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Autore: Ciarax    28/01/2022    0 recensioni
Le stelle cadenti hanno un significato positivo e costituiscono un'imperdibile occasione per esprimere un desiderio, quando brillano e illuminano il cielo immerso nell'oscurità, ignari che quello non è che il riflesso pallido della loro esistenza.
Quello che le persone ammirano con tanta adorazione non è che il residuo, la scia di quella che una volta bruciava di passione, la stessa passione che si era lentamente spenta in Alexis. Solo l'ombra di quello che alimentava il suo spirito libero.
Era difficile immaginare un incontro tanto casuale da essere in grado di ribaltare la sua visione della vita, alimentando silenziosamente quella piccola e flebile fiamma nel suo petto.
Dal testo:
'Alexis Nyla Allen. Vent’anni. Studentessa. Questo era quello che chiunque avrebbe potuto leggere sul quel maledetto pezzo di plastica che racchiudeva semplicemente parole. Parole che non dicevano assolutamente niente di lei, di ciò che era o pensava.'
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XV
 
          I couldn't tell you I'm sorry
          I couldn't get the words out right
          I had every chance to keep you by my side

 ...
14 Gennaio


«Sei stato veramente un’idiota» la voce di Raffaello risuonò tra le pareti ammuffite delle fogne di New York in un macabro rimbombo e sovrapposizione di echi.

Macerie. Ecco quello che rimaneva di quel nascondiglio che era stato la loro casa per quasi quindici, lunghissimi anni. Si erano allenati, avevano mosso i primi passi, impugnato le prime armi… avevano lentamente e di nascosto scoperto il mondo esterno da lì. Splinter l’aveva iniziata e loro, tutti e quattro, avevano finito con il renderla un posto tutto loro, personale, insieme.

E macerie era quello che ne rimaneva. Qualsiasi oggetto personale era probabilmente andato perso ma neanche ci sarebbe stata la pazienza di cercare tra i calcinacci ammuffiti e l’odore acre del fumo che ancora impregnata quel luogo.

I passi di Raffaello rimbombavano pesanti all’interno del cunicolo vuoto, non c’era alcun bisogno di essere silenziosi in quel momento, era stato già perso talmente tanto che l’effetto sorpresa non era stato affatto preso in considerazione. Senza tenere conto del flebile russare del cincillà abbarbicato nell’incavo tra il collo e il carapace di Raffaello, come si fosse infilato in quel piccolo antro rimase un mistero alla tartaruga stessa.

«Sei piuttosto rumorosa per essere un roditore così piccolo» borbottò a bassa voce Raph, per nulla disdegnando quella piccola ma piacevole compagnia specialmente in quel momento.

Che avesse fatto un’idiozia non serviva ripeterglielo, ben cosciente anche da solo di quello che aveva detto completamente offuscato dalla rabbia montatagli in petto all’improvviso. Era furioso per non essere riuscito a fare qualcosa, non aver potuto aiutare ed impedire ai membri del Clan del Piede e agli uomini di Sacks di prendere i suoi fratelli.

Alexis aveva ragione, non avrebbe potuto fare nulla da sotto le macerie. Forse era stato meglio così, creduto per morto aveva avuto la possibilità di sfuggire agli aguzzini dei suoi fratelli e di soccorrere Splinter per tempo; non osava pensare cosa sarebbe potuto accadere se solo il vecchio sensei fosse stato lasciato lì da solo.

Nessuno di loro si sarebbe perdonato se Splinter fosse morto.

Si continuò a ripetere come il vecchio ratto fosse al sicuro nell’appartamento di Alexis e lasciato alle sue mani, non si sarebbe fidato di nessun altro in quel momento. Eppure l’aveva ustionata con le sue parole, le aveva sputate fuori come veleno ed era scappato via prima di potersi anche solo accorgere dell’espressione sul volto della ragazza. Era scappato come un codardo.

E come un codardo adesso stava ritornando a casa sua, nella loro casa, dove non c’erano altro che macerie e calcinacci. Tutti gli oggetti che avevano accumulato serialmente negli anni era stato tutto distrutto o finito sotto le pareti crollate, quasi nulla era stato salvato. L’acqua delle fogne stagnava sul pavimento per un paio di centimetri e l’odore era molto più pungente di prima.

L’occhio di Raph colse immediatamente il Bo di Donnie, abbandonato in mezzo all’acqua, i nunchaku di Michelangelo e la katana di Leonardo. Non solo avevano rapito i suoi fratelli ma li avevano privati delle loro armi, come se poi ne avessero avuto bisogno con almeno il doppio della stazza di un essere umano normale.

«Non è rimasto nulla qui!» sbraitò di rabbia, un ringhio gutturale natogli in petto dalla frustrazione. Raffaello serrò i pugni, non c’era alcun indizio utile lì che avrebbe potuto aiutarlo a trovare i suoi fratelli: tutto era stato gettato all’aria, nulla si era salvato da quella furia di attacco e trovare qualcosa al suo posto era impossibile.

Passò dieci lenti minuti a raccogliere con perizia le armi dei fratelli, ancorandole saldamente addosso a sé per impedire di perderle nuovamente, le avrebbero sicuramente rivolute indietro una volta riuniti. Fu solo un improvviso allarme a destare la sua attenzione.

Raph si girò di scatto, entrambi i Sai alla mano prima di accorgersi di essere comunque da solo; il computer di Donnie, nonostante i pesanti contraccolpi e l’acqua sembrò funzionare, lampeggiando il segnale del localizzatore che lo stesso genio in viola aveva progettato e che portava sempre con sé.

Aveva le coordinate del punto in cui erano stati portati tutti e tre.

La reazione più naturale sarebbe stata partire di gran carriera senza pensare un attimo ad un piano di riserva, buttarsi a capofitto in quella che sarebbe probabilmente stata una missione suicida. Ma non lo fece, e non per il piccolo cincillà ancora placidamente addormentato al sicuro vicino il suo carapace.

Se avesse agito d’impulso avrebbe solamente finito col venire catturato dal Clan del Piede e da Shredder, avrebbe dato un motivo in più alle Sacks Industries di perseguire quei loro folli piani di scoprire cosa si nascondesse nei loro geni. Per quanto istintivo non sarebbe stato tanto stupido da gettarsi nella tana del nemico senza una vaga idea di come uscirne vivo.

E un’idea era proprio quella con aveva. Si maledì per quell’improvvisa mancanza del solito temperamento focoso che non lo faceva mai fermare a rimuginare sul da farsi, non era abituato. Non era da lui riflettere più del necessario, specialmente quando c’era in gioco la vita di Leonardo e gli altri, non era lui quello che si preoccupava del risultato delle proprie azioni.

Le parole di Alexis gli ritornarono di nuovo alla mente e Raffaello dovette serrare la mascella per non urlare di rabbia, incapace di ammettere per una volta la sconfitta. Era un’umana, così piccola, fragile, l’avrebbe facilmente rotta tra le sue mani. Non agiva mai d’istinto, si fermava a pensare per ore su quello che stava per fare e non c’era mai un attimo in cui non pensasse alle conseguenze delle proprie azioni sugli altri.

Non potevano essere più diversi, e lei non era come lui: non aveva affatto la stessa rigida corazza di ego e arroganza che nascondeva e teneva al sicuro la sua insicurezza; quello di Alexis altro non era che un fragile guscio, già rotto una volta e timidamente ricostruitosi negli ultimi due anni. Già una volte, alcune settimane prima l’aveva incrinato lui stesso, ma ora, aveva probabilmente finito col farlo crollare del tutto.

Non che considerasse Alexis debole, al contrario, nonostante tutto rimase alquanto sorpreso dalla sua silenziosa resilienza. Fu il lento rimorso che iniziò a divorarlo in quel momento, quando si accorse del veleno nelle parole che le aveva rivolto prima di scappare letteralmente dal suo appartamento, mollando lei, April e Splinter senza voltarsi indietro.

Si era fidata, forse un errore arrivati a quel punto. Forse non avrebbe dovuto farlo, forse avrebbe dovuto aspettare, attendere. E lui era stato una testa calda, di nuovo. Vizio e problema che si portava dietro da sempre e che mai Splinter o i suoi fratelli erano riusciti a contenere e controllare: ogni volta sentiva montargli in petto un’euforia cieca, calda, gli occludeva la mente e finiva con l’agire d’istinto.

Con i suoi fratelli era un discorso, con gli umani un altro totalmente diverso. Era già facile intimorirli solo con la stazza che superava abbondantemente il metro e novanta, l’istinto animalesco che emergeva quando si lasciava prendere dalla foga e dall’arroganza non aiutava affatto.

Con Alexis poi… Raph sospirò. Aveva fatto una cazzata.

April era alquanto confusa. Era riuscita a seguire ben poco lo scambio divenuto sempre più acceso tra Alexis e Raffaello, poco prima che la tartaruga se ne andasse nel cuore della notte senza guardarsi indietro due volte. Lo stato in cui l’aveva visto non era affatto intimidatorio come la prima volta del loro incontro, era terribilmente peggio.

Gli occhi ridotti a due fessure mentre lasciò uscire la propria frustrazione contro Alexis che non batté ciglio, anche dopo la dipartita improvvisa di Raffaello, April la vide semplicemente sospirare, tornando a concentrarsi sulle ferite di Splinter.

Era mattina inoltrata e in quelle ore nessuna delle due era riuscita a dormire granché, o meglio, April riuscì ad approfittare di almeno quattro ore di sonno ma lo stesso non si poté dire di Alexis: raramente aveva lasciato il fiano del vecchio ratto. L’emorragia era stata contenuta e le ferite sanguinavano saltuariamente ma non abbastanza da costituire un pericolo, occupata a cambiare con attenzione le garze, Alexis a malapena si accorse dello sguardo di April su di sé.

Aveva quasi completamente rimosso la sua presenza lì.

Si era solamente concentrata sul mantenere vivo Splinter, non c’era altro a cui dover pensare al momento. Non c’era altro a cui voleva pensare in quel momento. Si era cambiata, forse dopo neanche un paio di minuti dal litigio con Raph, le chiazze di sangue e di sporco erano sparite dalla sua pelle e una maglia pesante l’aiutò a rilassarsi un minimo. Nascose istintivamente le mani dentro le lunghe maniche trovando un po’ di conforto, specialmente dopo aver notato anche l’assenza di Faye, probabilmente con Raffaello.

«Alexis… -attirò titubante l’attenzione April, -non, non ti ho ancora detto grazie. Durante l’attacco, sarei probabilmente uscita a cercare di dare una mano se non mi avessi trattenuto» riuscì a tirare finalmente fuori la giovane giornalista, scoccando un’occhiata perplessa verso Alexis che non sembrò averla affatto sentita.
Si avvicinò di un paio di passi poggiandole una mano sulla spalla ma si ritirò immediatamente, Alexis sussultò subito al contato e si allontanò come se fosse stata toccata da un ferro rovente.

Non ama venire toccata, annotato. Sospirò April, convinta sempre di più che quella ragazza dovesse avere qualche rotella fuori posto. Dalla prima volta che l’aveva vista sul tetto dell’edificio la notte dell’attacco alla metro un paio di giorni prima, era un tipo alquanto pragmatico. Doveva conoscere già da qualche tempo le quattro tartarughe ed April si domandò quale fosse il suo legame con ognuno di loro.

April dovette rinunciare ben presto ad intrattenere qualunque conversazione, perlomeno in quel momento. Il trattamento del silenzio era stato alquanto eloquente.
Non era però per la ‘terza incomoda’ che Alexis era così taciturna, non aveva chiuso occhio da tutta la notte e con la stanchezza accumulata non faceva altro che continuare a rimuginare sul litigio con Raph.

Un chiodo fisso in quel momento, per lei che non passava mai troppo tempo a ripensare a quello che era successo, abituata a processare all’istante quello che accadeva e passare oltre. Lì non poteva. Non voleva. Sarebbe stato come mettere un punto a un qualcosa che non avrebbe avuto alcuna possibilità di sviluppo, e lei non voleva quello.
Ma bruciava, quelle parole bruciavano come lame taglienti sulla pelle già martoriata anni prima. Di vigliaccherie ne poteva sopportare, ma quando venivano da persone vicine… come poteva qualcuno approfittare di una fiducia ottenuta così faticosamente? Così tanto tempo per guadagnarla e pochi attimi per mandarla in fumo, senza che lei avesse potuto fare alcunché.

Nessuna necessità c’era di giustificarlo quando già una volta le aveva buttato contro parole aggressive, si difendeva così e non pensava mai se le sue parole avrebbero incontrato o meno un carapace solido e spesso come il suo. Con Donatello e gli altri, abituati da anni, non c’erano problemi, quando sapevano i motivi dietro quel suo comportamento aggressivo e sempre sulla difensiva ma ciò non toglie a quanto potessero far male agli altri.

Non aveva detto una parola, Alexis era stanca, esausta da tutta quella settimana così movimentata. Ed ora anche un estraneo in casa sua. Era impossibilità da chiudersi nella sua bolla, non voleva disturbare il riposo frammentato di Splinter che stava a malapena meglio rispetto a qualche ora prima; Faye era chissà dove con Raffaello e in più doveva condividere il suo appartamento con April.

«Perché hai raccontato di loro? – mormorò Alexis cogliendo April di sorpresa, -ad uno come Eric Sacks poi» la voce era leggermente roca nonostante se la fosse schiarita più volte, non aveva degnato April di uno sguardo lasciando piuttosto vagare la testa sui disegni che riempivano la parete del soggiorno in cui erano.
April aggrottò la fronte confusa, «Era amico di mio padre. Hanno lavorato insieme per anni, sono stati i risultati del lavoro di una vita. Come potevo sapere chi c’era dietro il Clan del Piede?» la domanda scemò piano piano quando noto una smorfia di disgusto sul volto di Alexis, finalmente giratasi a guardarla in faccia. Aveva gli occhi lucidi, arrossati.

«Sono in pericolo ogni volta che escono dalla loro casa, li vedi per meno di due giorni e cosa fai? Hai pensato solo a finire quel tuo dannato articolo!» sbottò alzandosi in piedi di scatto, Alexis serrò immediatamente la mascella e diede uno sguardo a Splinter, ancora placidamente addormentato. Passò poi la propria attenzione di nuovo su April, gli occhi verdi iniettati di sangue per le lacrime che non ne volevano sapere di scendere. «Hanno una tale considerazione di te. La loro Hogosha… la stessa che li ha condannati nelle mani di quegli esseri» sentenziò a tono più basso, attenta a non disturbare ulteriormente il vecchio Sensei.

April non replicò, guardando solo la figura di Alexis andarsene silenziosamente nella propria camera e socchiudendo la porta. Come poteva contestare quella che non era stata altro che la pura, egoistica verità? Aveva collegato i punti e non aveva perso tempo ad incontrare Eric Sacks, il vecchio collega del padre, amico di famiglia… prezioso aiuto del Clan del Piede.

Era lei che lì aveva condotti lì, le tartarughe si erano fidate di lei. Nutrivano una stima indefinita nei suoi confronti, dai racconti di Splinter sulla loro altruistica Hogosha che aveva rischiato per metterli al sicuro quando erano solo piccole ed innocue tartarughe nate da poco. Certo era che sarebbe stato difficile pensare come condividere quell’innocente segreto avesse potuto scatenare un tale inferno per quelle povere creature, April era solo stata preda dell’idillio di poter finalmente dare un nome al misterioso giustiziere del suo articolo.

Un nome adesso ce l’aveva.

Ma a che prezzo?
   
 
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