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Autore: mughetto nella neve    19/12/2021    3 recensioni
"[...]Quando gli era stata proposta una vacanza in montagna, aveva storto la bocca reticente; abbandonare casa in favore di una baita sperduta nel bel mezzo del niente? Che cosa aveva in mente suo fratello? Voleva farlo morire congelato? Si era subito detto contrario e, infastidito dall’insistenza dell’altro, gli aveva ordinato di non riprendere più l’argomento.
Naturalmente, simile richiesta da un orecchio era entrata e dall’altra era uscita.
[...]"
[ Fratelli italia-centric | Calendario d'Avvento 2021 ]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Autore: mughetto nella neve
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Nord Italia (Feliciano Vargas), Sud Italia (Lovino Vargas)
Generi: Commedia
Avvertimenti: //
Note: questa storia è stata scritta per il “Calendario d'Avvento” indetto dalla pagina facebook 'Fanwriter.it'.



 

Questa era l’ultima volta che permetteva a suo fratello di trascinarlo in settimana bianca.

Romano non era mai stato un grande estimatore dell’inverno: non sopportava il freddo, la pioggia o il dover andare in giro bardato dalla testa ai piedi con il rischio perenne di beccarsi un raffreddore. 

Quando gli era stata proposta una vacanza in montagna, aveva storto la bocca reticente; abbandonare casa in favore di una baita sperduta nel bel mezzo del niente? Che cosa aveva in mente suo fratello? Voleva farlo morire congelato? Si era subito detto contrario e, infastidito dall’insistenza dell’altro, gli aveva ordinato di non riprendere più l’argomento.

Naturalmente, simile richiesta da un orecchio era entrata e dall’altra era uscita. Veneziano aveva sorriso, falso come una moneta da tre euro, ed aveva agito alla sua maniera. Nel caso specifico, aveva cominciato a regalargli attrezzatura per la neve: dal nulla erano apparsi maglioni, guanti, calze pesanti ed addirittura un cappotto nuovo 

Suo fratello si era comportato proprio come se il rifiuto non si fosse mai verificato; e, con la consueta faccia di bronzo, era riuscito a convincerlo a ritrattare. Il fatidico giorno della partenza non solo Romano aveva fatto volontariamente la valigia ma si era anche lamentato del ritardo accumulato.

Veneziano stava bevendo il secondo caffè della giornata e appariva tremendamente soddisfatto del proprio lavoro. Con un sorriso vittorioso, aveva preso il suo posto alla guida e cambiato la stazione radio. Romano era già a braccia conserte. 

« Vedrai che sarà una splendida vacanza! » aveva quindi esclamato raggiante. 

 

Naturalmente non era andata così.

Anzitutto, il viaggio si era rivelato interminabile: avevano passato ore seduti, le uniche pause possibili erano quando si faceva benzina. In quelle sette ore piene, non era capitata una canzone che stesse bene al fratello; la stazione radio veniva chiamata ogni cinque minuti, portandolo presto all’esaurimento nervoso.

Inoltre, sempre Veneziano aveva avuto la pessima idea di fermarsi ad un autogrill per l’ora di pranzo. A Romano erano stati consegnati dei panini che si erano sbriciolati tra le mani in tempi record; la macchina, riempita di briciole, era diventata semplicemente invivibile.

Nel sentire le sue rimostranze, l’altro aveva sorriso falsamente ingenuo: « Ma stai tranquillo, Romano! Dopo la facciamo lavare! »

Lo avrebbe strozzato con le sue stesse mani; ma il pensiero di dover fare tutta quella strada all’indietro - e di essere lui a guidare - lo aveva fermato. Aveva accettato passivamente la sequela di curve che lo avevano nauseato ed il ronzio della radio sempre più inutile. Veneziano lo aveva rassicurato dicendo che, dove andavano, avrebbero trovato il wi-fi.

Aveva sbuffato ed in qualche modo era riuscito ad arrivare intatto in cima. Sceso dalla macchina, aveva dovuto prendersi qualche momento talmente forte era la nausea. Intanto, Veneziano scaricava le valigie e già faceva il brillante con lo staff; lo vedeva ridere mentre faceva il check in, farsi consegnare mappe di ogni tipo e sogghignare leggermente nel rivolgergli un’occhiata. Chissà che cosa stava dicendo sul suo conto … per suo fratello ogni occasione era buona per metterlo in ridicolo.

La stanza, però, si era rivelata graziosa. Romano si era guardato attorno con ancora addosso il giubbotto; la sua attenzione era caduta sugli accappatoi puliti, notando - oltre agli asciugamani - anche un paio di ciabatte. Quelle sarebbero tornate a casa con lui.

« Guarda quanta neve, Romano! » aveva urlato suo fratello aprendo la porta finestra. 

Aveva alzato gli occhi al cielo, stanco: « La guardo »

Da quando avevano cominciato a notarla nel paesaggio, l’altro era diventato peggio di un pappagallo istruito. C’era il serio rischio che si comportasse così per tutta la vacanza quindi era meglio dargli meno corda possibile. 

Aveva cominciato a svuotare la valigia svogliatamente. Come al solito queste cose noiose toccavano sempre a lui. Perché doveva essere lui il fratello diligente e responsabile, mentre l’altro poteva saltellare in camera con della neve fresca tra le mani— aspetta, cosa— e prima che potesse dire qualcosa, Veneziano aveva lasciato andare il contenuto delle sue mani dentro i suoi vestiti.
Romano aveva, ovviamente, urlato.

« Dannato stronzetto— » ed un gemito stridulo aveva interrotto la sua imprecazione. La neve stava scendendo contro la sua schiena accompagnata dalle risate di suo fratello.

Nel vederlo così divertito, Romano aveva sentito la rabbia ribollire nel corpo. Poteva giurare che la neve si fosse istantaneamente sciolta mentre cercava di acchiappare l’altro. Veneziano si faceva scudo con i mobili della stanza, continuando a ridere e lanciandogli contro i cuscini che gli capitano a tiro.

Era ovviamente finito catturato. Romano l’aveva gettato sul letto ed immobilizzato; ma questo non l’aveva fermato dal continuare a ridere. 

La sua faccia era tutta rossa: « Mio caro fratello, ti riporto alla mente la natura caritatevole e propensa al perdono propria del tuo carattere! »

« Non è con le tue belle paroline che l’avrai vinta questa volta » aveva soffiato allora lui, spostando a lato la frangetta di suo fratello. « Cosa dovrei farci adesso con te, eh? Come li punivi i bastardi traditori nella tua repubblica? »

« Li perdonavo! » aveva riso Veneziano, cercando poi di svignarsela. « Tutti perdonati! »

Romano lo aveva lasciato andare: « Falso! Sei il più grande bugiardo che conosco! » 

Suo fratello lo aveva aiutato a sbarazzarsi del resto della neve. Sembrava ansioso di farsi perdonare, cosa che lo aveva insospettito ancora di più. Ne era certo: gli stava nascondendo qualcosa. 

 

Dopo una camminata di quasi tre ore, Romano era praticamente diventato il fantasma di se stesso. Continuava ad alternare i piedi uno davanti all’altro, ma la stanchezza era tale da farlo ciondolare in avanti. Lo zaino pesava sulle sue spalle e le sue gambe terribilmente deboli. Aveva bisogno di una pausa. L’ennesima. 

« Avanti, Romano. Altri dieci minuti e siamo arrivati! » gridò suo fratello qualche metro più avanti. Anche da lontano, riusciva a riconoscere sul viso quel solito falso sorriso ottimista: « Se rimani fermo, senti ancora di più freddo! »

Attorno a lui il bianco regnava sovrano. Gli alberi erano traboccanti di neve, le pozze d’acqua sul terreno erano ghiacciate; il sentiero che percorrevano era, per fortuna, abbastanza accessibile. Veneziano continuava a ripetere che quello scelto era il più semplice e breve; nonostante ciò erano comunque servite tre ore per arrivare al rifugio.

« Avanti, un piccolo sforzo! Ti prometto che, al rifugio, ci sarà la cioccolata! » continuava a gridare il più piccolo.

Romano alzò gli occhi al cielo, infastidito: « Sì, una cioccolata calda! Proprio quello che ci vuole dopo essere morto di ipotermia un paio di volte! » 

Non credeva fosse possibile provare così tanto freddo. Nonostante i guanti, la giacca e tutte le precauzioni prese, comunque il clima continuava ad essergli ostile. Si era decisamente pentito di aver detto di sì a quella vacanza. Suo fratello lo stava costringendo ad una vera tortura tra fatica, freddo e disagi vari.

Stancamente, passo dopo passo, Romano lo raggiunse. Questi continuava a sorridergli e, ora con falso affetto, addirittura provava a sistemargli meglio il cappotto intorno al collo. 

« Avremmo potuto usare gli sci … » gli sentì dire.

Romano si fece da parte e cercò di sistemarsi da sé: « Mi spieghi come è scientificamente possibile usare gli sci per salire quando tutti li usano per scendere dalle montagne?! »

La risata accennata dell’altro riuscì, in qualche modo, ad infastidirlo ancora di più. Veneziano sembrava sempre a suo agio, incorruttibile ed inarrivabile: « Beh, tecnicamente—»

« Non lo voglio sapere » lo liquidò riprendendo a camminare.

La stanchezza accumulata cominciava ad irritarlo. Aveva bisogno di un posto caldo dove potersi finalmente sbarazzare di tutti quei vestiti che lo appesantivano. Aveva sete e fame; voleva sdraiarsi e non alzarsi mai più. Il rifugio era un miraggio perfetto, Romano lo guardava ed era scioccamente convinto di poter trovare lì la risoluzione dei suoi problemi.

Naturalmente non era stato così, ma almeno faceva meno freddo. Veneziano lo aveva raggiunto pochi minuti dopo, sorridendo e togliendosi finalmente il cappello ed il passamontagna dalla testa. I suoi capelli, leggermente elettrificati, gli conferivano un’aria ancora più stralunata. 

« Visto? » lo sentì riprendere a parlare con voce allegra. « Non è stato difficile—» 

« Non parlare » Romano non aveva nemmeno la forza di guardarlo. Voleva dimenticare di trovarsi così lontano da casa in compagnia della persona che più di tutti riusciva ad irritarlo.

Comunque, trovarono un tavolo libero. Veneziano fu il primo a sedersi e, sorridendo, si guardava intorno nella speranza di attirare le attenzioni della cameriera. Romano si sentiva debole, stanco; voleva solo chiudere gli occhi e risvegliarsi con l’arrivo della primavera. Quanto sarebbe durata ancora quella sua agonia? Non avrebbe retto un’altra escursione come quella.

« Oh! Quest’anno sei con uno nuovo? »

Una voce sconosciuta gli fece spalancare gli occhi. Romano guardò il tavolo in legno e poi la cameriera che, già stanca e nervosa, continuò ad ignorarlo. Le sue sopracciglia si aggrottarono, piene di confusione; stava parlando con lui? Magari aveva semplicemente ascoltato la conversazione di un’altro tavolo.

Suo fratello, sull’altro lato del tavolo, sembrava ancora una volta intoccato dalla situazione circostante. Non gli dava fastidio il vociare, il soffiare continuo del vento fuori dal locale e persino i modi della cameriera non riuscivano a scalfire il suo sorriso: « Due cioccolate calde, per favore. Una con un bel po’ di panna sopra! »

La donna non rispose, appuntando le ordinazioni e sparendo presto tra i tavoli. C'era qualcosa di strano nei suoi modi, Romano non sapeva spiegarlo nemmeno a se stesso. Una sensazione di fastidio risaliva lungo le braccia e pareva quasi pizzicarlo, invogliandolo a fare domande.

« A cosa si riferiva? » riuscì a dire contenendo com fatica il tremore nella sua voce. 

Chiedere a Veneziano era da sempre un'attività imbarazzante. Anzitutto per il suo orgoglio di fratello maggiore che non voleva mai piegarsi a richieste di chiarimenti; successivamente per il modo che l'altro aveva di rispondere. Questi non era mai chiaro o diretto, sembrava incapace di fornire certezze e si dilettava in lunghe e vaghe ipotesi che lo infastidiva ed irritavano.

« Mai vista prima » rispose questa volta Veneziano, alzando un poco le spalle. Prese, quindi a guardare fuori dalla finestra sorridendo sollevato: « Tu, invece, hai notato che bella vista da qui? Fantastica! Mi piace molto il paesaggio innevato, tutto sembra così luminoso e pulito! » 

Romano lo guardava in silenzio e sembrava incapace di ragionare. Stava mentendo. Era palese. Non avrebbe mai risposto così semplicemente se quella fosse stata una domanda come le altre; perché tagliare così di netto la conversazione? Avrebbe potuto dire che non ne aveva idea, perdersi in tremila osservazioni ed invece aveva tradito ogni sua aspettativa. A che pro?

Fin da quando era lì aveva notato qualcosa nel comportamento di suo fratello. Era troppo allegro, troppo pimpante, troppo propenso ad andare ora di qua ora di là. Non la capiva questa sua nuova fissazione per la montagna, era piovuta dal cielo e per nulla in linea con il fratello che faceva svogliatamente zapping tra i canali.

Qualcosa non andava. Romano lo occhieggiò, incontrando subito il sorriso dell'altro.

Ora ne era certo: suo fratello era già stato lì.

 

« Dai, Romano! Vieni fuori! »

Si rigirò tra le coperte più ostinato, ignorando le lamentele del fratello che - già vestito - tentava di farlo uscire dal letto. Dopo tre giorni di scampagnate ed escursioni, Romano avrebbe dato fuoco a se stesso e all'hotel pur di non alzarsi.

« Ma questi sono gli ultimi giorni! Dovremmo goderceli! » protestò Veneziano con voce lamentosa. Le sue parole, però, caddero nel vuoto; costringendolo a cambiare approccio. 

« E va bene, basta escursioni. Che ne dici se oggi andiamo in paese? Ci sono ancora i mercatini di Natale, potremmo darci un'occhiata! »

Romano assottigliò lo sguardo, improvvisamente sospettoso. Di per sé l'idea non era male. Andare per mercatini era un'attività che gli era sempre piaciuta. Suo fratello lo sapeva ed ora gli stava sorridendo tronfio come un tacchino nell'aia.

Romano fece schioccare le labbra: « No » 

« Ma perché adesso fai così? Stava andando tutto bene! » Veneziano aveva le mani sui fianchi e ricordava proprio un genitore che aveva a che fare con un bambino eccezionalmente viziato.

Questo lo infastidisce ancora di più: « Magari non ho voglia di uscire perché mi sono stancato di questa vacanza, tu che dici? »

Ne seguì il silenzio. Romano si sistemò meglio nel letto, sperando in una ritrovata pace. Fu un pensiero rassicurante, ma che tristemente durò poco. Suo fratello con un colpo di coda gli tirò via le coperte e lo lasciò scoperto.

« Perché sei venuto se sapevi ti saresti stancato? » domandò ancora con voce lamentosa. Aveva le sopracciglia aggrottate ma le sue labbra tremavano, tentennava anche in questo: non sapeva se arrabbiarsi o fare la vittima come sempre. « Per tutta la vacanza non hai fatto altro che rispondermi male e lamentarti … Fai sempre così! Ti piace farmi stare male! »

Se Veneziano credeva che sarebbe rimasto zitto davanti a simili scuse, avrebbe fatto meglio a ricredersi. Romano si alzò dal letto e lo fronteggiò apertamente.

« Anzitutto, vedi di volare basso! La mia vita non gira attorno a te; non credere che i tuoi cambi di umore mi intacchino o mi interessino! » dichiarò puntandogli il dito contro. « In secondo luogo, non accetto prediche da chi si ricicla una vacanza! » 

Suo fratello aveva da sempre vantato una formidabile faccia di bronzo: non si sapeva mai cosa gli stesse passando per la testa; ma col tempo Romano aveva imparato a riconoscere quelle microespressioni che lo tradivano. 

« Pensavi non lo avessi capito? Mi credi così stupido? Ti conoscono qui, quindi significa che non è la prima volta che visiti questo posto! » continuò a parlare, ora con la voce che tremava appena. « Non solo: sei venuto qui con un’altra persona! Solo che questa volta lui aveva evidentemente da fare e dopo averci litigato un bel po’ - e io me le ricordo le telefonate notturne, Veneziano! - hai decido di chiedere a questo imbecille di venire! »

Finì la sua arringa, indicando il proprio corpo; era in fiamme, probabilmente era di nuovo arrossito. Le emozioni si erano sempre manifestate estreme sul suo viso, colorandolo ad ogni scoppio d’ira; suo fratello, invece, era sempre stato perfettamente in controllo. A Veneziano piaceva estremizzare ogni reazione umana; ma quando era davvero punto sul vivo il suo viso si prosciugava.

Come in quel momento. 

Suo fratello sbatteva lento le palpebre e sembrava prendere tempo per una risposta. Lo guardava dritto negli occhi e Romano si sentiva al pari di un cervo sorpreso dagli abbaglianti di un auto. Le spalle dell’altro tremavano appena, gli suggerivano come la rabbia stesse facendosi impellente - impossibile da controllare persino per Veneziano.

Romano si sentiva pronto. Avrebbero discusso ma ne sarebbe valsa la pena, sapeva di avere ragione. Era conscio di come, questa volta, sarebbe toccato a suo fratello il ruolo di carnefice ed opportunista.

Questi, però, lo sorprese ancora una volta: abbandonò la stanza senza far parola. Fuggì via, abbandonando il territorio e lasciando a Romano una vittoria a metà. Certamente, se n’era andato perché non poteva protestare, essendo questa volta nel torto; ma il suo non accettare la situazione lo spingeva ad una fuga. Era proprio un ragazzino in questo.

Romano sospirò e, ripresa la coperta, si affrettò a sistemarla su letto.

Il suo animo era colmo di orgoglio verso se stesso, era riuscito a vincere una discussione con il fratello. Era merce rara per la sua autostima, finalmente poteva dire di contare qualcosa nel loro rapporto. Avrebbe dovuto tenersi stretta simile sensazione e così fece.

Nelle ore successive, rimase in hotel.

Sistemò la propria valigia, dormì un’altra ora, scese al ristorante per pranzare in tutta calma. Il cibo era buono, ma Romano non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce: per lui sarebbe stata come una sconfitta personale. L’ennesima. Una confessione così esplicita avrebbe fatto sogghignare suo fratello che, ora più compiaciuto, si sarebbe vantato di aver vinto anche il suo consenso.

Veneziano non era lì, però.

Sospirò ora carico di frustrazione. Perché doveva sempre finire così? Suo fratello era nel torto questa volta, l’aveva usato come un tappabuchi qualunque e meritava una meritata strigliata d’orecchie per simile comportamento. Perché doveva essere lui il fratello propenso al perdono, quello misericordioso e caritatevole? Perché non poteva essere lui quello allegro e spensierato, che combinava disastri e ne usciva fuori usando una faccetta dispiaciuta?

Sospirò, stanco di tutti quei pensieri che giravano per la testa. Era inutile girarci intorno: doveva parlare con suo fratello. Possibilmente con un tono diverso da quello usato la mattina.

Romano abbandonò quindi il suo posto e prese ad aggirarsi per l’hotel senza meta. Sarebbe dovuto andare in paese o suo fratello stava assillando uno stambecco con la storia della loro famiglia? Passò davanti alla reception un paio di volte.

« Serve qualcosa? » domandò allora la ragazza dietro il bancone con un piccolo sorriso.

« N-no! Non mi serve niente! » si affrettò a dire Romano; salvo poi tornare subito sui suoi passi ed avvicinarsi all’altra. « Avete visto mio fratello scorrazzare qui in giro? Sapete, quando è offeso sembra ancora di più un coglione quindi— » 

« Suo fratello? Ah si si! » trillò la giovane per poi indicare il corridoio a sinistra. « È tornato in albergo un’ora fa. Dovrebbe essere ancora al bar dell’hotel, non l’ho visto tornare » 

Certo che non l’aveva visto tornare. Se conosceva Veneziano era probabile che, invece dello stambecco, stesse piangendo sulla spalla del barman. Probabilmente aveva in corso un monologo su come ce l’avessero tutti con lui e nessuno gli volesse bene. L’idea di farsi carico del fratello ubriaco non lo divertiva, ma sarebbe stato comunque meglio di rimanere tutto il giorno a rimuginare.

Quello che si palesò ai suoi occhi fu una quantità spropositata di buste e pacchetti che riempivano un interno tavolino con annesse sedie. Suo fratello svettava tra le varie scatole tronfio e vittorioso come un re sul trono. Sembrava avesse ripulito l’intero paesino.

Nel notarlo, Veneziano subito guardò altrove. Si portò il bicchiere alla bocca e fece finta di niente. Allora aveva ragione a sospettare fosse ubriaco.

« Spero per te che tu abbia già pagato l’albergo, perché io non intendo sganciare un euro » borbottò avvicinandosi all’altro. Sospirò, ora più benevolmente: « Ma se lo farò dipenderà da quanto sarà convincente la tua storia » 

L’altro non rispose subito. Ora più che mai era lui il bambino viziato che non voleva rispettare i moniti del genitore. Si passò una mano tra i capelli e, prendendo una sedia, si sedette al suo fianco.

« Non c’è nessuna storia, è andata esattamente come hai detto » si sentì finalmente rispondere. Veneziano incrociò le braccia al petto, come a volersi riscaldare. « Mi ha detto “non posso ma tu vacci con qualcun altro”, cosa avrei dovuto fare? Rinunciare? Era tutto pagato! » 

Romano assottigliò lo sguardo: « Avresti dovuto dirmelo » 

« Avresti detto di no » 

Alzò gli occhi al cielo: « Non avrei— » 

« Avresti detto “io non sono il tuo tappabuchi, portaci qualcun altro!” » argomentò Veneziano ora facendo il verso del suo accento. Quello che aveva davanti a sé era in tutto e per tutto un bambino. « Ed hai ragione. Hai fatto da tappabuchi e- e puoi portarmi rancore a vita, se è questo quello che vuoi »

Romano non si sentì particolarmente convinto da simile uscita: « Beh, almeno avrai la misura di quanto umiliante ed offensivo sia stato per me simile esperienza » 

« La prossima volta non ti invito » continuò a commentare Veneziano ora palesemente intestardito. Quanto aveva bevuto per ridursi così? « Chiederò a qualcun altro! Il mondo è pieno di gente che vuole farsi una bella vacanza ma non ha i soldi per permettersi! Farò un giveaway, il fortunato mi seguirà! »

La storia stava davvero facendosi ridicola. Romano aveva le gambe accavallate ed ascoltava il fratello straparlare ubriaco, come se fosse lui la vittima dell’intera faccenda. Ignorando il prurito che sentiva alle mani, gli faceva quasi tenerezza. Perché era toccato a lui simile soggetto problematico?

« Andiamo in camera, dai. Hai bisogno di una doccia » comandò abbandonando la sedia e prendendolo per un braccio.

« Non ci torno in camera se dobbiamo litigare di nuovo! » si lagnò Veneziano tirandosi via all’ultimo. Ora più impacciato, si sistemò meglio sulla propria poltroncina rossa. « Non ci torno perchè lo so che hai ragione- e hai ragione ad essere arrabbiato- scusa ma- scusa- scusa Romano- scusami- » 

Quasi sentiva la mancanza di quel fratello perfettamente in controllo di sé, con quella faccia di bronzo inscalfibile ed inattaccabile. Certo, si riconosceva il merito di aver abbattuto simile idolo; ma dall’altra non si sentiva in grado di fare i conti con quello presente. 

Spostò indietro la poltroncina e lo tirò su: « Andiamo, dai. Riprenderemo la discussione una volta tornati a casa »

Si sentiva un idiota a non riuscire a sfruttare al meglio simile occasione, a non essere lui - per una volta - il vincente; se fosse stato più smaliziato, probabilmente sarebbe stato più facile. Avrebbe guardato Veneziano dall’alto del suo piedistallo ed avrebbe riso crudelmente dell’altro.

In qualche modo sentiva che non era giusto. Forse era colpa del suo status di fratello maggiore o di un lieve senso di colpa per aver ridotto l’altro così. O magari era stata la stessa neve. Come il resto della natura, anche la rabbia di Romano era andata addormentandosi sotto il bianco manto. Ciò che era rimasto caldo e pulsante era ciò che provava per suo fratello: un sentimento misto ad ansia, preoccupazione, affetto e rassegnazione. Se questo rimaneva vivo nonostante tutto, forse valeva la pena proteggerlo - anche se comportava perdonare quel piagnucolone di suo fratello.

 « Ma tutti i pacchetti e pacchettini non li porto, eh! Sono roba tua, quindi ci pensi tu! »



 

Il Mughetto dice:

Ve la ricordate quella scena di “Tutta colpa del paradiso” dove Francesco Nuti parla con un vecchio che racconta di sta coppia che litiga e “una volta passa lei, una volta passa lui, a volte passano tutt'e due insieme”? no? davvero nessuno?

Dunque, questa shot doveva venire su in un modo; poi ho preso l’influenza intestinale ed il mio mirabolante piano è andato distruggendosi. Mi consola che almeno quest’anno non sono in ritardo e non ho rovinato quella splendida iniziativa che è il Calendario d’Avvento di fanwriter.it!

Per il resto non so che dire, grazie a tutti coloro che leggeranno questa shot! Ogni commento è ben accetto! E mi raccomando, non bidonate i vostri fidanzati altrimenti questi porteranno i fratelli con sé, costringendoli a lunghe camminate nella neve!

 
  
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