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Autore: _uccia_    24/01/2022    0 recensioni
Lui vive secondo un codice, il codice Vory. Nel mondo malavitoso russo esiste una gerarchia e delle tradizioni. Lei sarà lo strumento che lo farà ascendere al potere.
Lui è un sicario chiamato il Siberiano, lei una principessa della 'Ndrangheta italiana.
Quello che non sanno è che il loro destino è inesorabilmente intrecciato e che non avranno scrupolo a sfruttare la posizione l'un dell'altra per raggiungere la sommità della scalata al potere.
Perché più forte della loro ambizione, può essere solo il desiderio carnale e possessivo che pare bruciarli interamente.
Due personaggi che per quanto diversi si ritroveranno a dover lavorare di squadra, in un ambiente cupo e pericoloso diviso tra Stati Uniti, Honduras e la fredda Russia.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                                                                                       ---------------VICTORIA-----------------


 
Distesi l'uno accanto all'altro sotto il piumone, le parve naturale appoggiare la guancia sul suo caldo petto. C'era intesa fisica tra loro e benché non trovassero molto di cui parlare senza cadere nelle ovvietà come il tempo e la temperatura, nell'eccitazione condivisa e nella novità della reciproca esplorazione, avevano trovato una comunicazione senza imbarazzi.
"Non insisterò affinché tu mi riveli tutto del tuo business", provò a intavolare lei mentre con l'indice gli andava ad arricciare un ciuffetto di peli chiari sullo sterno. "Però ti chiedo questo, quando mi dici qualcosa fa che sia la verità. Tra noi penso che si possa lavorare sul rispetto e, nel rispetto reciproco, credo che ci sia spazio per i segreti ma non per le bugie. Sei d'accordo?".
In risposta, lui emise una leggera risatina che fece sobbalzare la testa di lei su e giù.
"Dà...d'accordo. Ti darò mia sincerità", le disse accarezzandole la schiena nuda con una mano.
"E io farò altrettanto. Ora...", Victoria appoggiò quindi il mento sul petto di lui per guardarlo in faccia. "Volevo dirti, grazie".
Vasilj sorrise, trasmettendo alla bocca il buonumore che gli guizzava negli occhi leggermente a mandorla. "Per cosa?".
"Per esserti offerto di sposarmi", le rispose lei inarcando le sopracciglia.
Parve confuso e questo le diede la percezione che forse le cose non stavano come lei credeva.
"Non proprio offerto...", esitò. "Ma molto contento di accettare. Avevo parecchi motivi per farlo, motivo principale è per stesso motivo per cui tu sposato me: alleanza e pace".
"E se ti dicessi che questo matrimonio porterebbe molto più profitto a noi due rispetto al Vory o a mio padre?", replicò lei continuando a giocare con il ciuffo di peluria.
Lui le bloccò il gesto, intrappolandole la mano nella sua. Gliela strinse forte, quasi a farle male.
 "Cosa?". La incalzò, improvvisamente molto concentrato.
Guardando quel volto forte, austero e determinato, con zigomi larghi e solide mascelle, Victoria pensò per la prima volta che il piano di Titov poteva essere veramente usato contro tutti loro. Tutti gli altri.
"Quanto posso contare su di te?". Gli chiese in un sussurro, a pochi millimetri dalle sue labbra.
Lui era immobile, completamente pietrificato.
"Adesso sei al sicuro", affermò deciso lui. "Hai mio nome, mio clan e se necessario, protezione del mio corpo".
La frase la colpì con particolare impatto, mentre osservava il modo risoluto in cui teneva larghe le spalle e il ricordo della sua brutale ferocia nel aggredire e abbattere senza pietà chiunque gli si parasse davanti. Parlava sul serio, Vasilj sapeva quello che diceva e aveva addosso cicatrici che lo dimostravano.
Non era un voto romantico, bensì la schietta promessa di salvaguardare la sua sicurezza. Victoria sperava solo che il limitato potere del suo nuovo sposo potesse proteggerla anche dall'altra parte del mondo.
"Veramente cavalleresco da parte tua" disse lei, in assoluta sincerità. "Mi chiedo se basterà, quando sarò in Honduras".
Vasilj si puntellò con le mani e si mise a sedere appoggiando la schiena sulla testiera del letto e Victoria fece altrettanto.
Lei si massaggiò stancamente la radice del naso prima di aggiungere: "Non hai sposato solo la figlia di un Boss, ti sei mai chiesto perché fosse così importante che uno di voialtri mi sposasse? L'aggancio di mio padre, l'honduregno, ha stabilito che io facessi da garanzia affinché ogni transizione sia puntualmente pagata. Dovrò organizzare io le prossime e tutte le spedizioni future, dovrò essere presente sempre".
"E cosa aspettavi a dirmelo?" la interrogò lui, facendo vibrare le iridi grigie. Stava pensando a qualcosa, era assolutamente concentrato nel rielaborare i dati a sua disposizione.
Victoria passò a massaggiarsi nervosamente il collo irrigidito. "Te lo stò dicendo adesso, perché è adesso il momento più opportuno".
Lui la stava a malapena a sentire, passato rapidamente da modalità amante a quella da Vor. "Quando sarà prossima spedizione?".
Victoria si strinse nelle spalle. "A che velocità piazzi la roba?".
"Ho quarantamila dollari da smerciare in mie piazze. Da ultima stima posso ipotizzare una offerta che coprirà sei mesi, massimo sette, ma altri Vor chiederanno forse prima una nuova partita".
Stava facendo roteare il pesante anello d'oro attorno all'anulare della mano sinistra, usando il pollice della stessa. Una sorta di giochetto che sembrava aiutarlo a concentrarsi.
Ora la stava guardando dritto negli occhi con aria seria.
Victoria sperò di non aver mai in futuro brutte notizie da dargli, non poteva immaginare come poteva guardare chi lo deludeva.
Lei si osservò il sottile taglio rossastro che aveva al polso, il segno del patto di sangue avvenuto in chiesa che l'aveva legata per sempre al mondo malavitoso russo.
Senza passi in dietro, senza via di fuga.
"Me ne occuperò io, dovrò per forza essere io altrimenti il mio aggancio in Honduras farà saltare tutto. Mi hai promesso fiducia e sincerità, posso aspettarmi veramente questo da te?".
"Dà", rispose lui annuendo. Sorrise lievemente, con aria triste, e le accarezzò con due nocche la guancia. "Tu onori me".
Victoria rimase senza parole. "Cosa? Cioè... volevo dire, perché?".
"Con te a mio fianco, ho potere di decidere come organizzare fornitura di coca", si alzò in piedi. Nudo e stupendo come un dio della guerra scolpito nel marmo, si avvicinò all'armadio addossato al muro. Aprì le ante e ne cavò fuori una bottiglia in cristallo riempita da un liquore dorato.
"Attenta", la ammonì stappandola e porgendole la canna. "Molto forte".
"Dovrei bere?". Si chiese ad alta voce lei, esaminandone il contenuto guardinga.
"Brindiamo!", la esortò lui sedendosi sopra la trapunta. "A Signora Volkova", disse sottovoce e Victoria ebbe una leggera sensazione di panico.
La represse attaccandosi alla bottiglia come una che lo faceva da sempre.
Cominciò a tossire e sputacchiare immediatamente, con la gola in fiamme.
Vasilj rise sguaiatamente con quella sua particolare risata simile al latrato di un cane e si riappropriò della bottiglia, ne bevve un sorso ma poi tornò nuovamente verso l'armadio.
Questa volta si armò di una piccola valigetta in pelle e un tavolino in legno usato per le colazioni a letto.
"Hai detto che non sai se io potrò proteggere te in Honduras, io presto pongo rimedio".
Detto ciò, gettò la valigetta sul letto accanto a lei e si affrettò a stabilizzare il tavolino da colazione fra di loro.
Si sedette quindi a gambe incrociate, il pene lungo disteso a testa in giù sulla trapunta.
"Che fai?", gli chiese allarmata lei.
Vasilj non le rispose, procedette semplicemente ad attrezzare un kit per tatuaggi. Inserì la spina della pistola alla presa, caricò di ago sterile la punta e riempì un cerchietto di inchiostro nero che appoggiò in un angolo del tavolino. Da un barattolo, ne cavò fuori una noce di vasellina e stappò poi un pennarello colorato dalla punta sottile.
Porse la mano sinistra a Victoria con il palmo all'insù e attese, armato di pennarello sulla destra.
"Mano sinistra... prego", la invitò.
Victoria esitò. "E' normale tatuare le proprie mogli?".
La risposta le diede una scarica di adrenalina.
"No".
Vasilj le disegnò con il pennarello una stella a più punte, grande come tutto il dorso della mano, dimostrando una notevole abilità nel disegnare a mano libera.
Disegnò una stella del tutto identica a quelle che lui stesso aveva alla altezza delle spalle. Ma al centro, vi scrisse qualcosa in cirillico che Victoria riconobbe come: "Lupo".
Vasilj annuì e procedette ad avviare con un forte ronzio la piccola pistola per tatuaggi.
"Volkov", la corresse. "Mio cognome. Cominciamo, dà?".
Lei affrontò l'intera procedura da vera signora, senza la minima contrazione. Vedere la stella di Vasilj Volkov, il famigerato lupo dell'Organizacija, incisa sulla sua carne, le suscitava un inaspettato senso di orgoglio.
"Ora tutti sapranno che sei donna di un Vor", le disse lui mentre con della carta le asciugava le ultime goccioline di sangue. "E se toccano te, moriranno".
Lei non discusse, lo guardò pensierosa.
"Questa stella ha significato nel nostro mondo, Solnyshko. Potresti non fidarti mai del tutto di me ma questa stella dà a te potere.".
Le prese la mano fra le sue, ben più grandi e callose. "Quando senti ansia e paure, voglio che tu tocchi mia stella. Ricorda, unica cosa di cui tu puoi essere certa. Sei al sicuro già solo per fatto di averla su pelle. Non hai bisogno di armature se indossi mia stella".
Victoria si prese un attimo per guardarlo immobile con incertezza, mentre combatteva interiormente con i suoi pensieri.

---
 
"Hai fame?", gli chiese lei qualche tempo dopo.
"Da morire", le rispose lui addentandole delicatamente un seno, poi alzò gli occhi sorridendo. "Ma no solo di te", rotolò fino a bordo letto. "Forse c'é ancora cibo in frigo, forse anche vino se Ivan no bevuto tutto. Vado a prenderne un po'".
"No, non alzarti. Ci vado io". Victoria saltò giù dall'alto letto e si diresse verso la porta, gettandosi un lenzuolo sopra al corpo nudo.
"Victoria!", la richiamò Vasilj marcando pesantemente la 'c' del suo nuovo nome. "Meglio se vado io...". Ma lei aveva già aperto la porta.
Quando fu in corridoio riuscì a udire dei rumori provenienti dal piano di sotto, tra cui il grattare di una sedia sul pavimento e due colpi di tosse.
La sua comparsa sulle scale venne accolta da rauche grida di evviva da parte di una quindicina di uomini ancora vestiti a festa, seppur sgualciti e macchiati di cibo e alcolici.
Alcuni di loro erano intenti a giocare a carte sul tavolo della cucina, altri stavano guardando il notiziario del pomeriggio in salotto e altri ancora stavano saccheggiando il frigorifero.
Lei rimase per qualche istante ferma sui gradini di metà scalinata, in preda all'imbarazzo, con quindici facce che la fissavano maliziosamente.
"Ehi, ragazza!". Gridò Elisey, seduto al tavolo della cucina mentre estraeva dal suo mazzo un asso e lo gettava nel mucchio di carte davanti a lui. "Riesci ancora a camminare!".
La battuta provocò scoppi di risa e commenti ancora più brutali circa le prodezze del Siberiano.
"Se gli hai già prosciugato forze, prenderei volentieri suo posto", si offrì un giovane basso e dai capelli scuri.
"No, no, lascia stare, quello lì non vale a niente. Scegli me, piuttosto!", gridò un altro.
"Lei no vuole sapere di voialtri!", urlò inaspettatamente Ivan dal divano in salotto. Pareva ancora ubriaco. "Dopo Volkov, ci vuole roba come questa per soddisfarla!". Agitò sopra la testa un enorme osso da brodo, tra gli scrosci di risate che scuotevano l'intero pian terreno.
Con un rapidissimo giro su sé stessa, Victoria risalì la scala... solo per trovare suo marito in cima. A torso nudo con addosso solo i pantaloni, le fece l'occhiolino con aria da vecchia volpe.
"Cercato di avvertirti", le disse sorridendo biecamente. "Che strana faccia che hai, sorridi!".
"Cosa diavolo ci fanno...", sibilò lei tra i denti. "Tutti quei uomini quì? Ci hanno sentito?".
Vasilj alzò le spalle. "Testimoni", spiegò brevemente. "Titov non vuole rischi che matrimonio sia nullo. Tua reputazione ormai rovinata".
Le diede una pacca sul sedere "Se sono testimoni diamo qualcosa da vedere" disse per poi ridiscendere la scala nella sua entrata trionfale tra gli uomini.
Udì la sua avanzata verso la cucina in mezzo a un coro di lazzi osceni, domande e fischi.
Victoria corse di nuovo nella camera da letto, richiuse la porta alle sue spalle e vi ci scivolò contro a gambe tremanti.
 
  
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