Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    10/01/2022    0 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Il drago e la principessa del Sole – Il primo incontro
 
- Madre, non puoi farmi questo! Avresti dovuto prima consultarmi!! – urlò la fanciulla fuori di sè.
- Non una parola in più, Elia. Non osare. Hai almeno la vaga di quante lady all’interno dei sette regni e persino fuori di essi, desidererebbero essere al tuo posto? – le rispose senza scomporsi la maestosa Lady di Dorne.
- Non mi importa di cosa desiderano le altre donne!
- Dovrebbe invece.
Odiava quel modo di sua madre di restare sempre composta durante i litigi.
Era come se il suo volere fosse superiore a quello degli altri a prescindere, e ognuno dovesse prostrarsi a soddisfare i suoi capricci.
Per lo meno così appariva dall’esterno.
In quanto unica figlia femmina della Lady di Dorne, Elia avrebbe dovuto adempiere ai suoi doveri senza fiatare.
Così le era stato detto.
Così le era stato insegnato.
Ma così non aveva mai fatto.
Ella, al contrario, era sempre stata uno spirito libero, come il vento.
Per lo meno, così era stato fino al compimento dei suoi diciannove anni.
Era oramai un anno che sua madre continuava a dirle che aveva passato l’età da matrimonio, e che cercava di affibbiarla al primo figlio di lord che le capitava sottotiro.
Prima Jaime Lannister, poi addirittura suo fratello Tyrion.
Ma ora sua madre sembrava averla sistemata davvero e, dalle sue parole e dal sorriso inquietantemente soddisfatto sul suo volto, sembrava averla promessa al miglior partito esistente sulla faccia della terra.
Ma qualunque esso fosse, la fanciulla sapeva già che Oberyn non sarebbe stato d’accordo.
Vi era sempre stato un rapporto sin troppo stretto tra lei e suo fratello.
Talmente tanto che, qualsiasi uomo provasse seriamente a fare la corte alla bellissima principessa di Dorne, la Vipera Rossa gli metteva inevitabilmente i bastoni tra le ruote.
Elia ne aveva rifiutati in molti, a causa sua.
Talvolta, le malelingue definivano persino il loro rapporto “ambiguo”, alla maniera di quello che si vociferava esserci tra Cersei Lannister e il suo gemello Jaime.
Elia odiava quelle voci.
Era cosciente che il rapporto tra lei e Oberyn potesse sembrare un po’ morboso dall’esterno, ma tra i due non vi era mai stato nulla, oltre ad un’intensa complicità fraterna.
Ed ora.. ora sembrava che avrebbe dovuto rinunciare per sempre a quella libertà.
Sapeva che il momento sarebbe presto arrivato.
Ma non sarebbe mai stata pronta.
Si lasciò ricadere sul letto, arrabbiata e frustrata come non lo era mai stata.
Si torturò le mani e cominciò ad immaginarsi a quale figlio di lord rimasto ancora scapolo nei sette regni sua madre avesse promesso la sua mano.
- Allora? Hai intenzione di tenere quel muso lungo ancora per molto o vuoi sapere a chi andrai in sposa?
- Oberyn sarà furioso.
- Non vuoi saperlo? D’accordo, non te lo dirò.
- Voglio saperlo – disse sbuffando, arrabbiata e in tono indifferente. – Tanto, chiunque egli sia, non avrà alcuna importanza...
- Al principe ereditario Rhaegar Targaryen.
Il mondo si fermò per un attimo, e la fanciulla dalla foltissima chioma riccia dovette aggrapparsi al bordo del proprio talamo per non ruzzolare a terra a causa delle vertigini piombatele addosso per la sorpresa.
Le sue labbra tremarono e i suoi vividi occhi scuri si spalancarono all’inverosimile.
Sua madre attese qualche minuto, con ancora un largo sorriso sulle labbra, prima di riprendere la parola e riportarla alla realtà. – Ehi? La mia bambina si è ingoiata la lingua da sola? Capisco di averti profondamente sconvolta, ma non ero mai riuscita a lasciarti senza parole.
Allora? Non dici nulla?
- Stai mentendo...?
- Non sto mentendo, Elia. Re Aerys ha acconsentito alla mia proposta dopo che sua moglie ha partorito un altro figlio maschio e non una femmina come si aspettava. Se fosse stata femmina, il principe d’argento avrebbe sposato sua sorella, come è consuetudine per la casata Targaryen.
- Vuoi dire ... il figlio del Re Folle?
Colui che odia chiunque non faccia parte della dinastia Targaryen?
L’uomo che brucia vivi donne e bambini a proprio piacimento, e che si dice abbia arredato la sala del trono di teschi di drago...?
I Targaryen? Gli stessi che hanno messo a ferro e fuoco i sette regni per secoli e secoli?
- Ora non essere così tragica.
- Mesi fa avevi detto che si vociferasse che Cersei Lannister fosse stata promessa al principe Targaryen...
- Re Aerys non avrebbe mai ceduto la mano di suo figlio ad una Lannister.
- Beh per quale motivo l’ha ceduta ad una Martell, allora...?
Per avere la gioia di vedermi bruciare a puntino davanti ai suoi occhi non appena ne verrà voglia...?
La Lady di Dorne roteò i suoi splendidi occhi perfettamente truccati al cielo, e pose le braccia conserte. – Qualcos’altro...? Avanti, dimmi tutto ciò che di negativo ti venga in mente in questa unione, sono tutt’orecchie.
- Il fatto che lui sia più giovane di me, per esempio...
Il fatto che sia l’essere umano più intoccabile su questa terra e che sarà sicuramente l’opposto di me in qualsiasi cosa...
Il fatto che, nel profondo, potrebbe essere come suo padre..
Il fatto che sarò costantemente esposta ad una lente di ingrandimento, perpetuamente esposta a giudizi..
Il fatto che sarò letteralmente trascinata via da casa mia, e costretta a vivere in un covo di serpenti..
Il fatto che non sarò mai all’altezza..
Il fatto che dovrò partorire i legittimi eredi al trono di spade...
Il fatto che non avrò più una vita...
- Potrai restare qui a riversarmi addosso ogni tua peggiore ansia o timore fino a domani all’alba, Elia, ma io ti risponderò sempre nello stesso modo ... – le disse sua madre avvicinando il volto al suo fino a far toccare i loro nasi e a mischiare i loro profumi. - Sarai regina dei sette regni. Siederai sul trono di spade, Elia Martell.
Mi hai udito bene?
La fanciulla tremò ancora come una foglia, sentendosi mancare, mentre fissava negli occhi sua madre.
- Fai finta di non sapere nulla stasera a cena.
Tuo padre ci tiene a comunicarti la notizia per primo.
Quella notte Elia urlò, sfogando tutto ciò che provava sul cuscino di seta del suo talamo.
Oberyn la udì e la raggiunse, pronendole qualsiasi piano o stratagemma pur di farla sfuggire a quel destino che nessuno dei due voleva che lei vivesse.
Addirittura, le propose di scappare via quella notte stessa, di andare dove nessuno li avrebbe trovati, di vivere da fuggiaschi.
Ma Elia rifiutò la sua proposta.
Per quanto fosse ancora sconvolta, agitata, un cumulo di ansia e timore, sapeva quali fossero i suoi doveri.
Sapeva quale fosse il suo posto.
Oberyn allungò una mano colma di ricercati anelli sulla guancia di sua sorella, nel buio della notte, con il caldo afoso che entrava dalla finestra della camera di Elia.
Il cuscino era ancora bagnato delle lacrime della ragazza.
- Ogni donna desidererebbe essere al mio posto – sussurrò la fanciulla, guardando suo fratello negli occhi. – Ogni donna, Oberyn... eppure è toccato a me.
Il giovane principe dorniano le lasciò un lieve bacio sulla punta del naso. – Non ti lascerò mai a lui. Mai. Avrei preferito che cadessi tra le mani di un vecchio bavoso d’alti ranghi piuttosto che tra le grinfie di un Targaryen.
- Oberyn..!
- Non dicevo sul serio. Riguardo al vecchio bavoso. Ma i Targaryen sono il peggio del peggio. Lo sai. Li abbiamo sempre odiati. Ed ora andrai in moglie ad uno di loro.
- Le hai sentite almeno? Tutte le voci che girano su di lui? – gli domandò la ragazza, persa nei suoi pensieri.
Aveva gli occhi fissi nei suoi ma non lo guardava veramente.
- Sin troppe, Elia.
Una valanga di false adulazioni che mi danno solo il voltastomaco.
- Già la vedo l’espressione sui volti di tutte le mie cugine, le mie dame, di tutte le lady che incrocerò d’ora in avanti.
- Che espressione?
- “Come ci si sente, ad essere andata in sposa alla creatura più bella di tutti i sette regni?”
Oberyn rimase in silenzio per un po’, senza risponderle.
- Potrà anche esserlo. La creatura più bella di tutti i sette regni.
Ma non sarà comunque mai e poi mai alla tua altezza, sorella.
Elia gli sorrise dolcemente, allungandosi per lasciargli un fraterno e abituale bacio a fior di labbra.
- Stasera chiamerai Qoren a farti compagnia prima della partenza...? Oppure Wyl? O Mariah? Mi è sembrato di capire che Qoren sia il tuo preferito.
Elia negò con la testa, accucciandosi maggiormente alla spalla del fratello. – Nessuno di loro.
- Ma come..? Ho udito bene?? Sorella, domani partirai. Quando sarai andata in sposa al Targaryen non potrai più concederti tutto questo. Non vuoi goderti neanche un’ultima notte di piacere sfrenato?
- Quest’ultima notte.. voglio trascorrerla con mio fratello. Solo con lui – detto ciò, Elia poggiò la testa sul suo petto e i due rimasero stesi insieme, e si addormentarono in quel modo, beandosi del calore l’una dell’altro.
 
 
Rhaella strinse i lacci del corsetto sull’addome di suo figlio con le sue dita delicate.
Avevano avuto pochissimo tempo a disposizione per preparare le nozze: Aerys aveva preso accordi con la Lady di Dorne appena due settimane prima, e i rispettivi figli si sarebbero dovuti sposare non appena Elia fosse giunta ad Approdo, nel giro di pochi giorni.
Motivo per cui molti lord con le loro famiglie, di casate amiche alla corona, non sarebbero riusciti a partecipare alla cerimonia a causa delle ristrette tempistiche.
Rhaella pensò che fosse meglio così, meglio che fossero in pochi, nonostante il matrimonio dell’erede al trono fosse un evento più che eclatante per i sette regni.
Avevano deciso di agire tempestivamente e di farli sposare immediatamente per motivazioni differenti: la Lady di Dorne perchè temeva che Aerys avrebbe cambiato idea, e non aveva tutti i torti considerando quanto fosse volubile Aerys; mentre quest’ultimo perchè voleva che suo figlio piantasse il suo seme nel ventre di una donna il prima possibile, e non avendo Rhaella generato una femmina come egli sperava, si era dovuto accontentare dell’alternativa meno peggio.
Ma tutti sapevano quanto suo marito fosse incline alla lunaticità, e quanto fosse contrario all’idea di concedere suo figlio ad una donna che non fosse di stirpe Targaryen, dunque quanto quella situazione fosse critica e precaria.
Rhaella temeva persino che, rendendosi conto dell’“errore commesso”, suo marito potesse prendersela addirittura con lo stesso Rhaegar, succube del suo volere, poco prima o poco dopo la cerimonia.
A proposito di quest’ultima, Rhaella si era letteralmente fatta in quattro per riuscire, con l’aiuto di tutte le sue dame e le sue ancelle, ad organizzare una splendida cerimonia e un maestoso banchetto nonostante il poco tempo a disposizione.
Ritornando a concentrarsi su Rhaegar, non riusciva ancora a credere ai propri occhi mentre aggiustava qualsiasi piccolo dettaglio fuori posto che notava nel vestiario di suo figlio. Si allontanò di un passo, solo per osservare la figura slanciata del ragazzo che, seppur ancora diciassettenne, era già più alto di lei. Le septe e le sarte avevano fatto davvero un ottimo lavoro. Fu fiera di se stessa e della tempestività con cui era riuscita a radunare ad Approdo tutte le sarte migliori dei sette regni per realizzare i vestiti per il matrimonio di suo figlio. Quelle donne avevano fatto un vero e proprio miracolo, prendendo le misure maniacalmente accurate del corpo del ragazzo, e realizzando quegli abiti pregiatissimi, con dei tessuti talmente rari, belli e ricercati da fare quasi male agli occhi. E tutto in soli pochi giorni.
L’argento e il bianco perlato erano proprio i colori che donavano di più a Rheagar. Era surreale quanto tutto in lui fosse estremamente candido, accecante: i vestiti, la pelle, i capelli. Solo gli occhi, di un vivido viola, due macchie di colore su quella distesa chiarissima, destavano l’attenzione di chi lo osservasse in maniera violenta.
Rhaella osservò il volto di suo figlio, provando dolore al cuore non appena si accorse che mostrava sempre la stessa, identica espressione, da circa due settimane, nonchè da quando aveva scoperto che suo padre gli avesse trovato una moglie.
Gli occhi vuoti, vacui, spenti, cupi; lo sguardo freddo, gelido, assente, indifferente, privo di espressività. Una e vera e propria maschera di ghiaccio.
Non parlava più del necessario, non diceva nulla.
Si limitava a compiere il suo dovere come aveva sempre fatto, senza opporsi.
Persino quando suo padre gli aveva comunicato la notizia per la prima volta, Rhaegar era rimasto impassibile, non si era opposto, nè lamentato minimamente; nonostante quella fosse l’ultima cosa che volesse, Rhaella lo sapeva benissimo.
- Tesoro? – tentò di richiamarlo, con il suo abituale tono carezzevole. – Non hai detto una parola da quando siamo qui – gli disse. – Sai, credo proprio che ti troverai bene con la principessa di Dorne. Ho udito dire che è una ragazza dolce. Dolce e passionale. Inoltre, dicono anche sia molto bella. Rhaegar?
Gli occhi del ragazzo erano ancora distanti da lei.
Decise di guardarla, per accontentarla, e Rhaella ne fu lieta.
- Non devi andare a controllare Viserys?
- Ho lasciato tuo fratello con le balie, non preoccuparti. Non potevo lasciare che fossero le septe a preparare mio figlio per le sue nozze, per niente al mondo – disse accarezzandogli una guancia.
Dopo di che, posò le mani sulle sue spalle e lo portò a voltarsi verso lo specchio di fronte a lui, restandogli dietro. – Sai cosa vedo, tesoro?
Rhaegar attese che lei parlasse, senza dire nulla.
- Vedo un giovane uomo pieno di tutta l’energia che il mondo possiede.
Vedo il fuoco, il fuoco dell’intelligenza, della determinazione, della bontà, dell’audacia, della forza e del talento.
Tu bruci, mia luce. E continuerai a bruciare, non importa cosa accadrà.
Rhaegar si voltò a guardarla, rivolgendole la prima vera espressione da giorni. Le accennò un sorriso lieve, che però a Rhaella bastò.
- Tuo padre vuole vederti prima di condurti all’altare.
- Sono già arrivati tutti gli invitati?
- Sì. È tutto pronto. Manchi solo tu. E la sposa.. ovviamente.
Egli annuì e le baciò il dorso della mano.
- Ti aspetto di là – gli sussurrò ricambiando il bacio, per poi uscire dalla stanza.
 
Rhaegar si recò nelle stanze di suo padre, in cui l’uomo lo attendeva.
Notò già immediatamente quanto fosse agitato e indisposto, dal modo in cui le sue mani ossute tremavano e le sue gambe scalpitavano, seppur sedute.
In quella stanza vi erano solamente Ser Barristan Selmy, il più fidato membro della guardia personale del re, e il Ragno Tessitore Varys.
Quando Rhaegar entrò e si chiuse la porta dietro di sè, rivolse un lieve inchino a suo padre e aspettò che egli parlasse.
Dopo essersi mangiato le unghie per un intero minuto, Aerys si decise ad alzare lo sguardo su di lui, spalancando gli occhi incavati e rimanendo senza parole.
Si alzò in piedi, gli si avvicinò e gli poggiò pesantemente le mani sulle spalle, restando ad ammirarlo.
- Guardati ... stai benissimo.
- Grazie, padre.
- Ma questo non ti esonererà dall’essere in ritardo. Avevo richiesto la tua presenza qui circa trenta minuti fa. Ora, per colpa del tuo ritardo, faremo tardi alla cerimonia.
- Sono stato fino ad ora con mia madre. Si è occupata lei del vestiario.
- Quella strega poteva impiegarci di meno e smettere di trattenerti senza ragione!! - esclamò già sfuriando, poi cercando di ricomporsi.
- Ti rendi conto di quanto sia importante questo giorno, figlio mio? – disse poi.
- Sì, padre.
- Questo è il giorno ... in cui cederò mio figlio... il mio primogenito... l’erede al trono... a quelle bestie dei dorniani.
Rhaegar non disse nulla, continuando a guardare avanti a sè, ignorandolo, così come fecero gli altri due presenti in stanza.
- Come siamo arrivati... come siamo arrivati ad un punto di tale degrado...? Quella cagna di Dorne crede che io ti abbia ceduto a loro... io abbia ceduto te, sangue del mio sangue, a quella baldracca della figlia... consapevolmente.
- E non è quello che hai fatto? – si azzardò a rispondergli.
- No!! Per tutti i draghi di Aegon! Come avrei potuto?? Ero fuori di me quando ho acconsentito.
- Credevo che avessi acconsentito per farmi avere un erede al più presto, e perchè sono in età di matrimonio oramai. Oltre al fatto che mia madre non ha generato una sorella da farmi sposare – disse pungente.
Aerys iniziò a ridere istericamente, per poi riprendere. – Credi che la colpa sia solo sua? Di quella puttana di tua madre, per aver generato un altro inutile maschio? Avevo bisogno di un erede maschio, sì, ma solo di uno, non me ne faccio niente di due figli maschi! Poteva nascere femmina tuo fratello, come potevi nascere femmina anche tu, dannato! – esclamò rabbioso, artigliandolo per il colletto del corsetto. – Perchè sei nato maschio, eh?? Dimmelo!
- Non è qualcosa che avrei potuto controllare o scegliere.
- Mi stai rispondendo con sufficienza per caso? Stai utilizzando quel tono strafottente e presuntuoso che usi sempre con me, quando dico qualcosa che non ti sta bene, Rhaegar?! Rispondimi!! Perchè sai, sai benissimo che odio quando ti credi più intelligente e furbo di me! Non lo sei!! Non lo sei e non lo sarai mai!
- Lo sanno tutti che l’intelligenza è la tua qualità più lucente, padre. Non mi permetterei mai.

- Tu dovevi fermarmi... dovevi fermarmi non appena ti ho proposto tale assurdità... dovevi farmi rinsavire... era tuo compito farlo! – disse il re crogiolandosi e stringendosi i capelli con disperazione.
- Cosa intendi?
- Intendo che avresti dovuto farmi cambiare idea quando eravamo ancora in tempo, e convincermi a non farti sposare quella cagna dorniana che ti sta aspettando impaziante nella sala del mio trono!! A cosa mi servi se non riesci neanche a far rinsavire il tuo re??
- Sai bene che odi quando mi oppongo a te!
- Avresti dovuto fermarmi!! – ripetè, continuando a strattonarlo verso di sè.
- Nessuno mai sarebbe in grado di fermare la tua follia, e sta’ certo che farmi sposare una donna che non conosco è la follia minore e più innocua che la tua mente deviata sia stata in grado di generare, perciò tranquillizzati, padre!!
Varys e Barristan Selmy raggelarono a quelle parole del principe, così come impietrirono anche dinnanzi a quello che avvenne subito dopo.
Aerys aveva colpito suo figlio con un violento schiaffo in pieno volto, facendogli voltare completamente la testa dall’altra parte.
I due uomini notarono distintamente come i pugni del ragazzo si strinsero per trattenersi dal ricambiare il colpo ricevuto con gli interessi, considerando quanto facilmente sarebbe riuscito nell’intento. Suo padre aveva il corpo debole come quello di un vecchio, avrebbe potuto persino farlo cadere a terra con una sola spinta.
Tuttavia, suo padre era anche il re.
Ed ogni volta che suo padre alzava le mani su di lui, doveva trattenersi.
Doveva ricordarsi di subire in silenzio e senza fiatare la sua ira ingiustificata e immotivata, il suo odio, le sue paranoie, le sue folli ansie e paure, attendendo che si calmasse, esattamente come quando era piccolo.
Barristan, che si trovava alla destra, verso la direzione in cui la testa del principe si era voltata per lo schiaffo, notò distintamente un evidente taglio farsi largo nel labbro inferiore del ragazzo, traboccante di sangue vivo.
Il cavaliere sbiancò decidendo di intervenire prima che fosse troppo tardi. – Sire, gli invitati stanno tutti aspettando con impazienza l’arrivo dello sposo, nella sala del trono. Sarebbe il caso di evitare di deturpare il volto del principe proprio il giorno del suo matrimonio, poco prima che egli si mostri ad un’intera folla di persone che sono giunte qui per vederlo.
- Già, sarebbe opportuno non farli aspettare ancora, Eccellenza – andò in suo aiuto anche Varys.
A ciò, Aerys sorrise sprezzante, velenoso.
- Ma certo.
Vai, figlio mio. Va’ da loro, a farli morire tutti di invidia come solo tu sai fare.
Ti voglio fuori dalla mia vista.
 
La prima cosa che Elia registrò non appena mise piede dentro la sala del trono di Approdo del re, era uno strano profumo.
Un profumo che le entrò nelle narici con incombenza, come di un’infinità di candele profumate e di fiori.
Effettivamente, non era strano, dato che l’intera sala era ricoperta di mazzi di fiori ovunque.
Quel luogo era quanto di più maestoso la principessa dorniana avesse mai visto.
La struttura, la costruzione, le colonne, l’imponente trono di spade di cui aveva udito parlare dalle leggende, gli enormi finestroni che illuminavano l’ambiante di una calda luce, e che le davano quasi l’illusione di stare all’esterno, i bellissimi fiori sconosciuti e dai colori caldi sparsi per tutto il salone. L’unica nota che stonava un po’ con tutto quell’incantevole e maestoso scenario, erano le teste di drago che occupavano tutta la fiancata destra, motivo per cui tutti gli invitati erano stati distribuiti sulla sinistra. Tuttavia, nonostante tutto, anche quelle riuscivano ad ammaliare e a commistionarsi con tutto il fascino che suscitava quel luogo.
Elia fissò quei teschi rapita.
Questo solamente prima di posare gli occhi, a distanza, sul giovane ragazzo che avrebbe a breve sposato.
Nel momento in cui i suoi occhi si posarono su di lui, tutte le altre presenze sparirono da quel salone.
C’erano solo loro due. Lei e lui.
Lei che lo stava raggiungendo, lui che la aspettava.
Improvvisamente, si sentì quasi mancare.
Più lo guardava, più le insicurezze che la affliggevano sin da quando aveva scoperto che lo avrebbe sposato cominciarono a moltiplicarsi esponenzialmente.
Si sentì orribile, inadatta, troppo semplice, troppo banale e modesta.
Un pallido fiore dinnanzi ad un meraviglioso rubino.
Mentre varcava la navata e si accorciava la distanza che la divideva dal principe drago, cominciò a percepire una miriade di sguardi pesarle addosso, su di lei, ma soprattutto su di lui. Gli sguardi su di lui gli diedero più fastidio di quanto avrebbero dovuto.
Il vestito strettissimo le stava stritolando il busto sino a toglierle il respiro, quell’acconciatura intricatissima era talmente stretta e pesante, che la stava facendo sbilanciare, provocandole un gran mal di testa, soprattutto a causa dell’elevata presenza di spille che le appuntavano i ricci; lo scollo a V dello sfarzoso abito era troppo eccessivo, non la faceva sentire a suo agio; per non parlare dei piedi, che stavano perdendo di sensibilità dentro quelle scarpe flagellanti.
Nonostante tutto, non poteva svenire, non poteva mostrare esitazione, debolezza, nè qualsivoglia segno di umanità e cedevolezza, non dinnanzi al re, non dinnanzi al giovane principe da cui non riusciva a staccare gli occhi di dosso.
Quando riuscì a portare a termine la sua camminata infinita, e a giungere finalmente dinnanzi a lui, il suo primo istinto spontaneo, fu quello di abbassare la testa verso il pavimento, e di non guardarlo più per il resto della cerimonia.
Se lo ritrovò davanti, ed era ciò che di più spaventosamente perfetto vi fosse sulla faccia della terra.
Non poteva essere umano, l’unica spiegazione era che fosse ultraterreno, pensò la ragazza, in quanto nessun aggettivo umano avrebbe potuto descrivere l’eccezionalità della sua sconfinata bellezza.
E nonostante tutto ciò la mettesse estramamente a disagio, la dorniana non riuscì ad interrompere il contatto visivo con lui.
Rimase fissa, a scandagliare ogni suo movimento e lineamento, mentre lui, seppur avesse quei fari viola puntati su di lei per buon abito, in realtà non la guardava davvero.
Elia si accorse immediatamente che avesse la mente altrove.
Teneva la testa alta, come sicuramente gli avevano insegnato a fare, e come gli veniva anche naturale; e non aveva una singola cosa fuori posto.
Le sue movenze erano di un’eleganza che la fanciulla non aveva mai visto in altri. Certo, non aveva visitato altri luoghi dei sette regni, in quanto era rimasta sempre nella sua amata Dorne; e sapeva anche che la nobiltà di atteggiamento e di aspetto era risaputa tra i Targaryen.
Tutte le caratteristiche che la stregavano di quel principe erano già risapute e ben diffuse nelle bocche di tutti.
Tuttavia, Elia non riusciva comunque a capacitarsene.  
L’uomo che avrebbe consacrato la loro unione, alla loro sinistra, iniziò a parlare.
Elia si concentrò maggiormente sullo sguardo del suo consorte, e quel suo totale distacco le fece male.
Probabilmente egli era nell’ultimo luogo in cui desiderava stare, e lei non poteva dargli torto, in quanto, in parte, anche lei desiderava trovarsi ovunque tranne che lì.
La loro unione era ciò di quanto più surreale e assurdo potesse esistere, dal suo punto di vista.
Tuttavia, quel ragazzo riusciva a nascondere ogni sua emozione magistralmente bene, una dote che Elia gli invidiò.
Era serafico, granitico, mentre ascoltava le parole dell’uomo e la guardava negli occhi, impassibile.
Sin da quando lo aveva raggiunto e se lo era ritrovato davanti, Elia aveva anche notato che avesse un taglio, una ferita fresca sul labbro.
Non vi aveva dato peso all’inizio, ma ad un certo punto la ferita iniziò a colmarsi di sangue, perciò non riuscì ad evitare di guardarla e di chiedersi come se la fosse fatta, in quanto sembrava un taglio ben più profondo di quanto credesse inizialmente.
- Principessa Elia della casata Martell di Lancia del Sole, giurate voi solennemente, dinnanzi agli antichi dèi e a quelli nuovi, di amare, di sostenere e di onorare il vostro unico e solo consorte, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nella pace e nelle difficoltà che il Fato vi porrà dinnanzi, finchè la morte non si frapporrà fra voi?
- Sì, lo giuro – pronunciò guardandolo negli occhi.
- E voi, Principe Rhaegar della casata Targaryen di Roccia del Drago, giurate voi solennemente, dinnanzi agli antichi dèi e a quelli nuovi, di amare, di sostenere e di onorare la vostra unica e sola consorte, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nella pace e nelle difficoltà che il Fato vi porrà dinnanzi, finchè la morte non si frapporrà fra voi?
- Lo giuro – la sua voce era determinata, calda e suadente.
A ciò, l’uomo fece avvicinare i loro polsi, sovrapponendoli, legandoli insieme con il sacro nastro.
- Il vostro legame è solido – disse.
- Il vostro legame è solido – ripeterono in coro tutti i presenti.
- Dinnanzi agli dèi, vi dichiaro marito e moglie.
Elia resistette fino all’ultimo dal farsi cedere le gambe, a causa di quelle scarpe, del vestito, e dell’immensa agitazione.
Trovò la forza di resistere grazie agli occhi viola del suo sposo puntati nei suoi.
Ora che la parte che credeva fosse quella difficile era stata superata, Elia non fu più sicura di potersi davvero rilassare.
Vi erano ancora i festeggiamenti, il banchetto, ma soprattutto tutti quei maledetti occhi puntati su di loro.
Inoltre, dovevano ancora rimanere soli.
Come sarebbe stato quando sarebbero rimasti soli loro due?
Ora era il momento del cambio d’abito, la sua dama di compagnia si era già avviata verso la stanza in cui si era già cambiata e preparata prima della cerimonia, e la attendeva.
La sala si svuotò, in quanto tutti i presenti vennero immediatamente condotti verso la sala in cui si sarebbe tenuto il banchetto e i festeggiamenti.
Elia fece per congedarsi momentaneamente dal suo sposo, non appena il nastro che li univa venne sciolto, giusto per andare a cambiarsi d’abito e a privarsi di quel supplizio che le stava togliendo il respiro.
- Dove andate?
Quella voce le penetrò l’anima.
Si voltò verso il principe drago, rivolgendogli uno sguardo ingenuamente interrogativo.
- Dobbiamo firmare la pergamena. Entrambi. Finchè non la firmiamo non saremo ufficialmente sposati.
Elia si diede mentalmente della stupida per averlo dimenticato, ma quel giorno la sua razionalità e lucidità sembrava pericolosamente traballare, specialmente con lui vicino.
Un Gran Maestro comparve nel loro campo visivo, sorridendo loro cordialmente. - Maestà, vi prego di seguirmi. Vi condurrò nella stanza in cui dovrete firmare la pergamena.
A ciò, i due obbedirono e seguirono il vecchio.
Non appena giunsero nella stanzetta vuota, l’uomo si rivolse di nuovo a loro. - Attendete pazientemente qui, sire. A breve vi porteremo la pergamena – detto ciò, se ne uscì dalla stanza, lasciandoli soli.
Trascorsero almeno dieci minuti di silenzio tombale tra loro, che Elia percepì come un’eternità.
Non ce la faceva più a reggere quel silenzio e quella tensione, perciò parlò, dicendo una cosa che voleva dirgli da circa mezz’ora. – Il vostro labbro sanguina.
Un pessimo modo di rompere il ghiaccio, se ne rese conto, ma sempre meglio di nulla.
Anche perchè quel taglio sembrava sempre ingigantirsi ogni volta che lo guardava, o forse era solo una sua impressione.
- Dovreste almeno disinfettare la vostra ferita. Immagino sia fastidioso il costante sapore ferroso in bocca – continuò lei, notando che lui non rispondeva e non la guardava. Se ne stava in piedi, in attesa, senza muoversi nè fiatare. Sembrava nulla riuscisse a toccarlo – Forse dov-
- È solo uno stupido graffietto, non serve medicarlo – la interruppe lui, degnandosi di rispondere.
- A me non sembra – rispose sinceramente la fanciulla. – Avete le labbra tutte sporche di sangue. Sembra molto fresca. Ve la siete fatta poco prima della cerimonia?
- Possiamo ... evitare di parlare e aspettare semplicemente che ci portino la pergamena? – le chiese gentilmente, in quel tono che nascondeva del palese fastidio.
- Se lasciaste che vi pulisca la ferita, non fiaterei più – la dorniana non si arrese, oramai la considerava quasi una questione di principio.
Come era possibile che le avesse chiesto di non parlare?
Erano sposati oramai.
Prima o poi avrebbero necessariamente dovuto iniziare a parlare.
E prima ciò sarebbe accaduto, meglio sarebbe stato.
Ma quel ragazzo sembrava essere un muro.
Elia non lo avrebbe mai ammesso, ma quelle parole e quell’atteggiamento da parte sua la ferirono, nonostante, sotto sotto, se li aspettasse e non la sorpresero.
La sua assenza di risposta la agitò ancora di più.
Come se non bastasse, il vecchio sembrava sparito, l’aria in quella stanzetta era stantìa, e il vestito e le sue scarpe le stavano stringendo a tal punto da aver portato la sua soglia di sopportazione al limite.
Non ce la faceva più.
Improvvisamente, la testa le girò così violentemente da farla sbilanciare all’indietro.
Si aggrappò alla superficie solida che trovò più vicina, nonchè un tavolino dietro di lei, per non precipitare a terra.
Fu in quel momento che il suo novello sposo le si avvicinò talmente tanto da stordirla col suo profumo.
- State bene? Milady, vi sentite male?
Il suo tono così appresivo fu un vero e proprio elisir per il suo umore a terra.
Improvvisamente, quel volto divino era troppo vicino e mostrava uno sguardo allarmato.
La principessa dorniana accennò un sorriso, e decise di prendersi una piccolissima rivincita.
Nonostante sentisse di aver ripreso le forze, finse di avere un altro mancamento, questa volta più serio e grave del primo, accovacciandosi a terra e iniziando a tremare e ad ansimare lievemente.
A ciò, il principe drago si abbassò accanto a lei, preoccupato, non sapendo minimamente cosa fare.
- Vi prego, ditemi cosa devo fare. Cosa vi prende? Vi sentite male? Volete che chiami un Gran Maestro? Qui ad Approdo ne abbiamo a volontà, posso andare a chiamarne uno immediatamente e ... cosa c’è? – fermò il suo flusso di parole e la guardò confuso nel momento in cui lei non riuscì a resistere un secondo di più e iniziò a sorridere di sottecchi, colpevole, con lo stesso sguardo che avrebbe avuto una bambina beccata con le mani dentro una ciotola di zucchero.
Nel simulare quell’innocente scherzo, le si era anche disfata lievemente l’elaborata e fastidiosissima acconciatura.
Lui, in cambio, dall’alto della sua statura le rivolse lo sguardo più truce e pericoloso che la principessa avesse mai visto e che qualcuno le avesse mai rivolto, tanto da spaventarla quasi.
- Siete impazzita per caso..? – le disse severo.
- Mi dispiace. Vi garantisco che non era mia intenzione, inizialmente. Mi sono sentita davvero male, poco fa.. ho solo esagerato un po’. Vi prego di perdonarmi.
Lui la guardò ancora in cagnesco, tanto che si sentì improvvisamente in colpa.
- Non si scherza con argomenti simili.. pensavo che sareste svenuta davanti ai miei occhi da un momento all’altro.
- Mi dispiace, mio principe.
Era la prima volta che lo chiamava così e si sentì arrossire fino alla punta dei capelli, senza alcun motivo razionale.
- D’accordo – cedette lui.
A ciò, Elia gli rivolse uno sguardo interrogativo, non capendo.
- Se avete un fazzoletto con voi, vorrei pulire il taglio. Sto ingoiando sangue da quasi un’ora per cercare di farlo smettere – ammise egli, dandole quella piccola-grande soddisfazione.
La ragazza sorrise internamente soddisfatta, e tirò fuori dalla tasca del suo abito il suo fidato fazzoletto di seta. – Ne porto sempre uno con me. Lasciate che faccia io – gli disse avvicinandosi a lui e allungando una mano verso la sua bocca, pulendo con delicatezza e accortezza tutto il sangue ancora fresco che macchiava le sue labbra.
Cercò di non vacillare, nè di guardarlo negli occhi, mentre aveva il suo volto tanto vicino, e il suo buon odore che le invadeva di nuovo i sensi.
- Non volete dirmi chi è stato a provocarvelo..? – le venne spontaneo sussurrarglielo, mentre gli puliva il taglio e ne osservava l’entità.
Ma i due vennero interrotti dal Gran Maestro, che tornò finalmente con la pergamena in mano.
I due ragazzi firmarono in silenzio, ufficializzando totalmente la loro unione, per poi separarsi in silenzio, e dirigersi verso le rispettive stanze per il cambio d’abiti.
 
 
Giunti al banchetto, i novelli sposi ovviamente vennero posti seduti vicini.
Tuttavia, non si scambiarono una parola per tutta la serata.
Quando finalmente giunse il momento dei balli, Elia poté finalmente sgranchirsi un po’ le gambe e svagarsi dall’agitazione che ancora la invadeva.
Si alzò in piedi non appena si aprirono le danze, e anche numerose altre dame con i rispettivi accompagnatori si misero in posizione in mezzo al salone.
La dorniana si voltò a guardare Rhaegar, il quale sembrava non avere la minima intenzione di alzarsi in piedi.
Per tutta la serata, il ragazzo era rimasto a rivolgere sguardi di odio, misto a preoccupazione, verso suo padre il re, il quale sembrava non staccargli mai gli occhi di dosso a sua volta.
Elia si chiese cosa succedesse tra i due, in quel momento avrebbe fatto di tutto per scoprire cosa gli passasse per la mente.
- Voi non ballate? – gli domandò, distogliendo i suoi fari viola dal sovrano.
- No, sto bene qui.
- Allora resto qui anche io – disse riprendendo posto seduta, accanto a lui.
- Voi andate – la incoraggiò il principe, sorprendendola.
- Senza il mio cavaliere non andrò a ballare – gli rispose guardandolo contrariata, come se stesse sottolineando l’ovvio.
Provava un gran desiderio di ballare con lui in quel momento.
Per stabilire almeno un minimo contatto. Verbale o visivo. Qualsiasi cosa sarebbe andata bene, per lenire quella freddezza.
Aveva davvero creduto che si sarebbe alzato anche lui per ballare, dato che si erano appena sposati, e le persone non volevano altro che vedere i giovani sposi, il principe e la principessa ereditari, ballare insieme come coppia.
Ma, a quanto pare, Rhaegar Targaryen non aveva intenzione di accontentarli, così come non aveva alcuna intenzione di accontentare lei.
Sembrava totalmente disinteressato all’opinione di tutte quelle illustri presenze che puntavano gli occhi su di lui.
In seguito a quella frase, il principe drago le aveva accennato un fievole sorriso e le aveva dato la risposta che temeva: – Potete scegliervi un altro cavaliere, milady.
Lo disse con una naturalezza agghiacciante.
Era appena stata rifiutata. Doveva aspettarselo.
Il principino doveva essere un tipo a cui si doveva correre dietro. O meglio, che ti costringeva a corrergli dietro.
Già risentiva la voce di Oberyn penetrarle nelle orecchie con impudenza: “È solo uno spocchioso ragazzino viziato”.
La ricacciò via, cercando di non farsi sopraffare da stupidi pregiudizi.
Lo guardò negli occhi, cercando di studiarlo, per quanto possibile, nonostante la folla, nonostante la confusione, nonostante non fossero ancora soli.
Quelle iridi la rapirono in una morsa dolorosa.
Quegli occhi nascondevano qualcosa di oscuro, di profondo, che la ragazza sapeva di non poter comprendere. Per lo meno non ancora.
Sarebbe stata lunga, la strada.
Ma non aveva intenzione di darsi per vinta.
La dorniana era sempre stata una fanciulla tenace, parecchio combattiva, nonostante le sue condizioni fisiche cagionevoli potessero far presupporre il contrario.
- Vorrei ballare con voi, mio principe – gli disse schietta, riuscendo a provocargli un moto di sorpresa in quegli occhi impenetrabili, restandone fiera. – Se me lo concederete. Magari non ora, ma entro fine serata – aggiunse con un piccolo moto di speranza.
Voleva portarlo via da quel tavolo, farlo alzare e sottrarlo dalle attenzioni palesemente sgradite di suo padre.
Egli accennò un altro sorriso, che nascondeva un’amara nota di tristezza. – Non voglio privarvi di qualcosa che volete fare solo perchè non voglio farla io. Andate – le disse semplicemente, quasi costringendola ad andare con il suo sguardo.
A ciò, Elia fece come le aveva detto.
Si alzò e raggiunse il salone.
Iniziò a ballare con le altre dame, poi si divisero a coppie.
La sua mano venne catturata, così come il suo ventre, dalle mani di un aitante cavaliere dai capelli scuri. Probabilmente si trattava di ser Richard Lonmouth. Sua madre le aveva fatto una piccola lezione di ripasso su tutte le personalità e i nobili di spicco che avrebbe dovuto saper riconoscere una volta trasferita ad Approdo del re, costantemente scandagliata dall’occhio critico dei Targaryen.
Fu fiera della sua buona memoria.
Ser Lonmouth era un tipo che sorrideva spesso e metteva a proprio agio, tuttavia non si scambiarono molte parole.
Poi, cambiò cavaliere.
Al secondo giro, capitò con un giovane uomo dai capelli biondo cenere, la presa forte, e dall’aspetto e l’aura stranamente familiari.
Avrebbe saputo riconoscere un suo conterraneo da chilometri di distanza, la principessa Elia.
- Voi siete...?
- Ben ritrovata, principessa.
L’ultima volta che vi ho vista, credo abbiate avuto poco più di quindici anni, e vostro padre vi aveva appena beccata ad aver giaciuto insieme a due dei vostri affascinanti servi da compagnia, se non erro. Ricordo fu una scena esilarante – commentò quello che ebbe la conferma essere Arthur Dayne.
Elia gli sorrise sardonica. – Arthur Dayne. Ora vi chiamano con il lusingante appellativo “Spada dell’Alba”, giusto? Che strano rivedervi qui. Se voi siete qui, sicuramente c’è anche vostra sorella Ashara. Da che ricordo, siete inseparabili.
- Non temete, avrete modo di vederla anche sin troppo mia sorella, dato che sarà una delle vostre dame di compagnia.
- Davvero? – chiese conferma rallegrandosi.
Arthur annuì e la guidò abilmente nella danza.
- Vi trovo cambiato, ser Arthur. 
- Approdo del re cambia la maggior parte di coloro che vi passano anche solo un breve periodo, mia signora. Inoltre, anche voi siete cambiata, e considerevolmente cresciuta, se mi è permesso dirlo.
- Noto che il vostro atteggiamento è piacente e fastidiosamente lusingante come al solito – ghignò la ragazza, internamente felice di aver trovato, persino in quel luogo sconosciuto, qualcuno che le ricordasse casa.
- Anche quel cialtrone di vostro fratello è venuto qui ad assistere al vostro matrimonio? - le domandò poi, facendole fare una fluida giravolta su se stessa.
- No, solo i miei genitori sono presenti. Oberyn è rimasto a Dorne. Non sopportava l’idea di ... tutto questo.
- Immaginavo. Da quel poco che conosco vostro fratello, ho avuto modo di notare bene quanto gli sia indigesto Approdo del re, e tutto ciò che ha a che fare con la corona, specialmente se si tratta di capelli d’argento e stirpe di drago.
- Oberyn odia i Targaryen – confermò Elia leggermente affranta. Chissà quando avrebbe convinto il suo amato fratello ad innalzare bandiera bianca e ad abbandonare tutti i suoi pregiudizi, per convivere in pace con il principe drago e venirla a trovare lì ogni quanto ne avesse avuto voglia.
- Appunto. Per questo sono felice che non sia venuto qui. Se la memoria non mi inganna, egli aveva una vera e propria ossessione per la famiglia reale. Non faceva altro che sputare odio immotivato sul vostro oramai consorte, oltre che su suo padre.
- Biasimate qualcuno che nutre odio nei confronti del re folle?
- Di Aerys non potrebbe importarmi di meno.
Piuttosto, biasimo qualcuno che nutre odio nei confronti del principe Rhaegar solo per il sangue che gli scorre nelle vene, e per partito preso – rispose il cavaliere senza esitazione, lasciandola stupita. In quel momento, ad Elia venne in mente per quale motivo Arthur Dayne si fosse stabilito ad Approdo già da anni, ma soprattutto le voci che correvano su di lui. – Inoltre... – continuò il giovane in tono amichevolmente ammonente, avvicinandosi al suo orecchio. - vi consiglio di non chiamare il nostro re in quel modo quando quest’ultimo è solo a pochi metri di distanza da voi, principessa. O forse, farei meglio a chiamarvi “futura regina dei sette regni”.
- Chiamate in questo modo anche il nostro principe d’argento, ogni volta che vi rivolgete a lui? Non è un po’ lungo e ridondante come appellativo? – gli domandò lei, facendolo sorridere di sottecchi. – A proposito del mio consorte, ser Arthur.. – riprese la ragazza, posando di tanto in tanto lo sguardo verso il soggetto del suo discorso, a distanza, come stava facendo da quando si era alzata e aveva lasciato il suo fianco per recarsi a ballare. – Le voci corrono. Si dice che voi e il principe siate molto vicini, e che in poco tempo siate riusciti a diventare affiatati. Sembra che voi non lasciate mai il suo fianco.
- Sono la sua guardia personale, mia signora. Non potrei mai lasciare il suo fianco neanche se lo volessi.
- Ser Arthur? Siate sincero con me. Dovrei preoccuparmi di voi? Nutrite un interesse di un certo tipo nei suoi confronti?
- Principessa, potrei farvi nomi e cognomi di tutta la sfilza di scudieri, di cavalieri, di guardie reali rispettabili, impettite e tutte d’un pezzo che lo guardano con sguardi languidi che lasciano ben poco all’immaginazione. Ma posso garantirvi con tutta certezza, che io non ho mai avuto e mai avrò quelle intenzioni. Tutt’altro. Sono qui per proteggerlo da ogni male, per guardargli le spalle, qualsiasi cosa accada. Il legame che mi rende impossibile stargli lontano, è fondato sulla pura e semplice amicizia fraterna.
- La vostra lealtà e il vostro zelo sono a dir poco ... ammirevoli – si meravigliò la ragazza. – Ma d’altronde, avrei dovuto dedurlo, che non aveste determinati gusti, considerando quante volte mio fratello abbia tentato un qualsiasi tipo di approccio con voi, poi fallito miseramente.
Arthur sorrise divertito, insieme alla principessa, la quale poi, ritornò all’argomento principale. – Ditemi, Arthur, dato che lo conoscete così bene... come mi devo comportare con lui? Cosa devo aspettarmi?
- Cosa intendete?
- Ci siamo appena sposati. Eppure lui non mi degna neanche di uno sguardo. Non vuole ballare con me, non vuole parlare con me, sembra non voglia nemmeno avermi vicina. Capisco che siamo sostanzialmente due estranei, e che questo matrimonio improvviso e sgradito deve averlo scosso anche più di quanto abbia scosso me; tuttavia vorrei sapere come comportarmi con lui. Per non fare passi falsi.
- Vi do un consiglio, mia principessa, che spero prenderete a cuore fino al resto dei vostri giorni con lui, che mi auguro possano essere infiniti: abbiate pazienza. Abbiate molta pazienza, procedete con calma e accortezza, e non smettete mai, mai di tentare con lui – le disse in tutta sincerità, sorprendendola. – Vi sono molte questioni irrisolte, molti demoni invisibili e non, che affliggono il nostro principe e questo luogo dal fascino sinistro. Presto, imparerete a muovervi tra i draghi anche voi, come ho imparato a fare io. Non sarà facile, ci vorrà del tempo, ed io in primis ho dovuto sputare sangue per riuscirci. Ma vi posso giurare che ne vale la pena. Per lui ne vale la pena.
A ciò, la fanciulla  posò nuovamente gli occhi sul principe drago, accorgendosi che il ragazzo si fosse alzato dal suo posto, e ora fosse in piedi, accanto all’imponente sedia in cui era accomodato suo padre il re. Aerys sembrava adirato, e stava letteralmente stritolando il polso di suo figlio, il quale lo stava fulminando con lo sguardo a sua volta.
Elia ebbe quasi il timore che i due si sbranassero a vicenda da un momento all’altro, esattamente come i pericolosi rettili di cui le teste ornavano la sala del trono.
Il re strattonò il braccio di suo figlio ripetutamente, cercando comunque di non dare troppo nell’occhio dinnanzi alla modesta folla di invitati.
Per sua fortuna, la maggior parte delle persone erano impegnate a ballare, come lei, o a guardare gli altri ballare, per far caso a quella scena.
Elia provò del malcelato fastidio nell’osservare le mani artiglianti di quell’uomo afferrare il polso del figlio in modo tanto violento.
Vi erano solo loro lì, in quanto la regina era sparita.
Probabilmente era andata ad occuparsi del neonato che aveva da poco messo al mondo, nelle stanze reali, pensò Elia.
- Arthur? – lo richiamò cessando di ballare, facendo fermare anche lui.
- Sì?
- Che sta succedendo lì? Credo che dovremmo intervenire – disse con convinzione la fanciulla, facendo voltare anche il cavaliere verso Aerys e Rhaegar.
I due stavano litigando per qualcosa, ma la musica alta dei musicisti copriva le loro parole rabbiose e fendenti.
Senza pensarci due volte, Arthur si avvicinò ai due con l’intenzione di domandare se andasse tutto bene, ma padre e figlio si divisero prima che il dorniano li raggiungesse, in quanto Rhaegar si liberò dalla sua presa.
D’improvviso, lord Tywin Lannister interruppe i balli e i musicisti, innalzando la voce, facendo così cessare anche il chiacchiericcio di sottofondo: - Mio principe – iniziò, facendo voltare tutti quanti verso il succitato, il quale era ancora in piedi vicino alla sedia del re. – Perchè non allietate i vostri ospiti e la vostra meravigliosa sposa con il suono della vostra arpa e della vostra splendida voce? Io so bene di cosa siete capace, e sono certo che anche i numerosi invitati qui presenti non vedono l’ora di ascoltare di persona uno dei prodigiosi talenti per cui siete famoso.
Ad Elia la richiesta del leone di Castel Granito non piacque per nulla, in quanto le sembrò che lord Tywin lo avesse fatto appositamente per attirare l’attenzione di tutti i presenti su ciò che stava avvenendo tra il principe e il re.
Ma Rhaegar non esitò a rispondergli per le rime, nella maniera più nobile possibile: - Sono lusingato per i vostri elogi, lord Tywin. Tuttavia, al momento ho un gran mal di testa. Credo che andrò dal Gran Maestro a chiedere uno dei suoi rimedi, e mi congederò nelle mie stanze. Ad ogni modo, la musica dei musicisti selenzionati da mia madre è già molto buona, da come ho potuto notare. Non sarà certo un dispiacere continuare ad allietarvi con loro.
- Ma, Altezza – richiamò la sua attenzione la Lady di Dorne, facendo congelare sul posto Elia, ancora in piedi in mezzo alla sala. – Non avete ancora ballato con la vostra sposa.
Nonostante Elia avrebbe volentieri fulminato con gli occhi sua madre in quel momento, per quel commento poco opportuno, voltò lo sguardo verso il giovane drago, il quale la stava guardando a sua volta.
Egli, con passo lento ed elegante, si avvicinò a lei e le porse la mano.
- Mia principessa – le disse, paralizzandola per la sorpresa. – Avreste piacere di venire con me?
Non credendo ai suoi occhi per quel gesto inaspettato e per quella richiesta, la dorniana posò la mano sulla sua. – Certamente.
A ciò, Rhaegar la strinse con delicatezza, per poi dirigersi verso l’uscita della sala senza fretta, portando la principessa via con sè.
Elia lo seguì, con ancora la mano sulla sua, su per le scalinate a chiocciola che li avrebbero condotti alle loro stanze.
La ragazza deglutì rumorosamente, senza volerlo.
Il solo pensiero di rimanere da sola con lui, per lo più in quella che sarebbe divenuta la loro camera matrimoniale, in quanto coniugi, la agitò notevolmente, provocandole innumerevoli brividi lungo la schiena.
Quando giunsero dinnanzi alla porta, trovarono due uomini di guardia fuori dalla camera.
Rhaegar li ignorò ed entrò, ed Elia con lui.
Quando il principe drago si chiuse la porta dietro di sè, provvide poi ad accendere alcune candele per illuminare la stanza, e a spargerle in giro.
La dorniana si guardò intorno, trovando quella stanza meravigliosa: una grande finestra dava su una splendida mezzaluna, e sulle migliaia di stelle che coprivano il cielo quella notte; un venticello fresco entrava, muovendo le sottili tende bianche; le pareti erano di un bel color pesco chiaro; le candele dal gentile profumo di rosa donavano all’ambiente un aspetto soffuso e ipnotico; vi erano anche due tavoli di legno pregiato, accompagnati da due raffinate sedie, adiacenti a due delle pareti; e per finire, vi era il loro talamo nuziale.
Il letto che avrebbero condiviso era il più grande che Elia avesse mai visto. Dei veli di diverse tonalità di bianco scendevano giù dalla struttura sopra l’enorme letto, su cui sarebbero tranquillamente entrate otto persone, il materasso era ricoperto di una quantità spropositata di cuscini, di morbide coperte color pesca e di petali di fiori differenti, i quali davano alle lenzuola un profumo buonissimo.
- Chi ha fatto questo? – domandò spontaneamente la dorniana, sfiorando i petali sul materasso, piacevolmente meravigliata.
- Le vostre dame, e quelle di mia madre, suppongo – rispose neutro il principe, il quale aveva appena terminato di accendere tutte le candele.
A ciò, Elia lo osservò, vedendolo sedersi sul materasso e abbassare lo sguardo.
La principessa lo imitò, accomodandosi di fianco a lui.
Rimasero in silenzio per un po’.
La prima notte di nozze.
Era giunto il momento.
Ora erano davvero soli.
E come ogni matrimonio che si rispetti, la sacra unione andava consumata nel talamo nuziale.
Tuttavia, il suo giovane consorte non sembrava intenzionato a muovere un singolo muscolo in quel momento.
Elia credeva che l’avesse invitata ad unirsi a lui per quel motivo.
Non doveva esserci altra spiegazione. Altrimenti, che altra ragione avrebbe avuto per invitarla a seguirlo?
In ogni caso, sia che l’avesse seguito, o no, quel momento sarebbe prima o poi giunto nel corso di quella nottata.
Di nuovo, la ragazza si sentì invadere da un’agitazione che non le apparteneva e che non le era mai appartenuta.
Certo, era normale essere pervasi dall’ansia, considerando la leggendaria figura che aveva seduta di fianco.
Tuttavia, Elia dovette anche ammettere che quella non poteva essere una scusante, in quanto, alla fin fine, il principe drago era un ragazzo umano, normale, esattamente come lei.
Fece virare gli occhi verso di lui, silenziosamente, osservandolo di sottecchi.
Le candele gettavano delle ombre bizzarre sul suo volto e sui suoi pregiati abiti, che gli calzavano a pennello, mettendo dettagliatamente in evidenza il torace e il busto snello, slanciato, dalle curve perfette.
Salì in alto e arrivò al collo, delicato, d’avorio, che sembrava quasi fatto di ceramica.
Infine il volto. Il suo profilo pareva un dipinto per quanto etereo.
I capelli d’argento, oramai sciolti, gli ricadevano disordinatamente ovunque, sulle spalle, sulle guance e sulla fronte, in sottili ciocche, incorniciando il tutto.
Ma ciò che la colpì di più furono i suoi occhi. Erano fissi, immobili, verso un punto nel vuoto, dei fari liquidi, lucidi, che sembravano schiarirsi e scurirsi a intermittenza in base all’inclinazione della luce delle candele e della luna.
Era giovane e ridicolmente bellissimo.
Più giovane di lei, e molto più bello di lei.
Il disagio avrebbe dovuto prevalere in lei, invece, stranamente, fece un passo indietro.
Non le importò.
Non le importò di cosa potessero pensare gli altri, per un attimo.
Pensassero ciò che desideravano, si disse.
In ogni caso, non sarebbero potuti entrare nella sua testa, non avrebbero potuto impedirle di fare ciò che stava per fare, non avrebbero potuto frapporsi tra lei e il suo sposo.
Lo ammise a se stessa, ma infondo già lo sapeva da ore, da quando aveva varcato la sala del trono su quell’abito massacrante, per raggiungerlo.
Aveva voglia di consumare quella notte di nozze con lui.
Di esplorarlo, di sentirselo addosso, di sentirselo dentro e di fare e provare un’infinità di cose su quella pelle, che neanche i suoi più primitivi istinti avrebbero spiegato quell’eccesso di fuoco dentro di lei.
La sua fantasia stava viaggiando senza sosta, immaginando scenari che non si era mai figurata prima.
Sicuramente molte di quelle sensazioni erano suscitate dalla curiosità, dalla scoperta del nuovo, e dall’atteggiamento tanto criptico del Targaryen, che la istigava maggiormente a voler scavare dentro di lui, ad insegnargli a dimenticare tutti i demoni che sembravano non lasciargli tregua.
Prese l’iniziativa, e scivolò con la mano suadente sul suo petto, sfiorando la stoffa del corsetto.
Si avvicinò nuovamente a lui, riscoprendo ancora una volta il buon odore che emanavano la sua pelle e i suoi capelli.
Il principe non ebbe il tempo di realizzare pienamente, prima che Elia gli posasse una mano sulla mascella e gli voltò il viso dolcemente verso di lei.
- Non vi ho chiesto di venire con me per questo – disse lui, rovinando l’atmosfera creatasi.
Elia spostò la mano e ristabilì la distanza tra loro. – E allora perchè?
- Per salvare le apparenze. Vostra madre sembrava cercare delle conferme.
- Cercava delle conferme perchè è tutta la serata che cercate di evitarmi – decise di essere schietta con lui, sperando che quella conversazione non sfociasse in una litigata. Non sarebbe stata di buon auspicio una discussione già durante la prima notte di nozze.
Tuttavia, forse era proprio ciò di cui avevano bisogno, per uscire da quell’intricato labirinto in cui l’atteggiamento del principe drago li aveva rinchiusi.
- Ascoltate... io non vi conosco e voi non conoscete me. Nessuno di noi due voleva questo matrimonio, ma nessuno di noi due si sarebbe mai potuto concedere il lusso di sposare l’amore della sua vita. Non è così che va la vita, per nessuno, e per voi soprattutto, immagino – disse la dorniana, con calma e tutta d’un fiato. – Non è da me perdere le staffe, e non ho intenzione di farlo. Tuttavia, non sono neanche il tipo di donna che rimane in silenzio sempre e comunque, accettando a testa bassa qualsiasi situazione scomoda. Perciò, concedetemi umilmente di dire che il vostro atteggiamento di oggi avrebbe messo in agitazione e fatto sentire insignificante qualunque lady fosse capitata al vostro fianco al mio posto. Può darsi che molte altre al mio posto avrebbero sopportato la cosa senza dire nulla, rimanendo totalmente in balìa del vostro umore e dei vostri silenzi. Io non ce la faccio. Non è da me. E per quanto ci provi, devo e voglio dirvi quello che sento. Credetemi, mio principe ... per quanto neanche io desiderassi questo matrimonio... non c’è cosa che vorrei di più al mondo che le cose tra noi due vadano nel verso giusto e funzionino, al momento. Non importa se non mi amerete mai, ma voglio almeno che ci sia rispetto e comprensione tra noi.
Perciò, vi prego, siate chiaro con me.
Oramai ho intenso bene che il mio aspetto non vi sia affatto gradito.
Probabilmente avete altri standard...
Fu in quel momento che il principe drago si voltò a guardarla, facendole mozzare le parole in gola, a causa del suo sguardo confuso e contrariato.
La guardava come se avesse appena detto la più ridicola delle menzogne.
- Voi... credete che il vostro aspetto fisico non mi sia gradito?
- Beh, è abbastanza evidente. Non lasciate intendere altrimenti. Mi avete appena rifiutata.
- E tutti coloro che vi hanno rifiutata lo hanno fatto perchè non erano attratti da voi, secondo la vostra esperienza..? – dal suo tono, emergeva quanto il ragazzo trovasse quel ragionamento assurdo.
- In realtà, non sono mai stata rifiutata – disse con una certa vergogna. – Siete il primo finora. Ma non mi aspettavo nulla di diverso.
- E per quale motivo non vi aspettavate nulla di diverso?
- Non lo so... forse si tratta solo di insicurezza, tutto qui.
- Milady – richiamò la sua attenzione su di sè, e la fanciulla lo guardò, attendendo con impazienza. Aveva atteso letteralmente tutto il giorno che parlasse, ed ora stava accadendo. – So che sono più giovane di voi, perciò probabilmente vi risulterà strano sentirvi dare una lezione, per quanto piccola, da me. Ma posso garantirvi che se un uomo rifiuta di dormire con voi, tal gesto non presuppone che voi non gli siate gradita - continuò il giovane drago, parlando con naturalezza. – Se volete saperlo, vi trovo a dir poco bellissima.
Elia rimase attonita di fronte a quella rivelazione, non riuscendo a nascondere il rossore che le imporporò inevitabilmente le guance, mentre egli la guardava negli occhi nel pronunciare tali parole.
- A quanto pare, avevate bisogno di saperlo – continuò il ragazzo. – Ho dato per scontato che sapeste già ampiamente e senza ombra di dubbio quanto siate bella. Mi dispiace di non avervelo fatto notare e di avervi, anzi, fatto intendere il contrario, non avrei mai voluto – disse sinceramente desolato, facendola sciogliere come neve al sole.
- Allora... posso sapere come mai mi avete rifiutata poco fa? – trovò il coraggio di domandargli. – Sapete che è consuetudine che la prima notte di nozze i due sposi consumino la loro unione, per essere benedetti dagli dèi, oltre che per favorire il concepimento di un erede.
- Non voglio farlo. Non mi importa delle consuetudini – le disse semplicemente lui. - Avremo tutto il tempo del mondo per concepire un erede. Ma questa notte non ce la faccio.
Elia rimase nuovamente perplessa, ma stavolta non si scompose.
Provò a comprendere il suo punto di vista.
Era chiaro come il sole che il giovane principe dinnanzi a lei non avesse una buona concezione dell’atto fisico e carnale, per lo meno non come ce l’aveva lei.
Probabilmente era anche una differenza di consuetudini e di credenze inculcate, ma non solo.
Egli riusciva a vedere l’atto sessuale solo e solamente come un dovere impostogli, e non come un’occasione di piacere e di liberazione. 
Sarebbe stato suo compito, in quanto sua moglie, farlo ricredere, guidarlo e portarlo a scoprire quanto si sbagliasse, e quanto potesse trarre giovamento dal fare l’amore.
Dal fare l’amore con qualcuno con cui avesse complicità e sintonia.
Forse sarebbe stato difficile, più difficile di quanto si aspettasse, ma alla fine, era certa che vi sarebbe riuscita, e ne sarebbe valsa totalmente la pena.
E non vi era persona più adatta della principessa dorniana per iniziarlo alle infinite e idilliache gioie che solo l’unione tra corpi poteva donare.
Tuttavia, ora, era assolutamente il caso di occuparsi della mente, e di lasciare l’argomento “corpo” da parte fino a data indefinita.
Elia inclinò il volto per guardarlo, e i suoi occhi scuri, da gatta, si affilarono, ritornando sul taglio secco e rosso scuro che imperava sul labbro inferiore del principe drago.
In quel momento le ritornò in mente la scena che aveva visto poco prima, degli artigli del re folle che si richiudevano violentemente sul polso del proprio figlio, strattonandolo, mentre discutevano su chissà cosa.
Si diede della stupida per non averci pensato prima, per essersi concentrata sulle proprie stupide e superficiali insicurezze, senza aver dato peso alla questione, che evidentemente doveva aver avuto una consistente influenza sul giovane principe.
- Potete tornare di sotto – le disse improvvisamente il ragazzo, rialzandosi in piedi e dandole le spalle, riscuotendola dalle sue elucubrazioni e lasciandola, ancora una volta, a bocca aperta come una statua di sale.
- Che cosa..? Cosa vi prende ora?
- Vi ho chiesto io di venire qui con me, ma non ho intenzione di fare ciò che vi aspettavate di fare, e sicuramente avreste voluto rimanere ancora un po’ a festeggiare e a ballare, di sotto. Non era mia intenzione privarvi di ciò. Se volete andare, andate - concluse ponendo le braccia conserte, continuando a negarle la sua vista.
A ciò, anche Elia si alzò in piedi, raggiungendolo, ma rimanendo comunque a qualche passo di distanza. – No, non ho intenzione di tornare là sotto. Ciò vi crea problemi? Perchè se siete voi a voler rimanere solo, e state cercando un modo gentile e delicato per dirmi di andarmene, ditemelo schiettamente – disse senza alcun tono di accusa.
Fortunatamente, il suo atteggiamento pacato sortì l’effetto sperato, e il giovane drago si voltò di nuovo verso di lei. – Non sto cercando di mandarvi via. Ero sincero.
- Bene. Allora resterò qui con voi, se permettete.
- D’accordo.
 - Cosa è successo là sotto con vostro padre?
Non riuscì a pentirsi di quella domanda improvvisa e probabilmente inopportuna, nonostante lo vide palesemente irrigidirsi.
Eccolo il suo unico punto debole, lo aveva scovato e non ci era neanche voluto molto: quando si trattava di suo padre, era l’unico caso in cui sembrava non riuscire a nascondere affatto i suoi stati d’animo.
Era chiaramente nervoso, agitato, infastidito.
Elia lo considerò un gran passo avanti.
- Nulla – rispose lui.
- So che non sono temi che mi riguardano. Ma è chiaro che la questione vi turbi.
- Allora perchè volete parlarne?
- Perchè sono rimasta qui con voi e per voi, perchè voglio cercare di capire.
- Cosa volete cercare di capire?
- Come approcciarmi a voi: abbiamo già appurato che la rendete un’impresa impossibile, degna del più temerario marinaio e avventuriero – gli disse, sorridendo appena, per sdrammatizzare un po’.
- Non siete costretta a farlo.
- Siete una persona impossibile, sapete? Ve lo hanno già detto?
- Sì, diverse volte – ammise lui, senza ombra di ironia nella voce.
- Come ve lo siete fatto quel taglio? – insistette.
A ciò, esasperato dal suo perseverare, il principe drago reagì, fronteggiandola. - Dovevate convincerla ad annullare le nozze!
- Che cosa..? Cosa state dicendo?
- Avreste dovuto convincere vostra madre ad annullare le nozze con me..! Se voi aveste convinto lei, vi sareste risparmiata questo inferno! – esclamò riponendo le braccia conserte e cominciando a camminare per la stanza, allontanandosi da lei.
La ragazza era sempre più stupita. – E.. secondo voi come avrei potuto farlo, dato che l’occasione che è capitata tra le mani di mia madre, era quanto di più vantaggioso e surreale avesse mai potuto sperare per sua figlia?
- Vantaggioso..?? Vostra madre non ha idea... voi non avete idea... nessuno di voi ha idea di come sia vivere al suo fianco!
- Imparerò a farlo!
- Non potete farlo!

- Voi ci siete riuscito!
- Io non ci sono riuscito! – si arrese lui, ponendosi dinnanzi a lei, con il volto più vicino di quanto lo fosse mai stato in tutta la giornata. I suoi occhi brillavano come due diamanti infuocati, pervasi dal dolore. – Non ci sono riuscito e mai ci riuscirò. E sono suo figlio... avete anche solo una vaga idea di cosa possa significare vivere con lui, per una persona che non è del suo stesso sangue?
- Rhaegar ... – si azzardò a chiamarlo per nome. Aveva bisogno di scuoterlo almeno la metà di quanto la stesse scuotendo lui, disarmandola.
- Se mia madre avesse messo al mondo una bambina, avrei sposato lei non appena mia sorella avesse avuto l’età minima per concepire dei figli – le disse secco, facendola rabbrividire, per poi continuare: – Un marito di vent’otto anni con una moglie di undici, per lo più consanguinei. Come lo vedete questo quadretto?
Non lo capite, ancora..? Lui vi vede solo come carne al macello, un capro espiatorio per mettere al mondo i miei figli, i figli della stirpe Targaryen, che in ogni caso saranno contaminati dal vostro sangue, perchè non può fare altrimenti!
Sono certo che, se solo non fosse stato così geloso di mia madre, mi avrebbe fatto concepire dei figli con lei, pur di portare avanti la stirpe pura e incontaminata!
- Vi prego, smettetela..
- No, siete qui per comprendere, dunque dovete sapere, è un vostro diritto.
Sappiate che oggi avete appena firmato la vostra condanna.
Diventare mia moglie vi costerà la vostra intera libertà, la vostra felicità, la vostra indipendenza, e la vostra sanità e stabilità mentale.
Non vi è niente di positivo in ciò che è avvenuto oggi.
Niente.
Posso accettare che torturi costantemente me e mia madre, ma non posso mandare giù il fatto che renderà la vita impossibile a qualcun altro all’infuori di noi, solo ed esclusivamente per il fatto di esservi unita a me in matrimonio.
Non posso.
Per questo avreste dovuto convincere vostra madre quando eravate ancora in tempo.
Io avrei voluto farlo con lui, ma non ho potuto, perchè è letteralmente ossessionato da quest’idea di me, suo legittimo erede, che devo piantare il mio seme dentro qualcuno, per far proseguire la stirpe Targaryen.
Se avessi provato a contraddirlo non avrebbe sortito alcun effetto, eccetto provocare la sua ira incontrollata, che avrebbe sfogato tutta su di me, su mia madre, o su chiunque altro avesse voluto torturare, in base al suo stato d’animo momentaneo.
Dovrete rinunciare a tutto, a causa sua.
- Vorrà dire che rinuncerò a tutto.
Rinuncerò a tutto, ma manterrò comunque la mia identità, la mia indipendenza e il mio onore. Troverò un modo.
- No, non lo farete, non ve lo permetterà! Non esiste un modo!
Siete spacciata, Elia, perchè non riuscite a capirlo?!

Ora, solo ora, la principessa dorniana riuscì a vederlo veramente: era svuotato, distrutto, consunto.
Solo in quel momento la fanciulla comprese fino a che punto si fosse spinto il re folle.
Le voci non gli rendevano giustizia, in quanto la realtà era molto peggio delle dicerie che circolavano su quel mostro.
E colui che ne stava risentendo sicuramente più di tutti, era proprio suo figlio.
Vittima della sua morbosità, del suo amore contorto, della sua ira asfissiante, delle sue aspettative impossibili, costantemente oggetto e spettatore di violenza continua, frutto del sangue del proprio sangue, a danno di persone innocenti e di coloro che amava, come sua madre.
Spettatore impotente e passivo, di fronte ad un’insania che non avrebbe potuto controllare, su cui non aveva alcuna influenza.
Aerys Targaryen bruciava a ferro e fuoco il suo regno, e Rhaegar Targaryen non poteva fare altro che stare a guardare.
Ma vi era anche qualcos’altro che aveva trafitto il cuore della ragazza così in profondità, da aver lasciato una dolcissima cicatrice in esso, da quando quel coraggioso e sensibile principe aveva iniziato ad urlarle addosso: egli continuava a ripetere che, con lui, lei sarebbe stata condannata.
Ciò che gli faceva più male, tanto da portarlo quasi alle lacrime, era non poter salvare lei, una persona che non conosceva, dalle grinfie di suo padre.
A lui non importava cosa era costretto a subire egli stesso.
Era preoccupato per lei e per la vita che sarebbe stata costretta ad avere al suo fianco.
Era afflitto dal pensiero di non saperla più libera, di doverla veder soffrire, come tutti gli altri, senza poter far nulla per evitarlo.
Sarebbe stato disposto a privarsi della possibilità di avere una moglie e dei figli, pur di non dover condannare qualcun altro allo stesso enorme e consumante fardello che portava lui.
Il suo cuore traboccava di bontà e di altruismo, mascherato da mille altre cose, che non erano importanti.
Elia lo guardò, lo guardò e gli sorrise, non riuscendone a fare a meno.
In un solo giorno, quel ragazzo era stato in grado di farle provare di tutto.
L’aveva resa sua, inconsapevolmente, nonostante avesse fatto di tutto per tenerla lontana e per farsi odiare.
L’aveva resa sua in ogni modo possibile.
- Perchè state sorridendo...? Non avete ascoltato nulla delle parole che vi ho appena detto?
- Sì, le ho ascoltate, con attenzione. E come vi ho già detto, sarà un problema a cui penseremo strada facendo e che affronteremo insieme – disse con convinzione.
- Quell’uomo vi brucerà su una pira e vi guarderà morire ridendo, subito dopo che mi avrete dato un erede maschio.
Riuscite a capirlo? O devo dirvelo in altro modo?
Elia deglutì a vuoto e non si lasciò scoraggiare, continuando a guardarlo con determinazione, senza vacillare.
- Dovete ancora concedermi un ballo – disse poi all’improvviso, lasciando il suo sposo letteralmente senza parole.
Lo vide schiudere la bocca per la sorpresa, e spalancare i suoi fari viola, non sapendo cosa risponderle.
- Siete seria..? Dopo tutto quello che vi ho detto..?
- Sono serissima – rispose allungando una mano e porgendogliela.
Rheagar restò a guardarla per un tempo che parve infinito.
Dopo di che, si arrese, sospirando e regalandole un sottilissimo sorriso.
Le prese la mano e si avvicinò a lei, infilandole elegantemente un braccio dietro la schiena, mentre l’altra mano rimaneva stretta a quella di lei, rialzata.
Elia fece lo stesso, alzando il volto verso l’alto per guardarlo, e poggiandogli la mano sinistra sulla spalla.
Gli sorrise, poichè non poté fare a meno di farlo, quando cominciarono a muoversi piano, senza alcun sottofondo musicale a guidarli, solamente seguendosi a vicenda nei passi, illuminati dalla luce delle candele e della luna.
Il clima di Approdo del re era fresco di sera, qualcosa alla quale la principessa non era avvezza, e che le fece provare qualche brivido di freddo di tanto in tanto.
Ma i brividi si placavano subito grazie al calore che emanava il corpo del suo consorte, attaccato al proprio.
- Siete incredibile – le disse improvvisamente il suo principe, con voce calma e serena.
- Per quale motivo? – gli domandò sussurrando, mentre continuavano a ballare lentamente.
- Perchè non vi arrendete mai. E non vi spaventa nulla.
Siete una forza della natura.
La principessa del Sole aprì gli occhi, con la mente ancora riempita e appagata da quel lontano e paradisiaco ricordo.
Era notte. I suoi bambini avevano fatto fatica ad addormentarsi.
Ora erano tutti e tre su quell’enorme letto nuziale che l’aveva tanto sorpresa e meravigliata, quella prima volta.
La giovane donna era sdraiata su un fianco, rivolta verso i suoi due tesori.
Questi ultimi erano entrambi rivolti verso di lei a loro volta, ma si trovavano in una posizione da far contorcere l’animo per la tenerezza: la più grande, Rhaenys, era più esterna, e inglobava il suo fratellino in un abbraccio protettivo, quasi come fosse la sua personale corazza, il suo scudo; Aegon invece, si lasciava abbracciare beatamente, e aveva una manina tesa, che sfiorava la guancia di sua madre, e l’altra poggiata sopra le braccia di sua sorella, che gli stringevano il busto.
Il cespuglio di scuri capelli ricci di Rhaenys era sempre più imponente e selvaggio, facendola sembrare ancor più una leonessa quando dormiva, e ricoprivano tutto il cuscino, e il collo di suo fratello, in parte. Tutto il contrario era il cespuglietto di lisci e folti fili d’argento di Aegon, che stavano crescendo anch’essi a vista d’occhio, esattamente come lui.
Avevano i volti bellissimi, rilassati, in pace, intoccabili.
D’improvviso, Elia iniziò ad intonare una melodia, talmente bassa da risultare impercettibile, per non svegliarli.
“Non dimenticare la mia anima fragile
Non dimenticare mai quel che è stato
E anche se il sole non sorgesse più su di noi ...”
La voce le si bloccò in gola, i ricordi presero a farsi confusi e il sonno prese il sopravvento.
Poi, improvvisamente, ecco che una vocina che aveva imparato oramai a riconoscere si stagliò con impeto sui suoi sensi, nonostante fosse poco più che un sussurro in dormiveglia: - Canta ancora... canta ancora... – sibilò Aegon, con le palpebre semichiuse e quella pronuncia incerta di chi stava imparando sin troppo velocemente a parlare, nonostante la tenera età.
Elia sorrise, ammirandolo.
- Una forza della natura... che non si spaventa di fronte a nulla.
 
 
   
 
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