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Autore: milkbreeeead    06/01/2022    1 recensioni
Ed era quello spicchio di luna, i loro anfibi a scontrarsi l'uno contro l'altro, la propria testa sulla sua spalla, il suo profumo, Piltover di notte, le loro mani. Ed era tutto quello, e probabilmente Vi non se lo meritava neanche, lei che aveva così paura e così disprezzo di quel mondo aristocratico da non volere neanche pronunciare in giro il proprio nome, Violet.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Caitlyn, Vi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Violet.

Era un nome dolce, delicato. Suonava come musica classica al grammofono in una serata di luna piena, una collana di perle al collo e una sigaretta alla Audrey Hepburn, e scivolava tra le labbra col sapore di una caramella alla fragola. Tipico nome da ragazza alla mano di Piltover, di quelle che frequentano le sale da ballo e i caffé, di quelle che giacciono su una collina mano nella mano col proprio fidanzato, lui che gusta chicco per chicco un grappolo d'uva nera e lei che dipinge en plein air.

Tutto perfetto. Tutto troppo perfetto, per Vi.

 

Sua madre non ci aveva certo visto lungo, per darle un nome del genere: dopotutto, come potrebbe mai vivere in quella maniera una ragazza nata nei sobborghi tutt'altro che lussuriosi e lussuosi di Zaun? Là dove la violenza era all'ordine del giorno, là dove bisognava farsi valere a cazzotti per trovarsi un posto nel mondo? Era quasi grottesco, un nome così fine per una ragazza così rude e mascolina, le nocche perennemente macchiate di sangue, il cipiglio scontroso, gli occhi di un azzurro tagliente e la rasatura a lato che le donava un'aria da teppistella. Violet non era certo un nome per lei. E dunque era meglio custodirlo bene, non farlo sapere in giro, che la gente avrebbe iniziato a dire la sua. Lei era Vi. Violet apparteneva a una parte recondita di se stessa, che aveva mostrato solo a due persone finora: sua sorella Powder, alla quale avrebbe affidato la propria vita, se al momento attuale non fosse completamente pazza e di nome non facesse Jinx, e Caitlyn, alla quale avrebbe affidato la propria vita, se al momento attuale non fosse uno sbirro di Piltover e sua madre non fosse un membro del Consiglio. Ma andava bene così. Lei andava bene così. 

 

O forse no, ma le piaceva convincersi di idee irrealizzabili, forse perché il suo stesso nome era frutto di un futuro idealizzato, totalmente fantastico. Da piccola -undici, dodici anni- le piaceva distendersi sulle vecchie lenzuola del suo letto sul retro della locanda e immaginarsi da adulta con una casa e una famiglia, e si chiedeva se avrebbe avuto una moglie o un marito o nessuno dei due, e la sua mente vagava, alimentando il fuoco di un camino invisibile. 

 

La sua idea irrealizzabile, in quel momento, era proprio Caitlyn Kiramman, quello sbirro un po' troppo audace. E Dio, ne aveva la mente piena fino all'orlo. 

Aveva smesso di vagabondare con la mente, la sua immaginazione violentata dalla realtà in cui si trovava; ma Caitlyn, oh, Caitlyn stava cambiando le cose, eccome se le stava cambiando, e Vi non sapeva se effettivamente questo cambiamento le piacesse oppure no.

Era vulnerabile, adesso. Vulnerabile, ma felice, tutto sommato. Anche se mancava qualche pezzo, che Cait non avrebbe potuto sostituire, ma ci provava. E andava bene.

 

Passava spesso da lei, più spesso di quanto avrebbe dovuto, in effetti. Si appostava sotto la sua finestra, a volte, e la osservava svolgere le sue mansioni quotidiane fino a che lei non si accorgeva di essere osservata, e allora Caitlyn arrossiva e Vi scoppiava a ridere, salutandola vigorosamente e invitandola a sgattaiolare fuori casa per una serata in sua compagnia, e poi la aiutava a scendere dal davanzale di casa propria -pareva non imparare mai, ogni volta era la stessa scena: Caitlyn, impacciata e un pelino spaventata di rompersi un osso, aggrappata al cornicione come se ne dipendesse la propria vita, e Vi, le lacrime agli occhi dalle risate, le mani sui suoi fianchi dolci, ad aiutarla a scendere. Si vedeva chiaro come il sole che lei fosse una topsider. Ogni tanto si fermava a pensare a quanto fosse paradossale il loro rapporto, e sorrideva amaramente.

 

Ed era con lei adesso, tra le strade di quella città che tanto odiava, un braccio attorno ai suoi fianchi e l'altro intento a reggere la propria giacca rossa, e lei sorrideva sorniona, le guance paonazze. C'era profumo di pioggia e puzza di alcol nell'aria notturna, tra quei sobborghi poco illuminati, che quasi quasi sembravano casa, per Vi, tanto erano luridi e sinistri. Se Caitlyn fosse stata sobria probabilmente non si sarebbe mai andata a cacciare con lei da quelle parti, ma si dava il caso che avesse acconsentito in via eccezionale a una serata in una locanda insieme a Vi e che avesse alzato un po' il gomito, merito da una parte di una delusione lavorativa, che era il motivo principale per cui si erano recate lì ("Quello stronzo avrebbe dovuto farmi salire a un rango più alto!"), e dall'altra di una sorta di sfida che andava avanti da tempo con Vi ("Sicuramente reggo meglio io di te!"). Non era vero. Caitlyn non reggeva un cazzo, e dopo due boccali di birra (di birra!) era già piuttosto brilla, quindi per evitare disastri Vi aveva deciso di riportarla a casa, rimboccarle le coperte e darle un bacio mentre dormiva, ché non sapeva come avrebbe reagito, da sveglia. Perché erano ottime amiche, e forse Vi non si sentiva di alterare ciò che c'era, che di un'amica aveva proprio bisogno.

 

O forse no, forse era il suo modo di mascherare tutto ciò che provava per lei, nasconderlo sotto una pila di vecchi cappotti. Non era il momento, in ogni caso.

Vi non era proprio sobria, ma neanche brilla a tal punto da non vederci bene; tuttavia, entrambe traballavano sui propri anfibi, e ridevano a crepapelle ogni volta che una delle due rischiava di cadere per terra. Nella via che le conduceva a casa di Caitlyn non c'era anima viva, a parte loro, quindi le voci rimbombavano e si rispondevano a vicenda, e Cait trovava questa cosa estremamente divertente, quindi si mise a ululare e Vi fu costretta a tapparle la bocca con la mano. 

"Ehi, cosa stai facendo?"

 

"Disturbiamo, Cupcake. Se facciamo troppo casino potrebbero beccarci".

 

"Oh, al diavolo!" Rise la ragazza dai capelli blu, prendendo la mano di Vi e stampando un bacio sul suo palmo, cosa che fece arrossire Vi dalla sorpresa, gli occhi strabuzzati. Caitlyn, notando la reazione di Vi, piegò le labbra in un sorrisetto malizioso. "Che c'è, ti imbarazza che io ti baci?"

 

Vi sapeva come rispondere alle provocazioni, a differenza di Caitlyn. Assottigliò gli occhi, prendendola per i fianchi, e la avvicinò pericolosamente a sé, bacino contro bacino. "Beh, prova tu stessa"

Appena pronunciò quelle parole, Caitlyn avvampò e si strinse nelle spalle, e Vi da una parte si sentì soddisfatta di averla spenta, dall'altra si offese, perché in fondo desiderava che Caitlyn accettasse la sfida. 

 

(Perché anche lei voleva vedere se sarebbe arrossita qualora lei l'avesse baciata. In fondo. Molto in fondo).

 

 Però poi lei si avvicinò, un po' titubante, e Vi fece lo stesso, e-

 

E una voce squarciò l'atmosfera, lasciandola morire sulle lastre di pietra del marciapiede. 

"Ciao, bellezze!" biascicò un uomo sulla quarantina, sbucato da chissà quale anfratto; aveva gli occhi stralunati, il passo storto, il viso smilzo e tatuato -ricordava un po' una lucertola. Sotto la luce fioca dei lampioni aveva un'aria inquietante, il sorriso sghembo. Vi si pose immediatamente tra Caitlyn e il tizio, guardandolo con aria minacciosa. Caitlyn invece, riconoscendo il pericolo, tornò in sé - per quanto poteva- e poggiò lentamente una mano sulla propria cintura, dove teneva la pistola che portava con sé in qualità di enforcer.

 

"Che cosa vuoi?" 

 

"Niente!- disse accelerando pericolosamente il passo- Pensavo semplicemente che due belle ragazze come voi non dovessero stare da queste parti di notte. Magari avere un uomo a proteggervi può farvi comodo".

 

"Ce la caviamo da sole, grazie" replicò Vi. Quell'uomo le causava una sensazione di bruciore allo stomaco che aveva lo stesso sapore della rabbia. Si voltò e toccò piano il braccio dell'altra ragazza, invitandola ad andarsene; ma l'uomo, slanciandosi in avanti, palpeggiò Caitlyn, che con orrore si girò di scatto e lo fissò, atterrita. Vi, accortasi della molestia, lo spinse con vigore, facendolo cadere per terra. "Come cazzo ti permetti?" sibilò Vi a denti stretti. 

 

"Non ti scaldare! Capita a tutte di essere toccata così, sai? La tua amica dovrebbe esserne contenta, anzi".

 

Caitlyn digrignò i denti, cosciente di ciò che stava succedendo. "Mi fai schifo" sputò come veleno.

 

Lui se la rise, alzandosi in piedi. "Dai, non può non esserti piaciuto" e allungò di nuovo la mano; Caitlyn lo schivò, e Vi lo afferrò per il colletto, per spingerlo di nuovo indietro. "Non toccarla!"

 

"Se non la pianti ti faccio vedere io, bambina".

 

"Chiama pure tua figlia bambina, ma non me, brutto vecchio pezzo di merda".

 

Lui si slanciò verso Vi per attaccarla, ma lei gli assestò un bel calcio nello stomaco, facendolo piegare in due dal  dolore. Tossì varie volte e si appoggiò al muro di un palazzo lungo la strada, e Vi fece un sorrisetto di superiorità. "A chi hai dato della bambina, stronzo?"

 

"Vi, è meglio se ce la filiamo" le disse Caitlyn, vista la situazione, però Vi scosse la testa. 

 

"Non posso lasciare che questo viscido la passi liscia!"

 

"Hai già fatto abbastanza per me. Andiamocene" Vi la guardò, i suoi occhi densi di preoccupazione, e guardò il tizio, ancora a tossire; quindi si decise a demordere e acconsentì ad andarsene, ma non prima di avergli sputato sulle scarpe e aver sibilato: "Mi fai vomitare".

 

 

"Avresti dovuto lasciar perdere, Vi"

 

Sedute sul davanzale della stanza di Caitlyn, le gambe penzoloni, le due respiravano l'aria notturna di Piltover, uno spicchio di luna a brillare fioco nel cielo. Vi poggiò la testa contro la spalla di Caitlyn, ed emise un sospiro. Il suo profumo le invase le narici.

 

"Non potevo! Non si trattano così le donne. Men che meno te. Se non avessi fatto niente mi sarei sentita in colpa, non sarei riuscita a perdonarmelo mai e poi mai".

 

"Ma non c'era bisogno. Me la sarei cavata comunque, e mi secca di averti messo nei guai".

 

Vi alzò gli occhi verso di lei e le prese la mano, facendo dondolare le gambe avanti e indietro, un po' come fanno i bambini, e si portò le loro mani chiuse l'una nell'altra nel proprio grembo. "Non è colpa tua, Cupcake. Non mi hai messo tu nei guai, e comunque non è un problema, cose del genere avvengono fin troppo spesso a Zaun. È di prassi, ho protetto così tante volte Powder e mi sono dovuta difendere anch'io, a volte".

 

Caitlyn scrollò le spalle, i suoi capelli blu a ondeggiare attorno al suo viso. "So che è un po'... improbabile, come dire, però vorrei che non rivivessi questi momenti, quando sei con me. Vorrei... vorrei che ti dimenticassi di tutto quanto e smettessi di sforzarti così per difendere gli altri. Vorrei proteggerti io, in qualche modo". Vi sorrise tra sé e sé, stringendosi nelle spalle e strizzando la mano dell'altra ragazza. Non la stava guardando, ma sapeva che stava sorridendo anche lei.

 

"Ehi, senti, lo apprezzo. Però se succedono cose del genere non posso certo starmene con le mani in mano. Avresti fatto la stessa cosa per me, tu".

 

"Beh, è vero. E probabilmente avrei fatto di peggio".

 

Sorrise. "Se non mi avessi fermata, anch'io".

 

Ed era quello spicchio di luna, i loro anfibi a scontrarsi l'uno contro l'altro, la propria testa sulla sua spalla, il suo profumo, Piltover di notte, le loro mani. Ed era tutto quello, e probabilmente Vi non se lo meritava neanche, pensò, per anni reclusa in una prigione a sferrare pugni contro muri di pietra mentre lei se la spassava tra i Consiglieri, no, quello non era il suo posto, non lo era proprio: su quel davanzale doveva starci un tipo come quel pesce lesso di Jayce, non certo una come Vi, una teppista scapestrata con rabbia repressa e traumi irrisolti, non certo una come Vi, che aveva così paura e così disprezzo di quel mondo aristocratico da non volere neanche pronunciare in giro il proprio nome, Violet, quella parola proibita, Violet. 

Chissà se l'avrebbe mai detto, a Caitlyn, come si chiamava. Sperava di sì, in fondo. Anche se si sarebbe resa vulnerabile, estremamente vulnerabile, e quando lei se ne sarebbe andata avrebbe perso anche quella parte di sé e non poteva permetterselo, non poteva permettersi di perdere se stessa un'altra volta per qualcun altro.

Ma Caitlyn, oh, per Caitlyn avrebbe fatto un'eccezione, avrebbe chiuso un occhio, se ne avesse avuti mille li avrebbe chiusi tutti, per lei, per lei, solo per lei. E Vi sapeva di star perdendo la presa su se stessa a causa sua, ma non vedeva alternative, o meglio, non voleva vederne. Perché forse per un po' voleva illudersi. Perché forse per un po' voleva stare lì, accanto a lei, e voleva lasciarsi proteggere, voleva lasciare che lei la difendesse con le proprie braccia e voleva scordarsi di tutte le cose che erano successe e voleva scordarsi di sé solo per un po', solo per assaggiare un boccone di quella vita. Che non le spettava, per inciso. Però poteva godersela per quanto durava.

 

"Tu come stai, invece, Cupcake?"

 

Lei scrollò le spalle. "Sono stata peggio. E sono sicuramente stata meglio. Però adesso sono a posto".

 

"Meglio così, non voglio che tu ci stia male, non ne vale la pena".

 

Caitlyn spianò le labbra in un sorriso amaro. "Mi dispiace, per quello che succedeva a Zaun. Dovrei essere io a chiederti come stai".

 

Vi scosse la testa. "Non devi. Sto bene. Non penso di essere mai stata meglio, sinceramente. Mi sento... al sicuro, qua" Con 'qua' intendeva Caitlyn, intendeva solo lei, quel davanzale e quella città non avevano valore; solo Caitlyn, la sua Caitlyn, il suo Cupcake, e sperò che lo capisse, che lo cogliesse, che se ne rendesse conto. Sperò che anche lei fantasticasse un po'.

 

E lei fece un sorrisetto sbilenco. "Mi piace pensare che sia merito mio. Un pochino."

 

"Solo un pochino".

 

Silenzio.

 

"È stupido da dire, ma mi piace stare con te, Caitlyn". Che era un 'ti amo, Caitlyn', ma Vi aveva le palle di lanciarsi giù da un palazzo e non di dire alla ragazza che amava ciò che provava per lei. Patetica. Davvero patetica.

 

Ancora silenzio. Ma era un silenzio un po' più leggero.

 

"E mi chiami Caitlyn per dirmelo?" 

 

Vi sorrise a sua volta. "Non pensavo che quel soprannome ti piacesse".

 

"Non dai mai nulla per scontato, eh?".

 

"E cosa non avrei dato per scontato?"

 

"Il fatto che mi piaccia quel soprannome. E... che piaccia anche a me stare con te. Tipo... così".

 

Era la prima volta che Vi si sentiva veramente piccola. Era ragazzina in quel momento, aveva dodici anni, il cuore in un nodo e le guance rosse, e le gambe dondolavano avanti e indietro, e le sue mani erano serrate su quelle della ragazza a suo fianco, ed era piccola, ma era felice di esserlo. Era al sicuro. E poteva permetterselo. Poteva permettersi di vivere quel suo sogno adolescenziale, perché lo stava vivendo con Caitlyn, e lei l'avrebbe protetta, gliel'aveva detto.

E respirò un pochino il suo profumo, solo un po', per lasciarne traccia ora che sarebbe andata via. Perché si era fatto fin troppo tardi, e non voleva che la signora Kiramman trovasse una donna nel letto di sua figlia. Perché mettere a repentaglio Caitlyn pur avendole detto che non l'avrebbe mai fatto era da stupidi. E da bugiardi. E lei non era nessuna delle due cose.

 

"Così come?" la prese un po' in giro. E lei si strinse nelle spalle in quel modo che le scaldava il cuore, e poi disse: "Nel senso che... beh, lo sai, insomma". 

 

Vi sollevò un sopracciglio come a dire: 'Dimmi di più', e Caitlyn sbuffò. "Piantala! Lo sai benissimo".

 

"Non ho detto proprio nulla", disse con tono da finta tonta, e lei le diede una gomitata mentre Vi ridacchiava. Si guardarono per qualche istante, solo per qualche istante, poi Vi chinò il capo, guardandosi gli scarponi usurati che portava ai piedi. E si ricordò che quel posto non era suo. "Credo sia ora di andarmene. È un po' troppo tardi".

 

"E dove andrai? Resterai a bighellonare da queste parti? Avanti, resta un po'. Ti do una camicia da notte, puoi dormire qui. E penso di poter gestire mia madre" Vi sorrise tra sé e sé, ma scosse la testa. "Cupcake, ti metterei in difficoltà, e non mi va".

 

Caitlyn le baciò una guancia, e Vi sentì quel punto formicolare sotto le sue labbra, bruciare come il suo tatuaggio sullo zigomo. 

"Vuoi o non vuoi passare una bella serata al calduccio, per una volta?"

 

Tutte le serate sono belle con te avrebbe voluto dirle, sussurrare piano, ma lo tenne per sé, ché le smancerie non le si addicevano proprio. Invece si lasciò persuadere, perché voleva starci davvero con Caitlyn e magari baciarla e oh Dio, no, stava iniziando a pensare come una bambina e presto sarebbe arrossita ed era da idioti, no, non avrebbe lasciato che accadesse. Quindi sollevò la testa e sorrise, e le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

"Facciamo che stavolta posso farmela andare bene. Se le cose non vanno per il verso giusto ci penso io, Cait. Non voglio casini, almeno nella tua vita" disse, un po' borbottando.

 

"È la cosa più dolce che tu mi abbia mai detto".

 

"Sbagli. La cosa più dolce che ti abbia mai detto è Cupcake". Caitlyn trattenne un sorriso.

 

"Non faceva ridere".

 

Con la mano ancora sul suo viso Vi le diede una carezza, e lei parve ricercare il suo tocco; e prima che potesse sbilanciarsi e baciarla si voltò per tornare dentro, un po' per provocarla e un po' perché, in fondo, quella cosa non le era mai sembrata così difficile. Che sarà mai baciare Caitlyn? Si era ritrovata a pensare qualche volta. Stupida, stupida, sempre a sottovalutare le situazioni. Baciare Caitlyn pareva un muro invalicabile, anche se ormai sapeva che avrebbe ricambiato, perché era evidente, perché quella cosa che aveva detto prima era una mezza dichiarazione e lei aveva risposto con un'altra mezza dichiarazione e Vi continuava a comportarsi come se non ne sapesse niente, perché pensava fosse meglio così per entrambe. Non lo era.

 

Caitlyn la seguì dentro, andando a frugare nel proprio cassetto alla ricerca di una camicia da notte per Vi. E lei non voleva mica fare la parte della ragazzina, ma il fatto di indossare i suoi vestiti la mandava completamente fuori di testa, e si ritrovò a nascondere con la mano un sorriso. Stupida, stupida. Lei le passò la veste a righe rosa, il viso arrossato, e le disse che sarebbe andata a cambiarsi in bagno, cosicché entrambe potessero avere un po' di privacy. 

Ne fu genuinamente delusa, a dire il vero, e mentre si cambiava nella sua mente si riproducevano immagini sfocate di sogni in cui si svestiva davanti a lei, e Dio, no, non avrebbe dovuto lasciar spazio a quei pensieri, erano un po' troppo. Però amava Caitlyn. E amava anche il suo corpo. Era inevitabile, in fin dei conti, non ricadere in pensieri di quel tipo. 

 

E Caitlyn uscì da quel maledetto bagno, e- oh.

 

Oh. Vi deglutì. Molto rumorosamente. Cristo. Okay, non era il momento di andare nel panico.

 

Ma era lei e aveva le gambe scoperte e- e oh, Dio, cosa le stava succedendo? Andare così in tilt per un paio di cosce e per qualche porzione di pelle scoperta in più. Tutto era perfettamente tranquillo. Lei era perfettamente tranquilla. Caitlyn- a Caitlyn donava quella camicia da notte. Sì. Le stava molto bene. Le piaceva come cascava leggera sul suo corpo ben allenato e al contempo leggiadro, e le piaceva il merletto azzurro a dedicarne gli orli. E le piacevano i suoi capelli sciolti, anche se li vedeva di continuo. Però amava vederli ancora, e ancora. Dio, Dio.

 

Anche lei sembrava essere estasiata da ciò che vedeva, anche se definirla estasi era un po' un eufemismo; però era evidente che fosse colta dalla malia, tanto che per qualche lunghissimo istante fece oscillare i suoi occhi avanti e indietro, osservando Vi in quella veste che poco le si addiceva. Le piaceva essere studiata in quel modo- le piaceva un sacco. Troppo, forse.

 

Ed era pietrificata, ma fece la disinvolta. "Questa camicia da notte ti fa un bel culo, Cupcake".

 

"Come sei volgare" ribatté lei sarcastica, sedendosi sul proprio letto, che sprofondò sotto il suo peso. La scrutò di nuovo. "Sta molto meglio a te che a me, Vi".

 

Lei fece uno sbuffetto. "Lo dici solo per farmi sentire meglio, mh?"

 

Caitlyn la osservò una terza volta con quegli occhi analitici, rapiti dalla figura di Vi, e disse: "No, dico sul serio. Mi piace come mette in risalto il tatuaggio che hai sulla schiena. E la tua corporatura. E si abbina ai tuoi capelli. E poi- e poi questo colore ti dona. Davvero".

 

"È un colore osceno, se permetti".

 

"Ma non dici proprio mai grazie?"

 

"Mh, no. Non è nel mio stile".

 

Caitlyn sorrise dolcemente. "Dovevo aspettarmelo. Tipico di Vi..."

 

Oh, la amava, e la cosa stava sfuggendo di mano. E si ritrovò al suo fianco, e si ritrovò a tenerle la mano e a sorriderle con aria persa, mentre Caitlyn le ripeteva che sì, era un colore osceno, però l'aveva scelto apposta così, e sentì ovattato mentre ribatteva che forse era una sorte di punizione divina indossare quella roba, e lei faceva la finta offesa, e voleva baciarla, baciarla, baciarla ed era l'unica cosa a cui riusciva a pensare.

 

"Ma mi stai ascoltando?" chiese lei a un certo punto.

 

"Voglio baciarti, Cupcake. Da, tipo, tutta la serata" sbottò senza neanche accorgersene; e non se ne pentì neanche. Anzi, l'avrebbe detto altre cento volte, perché alleviò il magone che aveva al petto, e Caitlyn fece quella sua faccia sorpresa e poi sorrise in quel modo che le faceva pensare che oh, era troppo per lei, oh, ne era sopraffatta. 

 

"Ah- va bene. Se proprio lo desideri. Cioè, in realtà ci pensavo anch'io. Okay, ci ho pensato un po' troppo oggi. Lo faccio spesso. Anche se non-" E la interruppe, anche se amava vederla farfugliare, la amava un po' sempre, però la amava di più quando la baciava, ebbe modo di scoprire. La amava. Dio. Che parole estreme. 

Ma erano vere, senza dubbio, perché amava come i suoi capelli si intrecciavano alle proprie dita, perché amava i suoi sbuffetti tra un bacio e l'altro, perché amava che baciasse con tutto il corpo, era come un moto continuo, come un'onda anomala e Vi voleva lasciarsi andare dentro di essa, tuffarvisi a capofitto, voleva affogarci dentro e perdere il fiato e poi riemergere ed essere rigettata di nuovo sul fondo. E un po' stava affogando, Caitlyn non le dava neanche un secondo d'aria, incentrata troppo a non perdere assolutamente quell'istante, e nemmeno Vi voleva respirare, in fondo, ché lei era ossigeno e bastava quello.

 

"Okay, okay, tregua. Dammi un secondo, Cupcake" espirò Vi, staccandosi dalla ragazza col fiato mozzato. Lei ridacchiò e le baciò la guancia, e la mascella, e sembrava non stancarsi mai di baciarla, come se fosse stata plasmata per quello. E Vi le gettò le braccia al collo mentre lei le circondava la vita con le proprie, e si assestò nell'incavo del suo collo, a respirarla, perché lei era aria, oh, era aria. E mentre quella risata scoppiettante come bollicine le invadeva i timpani Vi fu trascinata contro il materasso da Caitlyn, e si trovò su di lei, e le mise le ciocche dietro le orecchie e la baciò ancora, perché le piaceva il fatto di arrossire mentre lo faceva, e le piaceva che anche lei fosse paonazza, la pelle tiepida contro i suoi palmi.

 

Tutto ciò che contava era lì. Tutto ciò che importava, tutto ciò che aveva un significato. 

 

 

"Non pensavo che sarebbe finita così, la prima volta che ti ho visto" disse Vi a un certo punto, da un pezzo sotto le coperte a fissare il soffitto mentre Caitlyn studiava il suo profilo, le sue labbra, la curva del suo naso come se volesse disegnarla.

 

Scrollò le spalle. "Beh, neanch'io. E con questo?"

 

"Non mi ritenevo capace di provare qualcosa. Per nessuno. Lo sai?"

 

"Mi ero fatta un'idea. Il tuo... caratterino". Vi soffocò una risata. "Sono un osso duro, eh?"

 

"Non proprio, secondo me".

 

"Ah, di me non sai proprio nulla!" esclamò Vi con una punta di soddisfazione.

 

"Eppure vorrei sapere" rispose Caitlyn "Vorrei sapere tutto. Vorrei... vorrei poterti guardare dentro con un microscopio e capirti davvero. Mi renderebbe felice".

 

Felice. Vi poteva rendere Caitlyn felice. Non sapeva perché, ma il pensiero le faceva venire le farfalle allo stomaco. Voleva farlo, voleva che Caitlyn fosse felice, felice, entusiasta, la voleva raggiante. E c'era una cosa che poteva fare lì, in quell'istante, per esaudire quel suo desiderio. 

 

Lo disse.

 

"Mi chiamo Violet" 

 

e fu come regalarle tutto di sé, si stava mettendo a nudo, e voleva che lei ne facesse tesoro. E forse lei non avrebbe compreso subito l'importanza di quel gesto, ma sapeva che l'avrebbe fatto, presto o tardi. Perché Caitlyn aveva il sogno di scoprirla, e Vi lo sapeva, e la amava anche per quello.

 

"È un nome bellissimo".

 

"Lo odio" Odiava se stessa, ciò che quel nome racchiudeva. Era disgustoso. Ma se lei lo amava, forse anche Vi avrebbe imparato a farlo. Oh, cosa non avrebbe fatto per Caitlyn?

 

"Secondo me ti sta molto bene. Si abbina a quel ciuffetto viola che hai lì, sul davanti" disse lei mentre glielo scostava dal viso.

 

"È troppo aristocratico. E surreale".

 

Le accarezzò la guancia. "È adatto a una persona dal cuore nobile, e tu lo sei. Scommetto che anche tua madre l'ha capito all'istante, quando ti ha visto, come l'ho capito io. Per questo ti ha chiamato così".

 

"Anche Vander" mormorò tra sé e sé.

 

"Chi?"

 

Vi sospirò. "Anche Vander l'aveva capito".

 

"Vuoi parlarne?" Vi scrollò le spalle, le labbra stirate in un'espressione nostalgica. 

A poco a poco.

 

"Mio padre. Non naturale. Ma era mio padre. Mi diceva che ero una persona di buon cuore".

 

"E aveva ragione, Vi. O dovrei dire, Violet?"

 

Si voltò verso di lei e le baciò il dorso della mano. "Chiamami come vuoi, Cupcake."

...
È un po' che non ci si vede!
Torno con una one shot (auto-indulgente. Ne ho più bisogno io che voi) su Vi e Caitlyn di Arcane (forse sono il primo a pubblicarne una qua, visto che la fanbase italiana non mi sembra molto grande...)! Spero vi piaccia :)
Fred

 

   
 
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