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Autore: Dalybook04    23/01/2022    0 recensioni
Nell'antichità ogni tanto nascevano persone magiche con delle voci speciali, talmente belle da far tremare le montagne ed esplodere i cuori dei nemici, distruggere le mura nemiche o far fiorire le colture anche durante gli inverni più rigidi. Erano persone molto, molto speciali, e venivano venerate al pari degli dei. Ne nasceva uno su un milione, erano rarissimi. Non ne nascono più da un migliaio di anni, forse di più.
Ma sarà davvero così?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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https://youtu.be/olGSAVOkkTI

Francis e Arthur scendono dal treno, i trolley al seguito.
"Per quale cazzo di motivo mi sono lasciato convincere?" brontola Arthur "odio questo paese"
Francis alza gli occhi al cielo "lo sai perché. Devi conoscere la zia"
"Potevi andarci da solo dalla zia"
"È più prudente viaggiare in due"
"Blablabla. Dove dobbiamo andare?" sono in una stazione microscopica con letteralmente due binari, in un paesino sperduto nel nord della Francia. Hanno preso un treno fino a Parigi, e da Parigi fino a lì. Francis controlla le istruzioni che gli sono state date e si guarda intorno, finché non individua la via indicata sul foglio delle indicazioni che gli ha dato Lovino insieme al resto delle cose.
"Di là" ci vuole mezz'ora a piedi nel freddo e nel gelo perché arrivino a destinazione. Nessuno dei due parla granché, se non per lamentarsi.
Finalmente trovano l'orfanotrofio, un vecchio monastero dismesso in una via di campagna ancora più a fanculo rispetto alla stazione.
"Che faccio?"
"Bussa!" Arthur ha ancora meno pazienza del solito, come potete ben immaginare. Apre un signore anziano, magro come un filo d'erba tutto ricurvo su un vecchio bastone.
"Chi siete?"
Francis e Arthur si guardano. Risponde il francese "amici di vecchia data. Siamo qui per la zia Muriel" come c'è scritto nel foglio. L'uomo li fa entrare.
"Ce ne avete messo di tempo" l'interno dell'edificio è angusto, stretto e umido. Francis rabbrividisce al pensiero dei danni che avranno i suoi capelli "stavo iniziando a preoccuparmi"
"Abbiamo fatto il prima possibile" Arthur segue in silenzio il vecchio, che sta blaterando in francese. Coglie solo poche parole, ma, anche a causa del forte accento dello sconosciuto, fatica a capire. Persino Francis ha difficoltà a seguirlo.
L'anziano sale due rampe di scale, a fatica ma rifiuta qualsiasi tentativo di aiuto da parte dei due ragazzi, attraversa un lungo corridoio e bussa alla porta in fondo. Dentro, due bambini piccoli, sui sette, otto anni al massimo, giocano seduti sul letto con dei vecchi soldatini in legno.
Il vecchio addolcisce leggermente il tono della voce "ciao, piccole pesti. Oggi andate in un posto più adatto"
I due bambini guardano gli sconosciuti con aria incuriosita, ma non dicono nulla. L'uomo spiega "ho detto loro di non parlare. Non si sa mai, con le loro voci..." si avvicina ai piccoli e dà loro delle pacche sulla testa "tenete voi i soldatini. Servono più a voi che a me" mormora qualcosa ai due bambini e li abbraccia per qualche secondo. Quelli ricambiano la stretta, con aria terrorizzata "siate forti" conclude "e vivetevi la vostra vita" si gira verso i visitatori "ve li lascio" e si pianta sulla porta, a osservare in silenzio.
Francis annuisce, raggiunge i due bambini e si inginocchia per essere alla loro altezza. Sorride "ho un regalo per voi" prende il sacchettino dalla borsa e glielo porge. Il più grande dei due, un biondino che avrà non più di nove anni, lo apre e tira fuori le due biglie. Francis ne prende una e la mette nella manina dell'altro bambino.
"Quando vi sentite pronti stringetela forte fino a romperla" spiega "così andrete in un posto sicuro. C'è un nostro amico, si chiama Lovino e si prenderà cura di voi"
I bambini si guardano, poi stringono i pugni, fino a spezzare le biglie. Sono scomparsi.
Il vecchio sospira "oh be'. È stato veloce"
Francis si alza "la lasciamo riposare"
"Grazie. Ricordate la strada per l'uscita?"
"Oui. Arrivederci" Francis afferra l'inglese per un braccio e lo trascina fuori.
Appena mettono piede fuori, tutto diventa nero.

"Per chi lavorate?"
Francis apre gli occhi, ma tutto rimane scuro. La voce viene da davanti a lui. Sente le mani di Arthur premere contro le sue e le corde che gli graffiano i polsi, devono averli legati.
"Non capisco" risponde in libertino, la lingua usata dal suo interlocutore "cosa volete?"
"Sapere per che cellula terroristica lavorate"
"Non lavoriamo per nessuno"
"E allora che ci facevate in un orfanotrofio sperduto nel nulla, eh?"
"Stavamo andando da mia zia" mente Francis "e ci siamo persi. Abbiamo chiesto indicazioni"
"Falso, non hai nessuna zia che vive in quella zona. Scommetto che lì dentro c'erano delle Belle Voci. Dove le avete nascoste?"
"Non so di cosa stiate parlando" mormora Arthur, intontito "non sappiamo niente sulle Belle Voci, tranne che le state sterminando senza una fottuta ragione"
"Vedremo se tra qualche ora avrete intenzione di parlare" chi ha parlato si allontana e chiude qualcosa, forse un cancello, probabilmente la porta di una cella. Arthur agita i polsi, si dimena, e alla fine riesce ad allentare abbastanza i nodi da liberarsi un polso. Si toglie la benda e sì, ci ha visto giusto: sono in una cella, probabilmente sotto terra a giudicare dall'umidità. La poca luce che arriva entra da una finestra troppo in alto perché riescano ad arrivarci. Si affretta a liberarsi l'altro polso e libera anche Francis.
Li hanno sistemati su delle sedie, schiena contro schiena, legati al dorso, per questo le loro mani si sfioravano.
Francis si prende la testa tra le mani "siamo morti"
"Smettila e dammi una mano a trovare un modo di uscire"
"Non c'è! Ci hanno anche tolto quei cosi che ci ha dato Lovino. Moriremo qui!"
"Ci deve essere!" Arthur si agita come un animale in gabbia, e in un certo senso lo è. Fa avanti e indietro alla ricerca di una via d'uscita.
Tre ore dopo ancora niente è cambiato. Arthur si siede per terra, accanto al compagno, stanco. Ha perlustrato la cella centimetro per centimetro e non ne ha ricavato niente.
"Non voglio morire" sussurra "non così"
Francis se n'è stato zitto tutto il tempo, a pensare guardando il vuoto.
"Ti amo" mormora. Arthur lo guarda con tanto d'occhi.
"Cosa... cosa hai detto?"
"Hai sentito. Non mi va di morire senza avertelo detto"
"Non ci uccideranno"
"Giusto. Ci tortureranno per avere informazioni che non abbiamo, capiranno che siamo inutili e ci uccideranno"
"Hai intenzione di dire qualcosa?"
"No. Tu?"
"Manco morto" abbassa il tono della voce "e se dessimo false informazioni?"
"Rischiamo di peggiorare le cose. Non diciamo nulla e basta" Francis sospira. Sorride, ironico "non ho fatto la vita che avrei voluto. Volevo morire in modo più glorioso"
"Che vita avresti voluto?"
Il francese scrolla le spalle "avrei voluto vivere una bella storia d'amore. Una di quelle lunghe, passionali, complicate e... e non lo so. Vederla morire, forse, o passare il resto della vita con quella persona. In ogni caso, un amore da raccontare ai nipoti, di quelli che ti spingono a comporre poesie, a disegnare, a cantare di quanto tu sia schifosamente innamorato"
"Sdolcinato" Arthur tace per un po'. Poi "e vorresti che sia io quella persona?" sussurra. Tanto ormai che ha da perdere?
Francis lo scruta in silenzio, stupito. Cerca di capire cosa passi in quella testolina inglese così testarda.
"Non lo so" ammette "forse. Tanto che importanza ha?"
"Non lo so" si gira a guardarlo "sai come vorrei morire io?"
Il volto di Francis è strano nella penombra, quasi cinereo "come?"
"Senza rimpianti"
"E al momento ne hai?"
Arthur tace, mettendo da parte l'orgoglio. È faticoso per uno come lui. Poi afferra il viso di Francis, lo fa girare e lo bacia.

"Ma sei rincoglionito in culo o cosa?!" Lovino, incazzato come una iena, apre di scatto la porta della cella "state bene?"
Dietro di lui, un tizio dalla pelle scura sospira "che esagerato"
"Esagerato?!"
"Non li ho neanche torturati"
"Non ti uccido solo perché mi servi" ringhia Lovino. Arthur apre gli occhi, mezzo addormentato, e osserva Lovino che lo sovrasta e lo scruta con tanto d'occhi. Sospira.
"Oh shit"
"Io lo sapevo" sussurra Lovino, con un piccolo sorriso.
"Vedi? Si sono anche divertiti alla fine" commenta il tipo, lo stesso che li aveva interrogati.
"Stai zitto. Alzatevi, voi. Vi lascio cinque minuti" ed esce trascinandosi dietro il tizio.
Arthur, con Francis mezzo nudo addormentato addosso, sospira. Che figura di merda.

"Cioé, fammi capire. Questo psicopatico ci ha rapiti e rinchiusi per un giorno per essere sicuro che non fossimo delle spie nemiche?"
Sadiq, come si è presentato, alza le spalle "non si è mai troppo prudenti"
"E neanche troppo coglioni a quanto pare" Lovino sbuffa "riportali a casa"
"E se andassero a riferire tutto al nemico?"
Lovino alza gli occhi al cielo "e ammetterebbero di averci aiutati?"
Sadiq ci pensa. Sbuffa "va bene, li rimando indietro. Dove volete andare?"
Francis cerca di incrociare lo sguardo di Arthur, senza successo. Sospira.
"A casa"
"Intendi a casa tua, a scuola...?"
Francis ci pensa, ma è Arthur a intervenire "a casa mia. A Londra"
Il francese lo guarda come se avesse appena suggerito di andare all'Inferno senza neanche la guida di Virgilio. Arthur lo incenerisce con lo sguardo "mi hai costretto a venire in questo paese di merda, ora vedrai il mio"
"Non siamo neanche stati a Parigi!" la città dell'amore. Piuttosto che andarci, soprattutto dopo quel che è successo, Arthur si sparerebbe nel piede. Sadiq sogghigna.
"Volete che vi faccia una luna di miele o avete capito che non sono un'agenzia di viaggi?"
"Londra" Arthur stampa una mano sulla bocca di Francis per farlo tacere "in centro. Da lì ci orientiamo"
"Possiamo fare qualcosa per, ehm, farci perdonare?" interviene Lovino "cioé, lui. Io vi ho salvato le chiappe"
"No, grazie. Solo... mandateci lì"

"Perché mi hai portato qui?" Francis sospira, accarezzandosi i capelli "c'è un'umidità da spavento"
Arthur osserva il Tamigi che scorre sotto ai suoi piedi. Sono sul Tower Bridge, si sono ritrovati lì all'improvviso. Nessuno intorno li guarda male, nessuno si stupisce che due ragazzi siano apparsi all'improvviso con le valigie ai piedi. Nelle loro borse, ci sono due biglietti aerei per tornare indietro. È come se fossero stati sempre lì.
"Avevo bisogno di tornare a casa" mormora. L'acqua grigia scorre veloce, si fonde con il cielo plumbeo e riflette la tormenta nella testa del londinese.
"Con me?"
Arthur non risponde. Si sporge dalla ringhiera, chiude gli occhi e inspira l'umidità di Londra, che lo riporta a casa. Dev'essere pragmatico. Cosa deve fare?
"Con te" decreta infine.
"Perché?"
Sospira. Una nuvoletta di vapore gli esce dalle labbra, il sentimento che vorrebbe esprimere, quel che vorrebbe dire, ma non sa con che parole.
"Guardati intorno. Questo grigiume, l'aria di pioggia, quello che ti fa così schifo, è parte di me" si volta verso il suo interlocutore, allarga le braccia e solleva la testa al cielo, come per abbracciare l'intera città "come fai a dire che mi ami se odi tutto questo?"
"Perché dici che è grigio?" replica Francis "guardati intorno. Non li vedi i colori?"
"Io sì. Tu?"
"Certo che li vedo" incrocia gli occhi di Arthur, con aria decisa "vedo le sfumature azzurre del cielo, i colori dei negozi, le luci dei pub nascoste dalla nebbia" gli si avvicina e posa le mani sulla ringhiera alle sue spalle, ingabbiandolo in una sorta di abbraccio. Forse vi sembrerà strano che due adolescenti siano così poetici, ma l'amore di questi due per la letteratura del rispettivo paese li rende così, due idioti innamorati dell'amore, l'uno appassionato di Jane Austen, l'altro di Victor Hugo "e i tuoi occhi non sono solo verdi, ma hanno delle sfumature azzurre e gialle"
Arthur sbuffa una risata e lo guarda con aria di sfida "dici questo a tutte le persone che ti vuoi portare a letto?"
Intorno a loro tutto scorre, i londinesi e persone di mille altre nazionalità corrono, influenzati dal ritmo sfrenato del luogo. E dove corrono? Dove, dove corrono?
Francis posa le labbra sulla sua fronte. Immobili, si godono quel bacio così puro e disinteressato, una scintilla di calore nel freddo pungente dovuto alla pioggerellina sottile che ha iniziato a cadere. Quelle goccerelline che li tormentano, sono come le frecciatine che manda Arthur, uno scudo per nascondersi e proteggersi.
"Arthur" gli trema la voce "smettila. Smettila, cazzo. Non ti rendi conto che ho un cuore anch'io?" ride "per seguire la tua metafora, Parigi è solo la città della lussuria per te? Non è la città dell'amore?" l'inglese non risponde. Ha gli occhi puntati sul Tamigi, dall'altra parte del ponte, oltre alla spalla di Francis, che si allontana, e così entrambi ripiombano nella pioggia "insinui che io sia superficiale e che non ti veda veramente, e poi sei tu quello che non riesce a guardarmi"
"Ti vedo"
"E allora perché non ti fidi di me?"
"Londra non è una città che si fida. Non ha bisogno degli altri, si costruisce da sola, conquista da sola, crea da sola"
"E ha un disperato bisogno di amore, del calore del focolare di una casa accogliente, della cioccolata calda mentre fuori piove. O sbaglio?"
"E tu? Di cosa hai bisogno?"
"Di qualcuno da amare e che mi ami non solo per il sesso"
"Spero che tu riesca a trovare quel qualcuno" mormora Arthur, con aria assente.
"Non ho speranze con te, eh?"
"Non in tempi brevi, temo" abbozza un sorriso "non mi piace fidarmi delle persone"
Francis gli accarezza il viso, con aria affranta "aspetterò, allora"
"Per quanto?"
"Questo dovrei chiederlo io a te. Avrei dovuto aspettarmelo, d'altronde. L'amore vero non cade dal cielo, te lo devi sudare"
Arthur chiude gli occhi per impedire alle lacrime di cadere. Non può permettersi di sperare "suda quanto vuoi" lo allontana e si avvia verso uno dei due lati del ponte "andiamo a casa mia, è l'ora del tè"

Angolo autrice:
Helo. Oggi Fruk intensa.
Intanto grazie a chi è arrivato fino a qui, grazie per i voti, i commenti, le recensioni e quant'altro, spero di non star deludendo le aspettative di nessuno. Se vi va di dirmi cosa ne pensate mi fa molto piacere, ogni critica è ben accetta.
Piccola comunicazione di servizio. Sto scrivendo una robina di due capitoloni (e con "oni" intendo che uno dei due, che è più o meno finito, ha superato ampiamente le 10000 parole). Una cosina senza pretese, tranquilla, senza una trama complicata, slice of life. Non vi anticipo molto, ma sarà incentrata sulla famiglia Vargas (con Gerita e Spamano ovviamente)
Eee niente, come vi va la vita? Spero tutto bene.
Un bacio
Daly
   
 
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