Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: Ghostclimber    15/01/2022    4 recensioni
Ispirata a "Glitter and Gold" di Golden locks.
Perché, cascasse il mondo, a Victor Nikiforov non sfuggirà mai un gossip.
Pairing: OtaYuri & Victuuri
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un'altra noiosissima conferenza stampa.

Otabek cercò di concentrarsi sul fatto che era lì a condividere l'ossigeno con i tre migliori pattinatori del mondo, che anche lui era nel novero dei migliori pattinatori del mondo. Di solito era abbastanza bravo a distrarsi, anche se in genere poi si ritrovava in faccia un'espressione che JJ aveva molto gentilmente definito “resting bitch face”, ma stavolta non c'era verso.

Il fatto era che la sua mente continuava a ritornare alla sera precedente, quando lui e Yura avevano finalmente... “Ahio!” protestò, quando un gomito affilato gli infilzò un fianco.

Victor Nikiforov, in carne, ossa e stempiatura, gli sibilò: “Ti hanno fatto una domanda!”

Otabek sbatté le palpebre, confuso, poi si voltò verso il pubblico di giornalisti e disse, guardando tutti e nessuno: “Chiedo scusa, mi ero distratto.”

“Domandavo...” disse una donna con addosso più gioielli dello zar, “Come mai lei è pieno di brillantini, signor Otabek.”

Silenzio.

E non un bel silenzio calmo, come quello che aveva sperimentato la sera prima quando Yura si era addormentato contro il suo petto dopo aver fatto l'amore, ma un silenzio pesante, di quelli che sembrano fare woosh mentre ti cadono addosso.

Poi, l'illuminazione: “Provi lei a convincere Yuri Plisetsky a non fare qualcosa quando ha deciso di farlo. In effetti, sono stupito del fatto che non abbia attaccato i brillantini anche a questi due.” il pubblico ridacchiò e Otabek sentì un brivido freddo percorrergli la schiena. Poté solo sperare che nessuno facesse caso al fatto che aveva appena detto più parole in una volta sola che nel resto della sua carriera.

Prese il bicchiere d'acqua di fronte a sé e ne bevve un sorso, cercando di guardarci dentro per nascondere l'imbarazzo. Ci fu un brutto momento in cui sembrò dimenticarsi come si fa quel piccolo scatto di glottide per fare in modo che l'acqua vada nello stomaco e non nei polmoni, poi il suo corpo prese le redini e tutto andò per il meglio.

La conferenza stampa si trascinò, lenta come un risciò trasportato dal più pigro e debole conduttore di risciò del mondo, poi finalmente Yakov prese le redini e interruppe la tortura, dicendo che un aereo attendeva i quattro campioni.

Otabek si alzò e si voltò verso Victor per scendere, e due mani lo rigirarono dall'altra parte. Mentre si girava all'indietro per capirci qualcosa, vide Yuuri che reggeva la sedia che lui aveva con poco garbo spinto all'indietro, e che rischiava di cadere dal palchetto. Dietro di lui, un ciuffo biondo si scosse in un muto gesto di rassegnazione.

Otabek si lasciò condurre da Victor, docile docile, mentre si cullava nel pensiero che quegli stessi capelli biondi erano stati la prima cosa che aveva visto appena sveglio quel mattino, disordinati e sparsi sul cuscino come fili d'oro di un ricamo d'altri tempi, uno spettacolo per re e regine, un...

“Beka, vuoi un caffè? O preferisci una testata in fronte?” chiese Yura.

“Bambiiiniii!” trillò Victor. Quell'uomo sapeva essere irritante, quando voleva, e il problema peggiore è che voleva molto spesso. Proseguì: “Dai, non litigate. Sono dieci ore fino a Tokyo, non vorrete litigare tutto il tempo?”

“Nh.” mugugnò Otabek, mentre Yuri si lasciava andare ad uno stream of consciousness di affettuosi insulti in russo, inglese e giapponese.

 

Il volo non fu nulla di tragico, in effetti, più che altro perché la notte prima avevano dormito davvero poco: non appena si spensero gli avvisi di tenere allacciate le cinture si disattivò anche Yuri. Il tempo di appoggiare la testa contro il sedile ed era già nel mondo dei sogni. Otabek non protestò quando una turbolenza lo spinse ad appoggiarsi involontariamente a lui, ma continuò imperterrito a fissare il film che aveva scelto (una boiata totale con Meg Ryan) per evitare le occhiate di Victor.

Né lui né Yuuri erano così stupidi da non capire le implicazioni dell'aver visto Otabek Altin e Yuri Plisetsky uscire dalla stessa stanza quel mattino, non belli svegli e pronti per uscire, ma vivaci come due comparse di The Walking Dead, gonfi di sonno e desiderosi solo di trovare un dannato caffè. Per non parlare dei brillantini, che erano davvero ovunque.

Otabek si rese conto che lui e Yuri non avevano ancora discusso di cosa dire agli amici. Certo non sarebbe stato il caso di sbandierarlo ai quattro venti, il mondo stava diventando molto più tollerante ma non del tutto, e fare coming out così poteva costare loro la carriera.

Ma come si sarebbero mossi con gli amici? E soprattutto, già che era sull'argomento, c'era davvero qualcosa di cui parlare? O era stata solo una scopata per scaricare la tensione sessuale accumulata con quell'esibizione al limite legale del porno? Era capitato loro di baciarsi, questo sì, ma non avevano mai intavolato un discorso su cosa significasse.

Victor si alzò per andare in bagno e Otabek occhieggiò Yuuri: dormiva della grossa, gli occhiali accuratamente appoggiati sul tavolino di fronte a sé.

Era abbastanza sicuro per azzardare una carezza a Yuri. Gli sfiorò il bordo della mandibola con il dorso della mano, piano piano, per non dargli fastidio e non svegliarlo, e per un istante fu travolto dall'enormità del passo che avevano compiuto insieme.

E dal panico.

Yuri era ciò che aveva sempre desiderato: se all'inizio, quando si erano parlati la prima volta, poteva non essere altro che la sua celebrity crush, il loro rapporto si era approfondito a velocità impressionante, catapultandoli da un “davai!” urlato da bordo pista a lunghe conversazioni, via Skype, di fronte a un cartoccio di piroshki o ad infiniti giri di tè caldo. Nel giro di pochissimo tempo erano diventati inseparabili, e i sentimenti che Otabek provava per lui erano passati da una cieca cotta a una calda amicizia per poi approdare nel dover ammettere a se stesso che forse sarebbe vissuto alla stragrande senza avere Yuri Plisetsky come partner, ma che non era assolutamente certo di volerlo fare.

Yuri emise un mugugno che ricordava le fusa di un gatto, mormorò: “Beka” e socchiuse gli occhi. Otabek sussurrò: “Non volevo svegliarti.”

“Se mi svegli sempre così, ci faccio la firma.” rispose Yuri, poi si accoccolò di nuovo contro la sua spalla e si assopì di nuovo, incurante sia del battito cardiaco impazzito di Otabek sia di Meg Ryan, che sullo schermo stava avendo un incontro ravvicinato dagli esiti disastrosi con un carrello dei dolci.

Victor tornò dal bagno e si sedette di nuovo. Otabek si sentì i suoi occhi addosso e alzò lo sguardo su di lui, sollevando un sopracciglio con un'espressione interrogativa.

Victor alzò il mento, facendo un cenno verso Yuri. Otabek sollevò la spalla libera, ma dallo sguardo saputello di Victor capì di non essere stato molto convincente.

Victor bisbigliò: “Vi auguro il meglio, uomo.”

Dopo un bel po', Otabek rispose: “Grazie.”

 

“Devo fare delle ricerche.” annunciò Victor mentre attraversavano il terminal di Fukuoka per recuperare le proprie valigie.

“Mh, su cosa?” chiese Yuuri, stropicciandosi un occhio.

“Devo capire cosa avete in comune tu e Yurio.”

“Il nome che suona uguale?” chiese Otabek.

“Il pattinaggio?” propose Yuuri, sbadigliando con la grazia di un ippopotamo.

“L'orientamento sessuale?” rilanciò Yuri, scazzatissimo e con le palle di traverso da quando aveva scoperto che Otabek aveva guardato Franch Kiss senza di lui. A chi mai sarebbe potuto venire in mente che quel gattino rognoso poteva amare le commedie romantiche, poi, era un mistero destinato a rimanere insoluto.

“Momento momento momento momento momento!” disse Victor.

“Lois, questo non è il mio bicchiere di Batman?” propose Otabek, fiaccato da dieci ore di viaggio, un cambio, due check in e la mancanza di sonno. Tutte le dannate volte che Victor faceva quella scena gli veniva in mente Peter Griffin.

“Che?” chiese Victor, sperduto, poi fece spallucce. Proseguì: “Dicevo. Yurio, non starai mica facendo coming out?”

“Senti un po', quanti pattinatori etero conosci?” ribatté il biondo.

“Questo è un pregiudiz...” cercò di intromettersi Yuuri, ma si interruppe: “Ok, ammetto che le prove a tuo favore sono parecchie.”

“Comunque non è questo.” disse Victor, “Forse è davvero il nome.” Yuri raggiunse il nastro trasportatore dei bagagli e Otabek si mise al suo fianco. Victor non proseguì il discorso.

“AVANTI!” sbottò infine Yuri, prendendo la propria irriconoscibile valigia rosa leopardata dal nastro, “Dicci perché io e Cotoletto dovremmo avere qualcosa in comune!”

“Saliamo sull'aereo a Barcellona, bam, addormentati secchi. Saliamo sull'aereo a Tokyo e bam, addormentati secchi. Ci dev'essere un pattern, un qualcosa che vi lega.”

“Tu ti droghi.” decretò Yuri, poi uscì dall'aeroporto, seguito da Otabek.

Appena fuori dalla struttura, Otabek si accese una sigaretta e Yuri si appoggiò al muro di fianco a lui, sottovento per non essere investito dal fumo.

Il silenzio cadde tra loro; Otabek avrebbe voluto interromperlo, ma l'unica cosa che gli veniva in mente da dire era una domanda che forse non era ancora il caso di porre: cosa siamo?

“Senti... Beka...” cominciò Yuri.

“Mh?”

“Se Cotoletto ci dà due stanze separate... posso venire nella tua?” Otabek ne fu così sconvolto che si dimenticò di rispondere, al che Yuri proseguì: “Non per fare l'amore, se sei troppo stanco, ho capito che tu non hai dormito e io sì, solo...”

“Yura, noi due cosa siamo?” chiese Otabek, poi si voltò verso di lui. Yuri aveva uno sguardo strano, quasi... ferito.

Ma ci mise poco a ritrovare una facciata di baldanza: “Non so tu, ma io non vado a letto con tutti quelli che mi capitano a tiro.”

“Nemmeno io, ma senti. Ci siamo baciati, e ieri questo. Ma non abbiamo mai...”

“Tu vedila come vuoi. Per quel che mi riguarda, io sono il tuo ragazzo.” disse Yuri, poi senza aggiungere un'altra parola si staccò dal muro con un colpo di bacino e raggiunse Yuuri e Victor, che finalmente avevano recuperato le valigie e si guardavano intorno un po' spaesati nel mezzo del piazzale, alla ricerca dei due compagni di viaggio.

 

Se Yuuri fosse stato lungimirante o Victor il solito folletto dispettoso, non era dato saperlo.

Ciò che sapeva Otabek era che Yuri era entrato nella stanza che avrebbero condiviso e si era fiondato sotto la doccia senza dire un accidente.

Prese il coraggio a quattro mani, invase il bagno e orinò, poi tirò l'acqua.

Dalla doccia venne una bestemmia così sonora che il vetro della paratia tremò, poi Yuri saltò fuori come un gatto messo di fronte a un cetriolo: “MA SEI SCEMO?”

“Sì...” rispose Otabek, fingendo di non avere la voce tremante, “Ma sono il tuo scemo.”

“Vieni qui.” disse Yuri, allargando le braccia. Era una prospettiva davvero invitante, e Otabek accettò con entusiasmo. Si spostarono sotto la doccia, la cui acqua era tornata ad una temperatura tollerabile, e continuarono a baciarsi. La mano di Yuri vagò verso il basso e cominciò a massaggiare; contro ogni previsione, il corpo di Otabek si dichiarò più che pronto a una sveltina, ma nel preciso istante in cui si stava fiondando fuori dal bagno per arraffare il lubrificante che aveva comprato al volo al duty free qualcuno bussò alla porta.

Otabek meditò se fingersi assente, poi si richiamò alla dura realtà: se alla porta c'era Victor Nikiforov, non rispondere avrebbe significato il suo ritorno con un ariete di sfondamento o qualcosa del genere. Per l'ennesima volta si chiese se lui e Yuri fossero proprio costretti ad avere quei due come amici.

“Sì?” chiese.

“Vi aspettiamo nell'onsen!” rispose Victor, poi i suoi passi si allontanarono.

“Cazzo, nessuno è cockblocker come lui.” commentò Yuri, che era uscito dalla doccia, forse per capire come mai Otabek ci stesse mettendo così tanto.

“Lo spero...” mugugnò Otabek.

“Non importa.” disse Yuri, avvicinandosi e prendendogli il viso tra le mani, “Riprendiamo il discorso più tardi. Andiamo all'onsen, facciamo presenza così quei due sono contenti e poi torniamo qui.” Otabek si sporse in avanti e Yuri lo baciò.

Un incontro a labbra chiuse, casto, delicato, quasi un bacio da potersi scambiare tra due amici senza paura di fraintendimenti, eppure Otabek lo sentì potente e invasivo, possessivo: era una chiara dichiarazione da parte di Yuri, e sperò di riuscire a sua volta a imprimere a quel bacio le stesse intenzioni, per fargli capire che la sua domanda non aveva sottintesi nascosti, ma solo una grande insicurezza, quel tipo di fragilità che a volte non può fare a meno di rassicurazioni.

 

Sciolsero la stretta dei loro corpi e indossarono le yukata messe in dotazione, poi ciabattarono fino all'onsen, con Yuri che si lamentava ad alta voce di non potersi fare nemmeno una doccia in santa pace senza che Victor Nikiforov andasse a rompere le palle per fare attività di famiglia.

Per nulla offeso, Victor chiese dal suo paradiso di acqua calda: “Più tardi giochiamo a Monopoli?”

“No grazie,” ribatté Otabek, “Yuri non sa perdere e io ci tengo alle palle.”

“MA SARAI STRONZO!”

“Per favore... ragazzi...” tentò di placarli Yuuri.

“Però è curioso, sai?” disse Victor, indicando Otabek.

“Cosa? La somiglianza di Yuri con una tigre dai denti a sciabola?”

“Il fatto che quei glitter siano soprattutto sul tuo collo e sul tuo basso ventre.” Otabek abbassò lo sguardo, poi si tuffò nell'acqua prima che il ricordo di Yuri che gli cospargeva la pancia di baci (e ciò che era seguito) spingesse il suo corpo ad una entusiastica reazione e all'invito a rifarlo.

“Già, molto curioso, si vede che lì sudo di più. Si appiccicano. Oh, e sulla pancia si impigliano nei peli. Il collo poi, di certo sono rimasti attaccati dalla sciarpa.”

“Oppure qualcuno ieri sera si è divertito un sacco...” disse Victor, allusivo.

Otabek lanciò uno sguardo a Yuri, che per una volta tanto non stava insultando nessuno. La cosa era già preoccupante di per sé.

Molto più preoccupante era lo sguardo intimorito, quasi atterrito, che faceva capolino da sotto i suoi capelli, ancora umidi per la doccia. Poi, Yuuri si avvicinò a Victor, supplicandolo di piantarla e farsi gli affari suoi per una volta tanto, e l'espressione di Yuri si addolcì.

Alzò la testa e guardò fisso Otabek, poi annuì con forza.

Per un attimo, l'orgoglio che pervase il petto di Otabek gli impedì di rispondere a Victor: la sua priorità era l'enormità di quel gesto.

Non era solo la dimostrazione che Yuri non si vergognava di lui, era molto di più: era la prova che, sebbene ci avesse messo un po', aveva finalmente capito che Victor e Yuuri gli volevano bene, che gli erano amici, e che lui era pronto ad accettare e ricambiare il loro affetto.

E, per Otabek, sapere che Yuri non sarebbe rimasto solo se gli fosse successo qualcosa valeva più di ogni altra cosa.

Si lasciò scivolare nell'onsen e ostentò sicurezza: “Porca miseria. Fregati da una manciata di glitter.”

Accettò con gratitudine il corpo di Yuri che si infilava nell'acqua di fianco a lui, lo strinse a sé assaporando la sensazione dei suoi muscoli scattanti contro il palmo della mano e lo baciò mentre Victor esultava come una fangirl esaltata e Yuuri applaudiva piano, emozionato.

“Ti amo.” si lasciò sfuggire.

Yuri sorrise e Otabek vide ciò che era stato davanti ai suoi occhi per tutto quel tempo: agape.

 

E dei residui di glitter che non sarebbero andati via prima di una decina d'anni.





Yuri dalla regia: "Non doveva essere una drabble?"
"Senti, non ti ho adottato per farti rompere le scatole!"

Niente, comunque sì, doveva essere una drabble, per di più demenziale dall'inizio alla fine, senza introspezione, solo ricordi di una nottata bollente e Victor che fa il dispettoso, e invece niente, siamo saliti sull'aereo e Beka si è messo a pensare.
Spero che vi piaccia, sono nuova qui dentro e al momento sto iperossessionando quindi presumo che (tempo permettendo) troverete altro da parte mia.
Yuri dalla regia: "Nemmeno cominci e già parti con le minacce..."
Note dell'autore:
Il film che Otabek guarda è French Kiss. Ho mostrato una certa superiorità ma in realtà adoro quel film, e pure Meg Ryan.
Nella scena dei Griffin c'era il figlio che annunciava di avere una cotta per la sua prof e suo padre faceva: "Momento momento momento momento momento. Lois, questo non è il mio bicchiere di Batman!" talk about good parenting...

Battete un colpo se avete gradito!
XOXO
   
 
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