Datemi un sogno in cui vivere,
perché la realtà mi sta uccidendo.
Jim Morrison
[Minuetto blu pallido]
Minuetto I
Kaname ha un sogno.
Dimenticare di essere Kuran Kaname. E restare solo qualcosa. Un bambino; un ragazzo; un uomo. Restare qualcosa che non significa: conosci.
E gli obblighi (che sono catene) lasciarli cadere. Anello dopo anello; perché un bambino non deve averne, di responsabilità.
Kaname ha chiuso gli occhi; e ha sognato.
Perché Yuuki era calda; perché otosan e okasan erano. E Kaname si sentiva protetto. Si sentiva diverso.
Kaname non voleva ricordare cosa significa essere Kuran Kaname.
Allora ha chiuso gli occhi e ha sognato. Un luogo dove fermarsi; una casa calda (anche se non c’erano finestre) e un’infanzia.
Kaname vuole dimenticare. E ha lasciato cadere il passato. Perché un bambino non ne ha responsabilità. Un bambino è solo un bambino e Kaname vuole esserlo, bambino. Perché prima non lo è stato. Perché prima è un ricordo da dimenticare. Perché prima è un tempo lontano (troppo lontano) e Kaname vuole dimenticare.
Kaname ha dimenticato.
Perché le sue mani sono piccole (da bambino); e i capelli sono corti e la neve è bianca e fuori è il freddo e dentro è la casa e Yuuki. Kaname è piccolo (ha dimenticato) perché i canini stanno ancora crescendo, piano piano; perché di giocare ne ha voglia. E il gioco è facile; il gioco di un bambino.
Ma i sogni di Kaname sono strani.
Perché Kaname (un bambino) ricorda il sangue (e non ne ha mai bevuto) e la pesantezza di un compito e la stanchezza della vita. Un bambino (Kaname) conosce un gioco grande e difficile; un gioco brutto, che non vorrebbe fare. Perché i bambini quei giochi (grandi e brutti) non li fanno. E nemmeno i grandi.
Kaname vuole sognare.
E dire sì quando Yuuki lo chiama fratello; e no a Kuran Kaname. Perché il nome (Kaname) è cattivo e fa male. E Kaname, di cose cattive, ne conosce tante (anche se è un bambino).
Kaname ha un sogno: restare un bambino.
Trio
Gli occhi di Kaname
sono stanchi.
Perché Kaname deve guardare: la menzogna (rassicurante) che ha creato; le pedine che si allineano; l’equilibrio che è un capriccio.
Gli occhi (rossi) sono stanchi. E Kaname non vuole vedere. Perché gli occhi – tristi- ricordano. Quando il rosso (occhi) era Yuuki; quando il capriccio era un bambino. Ricordano i sogni di un bambino (adulto); e Kaname, quei sogni, non li voleva fare.
Gli occhi (Kaname) sono stanchi.
E devono guardare. Un mondo che inizia a franare.
Minuetto II
Kaname aveva un sogno.
Dimenticare di essere Kuran Kaname. Perché era un bambino; e poteva (voleva) sognare. Kaname voleva ignorare. Gli obblighi (catene) che premono e premono.
Kaname voleva chiudere gli occhi; e sognare.
Ma conosci sono verità che martellano – bam bam – nella testa; è il sangue (occhi) dentro, nello stomaco, nelle vene, nella pelle, urla e ripete: ricorda.
Perché Kaname (che era protetto) è diverso. E otosan e okasan non sapevano; ma lui (bambino) ricordava anche se voleva dimenticare.
Kaneme non voleva essere Kuran Kaname.
Kaname voleva dormire.
E i ricordi e le menzogne e i giochi degli adulti lasciarli riposare; e nei sogni Kaname è (ancora) un bambino. Ma le mani sono cresciute (da uomo); e i capelli sono lunghi e la neve è diventata rossa. Kaname è cresciuto (ha ricordato) perché i canini sono lunghi, e riconoscono. Un uomo (Kaname) ha iniziato un gioco (grande e brutto) e lo deve completare.
Kaname ha ricordato.
E il bambino (piccolo. Che vuole giocare) è dimenticato. E la casa senza finestre è passato; e otosan e okasan erano bugie. E Kaname ha aperto gli occhi e ha detto addio.
Ma Kuran Kaname aveva un sogno.
Ricordarsi bambino.