Eccomi! Con
più
note che mai.
Confessione: questo capitolo ed il prossimo dovevano essere uno solo e
invece
poi no (a questo punto: DOVE E’ LA NOVITA’?). In
realtà tutta la parentesi Jotunheimiana
dovevano essere solo due capitoli. Mi odio.
Comunque, qualche gigante, siate preparati, alcuni importanti, altri
molto
meno. ED OVVIAMENTE IL PERSONAGGIO CHE NON POTEVO NON METTERE.
BIGBOY, disegnato da me, qui: https://www.deviantart.com/rlandh/art/Utgard-Loki-898407003
Ci sono decisamente troppe poche fanart su di lui!
Vorrei sempre ringraziare Farkas <3 e chiunque
legga/ricordi/preferisca.
Buona Lettura!
Baci
RLandH
Chalet di
lusso dotati di ogni confort per trascorrere
vacanze indimenticabili tra Jotun che vorrebbero solo cuocerti allo
spiedo.
Offerta irripetibile della Utgard.Short.Rent.
“Oh, Ymir marcescente, pensavo che oggi avrei avuto una buona giornata” aveva
commentato una donna con un tono lugubre.
Jason l’aveva guardata cercando di studiare se fosse o meno
una minaccia, anche
Madina era stata sullo stesso avviso.
La donna indossava un abito che pareva morbido ma fatto interamente di
legno,
con spalline composte di rami che circondavano la sua testa.
“No! Non voglio
intervenire” aveva stabilito lei, alzando le mani in segno di
resa, dando loro
le spalle e sparendo verso lo Chalet.
Jason aveva guardato Madina, ma quella aveva sollevato le spalle.
“UTGAAARD-LOKIII!” aveva gridato la donna, sparendo
dietro il portone
principale; lasciando i due davanti uno spiazzo semicircolare che
precedeva
l’uscio.
“Utgard-Loki è il signore dei giganti di brina. Il
padrone di casa” aveva snocciolato
Madina, anticipando la sua domanda.
Prima che Jason potesse commentare oltre, un enorme aquila dal manto
castano
lucente, con sfumature rossastre, degne di bellezza ed
imperiosità di quelle di
Roma, era atterrata davanti a loro, affondando gli artigli neri nella
neve
bianca.
“Oh!” aveva esclamato Madina piena di emozione.
L’aquila aveva spalancato le ali, creando
un’effusione di aria che aveva costretto
Jason a chiudere gli occhi, l’attimo dopo non vi era
più un uccello davanti a
lui, ma un uomo, vestito di piume d’aquila.
Un viso appuntito e capelli nerissimi, portati lunghi fino alle spalle,
un
sorriso seghettato e poco rassicurante. L’uomo era
affascinante, spaventoso, ma
affascinante.
Indossava un gilet lungo fino a metà polpaccio, composto da
piume castano
lucido brillante, lasciato aperto su una camicia bianca e pantaloni
nero
lucido; tutto nel suo vestiario cozzava con il clima artico intorno a
loro.
“Oh, buongiorno sua maestà” aveva
dichiarato subito Madina, chinando anche il
capo. “’Sera, caso mai. Sol è sfuggito
anche oggi a Skoll” aveva risposto lui, seccato,
“Inoltre, figlia di Ullr non ti era stato cortesemente detto
di non
avventurarti più da queste parti?” aveva chiesto
retorico l’uomo.
“Ho difficoltà con la cortesia” aveva
ribeccato Madina, prima di far oscillare
gli scii, “Ho sentito di una gara di Biathlon[1]”
aveva
cinguettato innocente.
“Non ho intenzione di invitarvi ad entrare. La gara si
terrà domani all’alba …
se saprete sopravvivere qui di notte, non vi
fermerò” aveva dichiarato il
signore, guardando sia Madina, sia lui.
Jason aveva sussultato quando aveva visto quegli occhi scuri su di lui.
Quello aveva inclinato il capo, “Tu sei
…?” aveva domandato, cercando di
mascherare una certa confusione. “Jason Grace, sono un
… einherjar” aveva
risposto Jason.
“Un nuovo adepto, lo prepariamo subito ai Nove
Mondi” si era intromessa Madina.
“Di solito la gente impiega più secoli per venirsi
a suicidare … ma, sapete
cosa? Non mi interessa. Non vi inviterò
nella mia dimora e non dovrò
preoccuparmi di tenervi in vita” aveva dichiarato quello,
alzando una mano in
segno di sdegno.
Un gigante, attirato dalla loro presenza si era palesato, grosso e
nerboruto,
con una barba lunga biondo-argentea, chiusa in una treccia, con anelli
morbidi,
aveva un viso duro come l’acciaio, attraversato da cicatrici
e rughe pesanti,
anche i capelli erano biondi, anche quelli lunghi ed ordinati in una
treccia
disciplinata. “Non ho potuto non notarli, Big Boy”
aveva detto con una voce
profonda e cavernosa.
Big Boy aveva sorriso, “Oh, nobile Fornjotr, questi due
einherjar volevano
partecipare alla competizione di domani, cosa che io non ho intenzione
di
fermare. Le mie gare sono sempre aperte a tutti” si era
scansato il gigante.
“Ma Domani” aveva sottolineato Fornjotr.
Jason aveva guardato diverse facce, che si palesavano dallo chalet per
osservarli, interessati. La donna vestita di legno era ancora sulla
porta con
espressione insofferente. Jason lo stava comprendendo, aveva visto
quello
sguardo centinaia di volte sul viso di tutti i mostri che aveva
incontrato
nella sua vita, stavano valutando chi dovesse fare loro al barbecue.
“E non li stai invitando?” aveva sottolineato
Fornjotr allusivo. “Io no, non
sono miei ospiti. Siete forse ospiti di qualche mio ospite?”
aveva chiesto Big
Boy, smettendo di guardare loro per rivolgere lo sguardo allo chalet. Lui non aveva ancora del
tutto chiaro tutti
gli usi e i costumi della scuola, ma aveva l’idea che i
norreni avessero un
loro rito per gli ospiti, forse non protocollato come i tessera
hospitalis,
ma aveva il sospetto, piuttosto concreto, che se avessero avuto un
invito per
la notte, nessuno avrebbe potuto ucciderli – o almeno non
avrebbe potuto farlo
platealmente.
“Tipo un più-uno?” aveva chiesto Jason,
guardando le facce contorte da sorrisi
affilati. Diffidava che qualcuno dei giganti si sarebbe offerto di
assicurare
la loro sopravvivenza fino al mattino dopo.
C’era stato un minuto, uno intero, di imbarazzante e pesante
silenzio si era
premuto su di loro.
Lo Jotun Fornjotr non aveva smesso di sorride famelico, mentre sul viso
di Big
Boy si era palesata una genuina irrequietezza. Madina continuava a
sorridere
rilassata invece, come se la cosa non la tangesse affatto.
Forse vivere tutto quel tempo nel Valhalla e morire ogni giorno,
rendeva
impermeabili alla preoccupazione.
Altri giganti si erano avvicinati a loro, erano creature strane di
forme e
dimensioni diversi.
Alcuni erano umani come altri, alcuni brutti, altri belli, qualcuno era
enorme,
come montagne.
Jason aveva infilato una mano nella sua tasca, trovando la rassicurante
presenza di Giunone nel palmo della sua mano.
“Oh sì, io! Che smemorato che sono!” si
era sentita una voce.
Tutti gli occhi si erano rivoltati in una direzione, inclusi quelli di
Jason.
Tra un mormorio di: Chi è stato? Come ha potuto? Ma che
problemi ha?
La folla si era schiusa, permettendo a Jason di intravedere il suo
presunto
salvatore.
Quando la figura, sgomitando ed a fatica, era emerso tra loro Jason si
era
dovuto dichiarare: stupito.
Lo sconosciuto, dalla voce presumeva fosse un uomo, indossava una tuta
d’apicoltore arancione vibrante, aveva un capello come il suo
mestiere
richiedeva abbinato, da cui scendeva un velo scuro che ne copriva i
connotati.
Il velo, i guanti azzurri e gli scarponi marroni erano
l’unica cosa che si
distingueva dalla macchia arancione.
Era una creatura dalle spalle sottile, ma alta ed allampanata, come un
giunco.
“Bee?” aveva domandato Big Boy,
incerto.
“Oh, sì, avevo invitato la figlia di Ullr qualche
giorno fa, son proprio
smemorato” aveva ripetuto quello con voce colma di
ingenuità.
Altro mormorio si era alzato nella folla. Big Boy aveva assottigliato
gli occhi
cattivi, “Fárbauti?” aveva domandato poi.
Dalle spalle dell’apicoltore era comparso un’altra
figura. Per un secondo Jason
ebbe un mancamento, pensando che davanti a lui si fosse palesato Giove,
ma non
lo era. L’inganno era stato guidato dalla folta barba
attraversata di fulmini.
Fárbauti era imponente, massiccio. Spaventoso.
Aveva una barba folta attraversata di fulmini e la testa calva,
indossava una
cotta di maglia pesante e pantaloni di ferro.
Al fianco di Fárbauti era scivolata la donna vestita di
legno, a Jason era
parsa alta e flessuosa, ma accanto allo jotun appariva piccola come una
bambina.
Nel vederla, così sottile e delicata, lui ebbe
un’illuminazione: lei era una
dea. C’era qualcosa, si rese conto, nel vedere giganti e dei
di fianco, nella
loro aurea, che lì rendeva diversi.
Fárabauti aveva guardato la donna con
intensità, lei aveva ricambiato, si
era morsa un labbro, aveva guardato poi loro, con odio, poi
l’apicoltore e poi
di nuovo Fárbauti, aveva sbuffato ed abbassato le braccia.
Il gigante aveva guardato Big Boy, “Se mio figlio dice che
sono suo ospiti,
loro sono suoi ospiti” aveva dichiarato l’uomo con
voce dura come il ferro.
C’era stato un sospiro frustrato che collettivamente aveva
accolto l’intero
gruppo. “Spero tu sappia ciò che fai
Laufey” aveva dichiarato, frustrato
Fornjotr, guardando la piccola donna – intuendo dovesse
essere lei ad aver
deciso. Laufey – Jason era certissimo di aver già
sentito quel nome – aveva
sorriso graziosa verso lo jotun, “Non è sempre
così, Fornjotr?” aveva chiesto
sibillina.
“Bene” aveva concesso Big Boy, con un tono calmo,
“Giacchè siete venuti con il
nobile Býleist e, visto, che lui è mio ospite,
per estensione lo siete voi.
Finchè sarete sotto il mio tetto, sarete protetti. Io sono
Utgard-Loki – no
nessuna relazione con l’altro Loki – e benvenuti
nella mia umile dimora” aveva
dichiarato.
“Grazie” aveva cinguettato Madina.
“Grazie” aveva detto, incerto, Jason, ma
anziché guardare il gigante vestito
d’aquila, aveva guardato l’apicoltore.
“Ascoltami
Bee” aveva esordito Laufey, appena si erano diretti
nelle stanze che
l’apicoltore doveva aver ricevuto come ospite di Utagard.
Jason non era riuscito a vedere neanche metà degli interni
della dimora, tanto
che erano stati spinti velocemente nella camera.
L’Apicoltore si era fatto nervosismo sotto lo sguardo della
donna, “Tre quarti
della mia famiglia è sotto chiave, non ho intenzione di
passare la prossima
festa della mamma solo con Helblindi!” aveva dichiarato lei
furente, prima di
chiudersi la porta alle spalle, non dando all’altro la
possibilità di reagire.
Fárbauti, il gigante con la barba elettrica aveva riaperto
la porta, “Lo sai,
Bee, la mamma si agita sempre. Fai attenzione, non hai una moglie che
raccolga
il veleno per te” si era congedato più gentile
l’uomo.
“Siete consapevoli che lei è lo stoico albero e tu
l’imponente fulmine e non il
contrario?” aveva urlato Bee a quelli che dovevano essere i
suoi genitori, non
ricevendo risposte.
“Quelli erano Fárbauti e Laufey … i
genitori di Loki, di quel Loki”
aveva commendato Madina, con gli occhi quasi luccicanti.
“Sì, nessuno se li aspetta mai così.
Specie la mamma, colpa della Marvel, la
hanno travisata un po’ – e dagli anni Sessanta che
è arrabbiata per questa
cosa, non parlatene con lei[2]”
aveva
dichiarato subito Bee, sfilando via il cappello con il velo protettivo.
Sotto la retina era apparso un viso giovane e fresco, una pelle rosa,
cosparsa
di lentiggini delicate, un paio di occhioni ambra caldi ed una matassa
di
riccioli oro-rosso.
“Mentre io sono Býleist Laufeyson, il fratello di quel
Loki, quello
decisamente meno famoso. Potete chiamarmi Bee se volete[3]”
aveva
dichiarato quello allegro, posando il copricapo sul tavolo.
“Oh, salve Bee, io sono Madina e lui e Jason” aveva
dichiarato subito Madina,
presentandolo.
“Grazie Bee per l’aiuto” si era
intromesso lui, con nervosismo.
“Già, sì, grazie mille! Ma
perché?” aveva domandato Madina con
tranquillità, “Cioè
non vorrei sbagliarmi. È un po’ che non leggo la
Voluspa ma, ecco, mi pare che
tu-Lei guiderà l’esercito di Hellheim assieme ai
suoi fratelli” aveva
considerato.
Bee aveva ridacchiato, dirigendosi con un passo morbido verso il
piccolo
frigobar personale. “Sì, sì, ma quello
sarà al Ragnarok, tra spero ancora un po’
di tempo” aveva dichiarato, chinandosi sul piccolo frigo e
tirando fuori, con nonchalance
un corno potorio, “Un po’ di Idromele?”
aveva chiesto.
Jason stava per rifiutare, ma il suo stomaco lo aveva tradito.
“Penso preferiate un po’ di pane tostato e
miele” aveva dichiarato Bee,
rimettendo a posto il corno, un battito di mani secco e la stanza era
stata
invasa da un certo ronzio.
Una nuvola di api si era palesata, portando sul tavolo rotondo della
stanza un
piatto con pane abbrustolito e tirando un barattolino di miele.
“Grazie ragazze”
le aveva congedate l’apicoltore – le api erano
scomparse così come erano
arrivate.
“Ah sì dicevo – Ragnarok. Lontano! Anche
Big Boy spesso scende a compromessi
con gli einherjar quando vuole, ma solo con quelli che dice
lui” aveva
dichiarato Bee, facendo loro l’occhiolino.
Jason lo aveva guardato confuso, “Potrei averlo sentito in
giro” aveva
dichiarato Madina, allusiva.
Bee aveva sviato il baratolo di miele e stava spalmando con
tranquillità sul
pane, “Mangiate su, è miele molto speciale. Le
ragazze raccolgono il nettare
dai fiori che crescono sui rami dell Yggdrasill e lo producono ad
Alfheim.
Invece, io lo conservo a Myrkheimr[4]”
aveva
dichiarato tutto tronfio Bee, allungando verso di loro il vassoio.
Jason lo aveva guardato, “Siamo ospiti, giusto? Non
può avvelenarci, vero?”
aveva chiesto Jason, Madina aveva annuito, “E sarebbe anche
molto maleducato
rifiutare” aveva sottolineato Bee.
Jason aveva preso una fetta di pane tostato ed aveva dato un morso.
Il miele di Bee era il miele più dolce che Jason avesse mai
mangiato, ma non
era stucchevole, era delizioso. Nel profondo, dietro lo zucchero,
poteva
sentire un retrogusto diverso, nostalgico, famigliare, a cui non sapeva
dare
nome.
“Fantastico” aveva dato voce ai suoi pensieri
Madina.
“Grazie, le ragazze ne sono molto soddisfatte!”
aveva dichiarato Bee, battendo
le mani, pieno di vita.
Jason aveva dato manforte, mentre l’uomo li invitava a
prendere posto intorno
al tavolo.
“Okay, diciamo che io posso credere che tu sia uno di quei
giganti che non
aspetta il Ragnarok leccandosi i baffi” aveva cominciato a
parlare Madina.
“Lo sono! Ho il cinquanta per cento di probabilità
di non sopravvivere, sapete,
la veggente mi ha abbastanza evitato. Però, diciamo, vivere
mi piace un sacco”
aveva dichiarato lui, spalmando un po’ di miele anche per
sé stesso.
Jason e Madina aveva sorriso a quell’affermazione.
“Sì, credo che su questo
possiamo concordare tutti e tre” era intervenuto lui. Era
strano, non si
sentiva minacciato da Bee, non si sentiva addosso
quell’angosciante senso di
pericolo.
“Comunque, devo ammettere, che raccogliere mezzosangue
einherjar non sia nella
mia lista di cose preferite da fare e che il mio aiuto non sia stato
esattamente
disinteressato” aveva chiarito subito Bee, con calma, dando
un morso alla sua
fetta di pane.
“Ovviamente” aveva dichiarato subito Madina, con un
tono di voce calmo; Jason
aveva annuito, “Cosa possiamo fare per lei?” aveva
domandato.
“Prima di tutto: datemi del tu. Secondo: niente. Qualcuno
pagherà per voi”
aveva stabilito Bee con tranquillità. Jason aveva dovuto
dichiararsi sorpreso, uno
solo nome tuonava nella sua mente.
Kym!
Solo Kym poteva essere stata – chi altro, se no?
Ma non avrebbe potuto chiederlo, non con Madina lì.
“Bragi?” aveva azzardato allora Jason,
“Gerd?” aveva proposto invece Madina.
“E come potrebbe ripagarmi quel poetuccio? Gerd? Be,
sì, mi lascia andare ad Alfheima
a smielare quando voglio, quindi sì, se me lo avesse chiesto
lo avrei fatto ma
no …” aveva risposto lo jotun con estrema calma,
prendendo tempo, quasi a voler
tenere alta la suspense.
Jason aveva ascoltato attentamente, così come Madina, alla
fine Bee aveva
ceduto senza le loro domande: “È stato Váli,
ovviamente” aveva dichiarato, come se la cosa fosse stata
lapalissiana.
“Váli?” aveva
domandato Jason, pieno di confusione.
“Davvero?” aveva chiesto confusa Madina; anche a
lei doveva sembrare strano.
“Chi se, no?” aveva rincarato Bee.
“Letteralmente, chiunque altro al mondo?” aveva
domandato Jason, retorico, sbalordito
dall’espressione sconcertata di Bee, nel vedere la loro
palese curiosità.
“Ma che strano” aveva considerato Bee, dando un
morso alla sua fetta di pane.
Jason si era voltato verso Madina, lei aveva sollevato le spalle.
“Possiamo …” aveva cominciato Jason.
“Non vi consiglio di uscire da questa stanza, non potete
essere attivamente
uccisi, ma potreste essere vittima di un fatale incidente.
Però se volete c’è
il bagno, ma non posso promettere di non ascoltare” aveva
risposto lo Jotun.
“Forse
Váli
vuole essere certo che tu combatta all’holmagang”
aveva proposto Madina, “Certo,
non posso diventare il suo schiavo se muoio ucciso da un gigante,
no?” aveva
risposto Jason.
“Può darsi … ma” aveva
cominciato Madina, “Ma Jason, tu sei nuovo da queste
parti, nuovissimo, ma fidati che a me pare abbastanza strano
l’idea che Váli,
il dio venuto al mondo per vendicarsi…”
– Sì, Jason aveva afferrato abbastanza
bene quel concetto – “ … Decida di
venire a Jotunheim per chiedere a Býleist,
uno jotun, fratello di Loki, quel Loki che ha
orchestrato la morte di
Balder, fratello che Váli, su tutti, vuole
vendicare… per chiedergli di salvare
l’einherjar che lo ha sfidato, non permettendoli di uccidere
la sua preda mezza-jotun”
aveva buttato fuori Madina.
Onestamente no, non aveva senso, il minimo senso, ma Jason era figlio
di una
mitologia che a lui pareva non avere senso neanche un secondo del tempo.
La stessa esistenza di Jason sembrava un brutto lancio di dadi.
“Madina, è
scomparso il cinghiale luminoso, si è rotta una tavola del
destino, Mimir
prevede tempi straordinari, forse anche Váli si è
ridotto a misure eccezionali”
aveva provato.
“Non so, se almeno fosse stata Gerd, insomma
…” aveva borbottato Madina.
Jason aveva recepito quell’informazione ed aveva aperto la
porta del bagno, se
si fosse aspettato lo Jotun con un orecchio alla porta, sì
dovette riconoscere
deluso.
Bee stava bevendo dal suo bel corno potorio con calma.
“Sì?” aveva chiesto
quello, osservando lo sguardo di Jason.
“Prima hai detto che Gerd ti permette di andare ad
Alfheim?” aveva chiesto
Jason.
“Sì” aveva risposto con
tranquillità l’altro. Bene, ma non benissimo.
“È difficile
avere accesso ad Alfheim?” aveva chiesto. “Be, se
sei bravo no, immagino, ma di
norma gli elfi sono un gruppo di perfettini, boriosi ed intolleranti e
non
prendono di buon occhio le novità, specie quelle che portano
diversità. Penso
sia impossibile entrata ad Alfheim senza ritrovarsi due piedipiatti
alle
costole” aveva risposto Bee. “Ma tu puoi andare?
Hai tipo un permesso speciale?”
aveva chiesto allora Madina.
“Sì, ho un salvacondotto. Perché mi
state facendo queste domande?” aveva
chiesto poi.
Jason aveva richiuso la porta, “Alfheim ha più
controlli di un’ambasciata, mi
pare di capire” aveva valutato il romano, “Direi
Nilfheim, ma lì è più
all’uscita”
aveva replicato Madina. “Questo vuol dire che, ecco, chi ha
fatto il
tu-sai-cosa doveva avere un permesso …O qualcuno si sarebbe
accorto di un
arrivo non previsto?” aveva chiesto retorico Jason.
Madina aveva annuito, “Chiunque fosse, aveva il
permesso” aveva ripetuto lei.
“Adesso abbiamo uno jotun che arriva misteriosamente a
salvarci, per conto del
più improbabile dio che potrebbe farlo, con un salvacondotto
della Signora
degli Elfi” aveva sottolineato Jason.
“Senza dimenticare, che Bee è il fratello di Loki,
cioè non voglio dire che se
un tuo parente è infame, lo devi essere per forza anche tu,
Mel mi ucciderebbe
se mi sentisse dire questo. Però, ecco, Loki è
famoso per le sue arti elusive, probabilmente
anche Bee ne ha un po’ … inoltre, non hai sentito
prima la signora Laufey? Loki
e Bee hanno un terzo fratello” aveva sottolineato Madina.
“Helblindi” le era andato dietro
Jason, “Con la H, immagino”.
Madina
sembrava condividere la sua preoccupazione, “Solo
perché aiutarci?” aveva
chiesto lei, poi. “Non so, forse abbiamo preso un
granchio” aveva dichiarato
lui.
Madina aveva preso un respiro profondo, “Dobbiamo parlare con
Jarnsaxa” aveva
dichiarato.
Jason era d’accordo.
Quando erano usciti dal bagno, Bee li stava aspettando con braccia
conserte. “Non
so cosa stiate complottando, non ho intenzione di ostacolarvi, ma ho
giurato
sul mio onore di tenervi in vita fino a domani
all’alba” aveva stabilito
quello.
“Fantastico” aveva detto Madina, fingendo
credibilissimo entusiasmo, “Dobbiamo
parlare con una jotun” aveva detto invece Jason, anche solo
per studiare l’espressione
di Bee, quello non aveva fatto una piega, “Qui ce ne
sono” aveva risposto.
“Jarnsaxa. Ci serve lei” aveva detto, solenne,
Jason. Nessuna reazione aveva
attraversato Bee.
“Questo
è
molto … imbarazzante” aveva commentato Jason,
contento, per la prima volta, di
potersi sfilare gli occhiali e tornare ad una visione leggermente
offuscata del
mondo. Era vulnerabile, certo.
Madina di rimando non sembrava condividere un’oncia del suo
nervosismo e non
aveva avuto problemi a scivolare via dai suoi pantaloni sportivi e
rimanere con
la pelle nuda in vista.
“Non siate timidi” aveva dichiarato Bee, mentre
toglieva la sua tuta arancione
da apicoltore, non avendo vergogna a mostrare la sua nudità.
Appena Jason aveva
tolto via la giacca di Astrid, aveva sentito il freddo di Jotunheim
pungerli
anche le ossa.
Jarnsaxa, a quanto pareva, aveva deciso di passare la serata in una
sauna.
Sauna che si configurava in una casetta di legno, all’esterno
dello chalet di
Utgard.
“Tranquilla, non permetterò di bollirci
vivi” aveva detto Madina, prima di aprire
la porta, come Jason era rimasta in intimo, forse non così
folle da lasciarsi
completamente nuda ed il pugnale legato al cuoio, allacciato alla gamba.
Jason era entrato in boxer, una mano chiusa a pugno con dentro Giunone
e Halgaz.
“Oh, cosa c’hai portato Bee” aveva
cinguettato una voce, di donna, non era
stata Jarnsaxa, che era lì, Jason l’aveva
riconosciuto subito.
Una donna intrigante, aveva braccia e cosce sode, il ventre piatto,
definito, un
petto voluminoso, capelli neri come l’ebano scuro e
l’espressione rognosa sul
viso, di chi, neanche un giorno di pace aveva incontrato.
Oltre lei, seduta in disparte sul gradone di legno, nella sauna
c’erano già altre
due persone.
Una bella donna dai capelli oro-bianco, offerente di curve morbide in
ogni
posto che Jason avesse mai immaginato una donna dovesse averle. E
l’uomo,
grosso, con addominali scolpiti e bicipiti spessi come acciaio. Un
po’ in disparte
era davanti l’ara infuocata che riscaldava la stanza.
“Mia signora Grid, loro sono Madina e Jason. Ragazzi, loro
sono Grid – forse l’unica
persona qui dentro che vi può prendere il simpatia
– Logi il signore del fuoco
e Jarnsaxa Spada di Ferro” aveva detto Bee.
“Lei è la madre del divino Vidar!” aveva
esclamato con allegrezza Madina,
rivolgendosi a Grid, “Oh, sì, il mio bambino
però ora è ad Asgard” aveva
dichiarato quella.
“Come dovrebbe mio figlio se ne avessi uno” aveva
replicato Jarnsaxa, puntando
gli occhi su di loro, erano dello stesso colore della brace.
“Tu … Jason … tu, eri con la romeia,
l’altro giorno, l’amica di Thrud!”
aveva dichiarato Jarnsaxa.
Madina aveva saettato lo sguardo verso di lui, pregna di
perplessità.
“Sì” aveva ammesso Jason, che senso
aveva mentire? “E lei era con Gerd” aveva
considerato poi.
Nel sentire pronunciare il nome della signora di Alfheim, Jarnsaxa si
era
irrigidita, cosa che non era passata inosservata ai presenti.
“Logi, credo che la temperatura si sia fatta troppo alta per
noi giganti di
brina, sembra di essere a Mullspheim” aveva dichiarato Grid
alzandosi e
recuperando un asciugamano per coprire la sua nudità.
Logi aveva soffiato sul braciere per alzare ulteriormente la fiamma,
“Sì, io
inizio ad avere una certa fame. Scommetto che sono il doppio
più veloce di te a
mangiare” aveva dichiarato Bee, guardando il signore del
fuoco. “Anche tuo
fratello ai tempi ci provò e non fu fortunato” lo
aveva rimproverato Logi, “Ma
io sono quello sveglio della famiglia” si era giustificato
Bee.
Era riuscito a sbarazzarsi dei due, lasciando loro con Jarnsaxa.
“Deboli” aveva commentato a mezza-voce la Jotun,
con la bocca chiusa in una
linea dritta. Non stava parlando di loro, ma dei suoi amici che
l’avevano
abbandonata.
“Che volete?” aveva chiesto poi Jarnsaxa,
“Tanto siete qui per me. Lo ho capito”
aveva detto quella, guardandoli in maniera cruda.
“Siamo colpevoli” aveva ammesso Jason, mentre
cercava di raccogliere le idee,
come dire ad una gigantessa che volevano sapere se era coinvolto con il
furto
di un cinghiale luminoso?
“Vi ha mandato Thrud? Cosa sta complottando?” aveva
chiesto Jarnsaxa.
“No, Gerd” aveva mentito Madina.
Il nome della signora di Alfheim aveva di nuovo irrigidito Jarnsaxa,
che aveva cercato
di riacquisire controllo distogliendo lo sguardo da loro e passandosi
le mani
sui capelli per lisciarli.
“Oh! Tu sai qualcosa” aveva stabilito Jason,
“Io so molto di molte cose” aveva
risposto lei, senza particolare efficacia nel dissimulare.
“È stato H a dirti di distrarre Gerd?”
aveva domandato Madina avvicinandosi
subito, con sicurezza. Jarnsaxa si era ritratta indietro ed era
scivolata via,
per paura che la figlia di Ullr si avvicinasse troppo. I suoi occhi si
erano
spalancati per un secondo, Jason aveva visto nelle iridi scure, anche
offuscato
dall’assenza degli occhiali, un chiaro sentimento: paura.
Ma non credeva fosse rivolta a loro.
“Hai paura di H” aveva stabilito Jason; Jarnsaxa lo
aveva guardato, distante,
con gli occhi vacui, “Sì” aveva detto,
senza colore, poi aveva recuperato
lucidità, “Non so di che parlate” aveva
detto alzandosi, immediatamente, riacquisendo
lucidità.
Solo allora Jason aveva realizzato che era completamente nuda. Jason
aveva
sentito una vertigine nel vederla e l’imbarazzo era esploso
sul suo viso
brutale. Madina aveva chiuso la mano a tunnel e l’aveva
portata alle labbra soffiando
con vigore, una folata di vento aveva investito a pieno la gigantessa,
riportandola a sedere.
“Oh, maledetta, hai portato la temperatura decisamente sotto
lo zero!” aveva
ringhiato offesa Jarnsaxa, incrociando le braccia.
“Cosa hai combinato con Gerd?” non aveva demorso
Madina. Jarnsaxa aveva sciolto
la sua espressione crucciata in un sorriso sardonico, “Gerd
è una mia buon’amica”
aveva dichiarato, ma non sembrava affatto sincero,
“Però … potremmo fare un
accordo” aveva proposto quella.
Jason si era messo sull’attenti, così come aveva
fatto Madina, “Cosa vuoi in
cambio?” aveva chiesto lui.
“Se domani vincerete al Biathlon vi dirò cosa mi
ha chiesto di fare H” aveva affermato
Jarnsaxa; “Ma se vincerò io, dovrai dirmi cosa ha
combinato la Piccola-Sif” nel
dirlo, la jotun aveva guardato Jason.
“Astrid?” aveva domandato lui confuso, pensando
alla nipote della dea.
Jarnsaxa aveva aggrottato le sopracciglia nere, “No,
Thrud!” aveva ricevuto come
risposta.
Jason aveva sentito un certo brivido correre lungo la sua schiena.
“Non
sappiamo niente di Thrud” aveva detto lui alla fine, cercando
di sembrare più onesto
possibile; “Sei proprio un boy-scout, vero? Non hai mai
mentito nella vita,
vero?” aveva chiesto quella, facendo oscillare i capelli neri.
Fu tentato di risponderle che una volta aveva finto di essere un ghoul
ed aveva
pranzato anche con loro, ma non poteva
“Se non vinciamo, noi?” aveva chiesto allora Jason
per prendere tempo. “Allora
ognuno si terrà i propri segreti e voi
dovrete preoccuparvi solo a come sopravvivere. Bee non vi
salverà due volte”
aveva risposto Jarnsaxa. “Accettiamo” aveva detto
Madina, di getto.
“Formalizziamolo?” aveva proposto la donna jotun;
“Lo giuro sul mio onore”
aveva dichiarato.
“Lo giuro sull’anello di Ullr” aveva
dichiarato Madina, senza incertezza.
Jason aveva avuto il sentore che sarebbe svenuto.
“E tu, boy-scout?” aveva chiesto Jarnsaxa,
guardandolo, “C’entra H? Quanto è
pericoloso?” aveva chiesto Jason.
La sua domanda aveva confuso Madina, che gli aveva tirato una gomitata,
“Non
funziona così” aveva detto la gigantessa.
“Tu parlerai delle tue motivazioni,
io devo tradire la fiducia di un’amica” aveva detto
Jason.
Non era stato reticente per quello, non fino a quel momento almeno
– era più
preoccupato che il suo segreto avrebbe portato ad una guerra tra
pantheon – ma
dopo aver pronunciato quelle parole aveva realizzato, con orrore, che
era vero.
Vero.
Thrud. Kym.
Madina aveva stretto gli occhi, realizzando la portata delle parole di
Jason ed
aveva abbassato lo sguardo, con una certa tristezza negli occhi.
“Eh va bene. Diciamo che quando Odino, la notte, si stende
nel suo talamo e va
a dormire con il timore di cosa verrà ad ucciderlo il giorno
dopo: non pensa al
mio ventre florido, né Loki che porta caos, né la
gola di Fenris, ma pensa
ad H” aveva risposto.
Forse H era
davvero la rottura, lo spezzarsi dell’equilibrio.
“Lo giuro sul mio onore” aveva confermato Jason.
Quando erano
usciti fuori dalla capanna riscaldata, Jason aveva potuto osservare un
nerboruto gigante fuggire via strillando, coperto di sangue. Il Lupo
mezzo-Jotun
teneva con orgoglio era lì impettito, con il muso insozzato,
che sorvegliava i
loro vestiti.
“Oh, grandi dei, ha fatto la guardia” aveva detto
Madina, recuperando i suoi pantaloni.
Jason si era chiuso la pelliccia addosso ancora prima di infilarsi la
maglia,
tanto il freddo pungente lo aveva colto.
Lupo aveva sentito le parole di Madina ed aveva scodinzolato
soddisfatto.
Immaginava che una pelliccia magica come quella di Astrid, potesse fare
gola.
Si erano incamminati tutti e tre lungo la passeggiata di legno che
collegava la
sauna al resto di Utgard. “Stavo pensando: tu sei una figlia
di Ullr, dio della
neve, degli scii e della caccia. Letteralmente la prova di domani per
te è un
gioco. Quindi o Jarnsaxa è la presunzione fatta persona, o
è molto sciocca o
sta progettando qualcosa” aveva considerato Jason.
Era sceso il sole ed una notte quasi soffocante era calata su di loro.
“La
terza, Jason. Siamo ad una competizione di Utgard-Loki, non
è l’abilita con
scii ed arco che sarà valutata ma quella con lo Siónhverfingar”
aveva
detto Madina.
“Ovvero?” aveva chiesto Jason, spaventato.
“Un tipo di seid, il più ingannevole. Le visioni
fasulle, la confusione. Le illusioni
– o almeno quelle sono le arti di Utgard-Loki, ognuno usa il
suo” aveva detto
quella, calma, “L’unica regola e non farsi beccare.
Tipo, se domani, per caso,
dei fulmini cadessero dal cielo …” aveva detto lei.
Jason aveva annuito, “Ma se il Sion-on-so-pronunciarlo
è in grado di
creare visioni fasulle non potrebbero nascondere e creare finti
bersagli?”
aveva chiesto Jason, sapeva che nel biathlon si dovevano colpire
bersagli.
“Sai Jason, mi sei simpatico, anche perché mi stai
facendo fare sostanzialmente
un’avventura… però non ti conosco
così bene da poterti svelare tutti i miei segreti.
D’altronde una ragazza ha bisogno di mantenere una
po’ di mistero” aveva
risposto Madina strizzandoli l’occhio.
Questo aveva guidato Jason ad un’altra riflessione: era
arrivato nel Valhalla
solo tre giorni prima.
Avevano
raggiunto il portone di Utgard, lasciato aperto, sotto lo sguardo di
alcuni
giganti, alcuni interessati a loro ed altri, decisamente, colmi di
acredine
nella loro direzione.
Anche il padrone di casa era lì, indossava un completo da
sera, composto di
piume d’aquila, con un’espressione piuttosto
placida. “Oh, siete riusciti a far
scendere la temperatura anche nella mia sauna” aveva detto
leggermente piccato.
“Ho un talento per raffreddare le situazione” aveva
giocato Madina con un
sorriso onesto sul viso.
“Non avevo dubbi, Madina Ullrdottir. La cena sarà
servita a breve, se ve la
sentite, siete i benvenuti” aveva esclamato, senza colpo
ferire, Utgard-Loki
facendosi da parte.
Jason era entrato, osservando il signore dei giganti, seguito da una
molleggiante Madina; l’espressione placida e divertita del
gigante si era
congelata appena i suoi occhi si erano posati sul Lupo.
“Lui no” aveva detto, “Lui non
è ammesso qui” aveva dichiarato,
nonostante il tono di Utgard-Loki fosse stato privo di ogni artifizio,
di ogni
malia, ma duro come il martello contro il ferro, Jason aveva visto sul
viso
sempre divertito un’espressione colma di tristezza. Lo stesso
Jotun era
infelice del suo bando. Il Lupo aveva uggiolato, ferito da quelle
sferzate, ma
prima che Jason potesse intervenire lo aveva visto chinare il muso e
fari da
parte, sparendo nell’alta neve.
“Questo spiega perché se n’era andato
prima” aveva commentato Madina; Jason
aveva sentito una stretta allo stomaco, il lupo era solo, non aveva
dimora, non
era amato dagli dèi, né dagli jotun.
Un esiliato.
[1]
Avevo
detto nell’ultimo capitolo che il Biathlon è con
l’arco, in realtà quello vero
è con i fucili, ma qui siamo a Juntheim.
[2]
Se avete
visto il primo film di Thor, lì Laufey è
rappresentato come un Gigante di
Ghiaccio, nei fumetti anche Farbauti appare, come una donna, mi pare.
Non so
che droga si fossero presi Lee e Kirby (cioè sì,
perché Loki è l’unico che va
con il matronimico) ma Laufey è la madre (considerando chi
è Loki, non mi
azzardo a dire Donna ahahah) e Farbauti il padre. Inoltre, Laufey viene
elencata tra le aesir-donne.
Altre informazioni inutili: Laufey (Foglie) chiamata anche Nal (aghi di
pino) è
spesso associata all’albero e Farbauti (Crudele attaccante)
il fulmine , che
abbattendosi sul legno darebbe origine al fuoco (che spesso
è associato al Loki
– tal volta a Logi, ma capite che la similitudine dei nomi ha
un senso), ovvero
Loki.
Quindi sì, decisamente Loki non è un gigante di
ghiaccio. Ah, Lee e Kirby, ah.
[3]
Metto
una nota per dire che l’etimologia del nome di Bee non ha
senso. Può essere:
Camminatore di Api o Tempesta Lampo o Calma Tempesta o Tempesta
violenta.
Chiaramente tra le quattro ho scelto l’unica a caso.
[4]
Nome del
regno dei nani (Letteralmente Terra Oscura) altra denominazione di Nidavellir, che è
noto anche come Svartalfaheim
(Giusto per non farsi mancare nulla, 3 nomi), in realtà se
non ricordo male,
nel riordanverse lo chiamano così.
In realtà la mia amica germanista dice che Nidavellir
è la forgia, più che il mondo.
Mentre Svaralfaheim è “la terra degli elfi
oscuri”, ora, tra nani (Identificati
come i Dvergar) ed elfi oscuri si stanno ancora dando botte da orbi i
linguistici, però, Riordan li classifica come due specie
diverse, ma molto
simili, che coabitano lo stesso mondo. Perciò, Bee, fa
politically correct ed
invece dichiamarla la terra dei nani/elfi-oscuri, la chiama la Terra
Oscura,
per non far torto a nessuno.
Questa nota serve a qualcosa? No, ma io la lascio.
BEE: https://www.deviantart.com/rlandh/art/BEEBOY-901403878