciò, infine.
Ma al riccio verde la sua risposta fu bastante per fargli sbocciare un sorriso.
- È già qualcosa. -
La gatta-riccia fece una smorfia, notando l'espressione fin troppo genuina del ragazzo che, a parer suo, non gli si addiceva.
- Smettila di sorridere, sei ... strano. - storse il naso, lei.
- Sono diverso. E questo cambiamento mi piace. - puntualizzò il verde, mantenendosi contento.
- Dovrò vederlo con i miei occhi. - incrociò le braccia al petto, stando attenta a quello dolente.
Alex avvicinò la bocca all'orecchio della ragazza, facendola involontariamente arrossire.
- Lo stai già vedendo. - fece, allontanandosi, mentre lei lo fissava stralunata.
Ingoiò un fiotto di saliva e trovò più interessante guardare la ferita sul braccio.
Accorgendosi del suo sguardo, Alex esordì:
- È meglio che tu torni a casa a curarti. Ti accompagno, va bene? -
Dowaze annuì, sebbene non del tutto convinta, e camminarono verso la sua regale dimora, non proferendo verbo lungo l'intero tragitto.
Arrivati all'entrata secondaria, l'ibrida si torturò le mani, costringendosi a dirgli qualcosa.
- Grazie. - cercò di essere il più distaccata possibile, ma le uscì in un tono talmente buffo che fece ridere il ragazzo.
- Non c'è di che, Kittyhog. - ammiccò lui.
La gatta-riccia boccheggiò come un pesce, nuovamente presa in contropiede, ma decise di non ribattere, sentendosi troppo stanca per farlo.
- Ci vediamo domani. - la salutò, tornando indietro, mentre lei bisbigliò:
- A ... a domani. -
Entrò e si diresse in camera sua, ma ad attenderla c'erano Shadow, Blaze e Aurora, che, vedendola in quello stato, le corsero in contro.
E Dowaze sapeva bene che avrebbe dovuto spiegare ogni minima cosa ai suoi genitori, come circa tre anni prima.






ANGOLO AUTRICE
Beh, da dove comincio? Non pubblico nulla dal 2019!
Okay, non è esattamente il migliore dei modi per iniziare un angoletto riservato all'autore, ma sono un tipetto abbastanza spontaneo, lo sapete. ^^'
Salve, gente! Come vi va la vita?
A me momentaneamente bene, ma si va di alti e bassi.
Diciamo che in questi anni di assenza sono successe diverse cose. Per citarne alcune, ho finalmente conseguito il diploma e adesso mi ritrovo al primo anno di Università. Mi sono fidanzata l'anno scorso e quest'anno lasciata, ma non ne faccio un dramma, perché non era la persona giusta per me ed è stata solo una liberazione. Chissà che invece ad Alex e Dowaze non vada meglio, ahah! Lo ammetto, forse è giusto un po' cliché il pairing tra il bullo riscattato e la brava ragazza, però vorrei concludere questa serie rispettando la volontà di quella ragazzina di 14 anni che la cominciò. Non è ancora terminata, mancano altre storie da aggiungervi - che devo scrivere ^^' -. Per chi mi conosce, sa che sono un'inguaribile romantica e darò un lieto fine a questi due.
Ma tornando alla lunga one-shot di oggi, vi dico la verità, sono rimasta sorpresa persino io dal comportamento di Alex. La prima stesura non lo prevedeva e Freez shad ne sa qualcosa. Ma rileggendola, ho capito che qualcosa stonava: dovevo mostrare il cambiamento durato un anno del ragazzo, non un ennesimo fiasco. Spero di esserci riuscita, ad ogni modo ...
E vogliamo parlare dello scetticismo di Dowaze? Comprensibile, a mio avviso, ma si è dovuta ricredere, avendolo visto all'opera. Sono fiera del mio piccolo Alex, sta maturando! T.T 
Non penso di dover dire altro, se non ringraziare chi leggerà, recensirà o aggiungerà la storia tra seguite/preferite/ricordate. Per qualsiasi errore grammaticale o di distrazione, non esitate ad evidenziarmelo ed io provvederò a correggerlo!
Alla proxima!
Dio vi benedica.
Simo_Dowaze Bye ^.^
   
 
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