BUON NATALEEEEE
A titolo del tutto eccezionale, troverete le note nel fondo.
Come avevo preannunciato, troverete in questo capitolo un deragliamento
rispetto al precedente. Scusate.
Buona Lettura.
Un’idea
stupida, ma con centrifuga
“Mi
sono
perso puoi ripetere” aveva ammesso Jason.
Astrid lo aveva guardato, non c’era giudizio nei suoi occhi,
“Sì, devo
concordare” aveva stabilito, dando uno sguardo,
più severo, a Mel.
Il ragazzo era seduto sul suo letto con espressione incerta, al suo
fianco era
sistemata la sua ragazza a gambe incrociate.
La stanza di Mel era … spartana. Non aveva il cammino
né particolare mobilio, solo
alcuni cassoni, il letto era praticamente una branda di legno, su cui
sopra
c’era un materasso sottile.
Come Jason aveva uno spazio unico che non divideva due ambienti: la
cucina, che
sembrava molto più grande di quella di Jason, con tanto di
una mensa a sigma, e
la camera da letto che comprendeva anche l’ambiente di
ricevimento. Anche lui
aveva dei rami che fuoriuscivano dal soffitto.
I colori delle pareti erano tinte piatte di un rosso scuro, le uniche
variazioni erano nei piccoli quadrati[1],
nel
mezzo della parete dove erano disegnate delle rune – ormai
Jason era in grado
di riconoscerle.
“Kráka è stata la terza moglie di
Ragnar Lothbrok – sì quello a cui la serie tv
si è ispirata[2]”
aveva cominciato Mel, “L’eroe della Ragnarssaga”
era intervenuta calma
Madina.
Per Jason nessuna delle due cose aveva un significato.
Mel aveva
dato un bacio alla sua fidanzata, mentre Fred aveva virato lo sguardo
verso
Astrid, “So chi è Ragnar, voglio solo sapere cosa
c’entra Richard
Cuor-di-Leone” aveva dichiarato lei, offesa. “Quel Batard
è sempre in
mezzo” aveva replicato Fred, riscoprendo il suo nazionalismo.
Jason si era perso un po’ di nomi prima rispetto Richard
CuorDiLeone. “Ma alla
fine è importante? Nel senso, sappiamo che le Braghe le ha
Richard Cuordileone,
giusto?” era intervenuto timidamente Stellan, era la prima
volta che parlava da
quando avevano lasciato l’alcova dell’indovina.
“Credo che sapere per bene le cose, serva a dare alle persone
una prospettiva
maggiore e più completa” aveva dichiarato Jason.
“Cielo … dove lo avete trovato questo?”
aveva chiesto Fred, “Non so. Ieri ha
accettato un duello mortale a scatola chiusa” lo aveva
piccato Astrid. “Pensavo
avessimo fatto pace” aveva considerato Jason, ricordando la
loro conversazione
in ascensore. “Se non diventiamo thrall
– no, non ti spiegherò il
significato” aveva dichiarato lei, ieratica.
“Bene, sì” aveva attirato nuovamente
l’attenzione Mel, “Ragnar Lothbrok, che
vuol dire proprio Braghe Villose, era in possesso di questo portentoso
paio di
pantaloni in grado di resistere ai morsi di un Lindworn con cui
poté salvare
Thora, la sua seconda moglie-e sto andando fuori tema di nuovo. Scusate.
Comunque quando Ragnar morì, in una fossa di serpenti, la
sua eredità fu
spartita tra i suoi figli … che non erano pochi, ha avuto
tre mogli, tra cui la
mia buon’amica Kráka”
(Fred aveva sentito il bisogno di interrompere la narrazione,
sottolineando che
se fosse stata davvero una buona amica, avrebbe letto loro la profezia.)
I pantaloni sono passati a: Ubbe, che era il figlio bastardo[3]
… sì,
nonostante le tre mogli” aveva fatto una pausa Mel.
“Forse Kráka lo rivuole perché dovevano
essere proprietà dei suoi figli” aveva
considerato Jason, pensando alla sua matrigna. “Uhm
… Kráka non è il tipo.
Amava i figli di Thora come amava i suoi; però anche vero
che Ubbe aveva un
rapporto complicato con suo padre” aveva risposto Mel,
sollevando le spalle,
prima di riprendere.
“Allora … comunque Ubbe ottiene i pantaloni, fa la
sua meravigliosa vita nella
Grande Armata Danese, era un Berserk, ho grande stima per loro
– okay, mi sono
perso di nuovo.
Ubbe morì nella Battaglia di Cynuit,
così i pantaloni sono diventati di
Odda Del Devon come Spoglie di Guerra. L’aldermanno ha dato i
pantaloni al Re
del Wessex Alfred il Grande, che ovviamente come un bravo cristiano non
li ha
mai indossati. Le Braghe sono al suo erede, fino a suo nipote Athelstan
che è
diventato Re degli Inglesi” aveva fatto una pausa,
“Troppe informazioni?” aveva
chiesto Mel.
“Decisamente troppe informazioni”
aveva risposto Jason.
“Tagliando la testa al toro; i Pantaloni sono passati per
tutta la casa del
Wessex ed oltre, passati da un re ad un altro, fino anche alla dinastia
dei
Normanni. Credo che ad una certa si siano persi ma poi Henry
II il Plantageneto
li ha recuperati. I pantaloni sono andati a Richard I, suo figlio.
Insomma, il CuordiLeone.
Qui è successo il fatto. Nessuna delle braghe ha mai
raggiunto i Re inglesi
finiti nel Valhalla, per qualche ragione. Forse perché
nessuno di loro lì
indossava alla morte o non saprei.
Fatto sta che Riccardo quando ha compreso che sarebbe morto, dopo una
balestrata finita male, ha deciso di mettersi avanti ed ha organizzato
un
banchetto degno del Valhalla con indosso le braghe. Quindi è
morto vestito con
i pantaloni durante il banchetto. Ora, la sala dei Caduti accetta tutti
coloro
che hanno avuto una morte gloriosa” aveva detto Mel.
Tutti gli uomini coraggiosi, aveva ricordato Jason,
le parole di Astrid.
“Però, ecco, chiunque ha avuto una vita degna
… o almeno che Odino ritenga tale”
aveva dichiarato Mel. “Quindi tutta questa lezione di storia
serviva solo per
dire che i Pantaloni li ha Richard CuordiLeone e
che è qui?” aveva
chiesto Fred.
Mel aveva annuito. “Più breve, amore” lo
aveva rimproverato gentilmente Madina.
“Certo; o ci perderemo Jason per una buona volta”
era intervenuta Astrid.
“Grazie eh” aveva replicato lui.
“Ora come togliamo i pantaloni a Richard
Cuordileone?” aveva domandato Jason.
“Con un holmagang?” aveva provato Stellan.
“Non dire quella parola” aveva dichiarato Astrid.
“Io stavo pensando anche a quella cosa di Jarnsaxa”
si era introdotta Madina,
“Quella che ha detto Jason, prima” lo aveva
interpellato.
“Che la signora Gerd trovava strano la coincidenziale
presenza di Jarnsaxa
all’appuntamento?” aveva ripreso retorico Jason.
“Ne parliamo dopo la profezia” aveva dichiarato
Astrid.
“No, potremmo non avere tempo … Dobbiamo vincere i
pantaloni da Re Richard
perché Kráka ci legga la profezia e da quello
cominciare” aveva considerato
Jason.
“Senza dimenticare che probabilmente il verro è in
giro per Alfheim” aveva
sottolineato Fred, alzandosi dalla sedia in cui era seduto.
“Dividiamoci in tre gruppi” aveva proposto Madina,
“Ognuno con un ehm … ragazzo
della profezia?” aveva proposto, “Uno
andrà a dare un occhio ad Alfheim, uno a
Jotunheim ed uno da Richard, per metterci avanti” aveva
dichiarato pratica la
figlia di Ullr.
“Non posso tornare ad Alfheim a mani vuote!” aveva
esclamato Stellan, “Sarò
mezzo Jotun ma non andrò a Jotunheim” aveva
strillato Fred.
Madina aveva voltato il viso verso Jason, “Non so se il caso
che lui venga a
Jotunheim … è qui da due giorni, è
morto contro un uomo mortale” aveva
dichiarato lei con leggero imbarazzo. “In realtà
potrebbe essere l’ideale. Kráka
lo ha definito figlio di un dio straniero … è un
semidio come te, vi
rimarginate più in fratta di chiunque altro –
perché immagino tu voglia andare”
aveva considerato Mel, “In vero, sono più
preoccupato che una persona audace
come te vada in giro per il regno dei giganti” aveva
valutato, ricevendo un
buffetto. “Per favore, Thumelicus di Confluentes,
sono figlia del dio
dell’inverno, praticamente. Non c’è
più niente a Jotunheim che mi spaventi”
aveva stabilito lei, con una risata fresca.
Mel aveva sorriso, ma gli occhi erano leggermente cupi. “E
che ultimamente sei
così … agitata” aveva valutato lui,
accarezzando la schiena della sua
fidanzata. Lei aveva roteato gli occhi con un leggero tocco di
melodrammatica
esasperazione, “Sono una semidea, amore mio, io sono sempre in-movimento”
aveva scherzato poi lei, stampando un bacio sulla guancia del fidanzato.
“A proposito di Jason figlio di un dio straniero …
non mi sei sembrato molto
sorpreso?” aveva valutato Fred, passandosi le dita sul mento
meditabondo.
Thrud aveva consigliato a Jason di fingersi un mortale completamente
cieco, lui
stesso aveva adottato fino a quel momento quella versione, ma in quel
momento, “Io
… io credo che una parte di me lo avesse sempre
saputo” aveva balbettato.
Non era stato così, non era mai stato così, aveva
saputo di chi fosse figlio ancora
prima di imparare a gattonare, ma ricordava, distante, a Nuova Roma
alcuni
ragazzi essersi giustificati, di volta in volta così.
Una parte di me lo aveva sempre saputo.
La giustificazione sembrava aver soddisfatto gli altri
abitanti del
Valhalla, meno Fred che lo aveva guardato con una certa supponenza.
“Quindi
…
cosa vogliamo fare?” aveva attirato nuovamente
l’attenzione Astrid, salvando
Jason, in angolo, dagli occhi scuri e penetranti del mezzo-Jothun.
“Bene, io andrò a parlare con mia madre
… così dimostrerò che quel Verro
è
probabilmente a grufolare in giro” aveva dichiarato Fred, ben
distratto dalla
sua amica.
“Oh! Sei
passato in una mattinata da: non
esco dalla stanza a cambio mondo”
aveva sottolineato Astrid colpita.
Il ragazzo aveva ricambiato con una stoccata come sguardo,
“Vieni con me, infedele.
Vedi un po’ i Nove Mondi, prima di ritrovarti china come un
uncino a lavare i
pavimenti” aveva considerato lui, con un sorriso divertito.
“Va bene, ma
chiederemo un permesso al Divino Bragi, nessuna folle scalata per
l’albero,
giro improbabile di ascensore o fiumi mortali” aveva
stabilito Astrid. “Non
dovremmo comunque raccogliere i legni per fare il … ehm
… ring?” aveva chiesto
Jason, ricordando quella parte fosse integrante nell’accordo
con Vali.
“Tu non ci pensare neanche, Jason caro. Nessuno
può avere un lascia passare per
il Regno dei Giganti, probabilmente solo Magnus Chase, ora come
ora” lo aveva
avvertito Madina.
“Fai tu con Richard, Mel, visto che sei praticamente un
professore di storia”
era intervenuta Astrid, “Dovresti essere capace nel vincere
un combattimento
contro un quarantenne ubriacone” era intervenuto Fred.
“Parla così solo perché
è finito al nostro piano anziché quello destinato
ai crociati” aveva
ridacchiato la ragazza dai capelli scuri. “Sono finito sul
vostro piano solo perché
noi siamo lo scarto della società norrena” aveva
risposto piccato Fred.
Jason si era lasciato un sorriso vedendoli interagire.
“Questo non mi era
mancato per nulla” aveva squittito Madina, invece,
“A me sì!” aveva replicato Mel,
sorridendo.
Astrid aveva tirato la guancia del suo amico crociato con un
pizzicotto, senza vergogna;
“Sai, vero, che anche dormire sulla graticola di San Lorenzo
sarebbe meglio che
voi” aveva risposto acido Fred.
Gli altri lo avevano tranquillamente ignorato, Mel aveva riso con un
certo
divertimento, prima di rispondere: “Tranquillo, Fred. Io e il
qui presente
Stellan lasceremo il Re di Inghilterra in mutande – letteralmente.”
“Non mi farai combattere nell’Holmagang,
vero?” aveva chiesto l’elfo, quasi
spaventato, nonostante prima lo avesse proposto lui stesso.
“Oh, no, fidati di
me! Sarà fantastico” aveva esclamato con occhi
luccicanti Mel, alzandosi dal
suo letto per recuperare da sotto il letto un altro baule, che aveva
aperto,
sbirciandosi dentro Jason aveva riconosciuto un paio di lame.
“Poi quella agitata sono io, sì” aveva
scherzato Madina.
“Morire
prima di un holmagang è una legittima scusa per evitare
l’infamia di nithigir”
aveva detto Astrid, guardandolo bene. Jason stava raccogliendo, da
terra, tutti
i disegni relativi ai templi che aveva cercato di progettare negli
ultimi
giorni.
“Cercherò comunque di non morire”
l’aveva rassicurata Jason, tenendo i fogli in
bilico, per raggiungere la cassapanca dove andavano riposti.
Astrid lo aveva guardato ancora, prima di sollevare appena
l’angolo della bocca
in un piccolo sorriso: “Questo non vuol dire che non
cavalcherò fino a Gjallarbru
per ripescare la tua anima da Hellheim”
aveva asserito lei, nella voce
non c’era stata nessuna particolare inflessione, ma Jason
poteva sbirciare il
sorriso timido.
“Senza molta originalità: non so cosa voglia dire
lo sai … ma credo potrei
farmi un’idea” aveva considerato Jason.
“Lascerò la tua fantasia galoppare”
aveva asserito Astrid, mentre li dava le
spalle, per osservare con curiosità le fotografie sul
caminetto di Jason. Si
era soffermata su quella che riguardava lui e Piper. “Direi:
Porta degli
inferi” aveva provato il figlio di Giove.
“Qui, siete carini. Sembrate proprio una bella
coppia” aveva considerato
Astrid, “Lei è come me?” aveva chiesto
Astrid voltandosi.
“Skraeling? A metà tra due mondi? Forte e
combattiva?” aveva chiesto retorico
Jason, “Comunque, no. Nessuno è come
lei” aveva dichiarato Jason, senza
cattiveria.
Astrid si era voltata verso di lui, stranamente aveva un sorriso,
“Ne sei
ancora innamorato?” aveva valutato.
“Io penso lo sarò per sempre”
aveva ammesso Jason, non sentendo menzogne
nelle sue parole. Astrid aveva inclinato il capo, facendo oscillare le
trecce,
“Forse sì, forse no. Certi amori bruciano
più della fiamma di Lopt … certi
sbiadiscono come stinge la memoria” aveva considerato lei.
“A te non è successo” aveva valutato
Jason; era stato dal modo in cui l’aveva
detto, da quella melanconia che Jason pensava di conoscere bene.
“Non so di
cosa stai parlando” aveva replicato Astrid senza battere
ciglio, “Ieri hai
parlato di un tuo amico che viveva sotto le stelle
…” aveva cominciato lui, che
aveva avuto probabilmente l’accusa di nithigir.
Astrid lo aveva interrotto, “Sono venuta a portarti
questa” aveva
dichiarato, allungando verso di lui una giacca di pelliccia, era di un
grigio
scuro con macchie scure – non aveva idea di che animale fosse
– lunga
almeno fino ai fianchi.
“Non sono i pantaloni villosi di Ragnar Lothbrok, non possono
resistere al
veleno di un lindworm ma sono incantanti
affinché possano tenerti al
caldo dall’inverno di Jothueim” aveva stabilito lei.
“La maglia interna è irrobustita dai capelli di
mia nonna Sif e le cuciture
delle maniche dai capelli d’oro di Freya” aveva
spiegato Astrid.
“Creazione di tuo padre?” aveva chiesto Jason,
“Una parte. Una parte invece è
opera di uno stregone” aveva raccontato. “Pensavo
che come Einherjar non
potessi percepire il freddo” aveva considerato Jason,
raccogliendo la
pelliccia.
“Non a Jotunheim” aveva detto lei.
Jason aveva
raccolto la pelliccia, era morbida, ma non sembrava molto pesante, ma
anche
solo nel toccarla aveva sentito una scarica elettrica pervaderlo.
Sentiva la
magia, la sentiva chiaramente. Si era seduto sul suo divanetto davanti
al
camino, continuando a passare il palmo sulla pelliccia morbida,
trovandolo
quasi rilassante.
Astrid si era seduta accanto a lui, “Non è senza
pagamento” aveva determinato
lei; Jason aveva aggrottato le sopracciglia,
“Dimmi” aveva dichiarato alla
fine, oggettivamente stupito. Astrid lo aveva guardato con
serietà, con gli
occhi acquamarina freddi ed intensi, “La runa che hai preso
da Asluag” aveva
dichiarato lei.
Quando avevano lasciato le stanze di Kráka, Astrid aveva
recuperato tutte le
tessere proiettile che la volva aveva sparato in giro per la stanza,
meno
quelle che erano rimaste sul tavolo – erano comunque una
profezia – e quella
che aveva lui.
Jason aveva infilato una mano nella tasca dei sui jeans, aveva sentito
prima il
calore ribollente di Giunone, poi aveva cercato ancora trovando la
tessa. C’era
potere, era meno di quello della sua moneta, ma c’era
comunque, era più
elettrico, meno ribollente.
Giunone sembrava un esplosivo, una miccia infuocata che aspettava di
esplodere,
mentre la tessera era meno ribollente. Più intrigante. E di
qualche modo più
pensante, d’altronde aveva senso, agli occhi di Jason, quella
era la scrittura
del destino.
“Eccola” aveva detto, dandola ad Astrid. La tessera
era di legno lucido, trattato,
un lato era liscio e levigato, mentre l’altro aveva
un’incisione rubricata
sopra, sembrava una N, sebbene le due barrette
laterali fossero
notevolmente più lunghe.
“Cos’è?” aveva chiesto Jason,
incuriosito, “Halgaz” aveva
dichiarato
Astrid, “Non so leggere le Rune nella maniera di
Kráka, le leggo come una
persona informata. Loro sono il linguaggio della natura, della magia
…” aveva
cominciato lei, prima di un sospiro: “Però conosco
i significati, non posso
tirare fuori una profezia ma posso dirti che cosa
significano. Halgaz ha
più di un significato …Grandine,
per esempio; un altro è Rottura,
intesa come Cambiamento” aveva
considerato Astrid, la sua voce si era
dipinta di un tono lugubre.
“Direi calzante” aveva considerato di rimando lui,
“Visto che, ecco, … stanno
succedendo cose fuori dal preciso programma del Ragnarok …
oltre che, be, me”
aveva dichiarato Jason. Anche lui era abbastanza esterno al tracciato,
probabilmente.
Astrid aveva guardato la Runa e l’aveva restituita a Jason,
lui non aveva
compreso bene perché, ma aveva accettato la tessera
indietro. “Bene, cambiati,
adesso andiamo a mangiare così potremmo fare anche questa
cosa il prima
possibile e tornare ad occuparci di Vali” aveva considerato
Astrid,
sollevandosi dal divano con un movimento fluido. Il suo tono,
nell’ultimo
commento, era stato distaccato, rispetto quanto prima.
“Grazie mille” le aveva detto Jason, rimettendo a
posto la runa nella sua tasca.
“Oh, prego. Non morire” si era sentito rispondere.
C’era
un’aria diversa nella Sala dei Caduti. Jason lo aveva capito
appena messo piede
nella stanza, un brusio sommesso, che veniva soffocato a malapena
dall’arpa di
Bragi, che aveva deciso di allietare la stanza.
Probabilmente stavano ancora tutti parlando del tentativo di invasione
avvenuto
quel giorno, eppure nessuno sembrava aver notato troppo Stellan ed il
suo
elmetto con la runa.
Jason con indosso la pelliccia calda e stranamente non ingombrante di
Astrid,
aveva raggiunto i suoi amici.
“È quello” stava farfugliando Fred
nell’orecchio di Mel, mentre con gli occhi
cercavano qualcosa alle spalle di Jason – probabilmente
Riccardo Cuor di Leone.
“Oh, stai proprio bene” aveva detto Madina con un
sorriso divertito, anche lei
si era cambiata, indossava dei pantaloni lucidi ed una giacchetta
leggera,
“Pensavo che Jotunheim il clima fosse mortale”
aveva considerato Jason,
ricordando il breve incidente con l’ascensore.
“Oh sì, ma io non lo sento. Vantaggi
dell’essere figlia di Ullr” aveva
scherzato lei.
Jason aveva annuito, “Allora come andiamo? Con
l’ascensore?” aveva chiesto poi
Jason.
“Noi sì” aveva replicato Astrid,
“Sì, ecco, il fantastico permesso di Bragi, in
vece di Odino” aveva dichiarato Fred facendo oscillare un
bellissimo foglio di
pergamena.
“L’Ascensore è la via
ufficiale” aveva dichiarato Madina, “Ma io ho
… premuto
il tasto per lì” aveva ricordato Jason, giusto il
giorno prima, assieme ad
Astrid.
“Il Wyrd” aveva commentato
Madina – anche Mel aveva usato quella stessa
parola, in precedenza – guadagnandoci
un
cinque con il suo fidanzato. “No, sì, le porte
sono sempre apribili, ma se tu
lo prendessi suonerebbe di nuovo l’Olifante e poi avreste una
squadriglia di
valchirie alle calcagna” aveva spiegato Astrid.
“Possiamo provare con le lavatrici? Con una sono arrivata ad
Asgard” aveva
proposto Jason, non sapeva bene come arrivare nella terra dei giganti,
visto
che sapeva solo quella che giungeva verso la terra.
“Oh, sì. Sarebbe una buona idea, ma prima dovremmo
… sapere dove è di preciso
Jarnsaxa” aveva considerato Madina.
“Nessuno di voi due è abbastanza vichingo
per farlo” aveva sentenziato
Fred, senza particolare brio. “Le abilita di navigazioni
delle acque magiche
sono difficile anche per gli uomini scandinavi abituati a
farlo” aveva tradotto
Astrid, “Persino io farei fatica. Ed avevo nove anni quando
ho attraversato
l’Atlantico” aveva raccontato lei.
“Perché il Romano ci sta guardando?”
aveva interrotto il flusso del discorso
Mel, attirando la loro intenzione, mentre indicava con un coltello
verso un
tavolo. Jason aveva seguito lo sguardo, voltandosi, alle sue spalle
c’erano i
due guerrieri della mattina, seduti ad un tavolo non lontano: Esben il
Variago
e il Figlio-di-Pluto. I due commentavo a mezza bocca prima di tornare a
guardare verso il loro tavolo. “Calmati Mel” si era
introdotta Astrid, “Il suo
amico ha una cotta per me, credo” aveva detto. “Una
volta ci hai litigato,
vero?” aveva domandato Madina, grattandosi sotto il mento;
“Come con chiunque
si dica fieramente figlio di Roma! Lo ho anche ucciso, asciata nel
collo, molto
divertente” aveva raccontato con gaudio Thumelicus.
Jason aveva fatto saettare lo sguardo verso Astrid, lei aveva
ricambiato la sua
occhiata, “Ritorniamo all’imminente problema
chiamato Jotunheim? Oppure a non
andare” aveva attirato l’attenzione la skraeling.
Quel commento aveva fatto tuffare il tavolo nel silenzio.
“Potreste
sedervi su Hilthskjalf” aveva considerato
Stellan, introducendosi nel
discorso, fino a quel momento era rimasto in religioso silenzio.
“Intendi il Trono
di Odino, su Asgard?” aveva chiesto retorica
Madina, “Quello da cui è
possibile vedere ogni cosa” aveva risposto Stellan. Jason non
la riteneva un’idea
molto oculata, non se il Padre-Tutto era geloso del suo trono quanto lo
era il
suo buon padre.
Il loro discorso era stato introdotto dalla presenza di Thrud, che si
era
avvicinata verso di loro, con due vassoi in mano, piene di ciotole
fumanti.
“Zuppa di Porri per voi” aveva dichiarato subito
lei, posando le ciotole, “Boudicca
ha uno strano senso dell’umorismo … in
realtà ci sono anche un po’ di patate”
aveva dichiarato.
Jason l’aveva guardata attentamente, “Puoi sederti
con noi?” aveva chiesto.
Thrud non se lo era fatto ripetere due volte, accomodandosi al suo
fianco,
immediatamente, dando un colpo a Stellan per farlo spostare.
“Ho dovuto pelare
patate tutto il giorno – un po’ sono in quella
zuppa assieme alla mia pelle”
aveva ridacchiato quella, facendo oscillare le trecce grano ardente
spesse.
Un’altra valchiria era passata da quelle parti, dando uno
sguardo pregno di
veleno a Thrud che si era seduta lì con loro. Fred
l’aveva fermata per
prendersi una bella coppa di vino caldo speziato, anche Jason lo aveva
imitato,
ma aveva preferito dell’acqua – nonostante non
potesse avvelenarsi con il vino.
“Per le tette di Freya, Jason, che splendida mis che
indossi” aveva scherzato
la valchiria, tirando un ciuffetto della pelliccia.
L’invocazione aveva avuto l’effetto collaterale di
far arrossire – bluire?
– violentemente Stellan e far sbiancare Fred, che di rimando
si era fatto anche
un segno della croce.
“Di questo volevamo parlarti” aveva rivelato Jason.
Madina aveva aggrottato le
sopracciglia, confusa, forse chiedendosi perché Jason fosse
così aperto con una
Valchiria, praticamente uno dei seguici di Odino. “Dobbiamo
trovare la jotun
Jarnsaxa” aveva detto il figlio di Giove, omettendo di citare
jotunheim, anche
perché non era detto, in fin dei conti, che dovessero
arrivare fino alla terra
del gelo.
Thrud aveva chinato il capo, “Oh, interessante …
Volete il suo indirizzo di
casa?” aveva chiesto Thrud. “Tu … lei
… sa dove abita?” aveva chiesto Madina.
“Oh, certo. Vostra madre non vi ha mai mandato a spiare a
vostro padre e la sua
amante? La mia sì ed ha mandato anche un sacco di volte tuo
padre” aveva
raccontato Thrud con nonchalance, ammiccando a Madina.
Astrid aveva inclinato il capo, “In effetti … una
volta, ma non era la sua
amante, era solo Freydis” aveva risposto neutra. Mel aveva
riso di gusto, anche
Jason aveva sorriso, sebbene non fosse sicura che quella fosse una
battuta.
“Lo sapete però che la cara vecchia Jarnsaxa vive
a Jotunheim?” aveva chiesto
Thrud.
Madina si era morsa un labbro, “Ne avevamo un vago
sospetto” aveva ammesso, con
espressione fintamente innocente.
“Oh, è avete anche un piano per
arrivarci?” aveva chiesto divertita la
valchiria, “Lavatrici?” aveva proposto Jason. Lei
aveva riso, “Va bene, vi darò
una mano a raggiungere il mondo dove non dovreste andare …
Ma sfortunatamente
non posso venire con voi – il nonno vuole parlarmi”
aveva dichiarato Thrud
lanciando uno sguardo alla tavolata principale. Il seggio di Odino era
vacante.
“Thrud,
tu
sai leggere le Rune?” aveva chiesto Jason,
“Chiaramente so leggere le rune, ma
non so leggere il linguaggio dell’universo[4]!
Io con
il Seidr e la Magia Runica non voglio averci niente a che fare. Pugni
crudi e
fulmini” aveva rimbeccato lei subito.
Jason aveva scosso il capo, mentre sistemava meglio sulla spalla il
laccio
della bisaccia, con il cibo che aveva riempito, per il viaggio.
Thrud aveva dato loro appuntamento un’ora dopo il pranzo,
così potevano
sistemare tutti quello che serviva loro. Jason aveva recuperato del
cibo, dalle
cucine, con la gentile assistenza di Mel – anche in quel caso
avevano dovuto
evitare un paio di coltellata dalla Signora della Cucina – e
per la prima volta
la compagnia del suo vicino di stanza non lo aveva rassicurato.
Jason aveva cercato di fare un po’ di conversazione in
riferimento al
Figlio-di-Pluto. “Non c’è nulla
da dire. Odio i Romani, in particolari
quelli che adorano riempirsi la bocca sulla grandiosità di
Roma … e Roma non
l’hanno neanche vista con i loro occhi. La vera
Roma” aveva ottenuto
come risposta.
Jason si sentiva davvero uno di loro, ne era sempre stato felice, ma
aveva
percepito per la prima volta la vergogna per quel sentimento, nelle
parole di
Mel, piene di rancore ma anche annegate nella tristezza.
Madina era
tornata dalla sua stanza, con un paio di scii allacciati alla schiena,
assieme
ad un arco. Faretra e frecce legate alla vita. Aveva anche un pugnale
allacciato alla coscia. L’indomabile massa di riccioli neri,
erano stati
sistemati in una treccia leggermente ordinata, che tagliava la schiena
dritta
come una spada.
“Degna di una figlia di Ullr” aveva considerato
subito Thrud, osservandola,
c’era della vaga ammirazione nella sua voce.
“Grazie” aveva cinguettato Madina, pienamente
soddisfatta di quel complimento.
“Allora fanciulli, ho impiegato quest’ora per
recuperare qualcosa dalla
biblioteca della mia nonnastra … Non ho
potuto prendere tutte le
pergamene che riportavano Jotunheim, ma ho preso quello con la casetta
della
sg…amante di mio padre” aveva esordito Thrud,
prima di infilare una mano
nell’orlo dello scollo e tirare fuori un foglio di pergamena,
piegato.
“Grazie” aveva detto onesto Jason.
“Adesso prenderemo un fiume per Jotunheim … ma
come ho detto, il nonno mi
vuole. Comunque, voglio che se sappiate che se dovessero scoprirvi: io
non vi
coprirò e, soprattutto, vi svenderò come un
stoccafisso appena pescato” aveva
dichiarato subito Thrud.
“Non mi aspettavo diversamente” aveva replicato
Madina, senza perdere neanche
un centimetro del suo sorriso.
“Perfetto, andiamo” aveva attirato nuovamente
l’attenzione su di se la
valchiria, schioccando anche le dita, prima di imboccare la strada per
la
direzione opposta all’ascensore.
Jason l’aveva guardata titubante, ma aveva deciso di
seguirla. Madina però, in
un gesto inconsulto, lo aveva preso delicatamente per un braccio.
“Sei sicuro?
Possiamo aspettare per la profezia” aveva valutato lei, il
suo tono non tradiva
nessun nervosismo, non era preoccupata per sé stessa, ma per
… lui.
“Se stanno accadendo cose fuori dall’ordinario, una
profezia potrebbe non
servire e … inoltre, io non so se ho tempo” aveva
valutato Jason, lasciando
sfuggire la malinconia.
Madina aveva sorriso, “In realtà nessuno di noi ha,
davvero, tempo.
Sembra assurdo detto da una che vive da secoli in un hotel dove non si
può
morire, ma, ehi, la fine è inevitabile – e non
solo perché lo dice la Vǫlva.
Come è che si dice, Jason? Cogli l’attimo!”
aveva esclamato lei, con un
sospettoso divertimento nella voce, Jason aveva scosso il capo
sconsolato e si
era limitato a seguire le due donne.
“…Quam minum credula postero[5]”
aveva bisbigliato tra sé e sé.
Thrud aveva
fatto prendere loro le scale nascoste, come quelle che aveva preso nel
mattino
con Mel. Solo per raggiungere la lavanderia avevano dovuto prendere una
scala,
quasi infinita … nonostante fossero partiti solamente dal
ventesimo piano.
Una volta Annabeth le aveva detto che l’Olimpo si trovava al
seicentesimo piano
dell’Empire State Building, si chiedeva, se da percorrere a
piedi, la
sensazione che si provava fosse vagamente simile.
Avevano raggiunto il piano dedicato alla Lavanderia con più
tempo di quanto
Jason avesse preventivato, ma almeno erano riusciti ad evitare Askr
quella
volta.
Avevano raggiunto la stanza delle lavatrici ed ancora una volta Jason
si era
dovuto dichiarare confuso ed atterrito da quell’immagine
parete di oblo
lucenti.
“Allora … allora” aveva considerato
Thrud, sollevando l’orlo della manica della
sua maglietta, che indossava sotto l’armatura a lamine. Sul
polso era scritto
qualcosa, anche se in runico. Jason aveva aggrottato le sopracciglia,
“Non
posso ricordare mica tutte le porte. Il Valhalla ne ha troppe e la
terra dei
Giganti non è la mia meta preferita di vacanze” si
era giustificata lei.
Madina aveva ridacchiato della battuta, “Allora: Lavatrice
Otto in altezza e
dodici in lunghezza” aveva dichiarato lei, prima di crucciare
il viso, “Questo
sarà complicato. La lavatrice si collega ad uno dei bracci
dell’Ǫrmt,
uno dei fiumi che corrono verso Asgard. È uno dei quattro
che mio padre deve
prendere al posto del Bifrost sennò prenderebbe
fuoco” aveva cominciato a
raccontare Thurd, prima di fare un movimento con la mano, per scacciare
il
pensiero, “Comunque mio padre lo prende, casualmente, ogni
volta che deve
ritornare da Jarnsaxa” aveva dichiarato quella.
“dovremo guadare il fiume come Salmoni” aveva
considerato Madina.
“Cosa che potrebbe non essere
semplice
senza la barca pieghevole di Frey, o quella di unghia di Hel o
… anche solo un
Drakkar” aveva dichiarato Thrud.
Madina aveva arricciato le labbra. La giovane dea aveva roteato gli
occhi,
prima di posarli su Jason, “Forse, sareste molto
più fortunati se aveste una
forza tempestosa al vostro fianco” aveva dichiarato lei.
Jason era confuso.
Thrud gli stava chiedendo di usare i suoi poteri per darsi la spinta? O
di
invocare Kym?
E se fosse stato la seconda, Kym avrebbe avuto potere sui fiumi sacri
norreni?
“Preghiamo una delle nove onde?” aveva chieste
Madina, “Magari una tempesta vi
risponderà. Cercherò di darvi una bella spinta
io. Sono una figlia di Thor ed
una valchiria, vento e fulmini mi sono amici” aveva
considerato quella, “Metti
anche una bella centrifuga” aveva provato Jason.
“Che bello, inizi ad avere del senso
dell’umorismo” aveva detto Thrud, prima di
avvicinarsi ed abbracciarlo,
“Per-favore-non-fare-altri-danni” aveva
bisbigliato, prima di sciogliersi ed abbracciare anche sua nipote.
“Mi fido più
di te che di lui” aveva dichiarato Thrud, lasciandole la
mappa.
“Mi raccomando fate attenzione. Sarete a Jotunheim quando non
vadrete più acqua
sopra di voi, ma ghiaccio. Non così forte che due einerjhar
non possano
spezzarlo ma ecco … non credo che potreste morire
assiderati, ma non mi
sbilancerei, sicuramente però, se non sarete veloci, la
corrente potrebbe
riportarvi ad Asgard. Dritto nelle sale degli dèi”
aveva chiarito la valchiria.
Jason aveva
sistemato la scala, piuttosto sbilenca, per raggiungere
l’oblo che Thrud aveva
indicato. Aveva aperto lo sportelo e si era infilato nel cilindro,
Medina lo
aveva seguito subito e si erano acquattati l’un
l’altro, nell’azione, Jason era
stato colpito dritto sulla tempia da uno degli scii della sua amica.
“Mi
dispiace!” aveva dichiarato subito lei, mortalmente
preoccupata. “Tranquilla,
non è peggio della volta che mi hanno tirato un
mattone” aveva risposto lui.
Thrud aveva cominciato a trafficare con i programmi della lavatrice,
“Ora vi
metto un po’ di spirti nei venti al muschio” aveva
asserito la valchiria, prima
di chiudere l’oblo alle loro spalle. Madina era stata colpita
sul fondo della
schiena e la ragazza era finita diretta su Jason, urtandolo con la
testa sul
naso. “Scusa ancora!” aveva trillato,
“Sì, non credo che queste porte siano
progettate per due persone” aveva considerato lui.
“Oh, be, non con le mie
gambe lunghe e tu con i tuoi muscolacci” aveva ghignato lei,
senza vergogna.
Jason aveva riso, “Sono un po’ nervosa, non ho mai
viaggiato tramite fiume
divino senza … be, senza una barca” aveva detto
lei, mentre l’acqua cominciava
a filtrare e riempire lo spazio.
“Fa schifo” aveva assecondato Jason, onesto.
L’acqua aveva raggiunto il suo mento, quando il cilindro
aveva cominciato a
girare, l’attimo dopo non c’era più
niente alle loro spalle solo acqua
ripidissima e fredda.
Una spinta forzuta alle loro spalle gli aveva sparati come proiettili
in
avanti, finendo però schiacciati dalla forza ripida
dell’acqua stessa.
Jason con fatica, i polmoni infuocati e gli occhi aperti in due
spiragli
appena, si era allungato per afferrare la mano di Madina.
Oh! Kym ti prego! Aveva supplicato Jason, con gli
occhi chiusi e le
labbra serrate. Una spinta alle loro spalle era venuta a dar forte ai
venti che
aveva Thrud aveva dato loro.
Davvero Kym? Aveva pensato.
Jason si era sforzato di aprire gli occhi, ricordandosi di dover vedere
il
ghiaccio sulla sua testa, ma vedeva solo luce, violenta luce.
Si era avvicinato alla superficie, per un secondo, aveva sentito
infiniti
sussurri portati dalle acque, come milioni di voci insieme.
“Così, tu è quel…
che cos’è esattamente?” Jason
aveva riconosciuto la
voce di Fred.
“Problemi, ecco cosa è … Poi
lo sai no, ho ancora …Erik” la voce di
Astrid era stata molto più lontana, infinitamente, aveva
perso il momento.
Jason aveva
tenuto sollevato lo sguardo verso la superfice, mentre un cielo di luce
lampeggiante e macchie blu scorrevano feroci sopra la sua testa.
Nessun
accenno di ghiaccio. Solo cielo e correnti ruggenti che virano contro
di loro.
Jason aveva tenuto strettissima la mano di Madina, spaventato all'idea
di
perderla.
Le correnti
fredde e frastornati lo avevano costretto a chiudere gli occhi, aveva
avuto non
poco fastidio nel riaprirli, aveva intravisto nel letto del fiume
ancora una
volta armi dorate che avevano riflesso la luce del mondo.
Per un
secondo, uno solo, aveva avuto la tentazione di allungare una mano e
afferrare
un'elsa di vibrante oro.
Non lo aveva
fatto; la corrente brutale lo aveva riportato verso la superficie.
Anche questa
volta, come l'ultima aveva sfiorato con la testa quella che aveva avuto
l'impressione fosse una boa pelosa - per quanto sembrasse assurdo anche
solo
pensarlo.
"Curioso
come oggi tu sia in ritardo e ieri tu fossi così ansioso di
andare via"
"Mi perdoni
mio signore Mimir"
La voce era
sembrata così cupa da aver lasciato anche su Jason, che
l'aveva sentita lontana
come un eco attraverso le rapide, un profondo senso d'angoscia.
"Sarò
onesto, figlio di Frey: ci aspettano tempi ... sconosciuti"
aveva
detto ancora la prima voce, quella di Mimir, apparteneva ad un uomo,
maturo,
cavernosa e profonda, ma terribilmente lontana ormai da Jason. La
risposta che
Mimir aveva ottenuto era stata un semplice e vago suono distorto da
fiume.
Le correnti
avevano virato con forza in una direzione e quelle dell'Ǫrmt si erano
fatte più
portentose, quasi schiaccianti, ma ciò che maggiormente
aveva preoccupato Jason
era stata Madina.
La sua amica
aveva cominciato ad agitarsi inspiegabilmente, come scossa da
convulsioni,
forse era stata la lunga mancanza di aria.
Jason l'aveva
afferrata per tenerla stretta, spaventato. Gli occhi di Madina erano
spalancati
ma non vi era iride, solo bianca sclera.
Aveva tenuto
stretta la sua amica, contro il suo petto, con un braccio e con vigore
aveva
teso l'altro ... non aveva mai evocato il vento sotto l'acqua, aveva
solo
respirato Dylan, una volta, quando aveva incontrato Kym.
L'Acqua
apparteneva a Nettuno e suo zio non era un uomo generoso con i suoi
nipoti. Ma
nonostante l'aiuto di Kym, quelle acque non rispondevano a nessuno, se
non al caos.
I venti come
cavalli marini, le correnti, gli avevano risposto.
Avevano dato
la spinta che serviano a Jason ed una bolla d'aria per Madina e poi il
suo
soffitto aveva smesso di essere intessuto di luci e voci ma si era
aperto in
una rigida coperta di bianco.
Era
Jotunheim.
Aveva
sollevato una mano ed aveva realizzato di non poter invocare alcun
fulmine, o
Madina sarebbe morta folgorata, forse i venti, aveva pensato.
E poi aveva
sentito Haglaz pesante nella sua tasca.
La rottura.
Aveva
ignorato Panikpak appesa alla sua cintola ed aveva afferrato Giunone,
senza
lancio l'arma si era comunque trasformata in un gladio a Jason era
bastato che
la usasse per colpire il ghiaccio, attraversata da giusto un impulso
elettrico.
Il ghiaccio
si era rotto e Jason aveva approfittato dello squarcio per potersi
aggrappare
ed issare con Madina. Le correnti alle loro spalle si erano assopite
lasciandoli in balia delle vampate opposte.
Con fatica
si era tirato fuori dal ghiaccio, lanciando malauguratamente Madina via
da lui.
"La prossima volta una barchetta" aveva commentato Jason, tremolante
...l'aria di Jotunheim era davvero algida. Aveva sentito un calore,
dalla
pelliccia pervadere il suo corpo.
Madina si
era tirata su, il freddo del regno dei giganti doveva averla
rinvigorita.
"Lo hai
sentito?" aveva chiesto Madina, il suo tono era agitato e pregno di
preoccupazione. "Fred? Mimir?" aveva chiesto Jason
incerto,
non era neanche sicuro della correttezza del nome che aveva detto.
"Mimir?
No! Odino!" aveva replicato Madina; Jason aveva
scosso il capo dopo
aver aggrottato le sopracciglia. "Odino e le Norne!" aveva dichiarato
subito la figlia di Ullr, "Hanno... hanno detto che una tavola del
destino
si è scheggiata".
[1]
Secondo
Stile Pompeiano per farla breve (Il più brutto, ma ehi
è arrivato fino
all’epoca di Claudio).
[2]
Vikings.
Serie che, oibò, io non consiglio, ma è ritenuta
da tutti bella.
[3]
Secondo
le Gesta Danorum
[4]
Le Rune
sono la lingua con cui comunica l’universo, una sorta di DNA
del mondo, ma sono
anche l’antico alfabeto norreno. Quindi si, Thrud sa leggere
le rune ma non
interpretarle.
[5] “…confidando il meno possibile nel domani”; è il meno seguito della, più celebre, locuzione: Carpe Diem, del nostro buon amico Orazio
Allora,
eccomi, come ho detto: questo capitolo
è stato molto “Whaaat” rispetto al
precedente, perdonatemi. Presto, avremo la
profezia, lo prometto.
Ci ho messo una vita intera ad aggiornare, ma perché nelle
vacanze natalizie
mentre tutti sono felici, io lavoro, anche se oggi mi sono goduta
almeno il
natale.
Yeah.
Come sempre, ringrazio Farkas ed Edoardo 811, sul serio mie giovani
fanciulli,
chi ve lo fa fare? Grazie di cuore.
Prima di abbandonarvi vi lascio:
MADINA:
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Madina-Ullrdottir-901404232
THRUD
(Il mio soggetto preferito): https://www.deviantart.com/rlandh/art/Thrud-Thordottir-900845244
STELLAN:
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Stellan-Brightflower-900844375
Inoltre,
sotto consiglio di Farkas, ho stilato
una lista di tutti i personaggi apparsi/citati fin’ora
(cioè in realtà ho
dimenticato i servi di Frey):
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Jason-Grace-and-the-barbarians-Until-Now-901414722