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Autore: Paul Kramer    08/01/2022    0 recensioni
Grande Tempio dopo Hades.
Due fratelli si ritrovano in mezzo ai Cavalieri d'Oro in apparenza senza un motivo. Col passare del tempo tentano di adattarsi e la loro innocenza risveglia vecchi sogni di molti Cavalieri d'Oro, sogni di una vita normale, una famiglia...
Ma la guerra eterna ha realmente avuto termine?
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Atena, Gold Saints, Personaggi Lost Canvas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                                     La tua assenza brucia come ghiaccio.


Cancer fissò con occhio allucinato e incredulo Ioria che abbassò sconfitto lo sguardo. “Ti prego, non continuare, so già tutto. Micene si è innamorato di Marta, la mia ragazza si scopre innamorata di un ragazzino italiano che avrà visto si è no due volte, ma chissenefrega della disparità d’età, io le facevo proprio schifo.. “Cancer alzò le mani come in segno di resa e abbassò lo sguardo. Lontano Micene piangeva sommessamente e Castalia fissava immobile l’orizzonte come a convincersi che un giorno sarebbe tornato. Un giorno l’avrebbe visto arrivare, lui e il suo meraviglioso sorriso un po’ malandrino da Morrison rosso, almeno così una volta l’aveva definito Ioria; lei avrebbe ribattuto mentalmente che Gregorio era assai più bello. Ma non lo aveva mai detto né a Ioria né al diretto interessato e ora che sperava, ora che si era permessa di sperare dopo che s’era analizzata e scoperta dolcemente innamorata, ora ogni occasione era perduta per sempre. Gli occhi immoti della maschera fissavano il mare ancora calmo e tuttavia dolente, ma i vividi occhi della donna piangevano amaramente senza curarsi troppo del sapore salato e umido proprio come il mare che percepiva in bocca.
‘E il vento fa il suo giro’
Il vento si sarebbe curato di lei o di chiunque altro?
Avrebbe asciugato le sue lacrime con mano tenera di fanciullo? Avrebbe chiamato il suo nome nelle gelide notte invernali quando ogni cosa sembra spegnersi nell’oscurità? Avrebbe guardato ciò che guardavano i suoi occhi con un dolce sorriso da bambino?
‘Sai che niente rimane, quando passa il vento.’
No, non era rimasto nulla dal viaggio del vento sopra di lei e sopra gli altri.
 
 Micene non avrebbe mai potuto spiegarsi perché e in che modo s’era innamorato di una ragazza così diversa, eppure era successo e adesso che se n’era andata si scopriva innamorato. I presagi tuttavia li aveva già intuiti molto tempo prima, quando ancora Marta era solo una cotta passata, quando ancora la guardava e le sorrideva senza accorgersene, perduto nell’incanto di una grazia più grande di lui. Una grazia che ora non era più lì, perduta nelle fauci di un ingordo destino.
Volevo perdermi ogni giorno un po’ di più dentro i tuoi pensieri, dentro il tuo cuore e scoprire a poco a poco chi era l’essere chiamato Marta, nome dolce e sognante come il vento sul mare.
Volevo scoprire come pensi tu,
volevo amare quello che ami tu per farti poi amare quello che già amavo.
Volevo vivere insieme a te ma adesso sei andata via e non posso chiamarti indietro
perché dove sei tu non vi è telefono o messaggio che possa arrivare.
Vorrei portarti dentro il mio mondo e fartelo assaporare fino alle fondamenta,
ma adesso sei perduta ai miei occhi né ti posso ritrovare..

E Micene guardava il mare come se nel cielo o nel mare ivi riflesso potesse vedere dei strani e mistici occhi guardarlo, seguirne amorosi i passi, pur sapendo che la sua ricerca era vana. Ogni giorno era uguale, un sofferto ripetersi di routine che rimpiangeva amaramente di aver sprecato quando ancora Marta esisteva. Avrebbe voluto avere indietro ogni istante, ma non vi era reso.

Passano i giorni, consumo le ore in una disperata attesa che passino oltre
ma ogni istante è come una spina nelle carni.
E duole, duole tanto.
Ogni istante che vorrei indietro mi vedo costretto a ripeterlo nel solco del tempo e della memoria,
ogni istante che passa e io che scivolo all’indietro..
volevo amarti teneramente ogni giorno che avrei avuto,
ma tu non ci sei e la tua assenza brucia come ghiaccio.
 
Castalia voleva volare quando era piccola, volare come i gabbiani nelle tempeste e riportare a casa i suoi cari, ma adesso che aveva una possibilità di aiutare qualcuno per amore non ce l’ha fatta. Non le è mai interessato Ioria, la loro è sempre stata solo un’amicizia intensa e a cui lei tiene moltissimo, ma appunto solo un’amicizia; la stessa amicizia che stringono i naufraghi per paura di morire da soli, quasi più un cameratismo che un’amicizia normale, del resto non a caso sono militari. E adesso, pensa amareggiata mentre si leva la maschera e fissa in uno specchio opaco un volto dagli occhi spenti, non ha nessuno. Nessuno che la guardi con una luce particolare nello sguardo, nessuno che talvolta lei sogni, nessuno per cui lei volentieri si leverebbe la maschera rivelandosi come ragazza e non come alieno essere umano, nessuno.

Com’è possibile che la tua assenza sia ricordata solo con una sedia vuota?
Com’è possibile che ciò che amo ora non esista più?
Com’è possibile che io viva e tu no?
Cammino ogni giorno, il passo leggero di un’aquila, 
ma cosa batte dentro questo cuore?
Cosa resta dentro di me?
Cosa rimane di te?


 Castalia soleva camminare lungo il mare e osservare il cielo confondersi coll’acqua, ma non le garbava di tuffarsi e lasciare che l’acqua dissolvesse il suo dolore preferendo camminare. E mentre camminava in silenzio ogni lacrima usciva da sotto la maschera e si dissolveva nella sabbia, ardente come la sofferenza che si portava dietro.

Possibile che davvero tu sia defunto?
 Freddo corpo disperso in qualche luogo sconosciuto,
polvere che nessuno riconosce come sua,
polvere che adesso mi scivola tra le dita come sabbia di sangue bagnata..
eppure desidero vederti ridere, vederti ogni giorno!
Ma tu non ci sei e la tua assenza brucia come ghiaccio.

Il tempo passava e nonostante che a Castalia e Micene paresse eterno, in realtà scorreva veloce, tanto che arrivò in fretta settembre. Un giorno di inizio ottobre Micene stava camminando nel giardino di casa sua quando avvertì un rumore incerto di passi dietro i suoi e pensando con lieve esasperazione alla solita ancella distratta si voltò rimanendo attonito.
 Una fanciulla dal capo morbidamente avvolto da una sciarpa violacea che le scivolava lungo i fianchi lo fissava in silenzio, quasi attendente che parlasse per primo. Micene fissò a lungo quegli occhi che per molto tempo avevano fatto parte dei suoi sogni e prima che potesse dire qualcosa si fermò, incapace di crederlo. “Tu sei.. “ la ragazza annuì e sul volto le si accese un sorriso dolce e appassionato come solo quello di Lei poteva essere. Micene le si avvicinò cauto e timoroso di sbagliare persona mentre il cuore fremeva per rivelarle finalmente i sentimenti che provava per lei. Poi le prese le mani e mentre si tuffava senza ritorno in quei verde – azzurri occhi le carezzò dolcemente una guancia con il palmo della mano mentre lei gli sorrideva.
“Sono davvero tornata per sempre, Micene.”
E mentre la baciava, avvertì come in un sogno confuso le braccia di lei allacciarsi al suo collo indorato dagli ultimi raggi del sole.
“T’amo Marta.”
 
 Quella sera fu annunciato il fidanzamento tra Micene e Marta e Castalia sorrise malinconica per ciò che gli altri avevano avuto prima di avviarsi in silenzio verso la sua casetta sotto il bagliore lunare. Mentre posava la mano sopra la maniglia delle dita le sfiorarono le nocche della mano e una voce che ben conosceva le intimò in tono basso e rilassato: “Aspetta, prima devo parlarti.” E Castalia sussultò mentre nel cuore si riaccendeva la speranza. “N-non è possibile.. tu sei caduto..” fu lui a rispondere afferrandole dolcemente le mani per una volta scoperte. “Sì, ma sono ritornato e intendo dirti che.. che provo per te un sentimento la cui natura posso serenamente chiamare amore.” Castalia spalancò gli occhi emozionata e sconvolta per l’inattesa rivelazione che le era stata detta, poi indietreggiò e con mano che non tremava afferrò la sua maschera e se la tolse, rivelando così un volto ovale e allungato con dolci occhi color nocciola e morbide guance soffuse di un delicato rossore. Il ragazzo di fronte a lei le sorrise, poi con il labbro inferiore stretto tra i denti osò sfiorarle la guancia per chinarsi e baciarla a lungo sotto la luce chiara della luna che illuminava una pallida dea di orientale lucore indefinito e e un giovane dio con la bellezza della giovinezza.
 
 
 
   
 
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