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Autore: aurora giacomini    26/01/2022    1 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il riscaldamento, appena varcate le porte scorrevoli del centro commerciale, diede loro un senso di soffocamento. Era un odore quasi denso, gommoso e caldo, in cui galleggiavano diversi profumi, acidi o zuccherosi.

“E' così che la gente si ammala!”, sbottò Waverly, che ancora non si era abituata alla logica secondo la quale se fuori fa freddo, dentro deve essere un forno e viceversa.

“Hai ragione”, ne convenne Nicole. Si tolse la giacca e se la appoggiò al braccio. “Inoltre, tutte queste persone non aiutano la situazione... mi manca l'aria.” Diede una breve occhiata in giro prima di concentrarsi sulla punta delle sue scarpe.

Ansia sociale?

“Sono i giorni prima di Natale: tutti stanno pensando ai regali dell'ultimo momento. Puoi aspettarmi in macchina, se vuoi. Non sei obbligata a stare qui dentro.”

“Di solito evito i luoghi affollati”, confessò, senza distogliere l'attenzione dalle scarpe bianche. “Ma quando le persone sono così tante... non lo so, si diventa invisibili. Si è parte del gruppo, si è un tutt'uno con tutti. Siamo sempre soli, questo non cambia, ma è diverso. Non so se ha senso per te.”

“In qualche modo sì”, rispose Waverly, dopo averci pensato qualche secondo. “Ma non saprei dare un vero nome alla sensazione che descrivi. La capisco, so di cosa parli... però non so come si chiama.”

Forse non si tratta di ansia sociale... E' solo che evita gli occhi delle persone? Cavolo, sta evitando quelli di qualche spirito? Non sono molto ferrata sull'argomento, ma nelle serie TV, nei libri o film quando il personaggio in questione non vuol fare sapere agli-

“Penso sia quello che accade davanti ad un grande pubblico. Ho problemi a parlare quando ci sono più di tre persone, ma su un palco... su un palco e facile parlare e muoversi.”

Un palco? Inteso come un palcoscenico?

“Hai tenuto delle conferenze sul tuo lavoro, cose del genere?”

“No”, sorrise. “Ho fatto parte di una compagnia teatrale. Viaggiavamo per il mondo, portando in scena alcune opere famose.”

Finalmente scopro qualcosa su di lei!

“Eri un'attrice di teatro? Wow!”

“E' stato molto tempo fa.” Si avviò verso la scala mobile. “Vieni. Il reparto è al terzo piano.”

Si affrettò a raggiungerla.

“Dopo ti va di parlarmene? Del teatro, intendo.”

Nicole si voltò a guardarla. La fissò negli occhi mentre la scala le portava in alto.

“Ti renderebbe felice?”

“Be'... diciamo che sono curiosa. Ecco tutto.” Abbassò lo sguardo, sfuggendo a quello di Nicole. “Non so nulla di te... e... ma vorrei, ecco. Mi piacerebbe conoscerti un po' meglio.”

“Lo stesso vale per me. Ne parliamo a casa, va bene?”

Ci risiamo...

“Certo.”


 I piani superiori erano un po' meno trafficati, ma l'aria ancor più soffocante.

Il calore tende a salire... che scocciatura!, pensò Waverly. Non potrebbero, che ne so... abbassare un po'? Non mi sembra un'impresa impossibile, né tanto meno un concetto alieno.

Si fermò, perché un laccio le era finito sotto la scarpa. Nell'inginocchiarsi e sporgesi in avanti, vide qualcosa entrare e uscire dal suo campo visivo, un movimento altalenante.

Oh, già...

Afferrò il ciondolo che le aveva dato Nicole poco prima.

Me ne ero dimenticata.

Una piccola smorfia le increspo le labbra: Chissà quante donne l'hanno indossato prima di me... Che faccio? Sono gelosa? Gelosa di chi? Di cosa...? Nicole è... non ho idea di chi sia, questa è la verità. La conosco da qualche ora, nel totale... Forse mi sono presa una cotta, ma questo può giustificare il fastidio che provo?

Osservò il suo stesso riflesso, distorto dalla forma della piccola pietra nera. Poi nel riflesso comparve del colore. Rosso.

“Tutto bene?”

Nicole torreggiava su di lei, ma, a differenza dell'ultima volta, le porgeva la mano.

“Sì.” Infilò velocemente il laccio a lato della scarpa e accettò l'aiuto della donna. Si rimise in piedi e trattenne la mano di Nicole nella sua.

Che diavolo sto facendo? Molla la presa, idiota!

Non lo fece. Non voleva farlo.

Si costrinse ad alzare lo sguardo per cercare gli occhi di Nicole. Ebbe una fitta di sgomento, quando li trovò.

Perché ha le pupille così dilatate? Ho letto che può trattarsi di eccitazione o paura... escludendo che sia eccitata.... perché ha paura? O magari sono io ad avere paura? No... non sono io: provo solo... tristezza. Magari mi sbaglio, magari mi sta solo guardando molto attentamente... magari le piaccio. Succede questo quando guardiamo qualcosa che ci piace, no?

Eppure, facendoci caso, mi sembra paura... sono quasi certa che sia spaventata. Però non capisco perché. E' colpa mia? Se la colpa è davvero mia, perché non si sottrae al contatto?

“Perché non vi prendete una stanza?”

Il commento ruppe l'incanto e le loro mani si separarono.

Waverly si guardò attorno alla cerca della persona che si era sentita in dovere di commentare e interrompere. Le ci volle poco a trovarla: a pochi metri c'era un ragazzino che continuava a voltarsi nella loro direzione e a sghignazzare.

“Cosa vuole?”

“Lascia stare.” Nicole si voltò e avanzò nella direzione opposta. “Andiamo, il negozio è dietro l'angolo.”

Cavolo! Qualunque cosa si stesse creando fra di noi... è andata in pezzi! Volevo almeno avere il tempo di capire cosa stesse succedendo... Moccioso impertinente, spero ti venga il mal di pancia!

Riprese a camminare concentrandosi sulla schiena di Nicole, sulla danza delle sue scapole e dei muscoli sotto la camicia.

Non riesco a trovare un modo per... per? Non lo so, riaprire il discorso con lei. Non era un discorso verbale, è vero, ma i nostri occhi si stavano parlando, no?

Lei ha fatto finta di nulla. Forse questo non è semplicemente il luogo idoneo. Forse una volta a casa potremmo parlarne... anche se non so bene se abbia senso. Sono confusa.

“Posso aiutarvi?”

Non si era accorta di essere entrata nell'area dedicata agli animali. L'uomo, un signore piuttosto anziano, le stava osservando con curiosità. Per essere precisi, stava osservando Nicole.

“La mia amica. E' lei l'interessata”, rivelò Nicole.

La mia amica... Che carina.

“Buongiorno.” Fece un passo avanti. “Sto cercando alcune cose per un gatto... magari lei mi può aiutare e consigliare.”

L'uomo annuì distrattamente e i suoi occhi non lasciarono Nicole, neppure quando rispose: “Vieni con me, ti mostrerò qualcosa.” Solo allora si voltò, invitando Waverly a seguirlo.

“Cerchi qualcosa nello specifico?”, chiese l'uomo, quando si fermarono davanti ad uno scaffale ben fornito. C'era di tutto, anche oggetti il cui utilizzo era completamente sconosciuto a Waverly.

“Guardi, glielo dico sinceramente: non ho un animale domestico da quando ero bambina... ed era un cane.” Gli sorrise. “Penso abbia bisogno di un paio di ciotole per cibo e acqua... cose così.” Ricordò l'episodio di quella mattina e aggiunse: “Oh, è una lettiera! La lettiera sarebbe davvero importante.”

L'attenzione dell'uomo era quasi tutta per Waverly, ma il suo sguardo cercava anche Nicole. Lei non sembrava averlo notato, o era semplicemente troppo timida per ricambiare la curiosità.

“Allora cominciamo da zero”, le sorrise lui. “Devi comperare del cibo apposito per il tuo micio; non puoi dargli cibo per cani, per esempio: hanno composizioni diverse. Inoltre devi tenere conto di razza, età e peso.”

“L'ho trovato ieri sera”, confessò.

“E' un persiano di circa tre chili, è piuttosto malnutrito”, intervenne Nicole. “Gli ho visto i denti, in base a questo posso ipotizzare che sia piuttosto giovane: non più di due anni.”

Wow... questa proprio non me l'aspettavo! Pensavo non fosse per nulla interessata a Galileo. E sembra anche sapere di cosa parla.

“... lo porteremo dal veterinario al più presto. Certo”, concluse Nicole.

L'uomo continuò ad istruire Waverly per molti minuti ancora. Ogni tanto i suoi occhi ormai opachi indugiavano brevemente su Nicole.

Aveva fatto leggere a Waverly quasi tutte le etichette. “Sono quasi una talpa”, aveva commentato, ridendo dolcemente.


 Andarono verso la cassa con due ciotole di metallo, del cibo per gatti, una lettiera e la sua sabbia, e una gabbietta “per quando lo porterai dal veterinario”.

Waverly aveva deciso di risparmiare evitando di acquistare una cuccia e un tira graffi. Il divano e la legna saranno sufficienti, si era detta.

“Solo un momento”, disse l'uomo, “devo trovare i miei occhiali.” Guardò sul bancone e sotto di esso, senza successo.

“Mi scusi”, intervenne Waverly, “potrebbero essere quelli che ha appesi al collo?” Indicò un paio di occhiali dalla montatura dorata, dalle lenti tonde e spesse.

“Oh!”, esclamò, sfoggiando un sorriso divertito e imbarazzato. “Povero vecchio me! Grazie. Sono così sbadato!”

“Anche io mi dimentico dove poggio le cose”, lo volle consolare.

Inforcò gli occhiali, sbatté un paio di volte le palpebre e si concentrò su ciò che lo aveva incuriosito per tutto il tempo: Nicole.

Gli si illuminarono gli occhi. “Abby...” mormorò con infinita dolcezza.

Cosa sta succedendo?, si chiese Waverly.

“Abigail era mia nonna”, rispose Nicole, che non sembrava sorpresa o turbata.

Che stia parlando della signora anziana? Quella della foto che ha in macchina?

“Perdonami.” Distolse lo sguardo per concentrarsi sulle sue stesse mani. “E' stato come vedere il fantasma della mia gioventù. Per tutto il tempo ho avvertito qualcosa di così famigliare e caldo... emanate la stessa energia positiva.” Sorrise. “E il tuo volto è...”

“Le assomiglio molto, è vero”, confermò Nicole.

Alzò di nuovo lo sguardo.

“Abby... lei?”

“Ha ricevuto il bacio.”

“Ha ricevuto il bacio”, le fece eco; un'eco triste e distante. “E' stato sereno?”

Nicole mosse un passo verso di lui e gli posò la mano sulla spalla minuta.

“E' stato dolce.” Una lacrima le scese sulla guancia. Waverly fu certa che non le appartenesse, che quella lacrima fosse dell'uomo. Non aveva una spiegazione, semplicemente lo sapeva.

“E' stato un bel momento”, proseguì Nicole. “E' arrivata nella notte, non l'ha svegliata. L'ha baciata e se ne sono andate insieme, serenamente.”

Di cosa sta parlando? Non capisco...

“Era una donna forte, non è così?” Sorrise e appoggiò la mano fragile e tremante su quella fresca e salda di Nicole. “Una vera signora. Delicata ma indomabile... selvaggia e libera come il vento. Me lo disse”, mormorò, “me lo disse da subito che non mi sarebbe mai appartenuta, che se ne sarebbe andata con la primavera. Me lo disse e sapevo che nulla le avrebbe fatto cambiare idea. Me lo disse, ma scelsi di non soffocare i sentimenti che, giorno dopo giorno, mi riempivano il petto di calore e tenerezza.” Una lacrima scivolò anche sulla sua guancia. “L'ho amata e sono certo che lei abbia amato me...”

“Lo so”, affermò Nicole, senza badare alle lacrime che le avevano completamente invaso gli occhi e che lasciò scorrere libere. “So chi sei.”

“E... è possibile che...?”

“No, Henry, non sei mio nonno.”

“Una parte di me si sente sollevata, lo confesso. Una parte di me è felice di non essere mai stato padre, un padre che non ci sarebbe stato per la sua creatura.” Prese delicatamente il viso di Nicole fra le sue vecchie, ossute mani. “Grazie di essere venuta come un angelo a dissipare i miei dubbi e tormenti. Grazie di avermi permesso di parlare di lei, di ricordarla un'ultima volta. Grazie di avermi detto che non mi ha mai dimenticato.”

Solo in quel momento Waverly si rese conto di essersi commossa. Si rese conto di piangere lacrime dal sapore quasi sconosciuto. Si rifugiò in quel sentimento, in quella magia che aveva permesso al negozio di scomparire e che l'aveva catapultata indietro nel tempo, nella fragile tenerezza di un altro essere umano. In un amore dalle tinte antiche e sfocate, calde e malinconiche.

Fu grata a Nicole per essere stata così dolce, così umana nella sua compostezza. Si commosse e si sentì grata di essere stata testimone di una delle ultime gioie di un uomo.

  
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