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Autore: Clementine84    26/12/2021    0 recensioni
Beth e Nate, migliori amici da una vita. Lei normale ragazza americana proprietaria di un pub e dotata di un gran senso dell'umorismo. Lui popstar di fama mondiale con un'infanzia difficile e un passato travagliato. L'una il punto di riferimento dell'altro, da sempre e per sempre. Ma sarà sempre solo quello? O una curiosa avventura sul mare potrebbe rimescolare le carte in tavola e cambiare il loro rapporto?
*Dal primo capitolo*
“Ehi, pulce” mi salutò, sedendosi su uno sgabello.
“Ehi, star” risposi, appoggiando le mani sul bancone, davanti a lui.
“Non chiamarmi star” si lamentò.
“E tu non chiamarmi pulce” replicai.
“Ma ti ho sempre chiamata pulce”.
“Appunto,” osservai “mi sembra arrivato il momento di smettere”.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quel giorno, Beth non si staccò da me un solo istante. Invece di andarsene a leggere sul ponte, come faceva di solito, mi seguì nelle varie attività, osservandomi da lontano e sorridendomi ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano.

Io, d’altra parte, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso e fui piuttosto distratto per buona parte della giornata, tanto che, a un certo punto, Dave mi rimproverò.

Per la miseria, Nate, concentrati!” sbottò, dopo l’ennesima richiesta di scuse a una fan a cui avevo inavvertitamente pestato un piede mentre ci posizionavamo per la foto di gruppo. “Mi sembra di essere tornato a quando avevi diciassette anni e dovevo farti da balia”.

Scusa, Dave. Hai ragione” farfugliai, in imbarazzo, guardandomi la punta delle scarpe.

Capendo che, forse, era stato troppo duro con me, Dave mi posò una mano sulla spalla e mi chiese “Cos’hai oggi?”

Alzai le spalle. “Ho...la testa da un’altra parte” risposi, lanciando un’occhiata a Beth, seduta in un angolo che chiacchierava con la nostra manager.

Dave seguì il mio sguardo e, quando capì verso chi era rivolto, sospirò. “Senti, so che non sono affari miei e non voglio intromettermi nel vostro strano rapporto, ma è chiaro che c’è qualcosa che non quadra, tra voi due. Non sarebbe il caso di parlarvi?” propose, incerto.

Mi lasciai sfuggire una risatina. “Oh, l’abbiamo fatto” gli assicurai.

Lo vidi spalancare gli occhi, sorpreso. “Sul serio?”

Annuii.

E…?” mi incalzò.

Ed è per quello che sono distratto” spiegai, guardando Beth per l’ennesima volta. “Come faccio a non esserlo, quando vorrei solo chiudermi in camera con lei?”

Dave rise e rafforzò la presa sulla mia spalla. “Molto bene” commentò. “Era ora”.

Sorrisi, felice che il mio amico – che consideravo come un fratello maggiore – approvasse la nostra relazione.

Ho sempre pensato che fosse l’unica capace di farti mettere la testa a posto” sentenziò ancora Dave, guardandomi di traverso.

Potresti stupirti di quanto sia audace e intraprendente, invece” dichiarai, con una punta di malizia nella voce.

Il mio amico strabuzzò gli occhi e mi rivolse un’occhiata divertita, prima di replicare “Non credo di volerlo sapere”.

Scoppiammo entrambi a ridere, attirando l’attenzione di Beth, che ci rivolse uno sguardo incuriosito. Facendo attenzione a non farmi beccare, le mandai un bacio e Dave le mostrò il pollice alzato, sorridendo. Beth ricambiò il sorriso e scosse la testa, rassegnata alla nostra mancanza di disciplina.

Sospirai e mi ritrovai a pensare che sarebbe stata una lunga giornata, ma poi, finalmente, avremmo potuto stare insieme. Per sempre.

 

Il concerto era quasi terminato, mancava solo la canzone richiesta dalle fan. Sorrisi, dal mio angolino al lato del palco, da dove avevo seguito lo spettacolo senza mai togliere gli occhi di dosso a Nate, curiosa di scoprire quale avrebbero scelto.

Dio, come avevo fatto a resistere senza toccarlo, abbracciarlo e baciarlo, fino a ieri? Le mani mi prudevano dal desiderio di far correre le dita su quella pelle dorata e mi morsicai il labbro inferiore, sperando che il dolore mi distraesse da quei pensieri decisamente poco casti.

Nate si alzò in piedi ma, invece di scendere dal palco e mischiarsi tra il pubblico, alla ricerca di qualcuno a cui far scegliere il prossimo brano che avrebbero cantato, fece un paio di passi in avanti, in modo da ritrovarsi proprio al limitare del palco, esattamente sotto ai riflettori. La mia attenzione fu subito catturata dai muscoli delle sue braccia, che spuntavano dalla maglietta, e da quegli occhi celesti, messi in risalto dalle luci.

“Oggi voglio scegliere io la prossima canzone, se non vi dispiace” annunciò, voltandosi a lanciare un’occhiata agli amici, seduti sugli sgabelli dietro di lui.

Dave sorrise e annuì. Ben gli fece un cenno con la mano, come a spronarlo a continuare, e Alex si strinse nelle spalle, togliendosi gli immancabili occhiali da sole, per poter vedere meglio l’amico.

“Nell’elenco che vi abbiamo proposto c’è un brano a cui sono particolarmente legato, non soltanto perché è una gran bella canzone, ma soprattutto perché si chiama come la persona più importante della mia vita, a cui voglio dedicarla” proseguì Nate. Poi si voltò verso il punto in cui ero seduta io e mi sorrise. “Beth, questa è per te”.

In quel momento, mentre il mio cuore faceva una capriola e dovevo costringermi a non saltare sul palco e buttargli le braccia al collo, nell’auditorium si diffusero le note di Beth, dei Kiss, accompagnate da un boato di apprezzamento da parte del pubblico. Nate tornò al suo posto e iniziò a cantare, catalizzando subito su di sé tutta l’attenzione delle fan, estasiate dalla sua voce.

Chiusi gli occhi e mi concentrai anch’io sulla melodia e sulla dolce voce di Nate, continuando a ripetermi quanto fossi terribilmente fortunata ad avere conquistato il cuore di quell’uomo così straordinario.

 

Accompagnati dalle urla delle fan, e rivolgendo loro un ultimo saluto, tornammo nel backstage, diretti verso i camerini, dove ci saremmo cambiati per la cena.

Ero rimasto per ultimo. Lo facevo sempre, mi piaceva fermarmi a sfiorare le mani delle fan nelle prime file, le faceva andare in visibilio. Quando imboccai il corridoio, gli occhi puntati sulle schiene dei miei amici, davanti a me, mi sentii afferrare un polso e, voltandomi di scatto, mi ritrovai Beth di fianco.

Ehi” la salutai, sorpreso.

Ehi” sussurrò lei, avvicinandosi al mio orecchio e facendomi correre un brivido lungo la schiena. “Grazie per la canzone”.

Piaciuta?” domandai, appoggiandole le mani sui fianchi.

Beth annuì, con gli occhi che luccicavano. Poi mi circondò di nuovo il polso con le dita e, dopo essersi guardata intorno furtivamente, mi trascinò oltre la porta di uno dei camerini che davano sul corridoio.

Una volta dentro, si appoggiò con le spalle contro la superficie di legno e, con la mano, fece scattare la serratura.

Cosa fai?” le chiesi, per quanto avessi una vaga idea di cosa le stava passando per la testa, dedotta dal modo malizioso in cui mi guardava. Quello sguardo aveva il potere di farmi sentire l’uomo più desiderato sulla faccia della Terra e, allo stesso tempo, era come se spegnesse tutti i miei neuroni, rendendomi totalmente incapace di ragionare.

Beth mi sorrise e, prima di appoggiare le labbra sul mio collo, rispose, in tono basso e sensuale “Ti ringrazio come si deve”.

Mi lasciai sfuggire un gemito di piacere e chiusi gli occhi, mentre le sue dita si facevano strada sotto alla mia maglietta, iniziando a seguire il profilo dei muscoli della schiena, e risalendo poi fino alle spalle.
Le mie mani presero di nuovo posto sui suoi fianchi, sollevandole leggermente la maglietta, e sorrisi quando lei inarcò la schiena, fremendo sotto il mio tocco. Quando le mie dita iniziarono a trafficare con il bottone degli shorts che indossava, Beth mormorò “Nate…”.

Il suo tono era un misto tra un gemito e un sussurro, mentre le sue labbra non si staccavano dal mio collo, continuando a torturare la mia pelle, lasciando umidi tocchi che accendevano ogni singolo nervo.

... ci beccheranno” concluse, avvicinando la bocca al mio orecchio.

Un brivido di piacere corse lungo il suo corpo mentre le mie dita abbassavano lentamente la cerniera dei pantaloncini.

Hai iniziato tu” puntualizzai, lasciando che le mie mani si facessero strada al di sotto del tessuto dei jeans, accarezzandole il fondoschiena. “Ma, se vuoi, posso fermarmi” aggiunsi, in un sussurro molto vicino al suo orecchio.

Adesso sarebbe crudele, non ti pare?” ribatté, abbandonando la mia schiena e iniziando a far scorrere le dita lungo il bordo dei miei jeans. “Credo che correrò il rischio”.

Il bottone dei jeans venne slacciato dalle dita esperte di Beth e la cerniera iniziò ad abbassarsi, con una lentezza esasperante. Le sue mani scesero lungo le mie gambe, accompagnando i pantaloni, che caddero a terra con un leggero fruscio, seguiti subito dopo dai boxer. Poi le sentii risalire, lentamente, tracciando linee immaginarie che mi incendiavano i nervi e facevano guizzare i muscoli. Prima di giungere a quella che, ero certo, fosse la loro destinazione finale, le mani di Beth si fermarono, passando sul retro e stringendomi le natiche. Poi si alzò, scostandosi leggermente da me e restando a fissarmi con un’espressione impertinente.

Senza parlare, anche perché non ne sarei stato in grado, dato che la salivazione mi si era completamente azzerata e la mia gola somigliava sempre di più al deserto del Sahara, posai le mie mani sul bordo dei suoi shorts, abbassandoli e lasciandoli cadere a terra, insieme agli slip.

Mi guardai intorno e individuai un divanetto, in un angolo della piccola stanza, dietro di noi. Avvolsi le dita intorno ai polsi di Beth e la trascinai verso la destinazione che avevo trovato, poi mi lasciai cadere sul divano, trascinandola giù con me.

Beth rise, poi alzò le braccia sopra la testa e si sfilò la maglietta, per poi avventarsi di nuovo sul mio collo, ricominciando a baciarlo con sempre più passione, mentre le mie mani correvano su e giù lungo la sua schiena.
Le mordicchiai il lobo dell’orecchio, suscitando un brivido che non fece altro che alimentare la mia eccitazione. Avevo avuto molte compagne ed ero convinto di aver già provato quello che veniva definito da tutti sesso paradisiaco, ma nessuna mi aveva mai fatto sentire come Beth. Nessuna aveva mai avuto quel potere totalizzante su di me. Tutto ciò che desideravo e a cui riuscivo a pensare era renderla mia, sentirmi di nuovo un tutt’uno con colei che costituiva l’altra metà della mia anima.

Quando, finalmente, Beth si mise a cavalcioni su di me, unendo i nostri corpi e rendendoli un’unica essenza, ogni cosa divenne sfocata, il tempo smise di avere importanza e l’unico suono che riempiva la stanza era costituito dai nostri respiri affannati, alternati a gemiti di piacere e a sussurri strozzati di semplici sillabe affermative.
Dopo aver raggiunto ed essere ridiscesi dall’apice del piacere, restammo per un attimo abbracciati, Beth ancora stesa sopra di me, mentre le mie mani le accarezzavano la schiena.

Dovremmo smetterla, lo sai?” bisbigliai, arrotolandomi una ciocca dei suoi capelli tra le dita.

E perché?” chiese lei, senza staccare la guancia dal mio petto.

Perché non facciamo altro da ieri sera e, per quanto mi piaccia da morire e non mi lamenti assolutamente di questa nuova versione di te, che non conoscevo, finiremo nei guai, se non stiamo attenti”.

Beth rise, e annuì. “Hai ragione,” concordò “ma, a nostra discolpa, c’è da dire che abbiamo almeno quindici anni da recuperare”.

Sogni di fare l’amore con me da quando avevamo diciassette anni?” la presi in giro.

Lei mi diede un pizzicotto sul braccio, dicendo “Scemo”.

Ahia!” mi lamentai. “Guarda che non ci sarebbe niente di male”.

Lo so, ma non è da così tanto, tranquillo. Non credo che avrei resistito così a lungo” ammise, facendomi ridacchiare.

Le posai un bacio sui capelli e sospirai. “Andiamo, pulce. Dobbiamo rivestirci e raggiungere gli altri, prima che ci diano per dispersi e vengano a cercarci. E, per quanto sia entusiasta di saperci finalmente insieme, non vuoi vedere la faccia di Dave se ci trovasse così, vero?”

No, decisamente no” concordò, lasciandosi sfuggire una risatina. Poi si alzò e mi porse una mano, invitandomi ad afferrarla per aiutarmi ad alzarmi a mia volta, e disse “Andiamo”.
 

All’ora di cena, la notizia che io e Beth ormai stavamo insieme si era diffusa tra gli altri componenti dei New Horizons. Ben si congratulò con entrambi, felice di vederci finalmente insieme, mentre Alex si limitò a darmi una pacca sulla spalla, borbottando un poco convinto “Congratulazioni”, prima di allontanarsi e concentrarsi sulla cena, a cui sembrò particolarmente interessato per tutta la sera.

Chiedemmo a tutti riservatezza, per evitare che la notizia si diffondesse tra le fan, e i ragazzi ci assicurarono che non si sarebbero lasciati scappare una parola.

Dopo cena, era stata organizzata un’altra serata quiz, così ci dirigemmo tutti verso il teatro.

Beth si sistemò nel suo solito angolino al lato del palco, accanto a Roxy, mentre le fan scelte per accompagnarci nel gioco venivano fatte salire e formavamo le squadre. Questa volta, mi ritrovai con Alex, il che non sarebbe stato un male, non fosse che l’argomento delle domande si rivelò essere i film e i cartoni animati della Disney, che io non guardavo più da quando ero un ragazzino e Alex, per sua stessa ammissione, non aveva mai visto in vita sua. Ben e Dave, invece, avevano entrambi fratelli più grandi con nipoti piccoli che li costringevano a guardare i cartoni Disney a ogni festa comandata, quindi le competenze delle due squadre risultavano essere decisamente impari. Ero piuttosto competitivo di natura, e avevo già perso rovinosamente un paio di sere prima. Non ci tenevo a ripetere l’esperienza. Mi avvicinai alle due fan che erano in squadra con noi e chiesi loro com’erano messe a conoscenza dei cartoni della Disney. Entrambe si strinsero nelle spalle, scuotendo la testa.

Forse mi ricordo qualcosina da quando ero piccola” azzardò una e l’altra annuì, concordando “Sì, anch’io. Se le domande non sono troppo difficili”.

Sospirai. Se conoscevo bene la nostra manager, che si era occupata di inventarsi i giochi, le domande sarebbero state molto cattive, dato che il suo scopo era metterci in imbarazzo per far divertire le fan.

All’improvviso, l’illuminazione. Io conoscevo una persona che sapeva tutto, ma proprio tutto sui cartoni della Disney.

Avanzai verso il centro del palco e mi misi il microfono davanti alla bocca, urlando “Time out! Time out!”

Gli occhi di tutti i presenti, dalle fan ai miei amici, furono su di me.

Cosa c’è, Nate?” chiese Jane, la nostra manager, alzando gli occhi al cielo. Mi conosceva da quando ero un ragazzino ed era abituata ai miei colpi di testa, ma non riusciva a fare a meno di mostrare il suo disappunto ogni volta che ne combinavo una delle mie.

Le squadre sono sbilanciate” mi lamentai. “Io e Alex non sappiamo un tubo della Disney e nemmeno le ragazze sono molto ferrate” spiegai.

Jane sospirò e mi domandò. “Quindi? Cosa proponi per risolvere il problema? Rimescolare le squadre?”

Scossi la testa e le rivolsi un sorriso furbo. “No, ho un’idea migliore”.

Mi spaventi, quando mi guardi così” replicò lei, suscitando una risata da parte del pubblico.

Risi anch’io e mi avvicinai alle sue spalle, cingendole la vita con le braccia e posando il mento sulla sua spalla, sfoderando un’espressione innocente. “Posso sostituire uno dei componenti della squadra? Per favore” la pregai, iniziando a farle il solletico.

Lei si divincolò, ma io tenni salda la presa delle mie braccia sulla sua vita, finché non cedette.

Okay, okay” acconsentì, per sfinimento. “Chi vuoi sostituire e, soprattutto, con chi?” mi chiese e poi, avvicinandosi al mio orecchio, bisbigliò “Se scegli un’altra fan, assicurati che ne sappia qualcosa, prima”.

Sorrisi e la liberai dalla mia presa. “Voglio scambiare Alex – che tanto ha ammesso di non saperne un fico secco di roba della Disney – con Beth, che invece è un’esperta” annunciai.

Jane spalancò gli occhi. “Beth?”

Annuii. “Sì. È la mia migliore amica da sempre e fa parte della famiglia dei New Horizons dagli inizi. Praticamente è come se fosse il quinto componente del gruppo” spiegai, per giustificarmi.

Jane si voltò verso il punto in cui era seduta Beth, che ci fissava con espressione stupita e confusa. Quando i nostri sguardi si incrociarono, mi mimò, con le labbra ‘Cosa diavolo stai facendo?’.

Decisi di ignorarla e mi limitai a sorriderle, compiaciuto.

Beth, cosa ne dici?” le domandò Jane, avvicinandosi a lei con un microfono. “Ti va di dare una mano a quel rompipalle del tuo amico?”

Beth non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Poi mi lanciò un’occhiata divertita e annuì. “Okay” acconsentì “ma sarà meglio che inizi a pensare al modo di sdebitarti, caro il mio Nate. E vedi di fare in modo che sia qualcosa di epico” scherzò, con un luccichio malizioso negli occhi che, fortunatamente, soltanto io sembrai cogliere.

Risi e mi avvicinai a lei, afferrandole le mani e trascinandola sul palco con me.

Grazie” le bisbigliai, all’orecchio.

Mi ringrazierai più tardi. In privato” ribatté lei, in un sussurro.

Bene,” ricapitolò Jane, tornando al centro del palco “quindi le due squadre sono formate, rispettivamente, da Ben, Dave, Fiona da Dublino e Jaqueline da Marsiglia, da una parte, e Nate, Beth, Maria da Siviglia e Ana da Stoccolma, dall’altra”.

Io cosa faccio?” domandò Alex, in tono lamentoso.

Tu puoi leggere le domande” proposi.

Jane annuì e gli porse il foglio con le domande, che Alex prese e iniziò a studiare, dopo essersi prima tolto i suoi inseparabili occhiali scuri.

Siete pronti?” ci chiese Jane.

Annuimmo tutti quanti.

La squadra che pensa di sapere la risposta per prima, deve schiacciare il pulsante blu di fronte a voi” ci ricordò.

Okay, afferrato” tagliò corto Ben, impaziente di iniziare. “Dai, Alex. Vai con la prima domanda”.

Alex si schiarì la voce e lesse, nel modo più chiaro possibile “Domanda numero uno: Quale di questi oggetti Mary Poppins NON tira fuori dalla borsa? Un appendiabiti, uno specchio, una pianta o un furgone dei pompieri?”.

Senza nemmeno dare all’atra squadra il tempo di consultarsi, Beth allungò una mano davanti a me e schiacciò il grosso pulsante blu.

Si è prenotata la squadra di Nate” dichiarò Jane. “Chi risponde?”

Scossi la testa, rivolgendole uno sguardo scioccato e confuso al tempo stesso. “Suppongo Beth, anche perché io non ho la più pallida idea di quale sia la risposta” ammisi, scatenando un boato di risate da parte del pubblico.

Certo che rispondo io” si intromise Beth, afferrandomi una mano per avvicinare il microfono alle sue labbra. “Un furgone dei pompieri”.

Risposta esatta!” esclamò Alex, sinceramente colpito. “Brava Beth. Dieci punti alla squadra di Nate”.

Beth sorrise, soddisfatta, e io le cinsi la vita con un braccio, baciandole una tempia e sussurrando “Brava pulce”.

Grazie” fece lei, di rimando.

Niente smancerie” ci ammonì Alex, ridacchiando. “Passiamo alla seconda domanda: come si chiama il pesciolino di Geppetto in Pinocchio?”

Beth allungò di nuovo la mano per pigiare il pulsante ma, questa volta, Ben fu più veloce.

Lo sappiamo noi” annunciò. “Si chiama Cleo”.

Risposta esatta. Bravo Ben!” commentò Alex. “Questa volta i dieci punti vanno alla squadra di Ben e Dave”.

Vidi Beth lanciare a Ben uno sguardo di sfida e mi venne da ridere. Era estremamente competitiva, lo era sempre stata, specialmente nelle cose in cui si riteneva un’esperta. Da quel momento, si sarebbe data da fare per distruggere Ben, che aveva osato sfidare il suo dominio, e non avrei voluto essere nei panni del mio amico. Ben che, d’altro canto, conosceva Beth bene quasi quanto me, riconobbe quello sguardo e ricambiò con la stessa moneta, dichiarando “A noi due, signorina”.

Beth accolse la sfida con entusiasmo e, sporgendosi verso di me per poter parlare al microfono, sentenziò “Tu non sai contro chi ti sei messo, Ben”.

A questo punto, le urla del pubblico diventarono talmente forti che ci volle qualche minuto per farle calmare e poter riprendere il gioco. Quando, finalmente, nel teatro tornò un po’ di silenzio, Alex si apprestò a proseguire.

Domanda numero tre: di che colore è il vestito della fata di nome Flora nella Bella Addormentata?”

Con la coda dell’occhio, vidi Ben confabulare con Dave, mentre le due ragazze in squadra con loro contavano sulle mani, tentando di abbinare i nomi delle fate ai colori dei vestiti.

Di nuovo, Beth si sporse davanti a me e schiacciò il pulsante.

Oh, guarda” commentò Alex, ironico. “A quanto pare Beth sa anche questa”.

Il colore del vestito di Flora è rosso” disse lei, tranquilla, e Alex non potè fare a meno di strabuzzare gli occhi ed esclamare “Esatto! Dieci punti per la squadra di Nate”.

Beth e Ben si scambiarono un’occhiataccia, mentre io mi avvicinavo alle due fan in squadra con noi e bisbigliavo “Abbiate pazienza, ragazze. Beth è un filino competitiva. Ma non sentitevi escluse, intervenite pure!” facendole ridere e arrossire, solo per il fatto di avermi vicino.

Bene, proseguiamo con la quarta domanda” Alex riportò l’attenzione su di sé. “Completa la seguente battuta tratta dal film Mulan: disonore su di te, disonore sulla tua____?”

Ma che domanda è?” sbottò Ben, dando una manata di frustrazione al pulsante e schiacciandolo di conseguenza.

È una domanda come un’altra, Ben” lo canzonò Beth, con un sorrisino beffardo. “Avanti, rispondi dato che ti sei prenotato”.

Ma non ne ho idea!” si lamentò lui “Ho schiacciato il pulsante per sbaglio”.

Quindi posso rispondere io?” si informò lei, serafica.

Ma certo!” si rassegnò il mio amico, incredulo “Voglio proprio vedere come te la cavi. È impossibile sapere una battuta precisa, dai”.

Beth si schiarì la voce e annunciò “La frase è: disonore su di te, disonore sulla tua mucca. E la pronuncia Mushu durante il primo incontro con Mulan”.

Dal pubblico partì un applauso che durò un minuto buono e addirittura le due ragazze in squadra con noi si avvicinarono a Beth per congratularsi.

Ben si passò una mano sugli occhi, mugugnando “Non ci posso credere” mentre Dave gli dava un’affettuosa pacca sulla spalla, dicendogli “Non te la prendere. È un portento. Non c’è nulla da fare”.

Quando il brusio si fu placato, Alex richiamò l’attenzione dei presenti e andò avanti con il gioco.

Domanda numero cinque: di quali due divinità greche è figlio Hercules?”

Ben si affrettò a pigiare il pulsante per prenotarsi e Alex gli diede subito la parola.

Dunque, il padre è Zeus, mentre la madre...non mi ricordo il nome, ma è la dea bionda tutta d’un pezzo” disse.

Alex alzò un sopracciglio e scosse la testa. “Spiacente, Ben, ma non posso dartela buona”.

Perché?” protestò il mio amico.

Perché la dea bionda tutta d’un pezzo ha un nome ed è quello che mi devi dire” spiegò Alex, intransigente.

Ben sbuffò, incrociò le braccia davanti al petto e mise il broncio. Io mi voltai verso Beth e le chiesi “Lo sai?”

Lei annuì, calma, e mi spronò “Premi il pulsante”.

Non appena sentì il suono del nostro allarme, Alex si rivolse a Beth, con un sorrisino divertito. “La nostra campionessa sa anche questa?” domandò.

Puoi scommetterci” confermò lei, con un sorriso sicuro. “I genitori di Hercules sono Zeus ed Era”.

Alex batté le mani, entusiasta, esclamando “Bravissima! Altri dieci punti per la squadra di Nate. E con questi siamo quaranta a dieci”.

Ignorando le lamentele di Ben, il gioco proseguì con la domanda numero sei.

Quante sorelle ha Ariel nella Sirenetta?” chiese Alex.

Il pulsante della squadra di Ben e Dave suonò e Ben rispose subito “Sette”.

Sbagliato” lo informò Alex, serafico.

Come sbagliato?” insistette Ben. “Sono sette! Lo dice anche la canzone”.

Lentamente, come se lo stesse facendo per passare il tempo e non con lo scopo di vincere, Beth allungò una mano e pigiò il pulsante. Alex le diede la parola e lei rispose “Ariel ha sei sorelle. Le figlie di Tritone sono 7 COMPRESA Ariel” precisò, rivolgendo a Ben uno sguardo compassionevole.

Scoppiai a ridere, specialmente quando il mio amico commentò “Girami al largo, Beth. In questo momento vorrei ucciderti”.

Niente spargimenti di sangue, per favore” lo ammonì Alex, prima di continuare con il quesito successivo.

Domanda sette: dov’è ambientato Le follie dell’imperatore?”

La so, la so!” urlò Ben, premendo compulsivamente il pulsante per prenotarsi.

Alex sospirò e gli diede la parola. “Ben?”

È ambientato in Perù” rispose il ragazzo.

Giusto” annunciò Alex, mostrandogli un pollice alzato. “Dieci punti alla squadra di Dave e Ben che, in questo modo, arriva a venti punti, contro i cinquanta di Nate e Beth”.

Adesso rimontiamo” sentenziò Ben, con sguardo deciso.

Vedremo” replicò Alex. “Intanto passiamo all’ottava domanda: cosa c’è disegnato sulla porta di Boo in Monsters & Co.? Stelle, fiori, cavalli o gatti?”

Ben si prenotò subito, ma iniziò a borbottare “Dunque, fammi pensare...Boo è una bimba e ricordo che chiama Sully ‘gatto’, quindi suppongo che sulla sua porta possano esserci disegnati dei gatti?” tentò.

Vidi Beth scuotere la testa e, d’istinto, allungai la mano per premere il pulsante, sapendo con certezza che la risposta data da Ben era sbagliata. Infatti, Alex annunciò “Risposta errata. Nate, volete provare voi?”

Annuii e misi il microfono davanti al viso di Beth, che rispose “Fiori”.

Esatto!” confermò Alex. “E con questa andiamo a sessanta per Nate e Beth contro i venti di Ben e Dave”.

Vai con la prossima domanda, Alex” lo spronò Dave, cercando di contenere il disappunto del suo compagno di squadra.

Okay, domanda nove: come si chiama il gatto di Cenerentola?” chiese il mio amico.

Dai, Ben. Questa è facile” lo canzonò Beth, generando una risata generale tra il pubblico.

Ben le fece la linguaccia, prima di premere il pulsante e rispondere “Infatti la so: si chiama Lucifero”.

Molto bene” disse Alex “Altri dieci punti alla squadra di Ben e Dave, che rimonta a trenta”.

Poi si voltò verso il pubblico e annunciò “Bene, siamo arrivati alla domanda finale. La più difficile”.

C’è qualcosa di più difficile di quella sulla mucca?” commentò Ben, sarcastico.

Alex lo ignorò e, quando le risate delle fan si calmarono, proseguì “Questa domanda vale ben 40 punti quindi, se la squadra di Ben e Dave dovesse rispondere in maniera corretta, potrebbe ancora vincere la gara, superando Nate e Beth nelle battute finali”.

Si voltò verso di noi e domandò “Siete pronti?”

Annuimmo tutti, concentrati.

La domanda prevede che citiate un luogo, ma sappiate che non mi basta un’indicazione generica del continente, voglio la città precisa” ci informò.

Okay” dissi, pur senza avere la benché minima idea di che cosa stava parlando.

D’accordo, ecco l’ultima domanda: nel film Alla ricerca di Nemo, dove viene portato Nemo dopo essere stato catturato?”

Vidi Ben battersi un pugno sul palmo della mano e pestare un piede per terra, mentre dichiarava “Dannazione! Mi sembra fosse in Australia, ma la città chi se la ricorda?”

Nel frattempo, Beth si sporse per premere il pulsante. Lo sapeva, ne ero certo.

Beth?” la spronò Alex, con un mezzo sorrisino di aspettativa.

Beth prese un respiro profondo, prima di rispondere. Poi sorrise e disse “Viene portato dal signor P. Sherman, il cui indirizzo è 42 Wallaby Way, Sidney, Australia”.

Ciò che successe dopo era paragonabile solo al gran finale dei nostri concerti. Tutto il pubblico si alzò in piedi e iniziò ad applaudire, compreso Dave e le fan sul palco, indipendentemente dalla squadra a cui appartenevano, mentre Alex commentava “Strabiliante” e Ben si lamentava “Bastava solo la città, ma la signorina ha voluto strafare”.

Guardai Beth, colmo d’orgoglio, e sentii il cuore scoppiarmi d’amore per quella creatura fantastica che mi fissava con gli occhi luccicanti per la felicità di aver vinto la gara.

Agii d’impulso, senza riflettere. Mi avvicinai, la presi tra le braccia e le feci fare una giravolta, beandomi del suono delle sue risate. Poi, quando la rimisi a terra, incollai le labbra alle sue.

 

Sulle prime, non realizzai esattamente cosa stava succedendo. Certo, mi accorsi che Nate mi stava baciando, come avrei potuto non farlo, considerate le sensazioni che le sue labbra riuscivano sempre a risvegliare ogni volta che sfioravano la mia pelle? Ma, nell’euforia del momento, non misi a fuoco il fatto che lo stesse facendo davanti a tutti, su un palco, in un teatro gremito di gente. Me ne accorsi soltanto dopo, quando alle orecchie mi arrivò un tremendo boato, applausi, misti a urla e fischi, così forti che sembravano voler abbattere le pareti. A quel punto, quando l’entità – e le implicazioni – di ciò che era appena successo divennero chiare, spalancai gli occhi e puntai le mani sul petto di Nate, tentando di allontanarmi da lui che, nel frattempo, doveva essersi a sua volta reso conto del casino che aveva generato il suo gesto avventato, almeno a giudicare dallo sguardo colpevole e imbarazzato che mi rivolse.

“Io...Dio, scusami Beth” sbottò, certo che nessuno potesse sentirci, in mezzo al caos che regnava nel teatro. “Non so cosa mi sia preso”.

Pur sconvolta da quel gesto e preoccupata per la situazione, sospirai e mi strinsi nelle spalle. Sarebbe successo, prima o poi. L’avrebbero saputo. Certo, avrei preferito aspettare di essere al sicuro, nel mio paesino, prima di dare la notizia della nostra relazione in pasto alla stampa, ma alla fine cosa cambiava? Amavo Nate e volevo passare con lui il resto della mia vita. Non mi importava cosa ne pensassero le sue fan o la stampa.

“Non fa niente” lo rassicurai, rivolgendogli un timido sorriso.

“Davvero?” chiese lui, sorpreso dalla mia reazione. “Sicura?”

Annuii. “Ti amo” dissi, posandogli le mani sul torace e seguendo con i pollici le linee dei pettorali “ed è giusto che tutti lo sappiano”.

Lui ricambiò il mio sorriso, fissandomi con gli occhi luccicanti di felicità, poi mi appoggiò le mani sui fianchi e mi strinse a sé, facendo aderire di nuovo le nostre labbra.

Non pensai minimamente a scostarmi, questa volta. Feci scorrere le mani verso l’alto, fino ad affondare le dita tra i suoi capelli, mentre ricambiavo quel bacio cercando di trasmettergli tutto l’amore che provavo per lui, incurante delle urla, degli applausi e dei commenti di Jane, che stava tentando di mettere a tacere le fan scatenate che riempivano il teatro.

Quando le nostre bocche si allontanarono, alla disperata ricerca di aria, Nate mi tenne una mano stretta intorno alla vita e, con un sorriso impertinente dipinto sul viso, si voltò verso il pubblico, che ci fissava in preda all’entusiasmo misto a curiosità, e annunciò, parlando al microfono, in modo che tutti potessero sentire “Ah, per la cronaca, io e Beth non siamo più solo migliori amici”.

 

Attraverso le tende, che avevo lasciato volutamente aperte, guardai il cielo tingersi di varie tonalità di lilla e rosa, per poi virare all’arancione e al giallo, finché la palla incandescente del sole non fece capolino sulla linea dell’orizzonte. Era l’ultimo giorno di crociera, tra poche ore saremmo sbarcati a Barcellona, per poi tornarcene negli Stati Uniti, dove ci aspettava circa un mese di pausa, prima dell’inizio del tour, a metà luglio. Non sarebbero state vere vacanze, perché avremmo dovuto fare regolarmente le prove per gli spettacoli, ma sapevo di potermi ritagliare del tempo da passare a casa mia, a Castle Rock.

Distolsi lo sguardo dalla splendida alba che stava sorgendo oltre la finestra della mia cabina, e lo posai sulla persona che dormiva tra le mie braccia e che, per i miei gusti, costituiva uno spettacolo ancora migliore. La guancia posata sul mio petto, i capelli biondo miele sparsi sulla mia pelle, le labbra ancora arrossate dai baci che ci eravamo scambiati durante la notte, Beth sembrava serena e felice come non la vedevo da tempo.

Sorrisi, domandandomi se anch’io avessi la stessa espressione sognante e appagata, e mi risposi che probabilmente sì, e forse dovevo sembrare un idiota. Ma ero di sicuro l’idiota più felice del mondo, quindi non mi importava.

Volevo stare con lei per sempre, passare insieme tutto il tempo possibile, ma sapevo che non sarebbe stato semplice. Il mio lavoro mi portava spesso lontano da casa per lunghi periodi e, sebbene potessi permettermi di saltare sul primo aereo disponibile per tornare da lei anche solo per un paio di giorni, sapevo che avrei sentito moltissimo la sua mancanza. Già la sentivo prima, quando mi ostinavo a convincermi che Beth fosse solo la mia amica, ora sarebbe stata insostenibile. D’altra parte, non potevo chiederle di mollare tutto e seguirmi in tour, come facevano Mary e Roxy. Beth aveva il locale e sapevo che era la sua vita, non soltanto perché era appartenuto ai genitori e ci teneva a portare avanti l’attività di famiglia, ma soprattutto perché amava lavorarci. Servire i clienti, intrattenersi con loro e assicurarsi che se ne andassero soddisfatti e, possibilmente, con un sorriso sulle labbra, era la sua missione nella vita. Non mi sarei mai sognato di chiederle di rinunciarci per me. Nonostante questo, sapevo che ci avrei messo un bel po’ per venire a patti con il fatto di non potermi svegliare stringendola tra le braccia, come mi ero ormai abituato a fare in quei due giorni.

La mia attenzione fu richiamata da un movimento di Beth e, osservandola, mi accorsi che si era svegliata.

Buongiorno” mi salutò, stropicciandosi gli occhi con le mani.

Buongiorno a te, bella addormentata” risposi, baciandole la testa.

Da quanto sei sveglio?” mi domandò, mettendosi a sedere.

Circa un’oretta, credo. Ho visto l’alba” la informai.

Davvero?” mi chiese, stupita, per poi rimproverarmi “Potevi svegliarmi. L’avrei vista volentieri anch’io”.

Scossi la testa. “Dormivi troppo bene per svegliarti” mi giustificai.

Lei mi sorrise. “Sì, ma quando mi ricapita di vedere sorgere il sole sul mare?” si lamentò “Viviamo in mezzo alle montagne”.

Soffocando una risatina, le sfiorai una guancia con un dito e le promisi “Quando vuoi. Possiamo organizzare una vacanza in qualche posto esotico, non appena finito il tour. Ti piace l’idea?”

Beth annuì. “Sì, mi piace” concordò. Poi allungò una mano e me la posò sul petto, aggiungendo “Ma iniziamo ad andare a casa, prima. Tu non hai voglia di tornare?”

Feci un segno affermativo con la testa e ammisi “Da una parte sì. Dall’altra, invece, so già che mi mancherà tutto questo”.

La crociera?” domandò Beth, sollevando un sopracciglio.

Ma no, sciocca” la rimproverai. “Noi. Svegliarmi con te. Vorrei portarti a casa con me, quando torniamo a Castle Rock”.

Beth sorrise e, posandomi una mano sulla guancia, chiese “E cosa te lo impedisce?”

Strabuzzai gli occhi, sorpreso, mentre il cuore accelerava il ritmo dei battiti. “Verresti?” le chiesi, non osando nemmeno sperare una risposta positiva.

Contro ogni aspettativa, lei annuì. “Certo. Perché non dovrei?”

“Non è...affrettato? Vivere insieme, intendo” farfugliai, ancora incredulo.

“Forse” concordò, stringendosi nelle spalle. “Ma direi che ci conosciamo abbastanza bene da provarci, non trovi?”

Sforzandomi di contenere la felicità che mi aveva contagiato nel momento esatto in cui aveva acconsentito a venire a vivere con me, decisi di essere onesto fino in fondo ed esternare le obiezioni che costituivano le mie più grandi paure. “E se non funziona?”

“Perché non dovrebbe funzionare?” replicò Beth, confusa.

“Perché...perché tu non sai com'è vivere con me. Sono un disastro. Quando cucino, faccio sempre un casino assurdo…” iniziai a elencare.

Beth mi interruppe. “Esistono i detersivi. Puliremo”.

Non diedi cenno di aver registrato la sua obiezione e continuai “...e, quando faccio la spesa, dimentico sempre qualcosa di fondamentale, come l'acqua o la carta igienica...”

“Faremo una lista, allora” mi rassicurò lei. “E poi, dimentichi che ho un pub: sarà difficile restare senza cibo” scherzò.

“...e non so fare la lavatrice. Credo di non averlo mai fatto in vita mia, di solito ci pensa qualcuno dello staff, quando siamo in tour, e quando torno porto tutto a lavare” aggiunsi, vergognandomene un po’.

“Ti insegnerò” si offrì subito Beth. “Oddio, non che sia un'esperta. Perdo sempre qualche calzino e a volte le cose escono di un colore diverso da quello con cui erano entrate, ma tutto sommato me la sono cavata per tutti questi anni, quindi se non ti scoccia comprare qualche vestito in più di tanto in tanto…”

Questa volta fui io a interromperla. “Non me ne importa niente” le assicurai, sincero.

Beth mi prese una mano e, dopo avermi rivolto un sorriso rassicurante, sentenziò “Funzionerà, Nate. Siamo tu e io. Lo faremo funzionare. Stai lontano così tanto tempo che, le poche volte che torni a casa, voglio stare con te il più possibile”.

Ricambiai il suo sorriso e feci intrecciare le dita delle nostre mani, annunciando “Non vedo l'ora di tornare a Castle Rock e andare a vivere con te”.

  
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