14
AGOSTO Martedì
Per
tutta l’afosa mattinata, Rossana
non aveva fatto altro che parlare delle sue prossime vacanze e
ripeterle che
doveva andarsene prima perché altrimenti avrebbe perso il
traghetto per la
Sardegna.
Chiara
non ne poteva più. Guardava
la strada semideserta dal balcone
dell’ufficio ed in cuor suo
sperava che
quel “prima” venisse al più presto,
così almeno si sarebbe liberata della
collega. Era tutta invidia, in verità. Le sue vacanze erano
finite da un pezzo
ed ora l’attendeva solo il resto di un’ estate
vuota e solitaria prima di
affrontare di nuovo un faticosissimo inverno.
Con
un sospiro si augurò anche che
venisse al più presto
il suo orario di
uscita, un po’ anticipato rispetto al solito
perché era il 14 di agosto. Non
vedeva l’ora di tornarsene a casa, la sua bella casetta
dotata di un grandioso
impianto di area condizionata che aveva avuto il buon senso di farsi
installare
lo scorso inverno quando aveva comprato
quel delizioso bilocale tutto per lei.
Si sarebbe goduta un pomeriggio tranquillo chiudendo fuori
il caldo,
l’estate ed il mondo intero. Purtroppo mancava ancora
un’ora alla liberazione
ed avrebbe potuto anche sopportarlo se in quel momento non fosse
entrato nella
stanza il dottor Corona dell’Ispettorato.
Erano
circa tre mesi che due ispettori
provenienti dalla sede centrale di Milano stazionavano presso la
succursale di
Napoli. Controlli di routine, si diceva, ma nessuno stava molto
tranquillo
quando riceveva la visita di uno di loro. Corona poi provocava una
certa agitazione
tra le colleghe, non solo per il ruolo ricoperto ma anche
perché era un bel
giovane uomo con il
fisico da atleta, un
filo di barba castana
come i capelli e
due meravigliosi occhi verde-azzurri che facevano venire le farfalline
nello
stomaco se solo ti si posavano addosso. Chiara non
gli aveva mai parlato, ma sapeva che le
colleghe che avevano avuto contatti con lui ne erano rimaste tutte
affascinate.
Pareva infatti che fosse pure un tipo simpatico e cortese, anche se a
detta di
molti, soprattutto colleghi maschi,
si
comportava così solo per mascherare la propria feroce
cattiveria. Era tutta malevolenza
la loro? Comunque lei avrebbe preferito non doverlo appurare proprio in quella tarda mattinata
di un giorno caldo
e noioso di piena
estate.
-
Chiedo scusa del disturbo – aveva
esordito l’uomo entrando – ma avrei bisogno dei
dati commerciali dello scorso
anno e mi hanno detto che devo rivolgermi a voi.
-
Senz’altro, li conserviamo noi! – trillò
Rossana, emozionata.
Di
sicuro avrebbe gradito approfittare
della situazione per approfondire la tanto ambita conoscenza con il
seducente
ispettore però doveva partire da Civitavecchia e non poteva
permettersi di
trattenersi nemmeno cinque minuti di più.
- Purtroppo io devo scappare – aggiunse quindi -
ma
c’è qui la mia collega Chiara che si
metterà a sua disposizione.
Così
dicendo afferrò la borsa e con un
saluto della mano, imboccò l’uscio e
sparì.
Con
un mezzo sorriso l’ispettore la
guardò uscire e poi, sempre sorridendo, rivolse i magnifici
occhi su Chiara
aspettando che si mostrasse disposta a
collaborare.
Veramente
in quel momento la ragazza si
stava chiedendo se fossero le famose farfalline o piuttosto un
incontenibile senso
di fastidio ad agitarsi nel suo stomaco. I dati commerciali dello
scorso anno!
Se tutto andava bene, erano nel ripiano più alto del
polverosissimo armadio nell’assolatissimo
corridoio! Non
poteva aspettare dopodomani
quel rompiscatole? Cosa doveva
farsene proprio oggi? Aveva paura che
scappassero? Ma celando i suoi pensieri dietro un
sorriso ipocrita, si alzò e gli disse:
-
Dobbiamo vedere se sono ancora qui. Sa, lo spazio è poco e
le carte sono
tonnellate. Se
siamo fortunati sono
nell’armadio qui fuori. Ora vado a cercarli.
Caricandosi
dell’impolverata scalétta appoggiata al muro
e respingendo
sdegnosamente ogni offerta
di aiuto da parte dello scocciatore, si diresse nel corridoio sperando
di
trovare un’anima buona che salisse per lei, ma il corridoio
era deserto. Con un
sospiro, si accinse ad arrampicarsi sul gradino più alto
soffocando la paura di
cadere ed augurandosi
di non sporcarsi
il pantalone bianco che aveva indossato proprio quella mattina per la
prima
volta.
Purtroppo
la lunga ricerca risultò infruttuosa: alla fine
si era solo insudiciata, aveva sudato moltissimo
perché quel maledetto
corridoio aveva anche la temperatura del
deserto ed ora tremava all’idea di
dover
scendere da quel trampolo.
- “Adesso
cado!” – pensò
e come sempre le avveniva quando non riusciva
a liberarsi dal timore di qualcosa,
il
presentimento si avverò ed al penultimo gradino mise un
piede in fallo. Sarebbe
caduta davvero se
due mani poderose non
l’avessero afferrata per
i fianchi. Per
fortuna lui l’aveva seguita e le aveva evitato il peggio ma
Chiara si vergognò
lo stesso per la brutta figura.
Diventò
di mille colori mentre Corona le chiedeva se si fosse fatta male e
cercava di
toglierle un po’ di polvere dal pantalone.
-
Non si preoccupi, non è niente – lo
scostò in maniera brusca senza
riuscire
a nascondere una certa irritazione – Credo che i raccoglitori
che stiamo cercando
devono essere già stati inviati all’archivio
centrale. Ora però, se permette,
vado a lavarmi le mani.
-
Ma certo! Questa intanto la metto a
posto io – acconsentì l’altro
prendendole la scaletta dalle mani.
Si
era talmente sporcata che fu costretta a farsi una bella lavata ed a
ravvivarsi
i capelli, seppure solo con le mani. Quando rientrò in
ufficio lo trovò a
telefono.
-
Chi sta chiamando? - gli domandò incuriosita.
-
Sto cercando di mettermi in contatto con l’archivio - le rispose serafico.
Povero
illuso, alle ore 13 del 14 agosto!
Gli
si avvicinò con
un sorrisino ironico e gli disse:
–
Anche se riesce al parlare
con il collega
dell’archivio, non pensa
che avrà bisogno di fornirgli il numero e la data del carico
del documento?
-
Lo so – le
rispose un po’ mortificato – ma visto che lei non
tornava, ho pensato di
guadagnare tempo. Mi dà la ricevuta per favore?
Tenace
il tipo!
-
Certo, gliela do
immediatamente! – sbottò infastidita.
Si
diresse ad un armadio, ne
prese un raccoglitore e si avvicinò alla scrivania dove
l’ispettore aspettava
pazientemente che qualcuno rispondesse alla sua chiamata. Senza
parlare, gli
mise davanti la ricevuta intanto che il telefono continuava a squillare
invano.
Un po’ impietosita dal senso di sgomento che gli leggeva sul
viso, alla fine
gli chiese:
-
Non
rispondono, vero? Aspetti, ora proviamo con un numero non in elenco.
Lo
compose su un
altro apparecchio mettendo il vivavoce e dopo pochi squilli si
udì un voce:
“Archivio…”.
-
Ciao Salvatore, sono Chiara
Corradini.
-
Chiaretta! Come stai? Credevo fossi
in ferie…
-
No, le ho fatte a luglio. E tu sei da solo?
-
Sì, ma dopodomani torna Franco e vado io.
Quest’anno…
Conoscendo
la logorrea del collega ed
intenzionata a non fare notte, la ragazza lo interruppe.
-
Scusa, Salvatore, ho qui l’ispettore
Corona che desidera visionare i dati commerciali
dello scorso anno. Ve li abbiamo mandati il
18 marzo scorso. Il numero della ricevuta è…
Questa
volta fu il collega a fermarla
e si capiva che era deciso a non
rovinarsi gli ultimi
minuti prima delle ferie.
-
Mi dispiace – le disse – non posso
mandarteli così, devi farci avere una
richiesta scritta firmata dal capo servizio.
-
Ma non c’è, è in ferie.
-
Falla firmare dal sostituto e poi mandacela.
Però ti anticipo che ci vorrà qualche giorno
perché Franco sarà da solo ed il
servizio di corriere non funzionerà
appieno.
-
D’accordo, ho capito. Ciao e buone
ferie – concluse.
Posando
la cornetta rivolse lo sguardo
a Corona sperando che desistesse, almeno per quel giorno, invece questi
le
disse candidamente:
- Bene, allora scriviamola
questa benedetta richiesta.
L’anticipiamo per fax e così quel suo collega,
Franco, la troverà al rientro.
Sforzandosi
di restare calma, la
ragazza si sedette al computer e la preparò. Poi,
benché a quell’ora non avesse
più speranze di trovare ancora qualcuno, si diresse al
secondo piano per farla
firmare dal sostituto del suo capo. Dopo aver atteso per quasi cinque minuti
l’ascensore, come aveva previsto, non
trovò nessuno e così se ne ritornò nel
suo ufficio, questa volta salendo a
piedi per le scale per non perdere altro tempo. Aveva fretta di chiudere il computer e gli
armadi per
potersene finalmente
andare a casa.
Ma
trovò una sorpresa: l’ispettore era ancora
lì ad aspettarla.
-
Niente da fare, non c’è nessuno – gli
comunicò – bisogna aspettare
dopodomani.
-
Va bene, aspetteremo. Nel frattempo
potrebbe essere così gentile da prendermi i dati commerciali
del primo semestre
di quest’anno?
A
questo punto Chiara non ne poté più e
gli si rivolse con decisione:
-
Ascolti, sono circa le due e se è pur
vero che domani è Ferragosto, giovedì mattina
alle otto saremo di nuovo qui. È
una cosa tanto urgente da non poter aspettare sino ad allora?
-
Ha ragione. Avevo pensato di
trascorrere il pomeriggio a studiare quei dati in tutta
tranquillità visto che
la mia unica alternativa è tornare in albergo a dormire, ma
lei avrà senz’altro
di meglio da fare ed io l’ho trattenuta
anche
oltre l’orario di uscita. Mi scusi.
Sembrava
sinceramente dispiaciuto e la
ragazza si sentì in dovere di giustificarsi:
-
Sa, l’aiuterei volentieri perché
anch’io non ho nulla da fare oggi ma vorrei lo stesso tornare
a casa perché c’è
poca gente in città e temo che più si
farà tardi e più mi sarà difficile
trovare un autobus. A dire il vero non mi va di buttar soldi per
prendere un
taxi!
-
Posso tentare di farmi perdonare? Ho
l’auto nel garage qui vicino. Posso darle un passaggio fin
casa?
L’ispettore
esibiva un sorriso talmente
accattivante e d’altronde la prospettiva di una lunga attesa
nella strada
assolata e deserta era
così poco
allettante che, in barba alla sua abituale riservatezza, Chiara gli
rispose:
-
Oh, grazie! Accetto volentieri anche
perché ci sarà poco traffico e non le
farò perdere molto tempo.
-
Gliel’ho detto, ho tutto il tempo che
voglio. Facciamo così, ci vediamo fra dieci minuti
all’angolo del garage. Ho
una BMW blu. È dell’azienda –
specificò vedendola sgranare gli occhi stupita e
subito dopo uscì.
Chiara
si godeva il fresco nel potente
macchinone ed ogni tanto lanciava un’occhiata di sottecchi al
guidatore che si
era tolto la giacca e la cravatta ed aveva rimboccato le maniche della
camicia.
Il buon umore le
era tornato e non esitò
neanche un momento ad invitarlo a pranzo quando, parlando del
più e del meno, lui
le confidò che dopo averla riaccompagnata sarebbe andato
alla ricerca di un
ristorante aperto prima di tornarsene in albergo.
-
No, per carità. Non voglio disturbare
la sua famiglia. Oramai sono abituato a questo genere di vita da
girovago – si
schernì Corona all’invito.
-
Non ho famiglia, vivo da sola – gli spiegò senza
pensarci su, ma subito si
pentì di averlo detto perché poteva sembrare una
squallida avance mentre
l’aveva invitato solo per un moto di solidarietà.
Anche se le piaceva, e non
poteva essere altrimenti perché era davvero un gran bel
ragazzo, non aveva nessuna
intenzione di provarci. Quel tipo doveva essere consapevole del suo
sex-appeal
e forse si aspettava
che tutte le donne
dovessero cadergli ai piedi. Sembrare interessata ad attirare la sua
attenzione
le avrebbe dato assai fastidio.
Si
affrettò a chiarire a costo di apparire scortese.
-
Sabato scorso è stato il mio onomastico ed ho invitato a
cena alcuni amici. Uno
di loro mi ha portato della mozzarella DOC. Ne ho ancora tantissima e
mi
farebbe piacere se qualcuno mi aiutasse a mangiarla. Ma se non vuole
venire non
si preoccupi, non voglio insistere.
-
A dire il vero la vostra mozzarella è
la mia passione e non sempre se ne trova di veramente buona nei
ristoranti… - sembrò
esitare un poco – Ma sì, vengo volentieri
– accettò infine - a
patto però di essere invitato come un amico…
-
Certo, e come se no? – lo interruppe
lei – Ah, ho capito, sta pensando ad un tentativo di
corruzione per evitare
ulteriori richieste di dati “scottanti”!
Lui
sorrise divertito e chiarì:
- Lo dicevo
perché tra amici ci si dà del tu.
Io mi chiamo Massimo e ti assicuro che quando non sono in veste
ispettiva sono
molto meno rompiballe.
-
Speriamo – osservò la ragazza –
perché come ispettore sei davvero un rompiscatole!
Un
po’ pentita della gaffe, aggiunse
imbarazzata:
-
Oh-oh, qui finisce che mi gioco il
posto!
-
No, non ti preoccupare, non sono così
perfido, al massimo ti farò risalire sulla scala a prendermi
qualche altro raccoglitore!
– continuò il giovane con un sorriso allegro.
-
E meno male che non saresti perfido!
Ma tanto è inutile meravigliarsi, gli ispettori sono davvero
una brutta razza!
Oramai
lontani mille miglia dal lavoro
che fino a poco prima li aveva così assorbiti, giunsero al quartiere in collina dove
abitava Chiara e
parcheggiarono l’auto in una bella strada alberata. Entrarono
in un portone di
un elegante palazzo d’epoca ed appena in casa, la ragazza si
diresse verso la
stanza da letto dicendogli che doveva cambiarsi il pantalone bianco che
aveva
avuto la malaugurata idea di indossare la mattina non prevedendo di
dover incontrare
quello scocciatore dell’ispettor Corona.
Massimo
rise alle sue parole e
si accomodò sul
divano ad aspettarla. Si guardò intorno osservando la grande
stanza che comprendeva
un angolo cottura arredato con mobili bianchi ed acciaio; un tavolo ad
isola lo
divideva dal resto del salotto. C’erano inoltre
una parete attrezzata ed una parete-finestra completamente
coperta da un
tendaggio. Era un ambiente molto accogliente non tanto per i mobili in
se
stessi quanto per
il gusto con cui erano
stati distribuiti soprammobili, piante, lampade e cuscini, in un
insieme un po’
di stile orientale, personalissimo e caldo. E poi tutto era in perfetto
ordine.
Sembrava una di quelle case fotografate sulle riviste di architettura e
lui non
ne aveva mai viste di così
nella realtà.
Dopo
poco Chiara lo raggiunse e si
affrettò a fare una cosa che le piaceva un mondo: mostrare
ai nuovi visitatori
il terrazzo e quindi spiarne la reazione. Aprì la tenda e la
porta finestra e
lo invitò ad uscire.
Lì
fuori piante fiorite di ogni
tipo erano distribuite con uno studiato
effetto cromatico e sotto un pergolato di bougainvillea e di glicine,
c’era un
grande tavolo di
bambù con le sedie e
tanti cuscini colorati.
Anche
stavolta la ragazza vide con
piacere lo stupore dipingersi sul viso del suo ospite che dopo essersi
guardato
in giro, ora osservava il
panorama.
Nella
luce vivida del pomeriggio,
appariva il porticciolo di Mergellina ed in lontananza la collina di
Posillipo
che dolcemente degradava in un tripudio di verde e di colori su un
meraviglioso mare
turchino punteggiato
di vele bianche.
- Ci credo che volevi
tornare a casa, sembra
di essere entrati in una cartolina di Napoli! Abitare in un posto come
questo
deve essere il colmo della felicità.
Nella
voce di Massimo si avvertiva una
sincera ammirazione e l’orgoglio fece aumentare il buon umore
di Chiara.
Incominciò a parlare di getto:
-
Sono stata molto fortunata a trovare
questa casa. È stata ricavata da un appartamento
più grande di proprietà di una
mia amica che ora abita a Roma.
Visto che
c’erano due ingressi indipendenti,
ho
cercato di farmi
vendere solo due stanze
ed il terrazzo. Lei non voleva dividerla perché in effetti
questa è
la parte più bella; di là della mia camera
da letto sono rimaste ancora altre tre stanze ed un balcone, ma niente
di così
spettacolare come questo terrazzo. Finalmente a gennaio sono riuscita a convincerla. La casa mi
è costata un occhio
della testa, senza contare quello che ho dovuto spendere per arredarla
e
ristrutturarla, però ne è valsa la pena. Sai,
alla mia età le donne devono
soddisfare due bisogni: quello della maternità e quello di
avere una abitazione
tutta per sé. Io perlomeno ho soddisfatto il secondo.
Si
fermò di colpo perché non le era mai
capitato di aprirsi così con un perfetto sconosciuto ed ebbe
paura di essersi
mostrata ridicola.
-
Alla tua età? Ma se sei giovanissima!
– osservò invece l’altro senza mostrarsi
stupito da quello sproloquio.
-
Non credere, a settembre compio 34
anni e ti assicuro che incomincio a sentirli tutti. Dai, adesso
però pensiamo a
mangiare. Se vuoi rinfrescarti un po’, il bagno è
accanto alla stanza da letto.
Nel mobile sotto il lavello ci sono delle asciugamani pulite. Non
metterci
molto, è tutto pronto e devo solo apparecchiare.
Massimo
si affrettò ad ubbidire. Andò
nel bagno dove gli asciugamani, morbidi e candidi, erano ordinatamente
impilati
dove lei gli aveva indicato. Si lavò
in
fretta e mentre si
rimetteva la camicia,
si attardò un poco sulla soglia della stanza da letto
notando il letto
matrimoniale bello grande. Quando raggiunse Chiara la vide che stava
apparecchiando sul terrazzo. Guardandola, si disse che se è
vero che il
carattere di una persona si manifesta nell’arredamento della
propria casa, lei
doveva avere un grande buon gusto, anche se forse
doveva essere un po’ troppo maniaca
della pulizia e dell’ordine. Il classico tipo di donna che se
ti vede fumare in
casa è capace di piantarti una grana, per intendersi.
La
osservò meglio per la prima volta
notando che era abbastanza carina. Era piuttosto bassina ma la sua
figurina
proporzionata era assai gradevole. Aveva delle belle gambe, il seno
procace ed
il viso molto dolce e delicato, incorniciato da riccioli bruni forse un
po’
troppo crespi e ribelli. Gli piacevano però i suoi occhi. Erano scuri,
vellutati, pieni di
espressione. Prima, in ufficio, non li aveva notati perché
evidentemente per lavorare
portava gli occhiali.
-“Tutto
perfetto!” – pensò guardando il
delizioso servizio all’americana e le stoviglie in tinta
nonché l’appetitoso
piatto di pasta all’insalata che lo attendeva.
Lui
era un tipo di buon appetito e
mangiò davvero di gusto, mentre Chiara, che ne sembrava
compiaciuta, si serviva
solo di piccolissime porzioni. Quando gliene chiese il motivo gli
confidò:
-
Devo stare attenta, ho la tendenza ad
ingrassare.
-
Beh, quella ce l’ho anch’io – la
consolò – ma ho sempre fatto molta palestra sin da
quando avevo sedici anni e
questo mi ha permesso di tenere il peso sotto controllo.
Però da quando ho cominciato
il lavoro da ispettore, circa due anni e mezzo fa, ho dovuto smettere.
A questo
punto non so per quanto tempo ancora riuscirò a mantenere la
linea visto che mi
piace tanto la buona cucina. Quella napoletana poi è
assolutamente divina!
-
Credo che tra poco diventerai come
Oliver Hardy – lo prese in giro lei. Gonfiando le guance e
mimando con le mani
un grosso pancione, lo guardò sorridendo servirsi di altra
pasta ed altra
mozzarella.
Rimasero
parecchio tempo a tavola,
continuando a chiacchierare dei reciproci gusti culinari. Massimo si
dimostrò
un vero buongustaio, mentre Chiara si vantò di essere una
discreta cuoca.
Quando
il giovane finì anche l’ultimo
pezzetto di mozzarella, ebbe un dubbio.
-
Dimmi una cosa – le chiese - va
bene che la mozzarella te l’avevano
regalata, ma com’è che per te sola avevi preparato
tutta quella pasta?
Aspettavi qualcuno?
-
No, l’avevo preparata anche per
domani. Ho intenzione di andare al Museo Archeologico e voglio scendere
di casa
presto senza perdere tempo in cucina.
-
Accidenti, allora ho fatto piazza
pulita di tutte le tue provviste! Che ne dici, per farmi perdonare la
mia
ingordigia domani posso portarti a mangiare fuori?
Le
aveva rivolto quell’invito con un
sorriso molto accattivante ed un luccichio degli affascinanti occhi
azzurri.
Chiara si mise subito sulle difensive: quel pranzetto improvvisato era
stato
davvero piacevole, ma accettare di uscire con lui anche il giorno dopo
avrebbe
comportato un approfondimento del loro rapporto che non desiderava
affatto,
forse proprio perché quell’uomo le piaceva.
Facendo finta di non aver capito,
gli rispose calma:
- Non preoccuparti, uno
spaghetto veloce
faccio sempre in tempo a cucinarmelo quanto torno dal Museo.
Massimo
non insistette e dopo averla
aiutata a sparecchiare, si offrì anche di lavare i piatti.
-
Non ce n’è bisogno –
rifiutò la ragazza aprendo una piccola
lavastoviglie posta sotto il forno dove sistemò i piatti ed
i bicchieri sporchi
– Questa casa è ad alta tecnologia. Anzi, sul
terrazzo c’è il sole, ora accendo
l’aria condizionata così ce ne restiamo qui dentro
al fresco. Ti va?
Accogliendo
l’invito, Massimo si andò a
sedere sul divano.
–
Che sia una casa speciale l’avevo
notato già, ma come hai fatto a metterla su così
e soprattutto, come fai a
tenerla così efficiente ed in ordine? – le
domandò.
-
Una volta alla settimana viene ad
aiutarmi una cameriera polacca che lavora da una signora al piano di
sotto, e
poi… – esitò un attimo prima di
continuare – sai, avere una casa è una cosa che
desideravo da tanto! Non ho i genitori e vivevo con mia sorella
maggiore che è sposata.
Non è che mi trattassero male lei ed il marito
però non ero padrona di niente,
solo un po’ della mia stanza. Avevo quasi la sensazione di
essere un ospite e
per non pesare su di loro, stavo molto
fuori casa con il risultato che mio cognato mi faceva continuamente
notare che
vivevo come se stessi in un albergo. È stata molto dura
tirare avanti tanto tempo.
-
Ma scusa, eri indipendente
economicamente, perché non te ne andasti via prima?
Massimo
si pentì subito di averle fatto
quella domanda perché la vide cambiare espressione. Non si
meravigliò quando
con una voce gentile ma fredda gli rispose:
-
Ho avuto i miei buoni motivi!
Subito
dopo scappò in bagno dicendo che
era abituata a lavarsi i denti appena dopo mangiato e lo
lasciò solo seduto sul
divano.
Il
giovane era piuttosto perplesso
perché c’era qualcosa in quella ragazza che non
riusciva a capire. Appariva cordiale
e simpatica, ma all’improvviso dava l’idea che
erigesse una specie di muro tra
sé e gli altri. Quando tornò a sederglisi accanto
però, era di nuovo allegra ed
affabile.
Rimasero
a lungo a parlare di tante
cose: musica, politica, libri. Lui le
raccontò della famiglia che
viveva in Emilia, del suo splendido rapporto con i genitori,
soprattutto con la
madre e mentre ne
parlava notò un velo
di tristezza passare ad offuscarle gli occhi.
Massimo
era davvero una persona vivace
e spiritosa e Chiara si mostrava all’altezza così
risero spesso alle reciproche
battute. Inoltre, avendo quasi la stessa età, si trovarono ad avere molti
ricordi uguali del periodo dell’infanzia e
dell’adolescenza.
Verso
le sei si prepararono
un caffè ed il tempo trascorse
simpaticamente senza che se ne accorgessero. Erano quasi le otto di sera quando la
ragazza guardò l’orologio da polso.
Lui,
interpretandolo come un segno di
congedo, si rabbuiò un poco.
-
Scusa, si è fatto tardi. Ora tolgo il
disturbo. Grazie di tutto – le disse alzandosi per andarsene.
-
No, aspetta, - lo fermò accompagnando
le parole con il gesto delle mani, molto mortificata per essere
sembrata
scortese – stavo guardando l’orologio
perché stasera danno un bellissimo film
all’arena estiva su al Castello Sant’Elmo. Ti
andrebbe di andarci? Sempre se
non hai di meglio da fare, s’intende.
-
È una splendida idea – si rallegrò
lui – vengo molto volentieri.
Dopo
un po’ uscirono. Chiara si era
cambiata d’abito indossando un vestito a fiori rossi che le
metteva splendidamente
in risalto l’abbronzatura ed il bel corpicino.
Massimo
si sentiva contento mentre si
dirigevano a piedi verso il Castello che, come gli aveva spiegato lei,
era a
quattro passi. Purtroppo i quattro passi erano tutti in salita ed anche
dopo
aver acquistato i biglietti, per andare su alla Piazza d’Armi
dove proiettavano
il film, c’era da farsi una bella arrampicata.
Ma
non se ne accorsero quasi perché, chiacchierando
piacevolmente, si godevano lo stupendo panorama che si vedeva dai
finestroni
del Castello. Dopo la calda giornata estiva, la sera era fresca e
profumata. La
città, come un gioiello lucente, era ai loro piedi mentre il
mare splendeva
sotto i raggi di una splendida luna piena.
-
Certo qui è davvero un incanto, dalle
mie parti un panorama così te lo sogni! –
commentò Massimo, ammirato.
La
ragazza gli sorrise e gli spiegò che
sì, era vero, il panorama ed il clima erano stupendi, ma la
sua città aveva
tanti di quei problemi come
il traffico,
la delinquenza, la disoccupazione, i rifiuti. Non doveva lasciarsi
incantare da
quella visione paradisiaca perché spesso vivere
lì era come stare all’inferno.
A volte lei stessa avrebbe preferito essere nata in un altro posto
anche meno
bello ma dove la vita potesse essere
più
facile.
-
La vita può essere bella o brutta in
ogni posto – la corresse lui prendendola sottobraccio per
sorreggerla in quanto
il passo le si era fatto malfermo
sull’acciottolato irregolare – molto dipende da te,
da come stai con te stesso.
-
“Già – pensò Chiara mentre un
nodo le
saliva alla gola – è facile a dirsi ma non a farsi quando con te stessa ti
senti maledettamente
sola! Forse sarebbe
un'altra cosa avere
un braccio a cui appoggiarsi come sto facendo ora con te” .
Ma
non avrebbe potuto mai dirgli una
cosa del genere, perciò,
con un sorriso
spavaldo, replicò:
-
Certo, è così,
la cosa migliore è
l’autosufficienza ed anche
tenere tutto
sotto controllo.
-
A dire il vero non intendevo questo –
precisò Massimo rivolgendole uno sguardo un po’
interdetto però non ebbero
tempo di continuare il discorso perché erano arrivati e
dovettero darsi da fare
a trovare dei posti perché c’era già
parecchia folla.
Il
film fu bello e trascorsero buona
parte della strada del ritorno a commentarlo ed a parlare un
po’ di cinema che, a
quanto pareva, piaceva moltissimo ad
entrambi. Ai piedi del Castello c’era un pub da dove
proveniva un buon profumo
ed il giovane le disse di voler mangiare un panino perché
aveva fame.
-
Non è possibile! Con tutto quello che
ti sei spazzolato oggi!– rise la ragazza, ma lo
accompagnò di buon grado anche
se si limitò a prendere una birra piccola
mentre lui si abbuffava di gusto.
Parlarono
ancora tanto mentre tornavano
a casa e pareva che avessero mille cose da dirsi. Forse era solo
perché non si
conoscevano ancora ma
stranamente
insieme si sentivano già a proprio agio.
Era
quasi mezzanotte quando arrivarono
alla macchina di Massimo.
-
Ti dispiace se domani vengo con te
al Museo
Archeologico? – le domandò
mentre apriva lo sportello – Mi ripromettevo da tempo di
visitarlo però mi
scoccia andarci da
solo.
-
Preferisci le visite guidate? In
effetti ti conviene, come guida sono piuttosto brava –
scherzò Chiara –
Se proprio ci tieni, fatti trovare
all’ingresso alle otto e trenta in punto.
-
Non si può fare un po’ più tardi?
Domani è Ferragosto e volevo farmi una bella dormita
– le chiese con una
smorfia patetica - Va
bene, come non
detto – aggiunse subito dopo allo sguardo scherzosamente
torvo di lei –
Buonanotte.
Fece
per darle un bacetto sulla
guancia, ma Chiara si ritrasse con uno scatto anche se per scusarsi gli
rivolse
un sorriso dolcissimo e gli sussurrò:
-
Buonanotte a te, ispettore!
Mentre
saliva a casa, un mare di
emozioni le si agitava dentro. Chissà se aveva fatto bene ad
accettare di
rivederlo l’indomani. Di solito quando prendeva una decisione
non cambiava idea
così facilmente, ma questa volta si era lasciata trasportare
dal fatto che con
lui era stata davvero bene come da tempo non le capitava più
di stare con
nessuno. Per una volta… al diavolo! Non le andava di
trascorrere il Ferragosto
da sola! Tutto sommato non
si trattava
di fare altro che gli onori di casa accompagnando un
collega di un'altra città a vedere un museo.
Non
ci potevano essere pericoli di sorta. Forse anche Massimo non aveva
altre
intenzioni che quella di trascorrere in compagnia una giornata festiva
e non
nutriva il minimo interesse per la sua persona. A questo pensiero quasi
si
vergognò di essersi sottratta al bacio sulla guancia. Forse
non si salutava
così anche con gli amici? Aveva dato l’impressione
di fare apposta la ritrosa?
Aveva mancato di naturalezza?
–
“Uffa, speriamo di dormire stanotte!”
– pensò, conoscendosi bene.