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Autore: eddiefrancesco    27/01/2022    0 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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Erano passati un paio di giorni dal loro arrivo e già non ne poteva più di quel posto. Diversamente da tutti gli altri, a Odyle e alle bambine erano state destinate delle stanze nell'ala orientale della casa, da dove si godeva una vista spettacolare del bosco. Ma stare così lontana da Tristan e da tutti gli altri ospiti la faceva sentire sola e isolata, diversa e inferiore agli altri. Ed era vero, cercò di convincersi. Anche se Lord Montgomery, Mr. Oswald, Lord Moran e Lady Cartwridge la trattavano amichevolmente e si intrattenevano spesso a parlare con lei, lei era e rimaneva poco più di una cameriera. Negli ultimi mesi, grazie alla confidenza di Tristan, di Lord Michael e di Emma, forse l'aveva dimenticato. Si domando' per l'ennesima volta che cosa avesse determinato il drastico cambiamento nell'atteggiamento di Lady Emma. Si era chiesta se Lady Moran poteva sospettare che lei intrattenesse una relazione illecita con suo marito ma aveva allontanato subito quel pensiero perché lo trovava a dir poco assurdo. Lord Michael la trattava con gentilezza soltanto perché lo stava aiutando e gli permetteva di confidarsi con lei nei momenti in cui avrebbe sentito il bisogno di prendere della morfina o di stordirsi con l'oppio, ma dopo il chiarimento che avevano avuto la prima sera, quando l'aveva riportato a casa dallo Stelo d'oro, lui l'aveva trattata con rispettoso distacco. Sospirò, inspirando a pieni polmoni l'aria fresca che proveniva dalla finestra aperta. Il profumo degli alberi era corroborante e gradevole, e subito se ne sentì rincuorata. Dopotutto, lei non apparteneva davvero a quel mondo. Non appena ne avesse avuto la possibilità, sarebbe tornata a Parigi e al suo lavoro di scultrice. Tornata alla scrivania, si rimbocco' le maniche per poi immergere le mani nella creta che aveva nascosto nel proprio baule. Agnese ed Ernestine dormivano nella stanza accanto. Da quando erano arrivate, sembrava che non facessero altro. Probabilmente l'aria pulita della campagna le tranquillizzava e le faceva ritemprare. Dalla creta emerse gradualmente un viso dallo sguardo arcigno, con un sopracciglio alzato in modo sdegnoso e il naso arricciato, quasi fosse sul punto di rimproverarle qualcosa. Era quella l'immagine di Tristan che aveva in mente da quando viveva con lui sotto lo stesso tetto. Aveva immaginato in modo diverso quella possibile convivenza... anche se non avrebbe dovuto. Impasto' la creta con vigore fino a renderla una massa informe simile a una palla appiccicosa. Quindi, vista la mancanza di ispirazione, iniziò a modellare delle miniature di animali domestici per quando Agnese ed Ernestine si sarebbero svegliate. Di solito, alle bambine piaceva molto quel gioco. Aveva quasi finito di creare il fattore, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Nessuno, fino a quel momento, era andato a cercarla in camera sua. Nessuno aveva richiesto la sua presenza finché non era scesa volontariamente nella sala comune, in compagnia delle figlie dei Moran. «Miss Chagny, vi disturbo?» Una donna sulla sessantina, dall'aspetto energico e con i capelli grigi raccolti in una crocchia severa, si affaccio' alla porta dopo che le ebbe dato il permesso di entrare. «Mrs. Manfred... prego... cioè, scusate... Sono un po' in disordine, ma... ditemi pure.» Non aveva scambiato molte parole con l'anziana governante di Tristan, fino a quel momento, anche se la donna le aveva sorriso con cordialità in ogni occasione. «Oh, non preoccupatevi, Miss Chagny, anzi, vi chiedo scusa per l'intromissione.» Lo sguardo di Mrs. Manfred si posò sull'asse di legno grezzo appoggiato alla scrivania, sulla quale c'erano una sfilza di miniature di creta. «Le avete fatte voi? Sono bellissime.» Si avvicinò per ammirarle da vicino. «Posso?» «La creta è ancora fresca...» l'avverti' Odyle porgendole con delicatezza la figura del fattore. La signora Manfred lo osservo' estasiata. «Siete persino riuscita a dargli un'espressione! E questo viso... mi ricorda qualcuno...» Odyle si irrigidi'. Rapidamente, prese in mano la statuetta del cavallo e cercò di distrarre la donna. «Questa mi sembra quella riuscita meglio, non trovate?» La donna spostò lo sguardo sulla figura dell'animale e annuì. «E io che pensavo che vi annoiaste, tutto il giorno quassù, con la sola compagnia delle bambine. Invece, un artista non è mai solo quando ha a disposizione la propria arte» sentenzio' risoluta. «Ma io... » Stava per ribattere che non era così, che non era affatto un artista, ma il sincero complimento della donna l'aveva scaldata di piacere. «Vi ringrazio» si limitò a rispondere con semplicità. «Perché non fate il ritratto a qualcuno?» domandò Mrs. Manfred. «Sono certa che Lady Moran sarebbe felice di avere, per esempio, il mezzobusto delle sue bambine modellato nella creta.» Odyle non poteva rivelare alla donna i motivi per cui nessuno doveva sapere che era in grado di fare certe cose. «No... io... vi prego, Mrs. Manfred, non suggeritelo a nessuno. È solo un gioco che faccio per le bimbe, tutto qui.» La governante scosse il capo, ma sospirò, dandosi per vinta. «Che ne direste, allora, di un po' di compagnia? Pensavo di proporvi un giro della casa e qualche chiacchiera di fronte ad una tazza di tè mentre i signori sono andati fuori per la loro passeggiata.» Non vedeva il motivo di rifiutare. Agnese ed Ernestine avrebbero dormito almeno per un'altra ora e, se non fosse stato così, avrebbero suonato la campanella per chiamarla. «Accetto molto volentieri.» Aveva anche bisogno di un viso amico. A parte Lady Cartwridge, che però non sembrava avere molto tempo per lei e si dedicava a lunghe e appassionanti chiacchierate con Lord Montgomery, non aveva un solo amico. «Venite.» Mrs. Manfred attese sulla soglia della camera che Odyle si sciacquasse le mani nella bacinella. C'era qualcosa di enigmatico in quella ragazza, riflette', ma a parte questo non poteva negare che le piacesse. Alla bellezza dei tratti del viso si univa un carattere aperto e affabile, oltre a una disponibilità a rendersi utile che aveva dello straordinario. Non appena erano arrivate in cucina, Mademoiselle Odyle aveva fatto amicizia con quella burbera della cuoca e si era offerta di apparecchiare lei stessa la tavola per il tè, sollevando Nancy dall'incombenza. Mrs. Manfred ora capiva perfettamente perché il suo Tristan si fosse invaghito di lei. All'inizio aveva temuto che la ragazza fosse solo un'arrampicatrice sociale, ma conoscendola meglio aveva capito che non era così. «Chiamatemi Margaret, ve ne prego» le disse all'improvviso, sentendo il bisogno di creare una certa intimità con lei. «Margaret?» La ragazza le sorrise. «Allora voi dovete per forza chiamarmi Odyle.» «Come trovate Blackborough, Odyle?» La domanda parve coglierla di sorpresa. «Oh, be'» Odyle giocherello' con il cucchiaino. «A dire il vero, è molto diversa da come me l'aspettavo. Più... allegra.» «Vi aspettavate un'atmosfera da romanzo gotico, tipo il Castello D'Otranto di Walpole, non è vero?» Odyle fu sorpresa da quell'affermazione. Evidentemente anche Mrs. Manfred era un'amante della lettura. «Già... e mi sento una sciocca come Catherine Morland dell'Abbazia di Northanger, se mi passate il paragone!» La governante si limitò ad abbozzare un sorriso e sorseggio' un po' del suo tè. «La nostra Jane Austen considerava ridicole le paure indotte dai romanzi dell'orrore, è vero, e la protagonista immaginava che ogni cosa, anche la più innocente, nascondesse dell'altro...» La cuoca, accanto a loro, lasciò inavvertitamente cadere il mestolo che stava adoperando e le fece sobbalzare. «Vi domando scusa» mormorò chinandosi a raccoglierlo, come turbata da qualcosa. Margaret Manfred le rivolse uno sguardo severo, poi tornò a rivolgersi a Odyle. «Purtroppo tempo fa Blackborough è stato teatro di un terribile ed efferato delitto, come certo saprete.» Odyle annuì con aria grave.
   
 
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