Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: Verfall    11/01/2022    3 recensioni
Sappiamo bene come si siano svolti i due incontri del 26 marzo, ma cosa è avvenuto subito dopo entrambi? In questa serie di missing moments cercheremo di ripercorrere i pensieri e le azioni non solo di Ryo e Kaori, ma anche di altri personaggi che nell’opera non hanno avuto modo di esprimersi tanto quanto avrei desiderato. Un intimo viaggio corale alle origini della storia che tanto amiamo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideyuki Makimura, Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
9. 28 Gennaio 1984 - Kaori

«Mi raccomando Nao, domani devi essere puntualissima. Ci vediamo alle nove davanti…»

«Davanti all’ingresso dei magazzini Isetan, quello sulla Meiji-dori Ave. Me l’avrai detto almeno una decina di volte oggi Eriko!» sbuffò la ragazza portandosi indietro la coda di cavallo.

«Ripetere aiuta a ricordare. Domani avremo così tante cose da fare che non possiamo concederci ritardi. Anche tu Kaori, capito?»

«Sì…» le rispose senza entusiasmo mentre tamburellava con le dita sul banco. Quel pomeriggio si sentiva totalmente prosciugata di ogni energia e l’esuberanza eccessiva di Eriko le stava causando un mal di testa micidiale.

«Belle amiche che siete, io organizzo una giornata per voi e voi mi ripagate con un entusiasmo da funerale» ribatté risentita Eriko incrociando le braccia al petto «Per fortuna c’è Chiharu a darmi manforte, giusto?»

«Certo Eriko!» esclamò adorante la ragazza alla sua destra.

Kaori osservò meglio le tre ragazze che si trovano davanti al suo banco. Poteva affermare con relativa sicurezza che in quei tre anni si erano rivelate delle buone amiche e si trovava bene con loro; avevano caratteri diversi ma abbastanza complementari perciò non le dispiaceva l’idea di passare una giornata tutta al femminile. Peccato solo che Eriko, da brava generalessa, aveva già messo in chiaro che non si sarebbe potuta sottrarre a nessuna delle attività previste, e ciò le fece temere il peggio.

«Ma si può sapere che diavolo hai organizzato Eriko?» chiese Kaori mentre riponeva i quaderni nella cartella.

«Ah non te lo dico! Ti lascerò crogiolare nella curiosità»

«Sempre la solita despota» soffiò sconfitta Kaori, alzandosi e raggiungendo le amiche che la stavano aspettando vicino la porta dell’aula vuota.

La scuola si stava lentamente svuotando dopo che le attività dei vari club erano concluse e le ragazze, assieme a pochi altri ritardatari, camminavano a passo spedito per il corridoio in direzione dell’uscita.

«Potremmo anche andare al karaoke, che ne dite?» domandò allegra Chiharu mentre si ravvivava la cotonatura con entrambe le mani.

«Può essere un’idea, brava Chiharu» le rispose Eriko che, tutta soddisfatta, trotterellava davanti al gruppetto «Anche se… Ho in mente qualcosa di meglio…» aggiunse con un sorrisetto furbo.

«Ti conviene davvero che sia un’idea migliore, avrei proprio voglia di cantare» sbuffò Nao «Se devo sottrarre tempo allo studio, voglio che sia per qualcosa per cui valga la pena»

«Ah sei una lagna tu e i tuoi esami! Sei la più secchiona della classe, una serata di svago non può che fare bene, considerando che tra poco inizieranno gli esami finali e non avremo più la possibilità di fare altro»

«E io direi che proprio per questo dovremmo già da adesso non trascurare lo studio…»

«Ragazze su, non iniziate a litigare» Kaori si inserì tra loro, interrompendo sul nascere quella diatriba «Nao, sono sicura che Eriko non intenda fare troppo tardi, giusto?» domandò assottigliando gli occhi in direzione della diretta interessata.

La ragazza alzò lievemente lo sguardo con aria fintamente ingenua «Sicuro, non ho detto che torneremo a casa all’alba. E ho davvero in mente un’idea per concludere alla grande la serata, fidatevi di me!» e con ritrovato entusiasmo tornò a camminare.

“Proprio per questo non mi fido… Chissà cosa avrà in mente stavolta” pensò Kaori sconsolata.
In quegli anni aveva capito che Eriko aveva idee particolari e una percezione della realtà leggermente distorta rispetto a quella di una qualsiasi liceale giapponese. Nonostante questo Kaori le era affezionata, e forse proprio in virtù di quel suo peculiare modo d’essere; in fin dei conti erano entrambe delle ragazze abbastanza atipiche per motivi diversi e proprio quella diversità sembrava averle unite.
Dopo aver promesso per l’ennesima volta assoluta puntualità per l’appuntamento del giorno dopo, Kaori salutò le ragazze e si incamminò senza fretta verso casa. Il sole era ormai tramontato e l’aria pungente della sera le pizzicò le guance ancora accaldate; si alzò maggiormente il bavero della giacca e continuò la sua passeggiata. Immaginando che suo fratello fosse già a casa, decise di allungare la strada, volendo prendersi del tempo per alleggerire la mente e fare un po’ di esercizio dopo una giornata passata tra i banchi. In realtà si sentiva turbata da una lieve agitazione; era poco più di una sensazione ma era lì, ben nascosta nell’intimo del suo animo. Una sensazione agrodolce che da quasi un anno l’accompagnava senza sosta: il timore che potesse succedere qualcosa. E se prima le sue paure si erano limitate ai problemi scolastici o altre amenità, ora quel sentore di pericolo aveva assunto una connotazione più seria – e anche più reale. Sapeva perfettamente che tutto ciò aveva a che fare con il lavoro di Hideyuki, in particolar modo con l’ambiente in cui si muoveva e, nonostante lui tornasse sempre a casa sano e salvo, non riusciva mai a scacciare completamente quelle sensazioni sgradevoli dalla sua mente. Sospirò mentre iniziava a scorgere il parchetto vicino la sua palazzina. Si impose di prendere maggiore controllo sui suoi pensieri, scacciando l’espressione cupa che le aveva fatto corrugare la fronte per tutto il tragitto; il suo vecchio era fin troppo bravo a leggerle il viso e non aveva voglia di affrontare con lui quell’argomento perché, in fondo, si sentiva un po’ stupida e quella consapevolezza le fece stringere le labbra in un moto di stizza. Suo fratello non era mai stato un salary man ma un poliziotto, come suo padre prima di lui. In casa aveva sempre respirato un clima diverso, e la possibilità che ogni saluto sulla soglia potesse essere l’ultimo si era consolidato in lei dopo la morte di suo padre. Ciononostante, era riuscita a vivere con relativa tranquillità fino a quando aveva scoperto in modo fortuito l’attuale impiego di Hideyuki. Cos’era cambiato in lei? Forse era semplicemente cresciuta, o forse il saperlo nella polizia le aveva dato l’illusione che la legge lo proteggesse dai cattivi. Adesso non c’era nessun filtro tra lui e loro, a parte Ryo non c’era nessun altro su cui potesse fare affidamento e ciò non poteva che impensierirla; per quanto riempisse le sue giornate, quella sensazione infausta le gravitava attorno e quasi ogni giorno le piombava addosso, fin quando decideva di passarci sopra.
“Per oggi penso possa bastare” si disse mentre iniziava a salire le scale, canticchiando una canzone per rallegrare il suo umore. Una volta raggiunto il pianerottolo prese le chiavi dalla cartella e le inserì nella toppa, aprendo con impeto la porta.

«Sono a casa!» esclamò mentre si toglieva i mocassini nel piccolo genkan.

Hideyuki alzò leggermente la testa dai suoi giornali e le accennò un sorriso «Bentornata»

L’uomo, seduto al tavolo della cucina invaso da diversi quotidiani, era intento a scrivere su un quadernino. Dalla quantità di carte accumulate, e dal modo in cui poggiava la testa sulla mano sinistra, Kaori intuì che aveva trascorso buona parte della giornata in quel modo, e il fatto che indossasse un semplice maglioncino con lo scollo a punta indicava che non si era visto con il suo partner; non sapeva per quale motivo, ma Hideyuki aveva la tendenza a vestirsi sempre allo stesso modo quando usciva per lavoro, ovvero giacca, cravatta – storta naturalmente – e soprabito sgualcito. Nel dirigersi verso la sua camera Kaori non poté fare a meno di pensare come quella versione di suo fratello, così seria e professionale, cozzasse con l’immagine che aveva sempre avuto di lui, dell’uomo un po’ impacciato ma affettuoso. Da quando, però, non aveva più segreti con lei, aveva iniziato a portarsi a casa un po’ del suo lavoro e lei cominciava ad accettare quell’altro lato di lui.

«Com’è andata a scuola?» sentì domandare dalla cucina.

«Bene, la solita» rispose mentre era intenta a togliersi la divisa scolastica per indossare i suoi comodi abiti di casa.

«Chi hai picchiato stavolta?» sentì poco dopo.

Kaori non represse uno sbuffo «Nessuno!» gli urlò dalla camera «Davvero mi chiedo se credi di avere per sorella un teppista» sbottò dirigendosi verso la cucina.

Nel frattempo Hideyuki aveva sgombrato il tavolo dalle sue cose, che giacevano ordinatamente impilate su una sedia. Nel vederla arrivare a passo di marcia le sorrise mentre si avvicinava al piano cottura.

«Mi preparo una tazza di tè. Ne vuoi anche tu?» le chiese intanto che riempiva il bollitore.

«Mmh… Sì, ci sta proprio qualcosa di caldo. Fa davvero freddo» disse sfregandosi le mani ancora intirizzite.

«Avresti dovuto indossare il cappotto pesante, te l’avevo detto stamattina. Dovresti essere un po’ meno cocciuta e ascoltarmi di più»

Kaori sbuffò sonoramente «Stamattina era una bella giornata, non potevo immaginare che il tempo sarebbe cambiato così velocemente» disse mettendo il muso. Odiava essere ripresa come una bambina, non lo era più da tempo.

Hideyuki si limitò a scuotere la testa ma non aggiunse nient’altro. Conosceva bene il carattere di sua sorella, di come bastasse poco per farla scattare e scatenare le sue ire, perciò decise di lasciar stemperare il nervosismo che avvertiva in lei; avrebbe continuato la sua ramanzina in un altro momento.
Dopo pochi minuti i due si ritrovarono seduti a tavola, intenti a sorseggiare la loro tazza di tè verde fumante in un confortevole silenzio. Kaori godette del piacevole tepore che la bevanda infondeva dentro di lei e si sentì subito più sollevata, il cattivo umore ormai un lontano ricordo. Ma era soprattutto l’influsso di suo fratello a farla stare bene, a darle il calore di cui aveva bisogno. Alzò gli occhi verso di lui e lo vide con gli avambracci puntati sul tavolo, le mani che reggevano la tazza davanti alle labbra e gli occhi persi a fissare il vuoto. In quegli ultimi mesi era spesso con la testa fra le nuvole, più del solito, e per la maggior parte delle volte con un sorrisino a piegarli l’angolo destro della bocca verso l’alto. Kaori aggrottò le sopracciglia e si sforzò di ricordare se l’avesse mai visto in quello stato prima. La risposta che si diede fu negativa.

«Perché hai quel sorriso scemo?» gli domandò guardandolo in faccia.

«Che hai detto?» Hideyuki si ridestò dalle sue fantasticherie e le lanciò un’occhiata confusa.

«Ho detto che hai un sorriso scemo e non è la prima volta. È per il lavoro?»

«Davvero?» mormorò l’uomo improvvisamente serio, come se fosse preoccupato per qualcosa «Mmmh… Sì, certo è il lavoro» e così dicendo si alzò dandole le spalle.

Kaori fu colta da un’illuminazione e si portò le mani davanti alla bocca, gli occhi spalancati.

«Hide… Non dirmi che per caso ti sei…»

Suo fratello si girò di scatto, trasudando panico da tutti i pori.

«…Ti sei messo a fare il maniaco in giro?!» urlò Kaori, rabbrividendo nell’immaginare suo fratello sbavante; temeva davvero che la cattiva influenza del suo partner alla fine lo avesse traviato.

A quel punto lo vide scoppiare a ridere mentre abbassava le spalle evidentemente sollevato.

«Ah Kaori, a volte mi chiedo come facciano a venirti in testa certe idee!»

«E allora, se non è per quello, perché hai quell’espressione beota da un po’ di tempo a questa parte?» lo incalzò non volendo demordere.

«Beh, è la mia espressione normale. Non dici anche tu che sono uno stupido?» e, facendole un sorriso sghembo, prese anche la sua tazza e la ripose nel lavello «Non è niente Kaori, certi giorni diamo il peggio di noi stessi. Anche tu non sei esclusa»

«Sempre molto gentile» rispose stizzita, più che altro perché non era riuscita ad avere una risposta soddisfacente, come sempre del resto. Con suo fratello era quasi impossibile riuscire a spuntarla.

«Andiamo, vuoi dirmi che quando l’altro giorno sei tornata dalla scuola guida avevi l’aspetto di un angioletto?»

Kaori lo fulminò con lo sguardo «Non è colpa mia se l’istruttore che mi hanno appioppato è un incompetente e l’auto vecchia…»

«E casualmente è colpa loro se ti ostinavi a scambiare il pedale del freno con quello dell’acceleratore» aggiunse Hideyuki candidamente.

In quel momento Kaori rimpianse di essere sempre così schietta con suo fratello e di raccontargli i dettagli delle sue imprese; lui sapeva sempre come rivoltarglieli contro al primo momento favorevole. Era vero, aveva iniziato da poche settimane le guide e si era già distinta per aver quasi distrutto l’auto, oltre ad aver causato un attacco isterico al suo istruttore attempato – che le aveva assicurato che non le avrebbe mai permesso di esercitarsi per le strade di Tōkyō1, non volendo avere morti sulla coscienza. Un po’ si era sentita mortificata per quelle parole ma, d’altro canto, lei pagava profumatamente quella scuola per imparare! Perciò si era sfogata con Hideyuki che, dopo qualche risata, l’aveva sostenuta e rassicurata che, col tempo, sarebbe diventata bravissima, aggiungendo inoltre che, se avesse avuto bisogno di guide supplementari, non doveva farsi scrupoli economici. In realtà lei se ne faceva eccome.
Approfittando di quel suo momento di immobilità, il giovane uomo si avvicinò per posarle un leggero bacio sui capelli prima di tornare a sciacquare le tazze canticchiando.

“Come faccio ad arrabbiarmi con te se ti comporti così?” gli disse mentalmente per poi schiarirsi la gola «Domani sarò fuori tutta la giornata» disse cambiando così discorso.

«Come mai?»

«Un’uscita tra ragazze. Non tornerò a casa per pranzo e penso neanche per cena»

L’ex detective le lanciò un’occhiata indagatrice «Mi raccomando non rientrare troppo tardi, e fate attenzione a dove andate»

«Stai tranquillo, andremo all’Isetan e poi a casa di Eriko. Penso che in serata faremo una passeggiata ma niente di che. E poi siamo tutte responsabili, non crederai che ci andremo a ficcare in qualche guaio!» lo rassicurò iniziando pigramente ad avviarsi verso la sua camera.

«È degli altri che non mi fido, non di te» lo sentì dire a bassa voce e sorrise lievemente. Il suo caro fratellone era proprio una mamma chioccia certe volte.
 
---
 
Quando si era svegliata quella mattina, Kaori non avrebbe mai immaginato che l’obiettivo primario di Eriko sarebbe stato quello di obbligarla a comprare una tutina da aerobica. Aveva protestato in tutti i modi possibili, e solo poco prima che la sicurezza chiamasse i buttafuori a causa del baccano che stava provocando, Kaori si era infine piegata al volere dell’amica che l’aveva accompagnata saltellante come una gazzella alla cassa.

«Sono certa che mi ringrazierai Kaori! Questi capi sono in saldo e non lo sarebbero stati ancora per molto» sentenziò soddisfatta mentre camminava accanto a lei sottobraccio. Dietro seguivano Nao e Chiharu che avevano effettuato il loro acquisto senza protestare.

«Mi chiedo quando la smetterai di decidere per gli altri» borbottò tetra Kaori, lanciando un’occhiata alla busta.

«Sei tu che dovresti essere meno rigida. Non si può fare aerobica senza l’abbigliamento adeguato»

«Ma io non l’ho mai fatta»

Eriko le rivolse un sorriso indecifrabile, poi si girò verso le altre ragazze e annunciò lieta «Che ne dite se per pranzo andiamo al McDonald’s del Mitsukoshi2

«Che bello Eriko, sì!» esclamò estasiata Chiharu, che era la più fervente sostenitrice di ogni proposta della ragazza.

«Però è un po’ lontano…» esitò Nao che, del gruppo, era quella che aveva l’aria un po’ da vecchia bisbetica.

«Ma per piacere Nao, con la metro ci mettiamo pochissimo! E poi, è da un po’ che non faccio un salto da quelle parti, e con una bella giornata come oggi sarebbe un peccato non approfittarne… Ah, che negozi meravigliosi ci sono lì!»

Kaori osservò la stilista in erba mentre era persa nella sua bolla personale e sorrise; ammirava Eriko per come non aveva paura di mostrare la sua vera natura, per come lasciava trasparire il suo entusiasmo senza minimamente curarsi del giudizio altrui. Se solo ne fosse stata in grado anche lei, avrebbe voluto prendere in prestito un po’ della sua sicurezza.

«-ci Kaori?»

«Eh?» domandò strappata dalle sue riflessioni.

«Terra chiama Kaori!» esclamò Eriko bussando all’altezza della sua tempia «Ti ho chiesto se per te andava bene»

«Ah, sì certo non mi dispiace fare un salto a Ginza, non ho praticamente mai occasione di andarci»

«Perfetto, allora è deciso!»
 
---
 
Nell’affollato e angusto locale un tavolo, posto accanto alla vetrata che si affacciava sulla frenetica Chou-dori Ave, si era guadagnato diverse occhiate di disapprovazione da parte dei vari avventori e dipendenti a causa delle sue occupanti, fin troppo chiassose per gli standard nipponici. Le ragazze, però, troppo prese dalla loro conversazione non vi avevano fatto caso, e proseguivano il loro spettacolo non voluto.

«E ora vi mostro il pezzo forte della mia collezione» la voce di Eriko sovrastò quella delle sue amiche mentre, in un gesto solenne, estraeva la mano dalla sua borsa «Ta-daaann!» esclamò trionfante alzando in aria una musicassetta.

«Cos’è?» domando curiosa Chiharu strappandogliela dalle mani.

«Ehi fai attenzione, ci tengo molto!» la riprese Eriko dopo averla fulminata con lo sguardo «Viene fresca fresca dall’America»

«Davvero? Dall’America?!» esclamò la ragazza strabuzzando gli occhi per la sorpresa.

«Sì, me l’ha portata mia cugina un paio di settimane fa quando è rientrata dal suo viaggio di lavoro a New York. È la cassetta del corso di aerobica di Jane Fonda, originale»

«Che ce ne facciamo di una cassetta in inglese?» bofonchiò Nao mentre giocherellava distrattamente con una patatina.

«Parla per te signorina tradizionalista! Le lezioni di inglese che ho preso l’anno scorso stanno dando i loro frutti» e, rimettendo la mano nella borsa, cacciò fuori un taccuino che sventolò con enfasi «In realtà non è così incomprensibile, e comunque ho già provveduto a tradurre il contenuto. Una volta a casa vi leggerò i comandi così non avrete problemi per l’allenamento. Farò proprio come Jane Fonda!»

«Non so perché Eriko, ma ho la sensazione che il tuo unico scopo di oggi fosse proprio questo» sentenziò con uno sbuffo sconfitto Kaori, che si amplificò nel vedere la sua teoria confermata dalla risatina che l’amica le rivolse.

Si strinse nelle spalle: Eriko era sempre stata così, un po’ despota ma in modo bonario. E Kaori apprezzava molto il suo essere trascinatrice e la sua energia, sebbene la maggior parte delle volte si mostrassero un’arma a doppio taglio.
Nel dare l’ultimo sorso alla sua Coca-Cola, pensò che al termine della scuola le sarebbero mancate molto le piccole abitudini che aveva instaurato in quei tre anni di scuola.

«Comunque Eriko, ti dico già adesso che potrò fare aerobica con voi solo oggi. Poi sarò troppo impegnata con lo studio» sentenziò Nao, spegnendo il generale clima di entusiasmo che trasudava dal gruppetto solo fino a qualche istante prima.

«Lo so, non credere di essere l’unica» sbottò Eriko accigliandosi e iniziando a giocherellare distrattamente con alcune ciocche della frangia.

«Sei la solita guastafeste Nao. Mancano ancora tre settimane, era necessario ricordarlo?» sospirò Chiharu.

«Non sono una guastafeste ma solo realista. Manca pochissimo tempo e io ci tengo a passere gli esami di ammissione all’università. È da due anni che frequento la scuola di preparazione serale e studio come una pazza, pensa che ho prenotato una visita dall’oculista perché non ci vedo più… Non intendo diventare cieca per niente!»

«Tranquilla che non perderai la vista» replicò scocciata Kaori senza pensarci.

Non le piaceva quando le persone si lamentavano senza motivo, le sembrava un insulto verso chi soffriva realmente e non lo dava a vedere. In quel senso Nao era davvero capace di farla innervosire.

«A proposito Kaori» rilanciò subito la ragazza «Tu non hai fatto domanda per nessuna università vero?»

Kaori provò il desiderio di darle un pugno ma si limitò a confermare.

«Beh, allora non puoi capire…»

«Basta Nao stai diventando noiosa» la interruppe Eriko, intenzionata a portare la conversazione su toni più leggeri.

«Forse per ora non posso capire» iniziò Kaori, decisa invece a far valere le proprie ragioni «Ma ho intenzione di proseguire gli studi. Mi prenderò solo un anno sabbatico, tutto qui»

«Davvero Kaori? Non lo sapevo!» cinguettò Chiharu con la sua allegria invidiabile «E cosa intendi fare nel frattempo?»

«Lavorerò, non resterò di certo con le mani in mano. Ho già trovato due lavoretti part-time che possono fare al caso mio e, contemporaneamente, mi iscriverò a un corso di preparazione per gli esami di ammissione. Vicino a casa mia c’è una scuola molto buona specializzata per le lauree brevi perciò, visto che non sono riuscita a organizzarmi bene prima, ho preferito fare le cose con più calma dopo, ma farle bene»

«Hai le idee molto chiare Kaori, ti ammiro» disse Chiharu sincera, facendo arrossire lievemente Kaori che negava col capo «E hai già deciso che facoltà prendere?»

«Probabilmente infermieristica…»

Eriko sputò l’aranciata che stava bevendo e iniziò a ridere, seguita a ruota dalle altre ragazze, sotto lo sguardo attonito di Kaori.

«Ma si può sapere che vi prende?» domandò loro mentre passava un fazzoletto per asciugare il tavolo.

«Ah niente Kaori» rispose Eriko ancora sghignazzante «Ti ho solo immaginata in ospedale e con la pazienza che ti ritrovi c’è il rischio che tu ti metta a lanciare padellate a chiunque non ti ascolti… Ahahah!»

«Già, credo proprio che gli ammalati potrebbero solo peggiorare o aumentare!» rincarò la dose Chiharu.

«Ma insomma, non sono così!» esclamò Kaori alzandosi di scatto dalla sedia, guadagnandosi l’ennesimo sguardo di biasimo da parte degli altri avventori.

«Ah no?» commentò Nao con noncuranza.

Rossa per l’imbarazzo, Kaori ricadde pesantemente al suo posto. Sapeva di perdere la pazienza molto facilmente, ma non si aspettava di trovare così poco supporto anche da parte delle sue amiche.
“Sono davvero un caso così disperato, vero?” si disse mentre stringeva i pugni. Eppure quella le era sembrata la soluzione migliore. Le altre ragazze non potevano sapere che la sua situazione economica era quanto mai precaria e non se l’era sentita di frequentare una scuola preparatoria né di pensare all’università. Non dopo aver scoperto il vero lavoro di Hideyuki. Da allora anche il suo rendimento scolastico aveva subìto un lieve calo: non riusciva più a concentrarsi come un tempo, e il sapere suo fratello costantemente in pericolo mentre lei era così inutile non le era d’aiuto. Così, senza dire niente neanche a Hideyuki, aveva deciso di rimandare, di prendersi quell’anno per guadagnare il più possibile e potersi assicurare un piccolo gruzzoletto per non dover pesare troppo su di lui; voleva iniziare a essere più indipendente.
Per quanto riguardava infermieristica, in realtà non aveva mai pensato a quel tipo di studi se non quando, solo due mesi prima, Hideyuki era stato ricoverato per una settimana in ospedale dopo una colluttazione particolarmente violenta che suo fratello – con l’aiuto di qualche sua conoscenza, ne era certa – era riuscito a far passare come un incidente. Quell’imprevisto l’aveva spaventata moltissimo e non si era risparmiata nell’accudire suo fratello, che l’aveva lodata per il suo operato. E percorrendo più volte la corsia del reparto di ortopedia, le era venuto in mente che fare l’infermiera, forse, non era una cattiva idea se avesse superato l’orrore per pale e cateteri. Avrebbe trovato lavoro abbastanza facilmente e avrebbe potuto essere di grande aiuto per Hideyuki. L’avrebbe potuto curare in qualsiasi momento senza che fosse costretto a sborsare buona parte dei suoi risparmi per pagare l’assicurazione sanitaria. Avrebbe voluto dire alle ragazze tutto questo, ma sapeva che nell’interesse di suo fratello avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. E poi, non l’avrebbero potuta comprendere davvero.
Per fortuna ci pensò Eriko a salvarla dalle sue riflessioni, decretando il momento di andare a casa sua per fare aerobica.

«Vedrete, alla fine mi ringrazierete» assicurò entusiasta e, prendendo Kaori per un braccio, si diresse verso l’uscita.
 
---
 
Kaori pensava di essere abbastanza atletica, considerando il suo fisico longilineo, ma non avrebbe mai pensato di sentirsi così sfinita dopo poco meno di un’ora di lezione. Lei e Chiharu erano accasciate sul pavimento, la schiena contro il muro e con delle espressioni stravolte.

«Siete davvero fuori allenamento ragazze» commentò Eriko mentre era intenta a spegnere la radio.

«Sì, è proprio vero che essere magre non vuol dire essere atletiche» commentò Nao, seduta su una sedia fresca come una rosa.

«Con che coraggio parli proprio tu che ti sei ritirata dopo dieci minuti?» fece Chiharu mentre si passava il dorso della mano sulla fronte.

«Erano almeno venti…»

«Su ragazze, non voglio che ci perdiamo in sciocchi battibecchi» Eriko prese la parola saltando sopra il suo letto «Io sono molto soddisfatta, come prima volta siete andate piuttosto bene. Soprattutto tu Kaori» aggiunse riferendosi all’amica «Non sembravi neanche una principiante. Dovresti continuare a fare aerobica regolarmente, avresti un fisico da urlo!»

«Mmmm» emise Kaori scettica; lo era ogni qualvolta Eriko le rivolgeva dei complimenti. Li riteneva fin troppo esagerati poiché era ben consapevole di quanto fosse poco attraente.

«Comunque» proseguì la padrona di casa «Ora vado a prendere degli asciugamani per voi, così possiamo farci tutte una doccia veloce e prepararci per la serata»

«Oh Eriko, non vedo l’ora di scoprire cosa hai pensato!» esclamò Chiharu mentre si alzava e si avvicinava alla ragazza.

«Non dovevamo andare al karaoke?» domandò Nao mentre tendeva una mano a Kaori che, senza esitazione, afferrò per alzarsi.

Per quanto Nao riuscisse a essere odiosa in certi momenti, Kaori sapeva che aveva un’indole buona, e la sua rigidità le era stata inculcata da una famiglia che esigeva da lei solo l’eccellenza, perciò le perdonava abbastanza velocemente i suoi comportamenti più antipatici. D’altronde, neanche lei stessa era un angioletto, quindi non era certo la persona più indicata a biasimarla. Almeno Nao non era una ragazza frivola, ma concreta e con la testa sulle spalle, e ciò era indubbiamente il suo miglior pregio.

«Il karaoke era la proposta originaria… Ma non voglio anticiparvi niente, ora è il momento di lavarsi e poi vi dico» sentenziò categorica Eriko, facendo strada verso il bagno.
 

Una mezzoretta più tardi le ragazze, pulite e profumate, si ritrovarono nuovamente nella camera di Eriko, sorseggiando una tazza di tè caldo sedute in cerchio su dei morbidi cuscini.

«Hai davvero una stanza così bella e grande Eriko. La mia in confronto sembra uno sgabuzzino» commentò Chiharu mentre occhieggiava con desiderio la spaziosa camera rettangolare, arredata con gusto occidentale.

«Beh, immagino sia la fortuna di avere una sorella molto più grande di me. Dopo aver tolto il suo letto, scrivania e tutte le sue cianfrusaglie, ho avuto una camera bella grande tutta per me» replicò la ragazza prima di soffiare sulla sua tazza.

«E soprattutto non ci devi litigare tutti i giorni» aggiunse Nao sbuffando.

«Ma tu hai due fratelli più piccoli, è normale che ci litighi sempre. I maschi sono stupidi a prescindere» dichiarò Chiharu «Essere figlia unica ha i suoi svantaggi, ma almeno non devo sopportare nessuna piccola peste»

«Beh, non è vero che tutti i maschi sono stupidi» disse Kaori «O almeno, non lo sono nel senso peggiore del termine»

«Trovami a scuola un ragazzo decente» replicò Chiharu ancora ferma nelle sue convinzioni.

«Ma no, non intendevo a scuola. Lo so perfettamente che lì c’è un’alta concentrazione di teste vuote…»

«Quindi ti riferivi a qualcuno in particolare?» domandò Nao con un tono particolare, portando così le altre due ragazze a fissarla con una certa curiosità.

Kaori abbassò la testa e non poté fare a meno di arrossire, chiedendosi come facessero le altre persone a non far andare le guance a fuoco così facilmente.

«Ma no… Io mi riferivo solo al mio fratellone…»

«Ah, solo a lui?» disse Chiharu senza nascondere una certa delusione per quel mancato pettegolezzo.

«Sì…»

All’immagine di Hideyuki, però, se ne sovrappose un’altra. Un uomo imponente, dalle spalle larghe e comode. Se chiudeva gli occhi riusciva a percepire ancora sulle mani il calore che aveva provato quella sera mentre, se non fosse stato per la foto che custodiva ancora nel suo portafoglio, non sarebbe riuscita a ricordare con precisione assoluta il suo viso. Appena avvertì una nuova ondata di calore affluirle in faccia, si precipitò a cancellare quelle immagini mentali con forza, scuotendo anche il capo.

«Sì solo mio fratello, a chi altri potrei pensare?!» esclamò con fin troppa agitazione per nascondere il suo imbarazzo «Lui è davvero la persona più responsabile che conosca»

«Immagino che qualche eccezione ci sia. Spero tanto che anche i miei fratellini un giorno riescano a diventarlo» commentò Nao mentre posava la tazza vuota sul vassoio di bambù posizionato per terra «Tuo fratello è militare, no?»

«Ehm, non proprio» Kaori deglutì con difficoltà un sorso di tè «Lavorava in polizia»

«E ora che fa? Ha cambiato lavoro?» domandò Chiharu sinceramente curiosa.

“Dannazione, perché oggi hanno tutta questa curiosità fuori luogo?” pensò Kaori sempre più a disagio. Non le piaceva parlare della sua famiglia, soprattutto da quando Hideyuki aveva lasciato la polizia.

«Non proprio… Diciamo che mantiene sempre lo stesso margine d’azione in ambito leggermente diverso però…» e nel vedere le sue amiche confuse ebbe poi, finalmente, un’idea «Ah, ora è un detective privato»

«Wow!» esclamò Eriko «Proprio come Shunsaku Kudō3»

«Davvero?! Allora deve essere un figo, ce lo devi presentare»

«Anche lui ha un’assistente americana? Chissà quante avventure deve raccontarti, e pensare che ti sei stata zitta tutto questo tempo!»

«Ehi, fermatevi!» Kaori pose fine a quegli entusiasmi portando in alto le mani «Non è assolutamente così, mio fratello è un uomo assolutamente normale… Per certi aspetti anche anonimo. Non ha niente a che vedere con Matsuda e il suo lavoro non è come quello mostrato nei film. La realtà non è poi così entusiasmante…»

Kaori sperò con tutte le sue forze che le ragazze si ritenessero soddisfatte così, ben consapevole che non sarebbe riuscita a reggere oltre quelle domande scomode. Onde evitare un’altra carica, prima di portare la tazza alle labbra domandò subito a Eriko quale fosse la sua idea per la serata. Era certa che cambiando discorso sarebbe tornata in acque più tranquille.

«Ah, giusto! Ho pensato che stasera è la serata giusta per entrare in qualche disco club di Kabukichō»

A Kaori andò di traverso il tè che stava bevendo, e iniziò a tossire rumorosamente nello stesso momento in cui Nao e Chiharu emisero urla di incredulità.

«Ragazze mie non vi facevo così pudiche! E soprattutto, non mi direte che non siete mai state lì!»

«Sei matta Eriko? Quello non è un posto per persone per bene, soprattutto da un certo orario in poi! Lo sanno tutti4…» commentò Nao.

«E proprio per questo tutti ci vanno» ribatté convinta Eriko «Dai, sarà divertente conoscere un po’ di più la Tōkyō a luci rosse» e portandosi l’indice sul mento continuò riflessiva «Mi chiedo come sia la moda in quel posto… Immagino che le donne non indossino molto ma è sempre un campo di studio interessante…»

«Eriko non ti sembra troppo eccessivo entrare in quel tipo di locali? Un giro per le strade sarebbe più che sufficiente» Kaori, una volta ripresasi, cercò di trovare un compromesso.

«Infatti Eriko… Credo che Kaori abbia ragione, facciamo solo una passeggiata. E poi quei localacci sono per uomini, non mi va di vedere donne mezze nude» la supportò Chiharu che, per la prima volta, si trovava in disaccordo con la futura stilista.

«Ma ci sono anche locali per donne…»

«Eriko la maggioranza è per una semplice passeggiata, arrenditi all’evidenza» sentenziò Nao definitiva.

«Ah, siete proprio delle guastafeste! E va bene, vada per un semplice giro, ma la prossima volta voglio entrare in qualche club»

«Faremo in modo che non ci sia una prossima volta» replicò prontamente Nao mentre districava un nodo da una ciocca di capelli.

Nel frattempo, Kaori fissava con un’espressione leggermente crucciata il fondo della tazza che stringeva ancora tra le mani. Si sentiva combattuta tra un misto di eccitazione e timore; la sua parte più intrepida apprezzava sempre qualsiasi avventura potesse smuovere la sua quotidianità, e la proposta di Eriko la interessava in quel senso. Allo stesso tempo, però, le era sorto immediato un timore per nulla infondato: e se l’avesse visto? Considerando il modo in cui l’aveva visto importunare ignare passanti, era molto probabile che frequentasse quell’ambiente. Forse avrebbe potuto incontrare Ryo quella sera. E, con una certa sorpresa, si rese conto di temere ma anche di desiderare quella possibilità.
“Che cosa vado mai a pensare! Non succederà mai… E poi, perché mi dovrebbe importare di lui?” si disse mentalmente mentre appoggiava rumorosamente la sua tazza per terra.
 
---
 
«Ehi Kaori rallenta, stai camminando troppo velocemente!»

Kaori si fermò di colpo nel sentire la voce di Eriko così lontana; non si era resa conto di aver percorso buona parte della Sakura-dori a testa bassa e passo inferocito. Si voltò e aspettò che le ragazze la raggiungessero.

«Ci stai facendo sfiancare» disse in affanno Chiharu mentre Nao si limitò ad annuire a quanto detto.

«Avevamo detto di fare una passeggiata, non una maratona…» ma Eriko non riuscì a terminare perché Kaori le si rivolse furiosa.

«Quattro volte Eriko! Per quattro volte mi hanno scambiato per un ragazzo quelle… Quelle donne lì!»

«Beh, mica è la prima volta, no? Perché te la prendi tanto?» ribatté l’amica confusa.

«Ti hanno fatto anche un sacco di complimenti» rincarò la dose Nao.

«È proprio questo il punto!» ribatté piccata Kaori, stringendosi nella spalle.

La sconfortava vedere come le sue amiche non capissero il problema. Un conto erano quei quattro scemi dei suoi compagni di scuola, e un altro un altro erano le donne che lavoravano nei locali notturni; nonostante la loro esperienza l’avevano scambiata per un ragazzo, un “bellissimo ragazzo”, e l’avevano invitata a entrare nei vari night club. Era riuscita a mantenere una certa calma ma, dopo la quarta promoter che le aveva parlato ammiccando, non ce l’aveva fatta più e, dopo averle urlato contro di non essere un ragazzo, aveva iniziato a camminare a testa bassa nella speranza di passare almeno inosservata.

«Dai Kaori» le fece Eriko mettendole una mano sul braccio «Non te la prendere troppo. Se sentissi di più i miei consigli e ti vestissi come si deve queste sviste non sarebbero così frequenti»

Kaori abbassò gli occhi sul giubbino scuro che la infagottava e sbuffò lievemente. Era vero, non poteva prendersela troppo con quelle donne, in fondo era lei che non faceva niente per evitare l’equivoco, ostinandosi ad auto castigarsi con abiti larghi e dal taglio decisamente maschile.

«Sì, hai ragione» disse infine, facendo un timido sorriso. Per fortuna la corsa l’aveva aiutata a ritrovare la calma.

«Quindi questo vuol dire che mi permetterai di rinnovare il tuo guardaroba?»

«Assolutamente no»

«Ah Kaori, sei incorreggibile!» esclamò Eriko sorridendole.

«Ehm» Nao si schiarì la voce «Credo sia ora di rientrare» disse indicando con l’indice destro il quadrante del suo orologio da polso che segnava le dieci e un quarto.

«Di già?» Eriko si rabbuiò «Non possiamo restare un altro po’? Vorrei vedere ancora qualche altro…» ma nel vedere gli sguardi decisi delle ragazze si arrese «E va bene, però per tornare facciamo un giro più lungo»

Le ragazze acconsentirono e proseguirono la loro passeggiata fino a raggiungere la Hanamichi-dori, una strada un po’ più larga e piena di movimento. Kaori notò come la loro presenza sembrasse non passare inosservata dal modo in cui molti uomini, più o meno giovani, lanciavano verso di loro sguardi che lasciavano sottendere mire particolari. Nonostante fosse cosciente di non essere l’oggetto di quelle attenzioni, poteva percepire egualmente il peso di quegli occhi e le dispiacque molto per le sue amiche; non doveva essere bello ricevere quelle attenzioni. Ne ebbe conferma appena Chiharu, fattasi ancora più piccola, le prese il braccio e si schiacciò contro di lei.

«Non mi piace per niente, voglio andarmene subito» pigolò stringendo la manica del giubbotto più forte.

«Non ti preoccupare Chiharu non ci succederà niente, e poi non vedi che molti sono già ben accompagnati? E la cosa non mi meraviglia…» disse con assoluta tranquillità Eriko, facendo un cenno verso sinistra.

Kaori poté vedere distintamente come lungo la strada – e relative traverse – si susseguivano una serie di insegne luminose e cartelli aventi in comune una parola: hotel. Erano tutti love hotel. Sentì la vergogna bruciarle le guance ghiacciate dal freddo della sera.

«Di’ un po’ Eriko, non è che ci sei già stata in un love hotel?» domandò Nao guardando la ragazza di sottecchi.

«Che razza di idee balzane ti vengono in testa?» esclamò risentita Eriko.

«Ne parli da esperta…»

«Sono semplicemente una ragazza informata ed emancipata, che--»

«Ragazze che ne dite di rimandare a un secondo momento?» Kaori interruppe le due, facendo segno col capo in direzione di Chiharu, che non aveva smesso di nascondersi dietro di lei; essendo la più graziosa del gruppo, col suo fisico minuto e il viso di porcellana, era quella che subiva maggiormente la pressione di quegli sguardi lascivi.

Eriko sbuffò «Va bene, allora torniamo subito indietro» emise sconfitta per poi mettersi a capo gruppo, girando alla prima traversa a sinistra.

La via che imboccarono si rivelò essere la più angusta di tutte, su cui si affaciavano decine di localini e night club che riversavano all’esterno una pletora di suoni e musiche discordanti volte ad attirare i clienti notturni. Kaori avvertì un senso di claustrofobia man mano che si immergevano in quel vicolo e fu grata che fosse leggermente meno affollato rispetto agli altri posti in cui erano state; continuare a dare spallate per farsi strada era l’ultima cosa che voleva fare.

«Siete davvero delle lumache!» esclamò Eriko girandosi verso le tre ragazze e iniziò a camminare all’indietro.

Le aveva distanziate di diversi metri e sembrava non voler cambiare andatura. Kaori stava per risponderle a tono, quando vide l’amica scontrarsi con una figura ferma davanti a una portoncino illuminato da un neon rosa. Sentì Eriko scusarsi ma ciò che notò dopo la fece fermare all’istante assieme a Nao e Chiharu.

«Ehi dolcezza, lo sai che bisogna fare attenzione? O cercavi proprio me?»

L’uomo di mezza età, dall’apparenza distinta, circondò con un braccio le spalle della ragazza, tirandola verso di sé.

«Ehi, che le salta in mente?» Eriko cercò di scrollarsi di dosso quel braccio, ma come risultato l’uomo la strinse con maggior forza.

«Sai, stavo per entrare in questo pink salon5 ma credo che invece potremmo passare la serata insieme. Su non fare la preziosa, ti comprerò un bel regalo» concluse con un sorriso viscido.

Kaori avvertì un brivido freddo correre lungo la schiena nell’osservare quella scena poco lontana. Si sentiva pietrificata, era la prima volta che vedeva un uomo importunare una ragazza con fare da maniaco e sì, l’aver visto Ryo non contava. Non sapeva spiegarlo ma, quando lo aveva osservato di nascosto, non aveva avvertito la sensazione di pericolo e disgusto che stava provando in quell’istante. Probabilmente Ryo non era pericoloso come l’uomo che aveva arpionato Eriko; questi, poi, sembrava non essersi affatto accorto della loro presenza, né si curava dei passanti che transitavano a pochi centimetri da lui. Senza pensarci due volte si fiondò di peso sull’uomo, riuscendo così ad allontanarlo da Eriko.

«Che cazzo fai stronzetto?» gli sbraitò quello paonazzo mentre stringeva un pugno per la rabbia, pronto a colpirla.

Kaori, però, fu più veloce di lui e, con tutta la forza che aveva, gli sferrò un calcio in mezzo alle gambe. L’uomo strabuzzò gli occhi, lanciando un urlo che somigliava a un guaito, e cadde in ginocchio sull’asfalto contorcendosi per il dolore.

«Brutto porco schifoso, così impari a tenere a posto le tue manacce!» gli urlò contro e una serie di maledizioni più o meno colorite fu l’unica risposta che ricevette.

Ancora sotto l’influsso dell’adrenalina, Kaori prese Eriko per mano e dopo aver esortato Chiharu e Nao a seguirla, iniziò a correre a tutta velocità verso la Sakura-dori, scontrandosi più volte contro i passanti che le guardavano tra il sorpreso e lo scocciato. Dopo una manciata di minuti di corsa sfrenata, vide davanti a sé l’ampia Yasukuni-dori Ave, segno che erano finalmente fuori da Kabukichō. Si fermò accanto alle scale della metro per riprendere fiato e, dopo aver lasciato la mano di Eiko, si voltò preoccupata, sperando di non scorgere quell’uomo sulle loro tracce.
“Che diavolo ho appena fatto?” pensò mettendosi una mano sulla fronte. Le sembrava tutto così assurdo.

«Kaori…» Chiharu era bianca come un lenzuolo nonostante i neon dalle tinte rossastre le tingessero il viso.

«Scusate ragazze, non so com…» disse precipitosamente abbassando la testa.

«Sei stata fantastica!» la interruppe Nao abbracciandola «Ero paralizzata dalla paura, non riuscivo a muovere neppure un dito, e invece tu hai messo k.o. quell’uomo… Sei stata incredibile!»

«È vero, hai avuto una prontezza di riflessi pazzesca!» anche Chiharu si unì all’abbraccio, soffocando un singhiozzo dovuto alla tensione accumulata.

Eriko, che fino a quel momento era stata in silenzio, le sorrise per nulla turbata dagli eventi recenti «Grazie mille Kaori per avermi aiutata, sei stata più veloce di me a reagire. Scommetto che hai reso quell’uomo impotente a vita!»

Kaori arrossì violentemente sia per l’imbarazzo che per la gioia di essere stata utile. Si chiese se anche suo fratello provasse quella stessa felicità quando portava a termine un caso, e si rese conto che era una sensazione bellissima.

«Per sdebitarmi ti offro qualcosa» proseguì Eriko nuovamente di buon umore «Andiamo a prenderci una cioccolata calda, che ne dite? Ci vuole qualcosa di dolce per chiudere la serata»

Chiharu fu la prima ad accettare con entusiasmo, seguita da Nao. Kaori, che era rimasta leggermente perplessa nel vedere come neanche incidenti di quel tipo turbassero l’amica, accettò di buon grado, felice di allontanarsi da lì. Mentre aspettavano davanti alle strisce pedonali che il semaforo diventasse verde, si voltò un’ultima volta per imprimere nella mente quella lunghissima schiera di luci abbaglianti sotto cui si muoveva una moltitudine di gente di qualsiasi genere.
“Farò bene a non dire niente di tutto ciò a Hideyuki” pensò mentre si incamminava verso zone più tranquille senza sapere che, proprio in quel momento, lo Stallone di Shinjuku si affacciava su una strada dove un uomo di mezza età, inginocchiato per terra accanto all’entrata di un pink salon, dava spettacolo di se stesso inveendo con quanto fiato aveva in corpo contro un fantomatico ragazzino.

______________________________
 
Salve a tutte/i! Ritorno dopo un lungo periodo di assenza non voluto e non previsto, spero non me ne vogliate. Purtroppo novembre e dicembre sono stati mesi pesanti sotto diversi aspetti e mi hanno portata ad allontanarmi da questi lidi. Non solo non riuscivo più a scrivere, ma ero arrivata al punto di considerare tutto ciò che avevo fatto finora brutto e banale perciò, prima di compiere l’insano gesto e cancellare tutto, ho atteso tempi migliori (La mia non è affatto falsa modestia, che tollero poco d’altronde, ma realmente ho l’autostima di uno scaldabagno e sono la prima detrattrice di me stessa – ma credo che molti si ritroveranno nelle mie parole). Per fortuna il momentaccio è passato, fin troppo direi visto che mi ha portato a scrivere in contemporanea a questo capitolo un’altra storiella (che pubblicherò appena sarà completata), quindi credo che continuerò a infestare questo sito ancora per un po’.
Vi auguro il meglio per quest’anno, la salute in primis, e vi ringrazio per aver letto queste righe.
Alla prossima!
__________________________________
 
1 Alcune scuole guida giapponesi hanno un circuito interno, o comunque un’area delimitata, in cui iniziare le esercitazioni di guida prima di andare su strada.
 
2 Nel 1971 venne aperto il primo McDonald’s del Giappone al primo piano del grande magazzino Ginza Mitsukoshi, decretando l’inizio dell’era dei fast food occidentali. Ciò fu possibile grazie alla volontà di un uomo, Den Fujita, che restò impressionato dalle potenzialità del marchio, decidendo di esportate il franchising in patria. Famose le parole che usava a supporto del suo operato (e al giorno d’oggi fanno molto sorridere): “Il motivo per cui i giapponesi sono così bassi e hanno la pelle gialla è perché non hanno mangiato nient’altro che pesce e riso per duemila anni… Se mangiassimo gli hamburger e patatine del McDonald’s per mille anni, diventeremmo più alti, la nostra pelle diventerebbe bianca, i nostri capelli biondi”.
Il Mitsukoshi è uno dei grandi magazzini più antichi del Giappone, fondato nel 1673 come negozio di kimono, e vanta diverse sedi in tutto il Paese. A seguito di un periodo di crisi, e per salvare il gruppo, nel 2007 si è unito a un altro colosso del settore, l’Isetan la cui sede principale è a Shinjuku.
 
3 Shunsaku Kudō è il protagonista di Tantei Monogatari (探偵物語), conosciuto anche come Detective Story, un telefilm di grande successo andato in onda dal settembre 1979 all’aprile 1980. Kudō è un detective privato sui generis, si distingue per il suo abbigliamento (borsalino e completo gessato), ha un passato da poliziotto a San Francisco, vive con due assistenti, Nancy (americana) e Kaori, e sfreccia per le strade con la sua inconfondibile vespa. È impersonato da Yūsaku Matsuda, considerato uno dei più importanti attori giapponesi e che ha influenzato indirettamente il mondo degli anime e manga. Le sue fattezze hanno fatto da modello per la creazione di Spike Spiegel (Cowboy Bebop), Kuzan Aokiji (One Piece) e Kenshiro (Hara ha utilizzato sia lui che Bruce Lee).
 
4 Nel 1981 una serie di omicidi noti come “gli omicidi nei love hotel di Kabukichō” gettò una cattiva luce sul quartiere, fomentando la convinzione che fosse un posto molto pericoloso in cui ci si poteva aspettare di tutto. Le tre vittime di quegli omicidi erano tutte giovani, ritrovate strangolate all’interno di una camera di un love hotel casualmente dai dipendenti. A causa della mancanza di videosorveglianza, che serviva a garantire il perfetto anonimato, non fu possibile ricavare prove sufficienti alla cattura dell’omicida, che di fatto è rimasto impunito. A seguito di questi eventi sono state infine installate le telecamere di sicurezza nei love hotel.
L’anno successivo, un altro caso di omicidio di una giovane liceale, macchiò ulteriorlemnte la reputazione di Kabukichō in quando la vittima, assieme a un amico, si era intrattenuta in un disco club della zona dove aveva conosciuto il suo assassino.
 
5 I pink salon (ピンクサロン “pinku saron”) sono dei locali in cui le commesse praticano ai clienti principalmente sesso orale, che in alcuni casi può essere reciproco. Solitamente vengono offerte anche bevande analcoliche mentre quelle alcoliche vanno pagate a parte.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Verfall