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Autore: Clodie Swan    17/01/2022    4 recensioni
Mi ci vuole un po' per riagganciare la cornetta. Non appena metto giù, mi alzo risoluta e torno dentro l'ufficio più determinata che mai. Mi immagino di fare un'entrata trionfale con un fucile a canne mozze e di puntarlo agli impiegati, in stile John Q.“Datemi quel libretto e nessuno si farà male!”
La burocrazia può essere un avversario insidioso e serve molta pazienza per affrontarla, ma la nostra protagonista ne ha da vendere. Dopo tutto, è per una buona causa.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al contest “The darker is the night, the brighter will be the sunrise” indetto da Spettro94 sul forum di EFP”.

Pacchetto Ingordo:
Tema: Burocrazia
Stile: Commedia
Ulteriori prompt: ?

 

 

Il tunnel alla fine della luce

 

La scadenza è domani.
Continuo a vedere quella frase impressa sui documenti, come se quel plico di carte volesse prendere vita propria e scuotermi per le spalle. Nell'altra mano guardo invece il numeretto che segna il mio turno e il numero di persone che mi precede: 56.A vederle sembrano anche 560. O 5600?
Non uscirò viva di qui, penso, guardando la lunga fila dentro l'Ufficio dove il Tempo non scorre che porta allo Sportello delle Risposte. È ancora molto presto eppure tutta questa gente sta qui da ore. Come ha fatto? Si sono portati il sacco a pelo e hanno dormito qui? Non farei alcuna fatica a crederlo.
Forse oggi potrebbe finire quest'odissea. Non ho intenzione di tornare a casa senza aver ottenuto quello per cui sono venuta. È l'ultimo giorno per ottenerlo. Finalmente la fila comincia a scorrere di qualche millimetro.
E poi rimane immobile, per qualche altro milione di anni.

Entra una donna anziana a cui avevano permesso di sedersi mentre aspettava il suo turno.
“Gennarooo!” comincia a chiamare la signora guardando verso l'uscita. “Vieni qui!”

“ Signora, c'è il distanziamento.” le dice qualcuno “Si entra pochi per volta.”
La signora non da segno di aver capito perché poco dopo chiede ad un uomo vicino a lei. “Mi chiami Gennaro?”
L'uomo sorridendo con pazienza prova a ripeterle che il marito non può ancora entrare ma la donna non si arrende e comincia a chiamarlo a gran voce. “Gennarooo! Entra! Tu devi stare vicino a me!”
Dal fondo si sente una risposta brusca: “Statti zitta!” È un omino col cappello di pelliccia.
La scenetta va avanti a ripetizione come un loop mentre tutto il resto rimane immutato, i numeri della fila non procedono e si sente solo il vocione cavernoso della vecchietta. “Gennaroooo! Entra! Chiamatemi Gennaro!”

Qualcosa accade alla fine: si libera un posto ed il monitor segna un altro numero che non corrisponde a nessuno di quelli che sono in attesa, preceduto da una lettera mai vista prima.
“Sono quelli che hanno fatto il servizio di prenotazione per poter saltare la fila.” mi spiega qualcuno.
Cosaaaa? Sì, ho capito cosa significa, ma... cosaaa? Da quando esiste questa roba? Sono rimasta così indietro tecnologicamente?
Una dopo l'altra, una decina di persone tutte sorridenti e prive di occhiaie cominciano ad essere serviti mentre noi, miseri mortali antiquati, dobbiamo aspettare un'altra mezz'ora. O un'ora. È uno scherzo?
Mentre allo sportello servono una signora asiatica, una donna sull'ottantina comincia a sbraitare: “Adesso fate passare i cinesi?”Per favore, anche la signora xenofoba no! Così è troppo anche per me che ormai sto mettendo le radici.
“Hanno pagato il servizio di prenotazione.”le dico riciclando la spiegazione di prima.
“E allora lei perché non lo ha fatto?” mi chiede pignola.
“Non so come si fa.” ammetto vergognandomi un pochino. Mi andrei a nascondere, ma perderei il posto in fila.
“Di solito però alternano uno della fila dei prenotati ed uno dell'altra fila. “ mi spiega un giovane. “Si vede che oggi c'è un disservizio.”
Proprio oggi guarda caso! Ripeto: deve essere uno scherzo! Sta diventando tutto uno scherzo.

È cominciato tutto con la segnalazione del
Problema. Poi con la ricerca della visita per la Diagnosi del Problema. E anche lì lunghe ore di attesa al centralino, ad aspettare che qualche pietoso operatore prendesse la mia chiamata, ad ascoltare a ripetizione il tema della Primavera di Vivaldi, domandandomi se Vivaldi non si stia rivoltando nella tomba sapendo che la musica del suo concerto viene usata per intrattenere la gente appesa al telefono. Mentre l'operatore mi prega di restare in linea per non perdere la priorità acquisita, (brutto segno averlo imparato a memoria?)e io penso ma chi si muove? vado a farmi un caffè - perché tanto ci stanno 800 persone prima di me in attesa e dopotutto ho diritto ad un caffè, - così metto il vivavoce. Poi il caffè esce e proprio in quel momento, chissà come, i numeri sono slittati clamorosamente in avanti, alcuni hanno rinunciato, ed è arrivato il mio turno!Corro dalla cucina alla velocità della luce prima che possano riattaccarmi il telefono in faccia. E finalmente prenoto la Visita. Tra un anno però perché prima non c'è.
Che altro posso fare? Vado dal privato. Soldi che escono. Il bravo medico privato mi aiuta, non mi fa aspettare troppo ma mi manda a fare un tour di analisi e visite necessari. Privati perché non c'è posto. Altri soldi che escono. E finalmente arriva il giorno in cui ho la Visita che mi permetterà di chiedere l'aiuto. Va tutto bene e finalmente ottengo il pezzo di carta. Non lo devo perdere sennò mi sparo in fronte. E quel pezzo di carta lo porto nell'Ufficio per chiedere aiuto. Fine? Macché: è solo l'inizio. L'inizio di un'altra Attesa Infinita per avere l'aiuto. Tutto tace all'orizzonte. E allora cominciano i solleciti e le segnalazioni e le telefonate. Finché arriva la famosa lettera: la domanda è stata accettata! Stavolta è la fine? Ma neanche per sogno. Per avere l'aiuto che aspettavo, ovvero dei soldi che verranno versati sul famoso libretto, adesso devo fare un altro giro di documenti, compilare una montagna di carta che devono aver ottenuto abbattendo una foresta intera. Così scrivo, firmo e compilo fino ad odiare il mio stesso nome e finché non mi fa male la mano, ma ne vale la pena perché oggi è il gran giorno! Oggi mi danno il libretto e guarda caso la fila si è spostata, le ere geologiche sono avanzate, i dinosauri si sono estinti, i ghiacciai si sono sciolti: è il mio turno.

Torno alla realtà incredula e fiduciosa avanzando trionfante verso lo sportello. Non posso crederci; ho le lacrime agli occhi e la schiena a pezzi. Tiro fuori tutto l'incartamento e i documenti necessari. Il tipo dall'altra parte elabora lentamente tutto con uno sguardo dubbioso e si ferma giusto per prolungare l'agonia. Il sollievo diventa panico. L'impiegato si alza e orrore: se ne va! Che cosa sta succedendo?Mi sta venendo un attacco di cuore. L'impiegato torna dicendo che c'era un problema con un documento. Bisogna rifare tutto.
Se non svengo è un puro miracolo. E se non mi metto a gridare come una matta, è un altro miracolo..

“Deve aspettare che torni il mio collega. Io non so come fare.” si giustifica l'impiegato. Perché non lo sa?

“E a che ora torna?”chiedo cercando di non afferrarlo per la gola.

“Non lo so.” risponde lui tranquillamente. Ma non sa niente questo?

“...”

“Se vuole ripassare tra un pochino...”

Di bene in meglio, quindi. Non potendo continuare a bloccare la fila, se non voglio rischiare il linciaggio, decido di uscire. Non ce la faccio più. La gente mi guarda impietosita senza dire nulla, anzi direi proprio che non gliene frega niente a nessuno ed io vado a sedermi fuori su uno scalino. Inizio a piangere. Tutto il lavoro che ho fatto per un anno e mezzo non è servito a niente. Non ho più le forze di continuare. Mi arrendo. Per un attimo ho creduto di aver visto la luce ed invece sono finita di nuovo in un tunnel.

Proprio ora, suona il mio cellulare.

“Mamma!” trilla la voce della mia bambina.

La mia Giraffina! La chiamo così perché è ancora piccola di età ma è alta come un campanile ed ha le gambette lunghissime.

“Dove sei?” mi chiede tutta preoccupata.

“Alle Poste.” brontolo “Non ho ancora finito”

“Quando torni?” vuole sapere, ansiosa.

“Di questo passo, quando tu e tuo fratello avrete finito l'Università.”

Lei non ride. Alla Giraffina non piace che si scherzi su certe cose, come il fatto che la mamma tornerà tra tanto tempo. Sicuramente ha messo su il broncio.

“Che fa lo gnomo?”chiedo per avere notizie del fratellino. È stato bravo?”

“Sta facendo Batman.”

Il piccoletto ultimamente cerca di imitare Batman usando la coperta come mantello ma non gli riesce bene quando tenta di ruotare il mantello, finisce sempre per arrotolarcisi dentro come un involtino e cade lungo sul divano.

“Tu sei stata brava? Hai fatto i compiti?” le chiedo preoccupata. La Giraffina batte la fiacca quando non la controllo.

Lei non mi risponde. Silenzio colpevole.

“Tornerò prima possibile e ti aiuto.” le dico anche se non ci credo nemmeno io. “Devi avere pazienza. Questa cosa che sto facendo è molto importante per aiutare il tuo fratellino.”

“Sì, lo so.” risponde lei

“Brava la mia piccina.” La mia piccina che tra un po' si mette i miei vestiti. “Passami lo gnappo che lo saluto.”

Poco dopo sento dei passettini da T-rex in avvicinamento.

“Mammaaa!” squilla la vocetta emozionata del mio piccolino.

“Come stai, amore? Che stai facendo.”

“Bamman!”grida contento.

“Mi fai sentire come fa Batman?”Quanto è spassoso!

“Io tono: Bamman!”strilla col tono più minaccioso che conosce. Peccato che con la sua vocetta da pulcino non risulta troppo credibile.

“Bravissimo! Ti è venuta proprio bene.”

“Gassie mamma!” dopo un attimo di silenzio lui aggiunge “Cuanno tonni?”

Mi viene da piangere, ma riesco a restare calma. “Presto, amore. Prima possibile.” Il mio piccolo è sveglio e intelligente. Un furfantello impunito. Ma non parla ancora bene. Ha un notevole ritardo del linguaggio e quando è entrato all'asilo non spiccicava una parola. Eppure non ha mai permesso alla sua difficoltà di abbatterlo: è sempre allegro, socievolissimo, vivacissimo e in classe si trascina tutti dietro. La maestra all'uscita ha sempre i capelli dritti come se avesse messo le dita nella presa elettrica. Ero preoccupata per lui, ma devo dire che il mio gnometto mi ha stupito e mi ha insegnato molto. Ha solo bisogno di un po' di aiuto.

“Adesso la mamma deve andare.” rispondo sospirando “Ma torno presto. Farai il bravo?”

“Ti.”mormora.

Mi ci vuole un po' per riagganciare la cornetta. Non appena metto giù, mi alzo risoluta e torno dentro l'ufficio più determinata che mai. Mi immagino di fare un'entrata trionfale con un fucile a canne mozze e di puntarlo agli impiegati, in stile John Q.“Datemi quel libretto e nessuno si farà male!”

Ma a quanto pare non sarà necessario. Non appena mi vede, l'impiegato di prima s'illumina. “Signora, ha fatto bene a tornare! Il mio collega dice che va bene così! Abbiamo risolto tutto. Le posso consegnare il libretto!”
Resto a bocca aperta e avanzo lentamente verso lo sportello, la gente si fa da parte per farmi passare, guardandomi stupita. Comincia a cantare un coro di voci angeliche. O è solo nella mia testa? Firmo un ultimo pezzo di carta, tanto già ne ho firmati pochi oggi, e prendo il prezioso documento su cui verranno addebitati i soldini che spettano allo gnometto. Adesso potrà avere avere la terapia e il sostegno scolastico a scuola. Avrà tutto l'aiuto necessario e potrà fare altri progressi. Darà una pista a tutti

“Gennaro!” grida di nuovo la vecchietta! “Qualcuno mi chiama Gennaro!”

“Glielo chiamo io signora!” le dico tutta euforica. “Glielo porto pure in braccio.”

 

  
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