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Autore: Cdegel    10/01/2022    1 recensioni
Due occhietti nocciola lo scrutarono intimoriti da sotto il mento dell' amico, che non aveva smesso di stringerlo delicatamente nel sonno.
"E tu, polpetta? Da dove salti fuori?"
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un regalo inaspettato
 
Due occhietti nocciola lo scrutarono intimoriti da sotto il mento dell' amico, che non aveva smesso di stringerlo delicatamente nel sonno. 
"E tu, polpetta? Da dove salti fuori?"
 
I personaggi di Milo e Camus appartengono al loro autore, Kurumada. Questo episodio si pone anni prima delle vicende narrate in "Fino in Fondo". 
I nazgul, personaggi ai quali si fa accenno, appartengono al loro autore, Tolkien e al libero "Il Signore degli Anelli", così come il nome di Elessar. 
Elessar è un personaggio inventato, ispirato agli elfi. 
Questa fanfiction è scritta senza scopo di lucro. 
 
La neve cadeva delicata, era la notte del 24 dicembre. 
La strada, illuminata dalla luce tenue del vecchio lampione, si stava ricoprendo di un manto bianco che nascondeva poco a poco le forme ammorbidendole e rendendo il borgo un ammirevole gioiello incantato.
La notte era scesa presto, d'altronde, nel nord della sua amata Francia, le giornate invernali erano brevi più che nell'assolata Grecia, calda e inospitale ai suoi occhi, anche d'inverno. 
La missione si era rivelata semplice, una volta tanto e non avevano incassato altro che qualche sonoro livido, qualche graffio, un po' più di un graffio, ammise, che si faceva sentire dandogli un particolare e continuo fastidio. 
Avevano consumato la cena in una delle locande del borgo, in cui Milo aveva dato sfogo a tutto il suo appetito "Appetito?... Sembra che tu non veda cibo da settimane, Milo" aveva detto lui guardandosi intorno. 
Agli avventori, soprattutto a quelli di sesso femminile, Milo non era certo passato inosservato, neppure lo sfoggio delle sue 'cattive maniere' aveva portato due ragazze a distogliere lo sguardo da quell'adone affamato
"Contieniti. Ti stanno guardando Saint" gli aveva suggerito poggiando sul tavolo il tovagliolo
"Ah... Che guardino... Non ci vedo più dalla fame!" aveva risposto lui addentando senza troppe cerimonie la sua cotoletta. 
Dopo essersi rimpinzato per bene Milo aveva ritrovato il buon umore, doveva ammetterlo, ed aveva regalato alle sue nuove conquiste un sorriso malizioso che aveva strappato a Camus una risata "Sei senza speranze Scorpio e anche senza ritegno... Semini cuori infranti ovunque" lo aveva apostrofato ridendo tornando a concentrarsi per terminare la sua cena. 
Milo lo aveva osservato per un istante quasi a studiarlo, mentre Camus assaporava ogni boccone, poi aveva afferrato il suo bicchiere di vino rosso 
"Tu invece... Non hai niente da dichiarare Aquarius... Su una certa ragazza di nostra conoscenza?" aveva riprovato per l’ennesima volta a sondare il terreno cogliendo l'occasione "Assolutamente nulla" aveva ribattuto lui in fretta, affondando lo sguardo nelle bollicine del calice di vino bianco. 
Non posso farlo, non posso fare ciò che vorrei, amico mio, si disse, anche se non riesco più a tornare indietro. Non riesco a fare a meno di lei. Volò a Rodorio con il pensiero, per poi sfuggire a quelle stesse immagini che acuivano la sua mancanza. 
Il rumore della sedia di Milo che si scostava dal tavolo lo richiamò al presente 
"Due passi per sgranchirci le gambe verso il nostro lussuoso hotel?" aveva ironicamente detto Scorpio. 
I due passi erano davvero poco più di due passi, ma Milo, stanco per la missione, non aveva gradito l'ennesimo sfoggio di tirchieria del Tempio, che aveva certamente speso il meno possibile per dare loro un alloggio. 
Camus concordava su questo con Milo: così parchi con le spese da prendere una camera doppia cosicché, per dormire, avrebbe dovuto usare i tappi per sfuggire al potente russare del compagno, ignaro, o del tutto consapevole e colpevolmente disinteressato, del fastidio che arrecava a chi dormiva nella sua stessa stanza. 
 
Un fastidio tale che adesso gli impediva di prendere sonno o meglio, di riaddormentarsi dopo essere crollato sfinito a letto, circa due ore prima di questo momento. 
Milo era rimasto a guardare l'ennesimo film horror, come se di orrore in quei giorni non ne avesse avuto abbastanza. Camus aveva resistito inizialmente, ma la trama assurda e la stanchezza avevano avuto la meglio ed era letteralmente crollato. 
Ricordava vagamente il discorso che gli stava facendo Milo, al quale lui rispondeva a monosillabi, sprofondando sempre più nel sonno. 
Si era svegliato di soprassalto alle due di notte circa, sopraffatto da un incubo, lo stesso che lo perseguitava ormai da qualche tempo, sempre uguale a sè stesso e che lo inghiottiva ogni volta di più. Uscire da quell'incubo si stava facendo sempre più complicato: un'ombra oscura si allungava su di lui artigliandolo e impedendogli qualunque movimento, schiacciandolo. 
Respirare diventava difficile, muoversi impossibile. Il suo cuore era stretto in una morsa da togliere il respiro e il dolore si faceva insopportabile, quasi fosse stretto in un pugno di scheletro. 
Si era recato in bagno e si era lavato il viso con acqua fredda. Era rimasto lì per qualche istante serrando gli occhi. L'emicrania, che ormai conosceva bene, aveva iniziato a martellargli le tempie, come sempre accadeva dopo quegli incubi. 
O durante? 
Un dubbio si stava facendo strada in lui: c'era un qualcosa di maledettamente reale in ciò che viveva nel sogno. Avrebbe potuto tradursi in realtà? 
Aveva preso un profondo respiro e aveva scacciato il pensiero. 
Aveva semplicemente bisogno di dormire, tutto qui, decise la sua razionalità. 
Era uscito dal bagno. 
Il rumore dello sciacquone, più rumoroso rispetto alla norma, ulteriore segno di quanto il Pope, o chi per esso, fosse spilorcio nello scegliere dove dovessero alloggiare i Saints in missione, aveva svegliato Milo, che si era sollevato a sedere accendendo la luce
"Tutto bene Cam?" aveva bofonchiato. Era raro che osasse storpiare il suo nome, cosa che lui non amava
"Tutto ok, dormi bene MIL" aveva risposto lui con un certo fastidio. 
Milo, del tutto indifferente a come Camus lo chiamasse, lo aveva squadrato per bene un momento, per capire se stesse bene davvero, non certo perché fosse infastidito da quel 'MIL' che lui aveva invano cercato di evidenziare
"Hai una brutta cera, sei davvero sbattuto Aquarius" lo aveva infine apostrofato "Tu hai bisogno di una sana dormita... Non chiudi occhio da 48 ore" aveva concluso "rimettiti a letto, su!" aveva aggiunto spegnendo la luce. 
Camus, dal canto suo, stava per ribattere che anche lui non sembrava proprio in formissima, ma Milo aveva tagliato corto e pochi minuti dopo che Camus si era nuovamente steso a letto, aveva iniziato a russare senza pietà. 
"Una sana dormita... Con un dinosauro che mi squassa i timpani" aveva sussurrato voltandosi su un fianco e nascondendo la testa sotto al cuscino. 
Poco dopo si era voltato sull'altro fianco. 
Dopo si era ritrovato prono, con le mani che premevano il cuscino sulla testa, nel tentativo vano di limitare l'udito. 
Aveva provato anche a scalciare il compagno nel letto a fianco, ottenendo un mugugno infastidito e pochi istanti di sollievo. 
Infine, scocciato e inquieto, si era sollevato a sedere nel letto massaggiandosi le tempie pulsanti. 
Poi aveva guardato verso la finestra e l'aveva vista: la neve aveva iniziato a cadere ben prima rispetto alle previsioni. 
Si era alzato naturalmente attratto da quella visione. 
Inizialmente era rimasto in piedi, sebbene avvertisse chiaramente la stanchezza. 
Aveva osservato i fiocchi grandi cadere leggeri e posarsi a terra. Nevicava da poco ma le strade già si stavano imbiancando. 
Era così piacevole, in fondo, assistere a quello spettacolo avvolto dal tepore della stanza. La finestra dava sulla via di fianco al canale. La neve si tuffava nell'acqua scura, sparendo istantaneamente nelle placide acque. 
La luce soffusa del lampione non infastidiva i suoi occhi, anzi, sembrava invece richiamarlo alla calma, donargli quiete, come la neve stessa. 
Un paesaggio di Natale in tutto e per tutto, avrebbe potuto dirsi, quel quadro che si offriva silenzioso e delicato ai suoi occhi. 
Sedette sul davanzale osservando rapito quel silente spettacolo. 
La neve cadeva copiosa e, in breve, aveva ricoperto i tetti e le strade avvolgendo tutto con il suo manto candido e silenzioso. 
Camus aveva appoggiato il capo al muro, cingendosi il petto con le braccia, quasi a riscaldarsi, di stupí, piegando le gambe. Non poteva certo dire di avere freddo, ma in tutto quel quadro sentiva mancare calore attorno a lui, dentro di lui. Solitudine. 
Lo sguardo annebbiato dalla stanchezza si fece meno lucido, mentre una mano delicata sembrò scorrere tra i suoi capelli e poi, accarezzare la sua guancia "Lele". Sussultò rendendosi conto che la sua voce aveva davvero pronunciato il suo nome. 
Si rese conto di aver timore che Milo avesse sentito, poi si acquietò: il continuo russare dell'amico lo metteva certamente al riparo da qualsiasi dubbio. 
Tornò ad appoggiarsi al muro. Gli occhi semichiusi, di nuovo vinti dal sonno. In tutta quella candida immobilità, qualcosa di minuscolo, però, attirò la sua attenzione: dapprima quasi non ci aveva fatto caso, convinto fosse uno scherzo della vista stanca, poi si concentrò.
Sollevò il capo per guardare meglio, appoggiando la fronte al vetro. Qualcosa stava arrancando nella neve. Guardò meglio, riconoscendo bene la forma. Quanto poteva avere? Si domandò. Guardò intorno, cercando di intravvedere la madre. Nulla si muoveva lì fuori, al di là della piccola creatura che, di tanto in tanto sollevava la testolina aprendo la bocca in quello che lui comprese, era un richiamo disperato. 
La temperatura, Camus lo sapeva bene, sarebbe stata impietosa e difficilmente avrebbe potuto resistere a lungo solo nella neve. 
Si alzò e aprì la finestra. Il salto in strada, con atterraggio a piedi nudi nella neve non era certo ciò che avrebbe potuto desiderare in quel momento ma, prima di pensare oltre si ritrovò in ginocchio a raccogliere il micetto disperato tra le mani. 
La creatura non aveva neppure tentato la fuga, tanto era infreddolita. La finestra era rimasta spalancata e Milo, di lì a poco, si sarebbe certamente svegliato disturbato dal freddo, imprecando contro la sua attitudine a cercare il refrigerio anche in stagioni non propriamente estive. 
Con un paio di balzi tornò nella stanza, richiudendo le ante prima che il compagno riemergesse irato dal sonno. 
Si pulì i piedi in bagno, continuando a stringere contro il suo collo il gattino fradicio avvolto in un asciugamano riscaldando la creatura con il suo calore. 
Il suo miagolio disperato era cessato quasi subito, lasciando il posto a lunghe fusa e due zampine che impastavano sulla sua pelle. 
"Niente latte micetto, mi spiace" gli sussurrò appoggiando una guancia alla testolina bagnata. 
Dormire sembrava un'impresa ormai impossibile nonostante si sentisse sfinito, ma l'emicrania sembrava essere attenuata da quel ritmico rumore e dal tepore del corpicino appallottolato sul suo collo, avvolto dalla sua mano. 
Camus si era seduto di nuovo alla finestra, avvolgendo sè stesso ed il piccolo gatto nel caldo piumone, unica nota positiva di quella stanza. 
Se avesse visto la madre cercare il gattino, lo avrebbe riportato a lei. 
"Non si sta bene soli al mondo, micetto" gli aveva sussurrato mentre questo continuava imperterrito a riempire l'aria di delicate fusa. 
Suo malgrado, finí col cedere alla stanchezza. Poco a poco il sonno aveva chiuso i suoi occhi e i suoi sogni, stavolta, non avevano avuto l'amaro sapore dell'incubo, ma lo avevano portato là dove il suo cuore avrebbe voluto essere. 
Non si rese conto che l'alba si stava levando su quel borgo incantato. 
Milo si era alzato stiracchiandosi. Vedendo il letto vuoto accanto a sé, lo aveva cercato con lo sguardo, per poi recarsi da lui. 
Due occhietti nocciola lo scrutarono intimoriti da sotto il mento dell'amico, che non aveva smesso di stringerlo delicatamente nel sonno. 
"E tu, polpetta? Da dove salti fuori?" domandò Milo al piccolo, coprendo meglio l'amico, mentre il coraggioso gattino soffiava contro lui in una strenua difesa arruffando il pelo e uscendo allo scoperto. 
Disturbato da quei movimenti Camus riaprì di malavoglia le palpebre
"Ti sei fatto un nuovo amico, Milo?" domandò con voce impastata mentre il gattino minacciava ancora il Gold Saint. 
"Lo chiedo io a te, Aquarius… Com'è che dormivi come un angioletto con questo sacco di pulci raggomitolato sotto il collo?" rise Milo
"Era fuori... Nella neve..." rispose poco dopo Camus accarezzando il gatto, ora placidamente raggomitolato sul suo ventre. Milo si fece attento: il tono usato da Camus lo aveva messo in allarme. L'amico aveva appoggiato indietro la testa e chiuso gli occhi. 
"Non si sopravvive al gelo... Senza difese adeguate..." disse Aquarius.
Scorpio stava per rispondere quando Camus riprese
"Nel buio Milo... Il cuore batte fino a salutarmi nel petto... a volte... Mi... Mi sento afferrare...e"
Milo si immobilizzò, poi fece qualche passo verso di lui. Si accovacciò accanto ad Aquarius e posò una mano sulla sua spalla
"Che cosa succede?" gli domandò scuotendo Camus dallo stato di torpore in cui sembrava essere caduto. 
Lui si mosse con uno scatto, poi fissò il gattino accoccolato sul suo ventre, stretto tra questo e le cosce, avendo le gambe piegate. 
"Va tutto bene" rispose poi a Milo. 
"Non mi sembra" disse lui. 
Camus scosse la testa. "Tranquillo. Mi sono solo... Lasciato trasportare" ammise
"Non è da te" insistette Scorpio
"A volte capita anche a me... Di..." 
"Cedere?" concluse Milo
"Cedere" ripeté lui. Diciamo così, almeno mi tolgo dall'impiccio. Sarebbe troppo lunga da raccontare, tutta la storia
Milo lo osservò preoccupato, attendendo invano che Camus parlasse, poi comprese che non avrebbe saputo altro. Decise di provare di nuovo ad avere maggiori informazioni su quanto stava dicendo poco prima il Gold Saint
"Da quanto tempo hai questi incubi, Camus?" domandò.
"..." Lui non rispose, quasi non avesse sentito la sua voce.
"Che ne farai della palla di pelo?" gli chiese poi, cambiando discorso e terminando di rifare il suo modesto bagaglio. 
"Non posso certo lasciarlo qui al freddo, solo e indifeso, incapace di badare a sé stesso. E’ troppo piccolo per farcela" rispose subito Camus, terminando di rivestirsi e infilando i pantaloni e la maglietta usati nella notte nel suo zaino. 
"Lo porteresti al Tempio?" domandò Milo strabuzzando gli occhi. 
Ce lo vedo proprio il Pope a riempire la ciotola di crocchette. 
"Certo che no" ribatté Camus. Chi baderebbe a lui? 
"Non vorrai portarlo all'isba!?" lo incalzò Milo
"Non sopravviverebbe" disse Aquarius "Non potrei" anche se Hyoga e Isaac potrebbero apprezzarne la compagnia ma, a meno venti gradi, non potrebbe farcela, sarebbe costretto a vivere rinchiuso nei pochi metri dell'isba. Imprigionato
"Allora" chiese ancora Milo "Che ne farai?" 
"Chiederò a Elessar... Di avere cura di lui" arrossì. Starai bene con lei.
Milo sorrise. "E vorresti farmi credere che non hai niente da dichiarare in proposito?" rise Milo osservando il viso paonazzo di Camus. 
"NIENTE" ripeté Camus ritrovando la calma. 
"Beh... Un bel regalo di Natale, non c'è che dire, le ricorderà te in ogni momento... ad ogni miagolio... Amico mio..." Camus sembrò adombrarsi, che si preoccupasse di darle un peso? "Tranquillo, lo apprezzerà... E" aggiunse "Tu avrai una scusa in più per andare da lei ogni volta che tornerai al Tempio..." 
Camus sorrise amaramente. Io resterei con lei per sempre, Milo, se solo non fossi ciò che sono. 
"Andiamo ad augurarle buon Natale, Camus.." disse Milo. 
 
Milo si sentiva riposato, non in gran forma, ma decisamente meglio rispetto al giorno precedente. 
L'arrivo al Tempio dall'aeroporto era stato rapido. Il Pope aveva voluto un rapporto immediato, i due avevano dovuto recarsi al tredicesimo tempio senza aver possibilità di fare tappe intermedie. Milo era stato liberato poco dopo, mentre Camus aveva dovuto restare ancora con il Pope. 
Un'eternità dopo, avrebbe detto, finalmente il Pope lo liberò. 
"Tra due mesi tornerai in Siberia" disse
Camus di sorprese. Due mesi? Aveva sentito bene? 
Doveva aver letto la sua sorpresa perché aveva aggiunto "Ho necessità di te qui. Ma non oggi. Puoi andare. Non allontanarti da Rodorio, in ogni caso" gli aveva concesso due giorni di riposo, ma lo aveva praticamente inchiodato al Tempio. 
Camus aveva riposto Aquarius all'Undicesima Casa. L'aveva osservata per un lungo istante. Poi aveva afferrato lo zaino. Lo aveva issato in spalla ed era sceso lungo le scale
"Dove vai di bello?" gli aveva domandato Milo "Non dovresti dormire? Sono più di due giorni che non chiudi occhio" aveva evidenziato
"Non riesco a dormire... Posso passare Scorpio?" aveva tagliato corto lui
"Mh...ok, come vuoi, andiamo a Rodorio" aveva risposto lui, ben sapendo quale fosse la sua destinazione. 
Camus aveva incassato la risposta, convinto che, giunti a Rodorio, Milo avrebbe certo incontrato Shura o Umbriel, con cui aveva un po' di cose da chiarire dopo la loro ultima discussione, e lui sarebbe stato libero di andare da lei. 
I suoi calcoli si dimostrarono errati e Milo lo seguì da Elessar, non prima di essere passato a comprare "Qualcosa di dolce" aveva detto entrando in pasticceria. Camus si era rassegnato alla sua compagnia. 
Al trillo del campanello la porta si era aperta. Finalmente. 
Mentre Milo salutava lei con calore, Camus aveva lasciato cadere a terra il suo zaino, e una testolina con occhi curiosi aveva fatto capolino dalla tasca della sua giacca
"Bentornato Camus" gli aveva detto lei, per poi guardare il gattino "E questo?" aveva chiesto
"Lui.. È.." Già, chi è? Si chiese
"Oh.. Hai già visto Polpetta... Non è più una sorpresa" lo interruppe Milo
"Polpetta?" domando lei a Scorpio.
"Si Polpetta, la palla di pelo... Il gatto" Aveva risposto Scorpio
Lei aveva sorriso, poi li aveva guidati all'interno. Milo aveva posato il vassoio sul tavolo, lei era andata a preparare il caffè. 
Camus si era seduto sul divano, mentre il gattino aveva avuto un'abbondante ciotola di latte. 
Poco dopo Milo aveva preso la tazza di caffè che Elessar gli stava porgendo, agguantando poi uno dei croissant. 
Camus era rimasto lì, seduto sul divano. La stanchezza si stava facendo sentire chiaramente, sebbene facesse di tutto per nasconderlo. 
Uno sbadiglio sguaiato nell'alzarsi lo aveva tradito. 
"Hai sonno?" gli aveva domandato lei
"Un poco..." aveva risposto lui sedendosi al tavolo. 
L'aroma del caffè solitamente era sufficiente a svegliarlo, adesso invece lo avvertiva appena. 
Diede un morso ad un croissant senza troppa convinzione, ma poi lo finì in breve. Il micetto si era avvicinato a lui e si era di nuovo arrampicato verso il suo collo, infilandosi nel cappuccio della maglia che aveva indossato per sentirsi più comodo, prima di lasciare il Tempio. 
I suoi occhi si chiusero per un istante. 
"Sei proprio cotto" Milo si era rivolto a lui parlando con la bocca piena. La sua voce lo aveva richiamato. Si era riscosso. 
"Mh?" aveva bofonchiato
"Dormi in piedi" aveva confermato l'amico
"Sono seduto" Aveva ribattuto stizzito lui prendendo la tazza di caffè 
"E ti stai addormentando" aveva insistito Milo
"Balle..." aveva risposto. Ho bisogno di stare un po' con lei e non posso certo permettermi di addormentarmi qui, che se ne farebbe di me? Nè ho voglia di tornare al Tempio
Il caffè non era zuccherato e non era più bollente. Ne ingoiò un paio di abbondanti sorsi. Sarebbero stati sufficienti a svegliarlo. 
Milo aveva iniziato a discorrere con Elessar della questione sorta con Umbriel poco prima della loro partenza e rimasta irrisolta da allora. Ecco perché aveva insistito per seguirlo da Elessar: Non ha le palle di chiamare Umbriel perché ha torto marcio e cerca un tramite. Milo. Non cambi mai
Camus aveva appoggiato il viso al palmo della mano ascoltando il discorso tra i due, a tratti un poco assurdo, dato che era stata assurda la ragione di quella discussione e rendendosi conto che il caffè aveva avuto ben poco effetto. 
"Tu sei stanchissimo" la voce di lei gli aveva parlato in un orecchio, sussurrando. Aveva aperto gli occhi e si sentiva confuso, come appena svegliato, non si era neppure accorto che si fosse mossa dalla sua sedia. 
"Mi mandi via?" le domandò guardandola spaesato.
"Mandarti via?" gli chiese lei, poi sorrise con dolcezza "No Camus, non voglio mandarti da nessuna parte..." gli disse poi abbracciandolo teneramente. Si appoggiò a lei, era raro che Camus si lasciasse coccolare in quel modo in presenza di qualcuno, di Milo poi, che sapeva avrebbe potuto farsi idee strane. 
"Le... Elessar" disse, correggendosi subito e ricordandosi della presenza dell'amico, che lo portò a staccarsi immediatamente da quell'abbraccio, pur a malincuore. 
"Dimmi" rispose lei lasciandolo andare. 
"Polpetta...Il micetto... Può... Restare qui... Con te?" le chiese timidamente. 
Milo rise dietro la tazza. E tu non hai niente da dichiarare. Dovresti vederti adesso, anzi avresti dovuto vederti un istante fa
Milo terminò in fretta il suo caffè, meglio lasciarvi soli "Seguo il tuo consiglio Elessar. Mi cospargo per bene il capo di cenere e vado da Umbriel" aggiunse subito alzandosi. 
"Non troppa cenere Milo, anche lui ci ha messo del suo" gli disse, accompagnandolo poi alla porta. 
Prima di congedarsi Milo le parlò a voce bassa "È davvero stanco, lo hai visto anche tu. Si sono accaniti su di lui quegli spettri bastardi. E per di più nelle ultime due notti non ha chiuso occhio. Ha avuto anche degli incubi. Avrebbe bisogno di una bella dormita, ma non vuole cedere, ha paura che tu non sappia che fartene di lui..." lei lo guardò con aria interrogativa, Milo continuò chiarendo ciò che intendeva dire "Teme che che tu non sappia che fartene di lui... se non è pronto per una qualche performance... Diciamo... Romantica..." prima che lei gli rispondesse continuò "So che per te lui è ben altro che un oggetto di piacere, e lo stesso è per Camus, ma non può ammetterlo, ci rimetterebbe il suo orgoglio di Saint della Dea" spiegò ancora "Abbi pazienza, è fatto così... Ma ha bisogno di... Abbi cura di lui" aveva concluso. Lo sai benissimo di che cosa ha bisogno
Elessar gli aveva sorriso. Non si poteva certo dire che Milo non esternasse chiaramente il suo pensiero "Lo farò. Grazie Milo, grazie... Senza te sarebbe già caduto mille volte dietro il suo orgoglio e la sua assurda fedeltà" verso Atena, che non merita affatto tutta la vostra sofferenza.
Tornò da Camus, intento a inventarsi un modo per restare sveglio, sebbene sapesse bene di avere necessità di riposare. 
Forse avrebbe dovuto considerare l'idea di dormire PRIMA di recarsi da lei. Ma non aveva resistito, dovette ammettere. 
Una carezza delicata lo distolse dal rimprovero che stava facendo a sé stesso. 
"Vorresti fare qualcosa … Elessar?" le domandò riscuotendosi
"Io non ho nulla di particolare da fare oggi pomeriggio, ma tu potresti cominciare con il dormire un poco, visto che ti si chiudono gli occhi" gli rispose lei con dolcezza
"Qui?" le chiese di rimando
"Su una sedia, proprio no, ci sono un divano e un letto, tra cui puoi scegliere" gli disse allungando la mano, che lui strinse nella sua. Si alzò. 
"Posso... Stare qui con te?" chiese poi Camus, un po' confuso. 
Sedettero sul divano, giusto il tempo per guidare lui a sistemarsi sui cuscini. Poi lei si alzò "Dormi" gli disse baciando con delicatezza la sua fronte. 
"Resti qui?" le chiese sussurrando. 
Annuì e sedette a terra sul tappeto, raccogliendo il micetto che era partito in esplorazione. 
Camus chiuse gli occhi, accomodandosi un poco. Apprezzando il tepore della calda coperta che gli aveva steso addosso. 
"È Natale... Oggi..." disse poco dopo, ricordandosi della data e riaprendo gli occhi.
"Sì" rispose lei appoggiando la testa alla sua
"E... Non ti ho fatto nemmeno... Un regalo... Perdonami" aggiunse lui
"Ti sbagli. Sei qui. E... tutto sommato, sei anche abbastanza integro. Ed è... Quasi..." non concluse la frase. Lui non avrebbe voluto sentire quelle parole. 
"Quasi?" domandò invece lui
Lei scosse la testa, poi lo guardò e sorrise, dandogli un buffetti sul naso "Quasi ora che tu dorma. Milo mi ha detto che non chiudi occhio da oltre due giorni" gli disse
"Milo esagera" rispose lui. Quasi? Cosa?
"Forse, ma adesso tu riposa" concluse lei. 
Quasi come... Fosse normale. Essere qui. Con te. Pensò Camus. 
Un regalo di Natale. Un poco di normalità. Strinse la mano di lei e di abbandonò al sonno. 
Si era addormentato in pochi minuti, sebbene prima avesse resistito quasi stoicamente al sonno. 
Gli sistemò meglio il cuscino. Lo aveva coperto poco prima ma lui si scoprì il busto sollevando poi le braccia sul cuscino mugugnando nel sonno. 
La sua espressione era così dolce, rilassata, quasi in un sorriso. Sereno come lo vedeva di rado. 
Non riuscì a resistere alla tentazione di accarezzarlo. Le dita percorsero la sua guancia, seguendo poi la linea dell'ovale. Lui si mosse un poco. Forse lo, aveva disturbato. Si fermò, restando lì a guardarlo. Poco sopra la tempia sinistra aveva un livido, che però sembrava non dargli particolare fastidio. 
Si sono accaniti su di te. Perché? Per quale ragione gli scagnozzi di Hades dovrebbero voler infierire in modo particolare su un Gold Saint di Atena piuttosto che su un altro? Si domandò. 
Cosa accade? Cambiano le regole del gioco in cui voi siete finiti inconsapevolmente in mezzo?
Sarebbe riuscita a proteggerlo in qualche modo, pur evitando di svelare la sua vera essenza? Se sapessi, cambierebbero le cose tra noi? Stando a ciò che dici no, non c'è nulla e nulla potrebbe cambiare, eppure... 
Senza rendersene conto aveva ripreso ad accarezzarlo. 
Camus si mosse, mentre la sua mano gli sfiorava le clavicole. Si fermò, allontanando la mano. 
"Nh...Non fermarti" bofonchiò assonnato. 
Lei si sorprese. Non si era resa conto che fosse sveglio. 
"Non stavi dormendo?" gli sussurrò 
"Se mi tocchi... Mi sveglio" disse lui, aprendo lentamente gli occhi stanchi. 
"Perdonami... Non volevo svegliarti. Sei così stanco... Ti lascio stare...Camus " rispose lei irrigidendosi e distogliendo lo sguardo. Lui le prese la mano, riportandola al suo collo. 
"Mi piace tanto invece..." disse tutto d'un fiato, cercando gli  occhi di lei, che subito si guizzarono nei suoi, con uno sguardo stupito evidentemente, dalle sue parole. 
"Mi... Piace tanto essere toccato così... Da te" affermò lui, più sicuro. Mi fai sentire così bene. Lele. 
Lei gli sorrise. Si chinò sul suo viso, posando un bacio delicato sulle sue labbra e scostandosi prima che lui reagisse a quel bacio. 
"Sei stanco. Chiudi gli occhi" sussurrò. 
"E tu..." stava per chiedere lui. 
"Se vuoi... Posso coccolarti ancora un po'... Se vuoi" disse lei, un po' titubante. 
"Voglio..." rispose lui sorridendo "Certo che voglio..." ripeté. 
"E dormire?" domandò Elessar. 
"Dormirò... Stai tranquilla" rispose. 
"Sicuro?" si assicurò lei. 
"Sicuro..." sussurrò lui sorridendo, sistemandosi quasi ad offrire campo libero a lei. 
Elessar, stupita, per la prima volta si sentiva quasi inibita. 
Ma è Camus. Si disse. Camus che desidera coccole... Non è da lui. O. Forse... Forse sì. Si disse. Forse. Forse ha solo bisogno...Di stare bene. 
Ingoiò a vuoto. 
Neppure fossi incatenata e avessi di fronte un nazgul con la spada sguainata. 
Allontanò il pensiero. 
Non adesso. Ombre. 
 
Si concentrò su di lui. Aveva ripreso ad accarezzarlo delicatamente da qualche minuto. 
Dal viso le sue mani erano scese sul collo e di nuovo dove si era fermata prima. 
Camus non si poteva dire certo massiccio, sebbene fosse statuario. Bellissimo. Perfetto ai suoi occhi, sebbene meno attraente di Milo, che non riusciva a passare inosservato. 
Alzò sul suo viso il suo sguardo. Camus aveva gli occhi chiusi, era sereno. 
Azzardo. Pensò e portò le mani sui suoi fianchi, poi sollevò un poco la sua maglia, avvertendo la pelle calda sotto le sue mani. Continuò in quel movimento, risalendo in lunghi e delicati massaggi lungo i suoi fianchi. Camus aveva socchiuso la bocca. 
Poco dopo lo sentì sospirare, quasi gemere e muoversi. 
"Ti do fastidio?" gli domandò bloccandosi
"Tutt'altro" rispose lui "E... dormire sta diventando l'ultimo dei miei pensieri" aggiunse sorridendo, con un'espressione compiaciuta. 
"Non era... Mia intenzione..." arrossì lei. Per sua fortuna gli occhi lui erano ancora chiusi, sebbene, davvero non sembrasse più assonnato. 
"Peccato..." rispose lui. 
Lei sorrise, ricoprendolo con la maglia e sdraiandosi poi sul divano accanto a lui. 
Camus l'abbracciò stringendola a sé, poi nascose il viso nel suo collo, posando le labbra sulla sua pelle. 
Elessar rispose a quell'abbraccio. 
Camus cercò la bocca di lei. Dopo un lungo bacio le parlò a fior di labbra "Mi accarezzi... Ancora... Come prima?" chiese, avvertendo la pelle morbida della schiena di lei sotto lei sotto i suoi palmi. 
"Tu però hai bisogno di riposare..." rispose lei, sfiorando le labbra di Camus. 
"Lo so..." rispose lui arrendendosi e stringendosi a lei. 
Elessar lo lasciò accomodarsi, poi infilò la mano sotto la sua maglia, in lunghe carezze sulla sua schiena. 
In breve il respiro di Camus, dapprima rapido, si fece più lungo e profondo. 
Poco dopo lo avvertì rilassarsi completamente: si era addormentato davvero stavolta, si era lasciato andare come non aveva mai osato fare prima con lei. 
Camus aveva abbassato quelle barriere che, da sempre, erano erette tra lui e il resto del mondo. 
Poche persone avevano la sua totale fiducia: Milo, Shura, forse nessun altro. 
Lo strinse a sé, poi si scostò con delicatezza, sistemandolo in modo che fosse più comodo , coprendolo con la coperta che era finita a terra. 
"Nn. An.. D..re..." farfugliò lui, raggomitolandosi nella coperta
"Resto qui con te, dormi" rispose lei osservando il suo viso sereno. 
"Nn Vò.. Glio... Sre solo.. Aggiunse Camus. 
Lei sorrise. Non ti lascerò solo, finché tu lo vorrai. Pose Polpetta vicino a lui. Il micetto leccò la fronte del Saint, per poi raggomitolarsi sotto il suo collo. Camus lo raccolse in una mano e lasciò che i sogni lo accogliessero. 
   
 
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