Eccoci qua al primo appuntamento settimanale di bi/ri-postaggio :P
Infatti ogni fine settimana tra venerdì e domenica, posterò sempre insieme due
nuovi capitoli.
Sto sfrondando ‘sta storia e naturalmente correggendola di nuovo, qua e là, e
mamma mia, come sono stata prolissa O.O
anche un po’ arzigogolata (parlo di scrittura dei periodi). Quindi tutto
sommato sono felice di sfrondarla e revisionarla, comunque quando ci saranno
cambiamenti degni di nota e penso proprio che ci saranno, vi avviserò.
Buona lettura e grazie a chi leggerà!
.2.
UNA SCELTA AZZARDATA
“Devo
andare a Sotiria e fidarmi di quel viscido di Hyena…” disse di malumore
Yattaran a Kei. I due ufficiali dell’Arcadia stavano commentando la decisione
presa dal Capitano, in base alla notizia dei fagioli magici, come
li aveva soprannominati il corpulento pirata, che era molto scettico circa
tutta quella faccenda. La cosa gli puzzava di trappola, gli sembrava un’esca
troppo ghiotta per essere vera ma Harlock aveva deciso, voleva quelle sementa e
lui non poteva che obbedire. Si stava preparando e battibeccava con una delle
tre donne che erano a bordo della nave, ma in realtà voleva solo sfogarsi ed
infastidire Kei, che durante una seduta di allenamento gli aveva fatto un bel
ricamino su una guancia. Niente di che, poco più di un graffio, ma il suo
orgoglio era rimasto più ferito della carne. Quella ragazza era diventata
troppo veloce e troppo letale per i suoi gusti. Sia chiaro l’adorava, e sarebbe
morto per lei, ma il suo ego mal sopportava le sconfitte e il fatto che da
qualche tempo riuscisse troppo bene a tenergli testa.
“Smettila di piagnucolare Yattaran, io sarò sulla capsula e ti coprirò le
spalle e poi ci sarà anche una squadra di supporto con noi. Mi spieghi che
problemi hai?” lo rimbeccò lei.
“Questa faccenda mi puzza” ribatté l’uomo.
“Tu puzzi! Dovresti farti una doccia” lo canzonò la giovane di rimando.
Yattaran si annusò le ascelle e ne convenne che forse tutti i torti non li
aveva.
“È che in quelle diavolerie antigravitazionali io mi sento a disagio” confessò
il pirata un po’ imbarazzato “Devo chiedere al Capitano di potermi procurare
una vasca come la sua. Io proprio non riesco a lavarmi volteggiando per aria. E
comunque tornando a parlare di cose serie, tu pensala come vuoi, ma stai in
guardia, non ho buoni presentimenti”.
“Il Capitano ha deciso e noi non possiamo che obbedire e comunque io credo
ciecamente in lui. Atteniamoci al piano, recuperiamo i semi e torniamo sulla
nave. Vedrai, sarà semplice come bere un bicchier d’acqua” sentenziò Kei. Lei a
volte era fin troppo ottimista e sicura dei loro mezzi. Non era una sciocca, né
avventata, ma aveva una fiducia incrollabile e questo la portava a vedere
sempre il lato positivo delle cose.
Intanto dall’altra parte della nave, nella sala motori, si svolgeva una delle
consuete chiacchierate monologo tra la bellissima ed eterea aliena Meeme e
Capitan Harlock, dove come sempre lei parlava e lui, principalmente ascoltava,
mugugnava due tre volte e forse diceva, sì e no, tre parole. Lui era così:
ermetico, silenzioso, taciturno e un po’ scontroso. Non era mai stato un gran
chiacchierone a dire il vero, ma ultimamente era come rinchiuso in un guscio
granitico e impenetrabile, la sua scarsa loquacità ne aveva ulteriormente
risentito.
“Credi davvero che ciò che dice quel mercante da due soldi sia vero?”.
Harlock non le rispose.
“Hai mai considerato il fatto che potrebbe essere una trappola per
incastrarti?” continuò l’aliena con voce suadente.
Harlock ancora una volta tacque.
“Questa cosa ti ha così profondamente turbato, che temo stia minando la tua
capacità di giudizio”.
“Non è così” le rispose finalmente “Probabilmente hai ragione su tutto ciò che
affermi, ma se c’è anche una sola possibilità su un milione che quei semi
esistano, io li avrò” e terminata la frase girò i tacchi. Camminando fece
muovere elegantemente il suo lungo mantello, quindi con lunghe falcate, mentre
il suo fido avvoltoio alieno Tori gli atterrava su una spalla, lasciò la sala
motori per dirigersi nella sala del computer centrale.
Meeme sospirò e lo seguì da lontano, sebbene avesse espresso dei dubbi, in cuor
suo, non sapendo neppure lei il perché, non aveva dei cattivi presentimenti.
Forse tutti loro, dopo tanto peregrinare tra dolore e angoscia, avevano bisogno
di un barlume di speranza ed era facile attaccarsi a qualunque cosa.
Hyena
aveva organizzato l’asta in uno scantinato di una vecchia costruzione
abbandonata, alla periferia del porto, in un posto piuttosto isolato, al riparo
da confusione e inutili curiosi. Aveva insistito per avere i semi in mano, ma
Joy non ne aveva voluto sapere, alla fine erano arrivati ad un compromesso e
lei aveva promesso che ne avrebbe portato uno da far vedere ai compratori.
Quelli che aveva erano semi geneticamente modificati da lei stessa, che
necessitavano però di una cura particolare per germogliare, in poche parole non
tutti sarebbero stati in grado di coltivarli, non senza fare delle accurate
ricerche, per poterne capire i delicati passaggi a cui andavano sottoposti. Si
sentiva perciò abbastanza tranquilla del fatto che, mostrarne uno, ed
eventualmente perderlo, non avrebbe potuto recare chissà quali danni. E poi a
Hyena aveva detto di averne solo tre e non un sacchetto pieno. In questo era
stata furba, o credeva di esserlo stata.
Quando però la ragazza giunse nel luogo predestinato all’asta, cominciò a
rendersi conto che forse la sua idea non era stata così geniale come le era
parsa. La stanza, un buco nel seminterrato di un edificio abbandonato e
fatiscente, era buia, umida e maleodorante, stipata di ogni ordine e razza di
brutti ceffi. La sua esca era stata fin troppo ghiotta per molta, troppa, gente
accorsa da varie parti della galassia, grazie ad un rapido passaparola di Hyena
che era un commerciante furbo e molto conosciuto. La ragazza non
poteva saperlo, ma tra di loro c’era anche un emissario della Gaia Sanction, in
incognito, e ovviamente Yattaran, che era il più defilato, in fondo alla stanza
in un punto morto; per non dare troppo nell’occhio e non esporsi ad inutili
rischi.
Joy cominciò a sentire l’ansia salire. Ma che diavolo le era venuto in mente?
Che ne sapeva lei di aste, di pirati, mercanti, alieni e di quel mondo che di
fatto non era neppure il suo? Come si sarebbe difesa se qualcosa fosse andato
storto? E se avessero scoperto che era una donna e che aveva con sé tutte le
sementa? Perché non aveva dato retta a ciò che le aveva raccomandato suo padre?
Perché si trovava in quella situazione così pericolosa e così distante da lei?
E poi chi le diceva che Capitan Harlock avesse abboccato?
Non aveva mai visto né una sua foto, né un suo ritratto, rimaneva quella vaga
descrizione: imponente, cicatrice, guercio. Come cercare un ago in
un pagliaio, in quel buco buio e stipato! Cominciò a sudare freddo.
L’ansia diventò paura e la paura terrore cieco. Avrebbe solo voluto fuggire
via, oppure meglio ancora, svegliarsi e rendersi conto che quello era solo un
incubo terribile.
Hyena intanto era fuori di sé dalla gioia, non gli era mai capitato un colpo di
fortuna così enorme, i semi e forse Harlock stesso da vendere o catturare. Con
entrambi avrebbe potuto fare più soldi di quanti mai avesse sognato nelle sue
più rosee fantasie. Era così contento che involontariamente finì per
rassicurare Joy “Sei pronto ragazzo?” le disse andandole incontro “Abbiamo
anche ospiti illustri direttamente dalla mitica Arcadia. I furbastri
probabilmente stanno in disparte, ma io so che ci sono, le voci corrono. Ho
venduto l’informazione a quelli della Gaia. Potremo prendere due piccioni con
una fava”.
Lei fu felice di sapere che il piano avesse funzionato, ma allo stesso tempo si
rese conto di aver fatto una cosa enormemente stupida, che avrebbe potuto
compromettere l’intera operazione. Se avessero catturato Capitan Harlock
sarebbe stata una vera e propria tragedia. Perché non aveva avuto pazienza e
non aveva riflettuto?
“Perché diavolo hai fatto una cosa simile?” si rivoltò contro il mercante piena
di rabbia.
“Per i soldi è ovvio!” rispose quello, facendo spallucce per nulla
impressionato.
La ragazza ebbe un lampo di genio, capì che quell’uomo era avido fino al
midollo e che non avrebbe cavato un ragno dal buco nel tentare di dissuaderlo.
Doveva ingannarlo.
“Hai fatto bene e male” disse cercando di correggere il tiro ed addolcendo un
po’ il tono della voce “Ma tu hai la matematica certezza che Harlock sia qui?
Perché se lui non c’è, non credo che sarà tanto fesso da farsi acchiappare”.
“In effetti non ho certezze in merito. Ma ci sarà qualcuno del suo equipaggio”
ammise Hyena grattandosi il mento.
“Che sarà certamente disposto a morire piuttosto che tradirlo. E allora senza
certezze otterremo solo metà dei profitti” improvvisò lei.
“Sì. È vero, ma tu come intendi risolverla intelligentone. Mica vorrai fare
l’appello per vedere se è presente!” sbottò il mercante infastidito. Il
ragazzino purtroppo aveva colto nel segno, se quel pirata non era lì non lo
avrebbero acchiappato e addio taglia. Quindi nelle sue tasche sarebbe finito
solo metà profitto. Nonostante gli dolesse ammetterlo, convenne che Joy aveva
ragione.
“Prendiamo tempo, faccio un giro per la sala per riuscire a capire se Capitan
Harlock è presente. Se non c’è, potremmo rimandare con qualche scusa e
tendergli una trappola migliore” propose lei, in maniera un po’ avventata, ma
quale altra soluzione poteva avere se non improvvisare e sperare in un colpo di
fortuna?
Quell’altro fece una smorfia “Non credere che sia cosi facile capire se è qui,
ma perché non tentare? Ti do dieci minuti ragazzo e poi do il via all’asta, non
si può scherzare con questa gente, potrebbe scoppiare il finimondo, e allora
meglio metà profitti che una pallottola in mezzo agli occhi”.
Joy annuì e cominciò subito la sua disperata ricerca.
Dieci minuti.
Pirata, guercio, cicatrice, imponente.
Pirati… pirati…
I pensieri nella sua mente si rincorrevano veloci e confusi, mentre la
tensione saliva e lei girava come meglio poteva facendosi largo a spintoni in
mezzo a quella marmaglia, cercando di capire ed individuare ciò che
disperatamente stava cercando.
Pirati…pirati… teschio!
Le si accese una lampadina in testa di chissà quale ricordo rimasto, miracolosamente
riaffiorato, che all’improvviso la illuminò sul particolare tratto distintivo
dei pirati: il teschio con le ossa incrociate. Prese coraggio e speranzosa si
fece più svelta e più attenta. Alla fine, in fondo alla sala, un po’ in
disparte, finì col vedere ciò che forse cercava.
Strizzò gli occhi, e mentre si avvicinava lo esaminò. La descrizione pareva
calzante, o quasi.
Un uomo imponente, oddio, forse più corpulento che imponente. Guercio… a dire
il vero pareva più miope che guercio, visto che inforcava un paio di super
tecnologici occhialini tondi. Aveva una cicatrice su una guancia, che però
assomigliava più ad un graffio profondo, e indossava una bandana di pelle con
al centro un teschio bianco con le ossa incrociate. Armato fino ai denti e
defilato. Sì non c’erano dubbi, quello non poteva che essere Capitan Harlock
pensò Joy, non senza un po’ di stupore. Ne convenne che forse lo avevano
descritto un po’ troppo romanticamente, chissà mai chi si sarebbe aspettata di
trovarsi davanti, e invece questo temibile e carismatico Capitano, che
affascinava e trascinava le folle, era un omaccione anche un po’ tarchiato, per
non dire cicciottello, sicuramente minaccioso e combattivo, di certo non pareva
particolarmente fascinoso, ma queste considerazioni erano mera futilità, doveva
agire ed essere veloce e convincente. Si avvicinò al pirata e disse “È una
trappola, sei in pericolo, vogliono catturarti e intascare la taglia. Io ho i
semi e ho organizzato la cosa per incontrarti, ma non sapevo che ne avrebbero
approfittato. Muoviamoci prima che sia troppo tardi, fuggiamo e portami
sull’Arcadia, lì ti spiegherò tutto!”.
Era chiaro che la ragazza del tutto ingenuamente aveva scambiato Yattaran per
Harlock.
Ora, Yattaran era famoso per essere piuttosto impulsivo, ma non era uno
stupido.
“Pretendi che ti creda sulla parola ragazzino?” le chiese ghignando e
domandandosi chi fosse quel giovinetto rachitico dai grandi occhi spaesati che
gli si era avvicinato.
Intanto Joy, che era così sicura di avere davanti l’oggetto della sua missione,
estrasse ancora una volta molto ingenuamente il sacchetto con le sementa e lo
aprì per poi mostrarglielo e fargli capire che non mentiva. Non c’era tempo da
perdere, potevano trovarsi nei guai di lì a pochi secondi e le parve la cosa
più logica da fare.
C’è da dire che lei non era una pirata, né una combattente, né tanto meno una
furba stratega, era solo una studiosa, una persona che nella sua vita mai e poi
mai avrebbe lontanamente immaginato di trovarsi in una situazione del genere.
Era sprovveduta e molto confusa, per via dei postumi del coma e del chip che
aveva alla base della nuca, agiva d’impulso, in maniera del tutto avventata,
avrebbe dovuto cambiare questo suo atteggiamento, o si sarebbe davvero trovata
in situazioni molto pericolose. Anche questa volta, stava peccando nuovamente
d’ingenuità, tanta era la sua voglia di fare quel che doveva, per poi
tornarsene a casa.
Yattaran vide il sacchetto pieno di fagioli magici, come li
chiamava lui, e trasalì. Allora era tutto vero, il Capitano ci
aveva azzeccato un’altra volta. Quello sciocchino doveva essere uno dei
tirapiedi di Hyena e lui colse l’occasione al volo.
“Vieni ragazzo” disse afferrandola per un braccio “Dobbiamo uscire da qui senza
dare nell’occhio e darcela subito a gambe. Quelli dalli a me” disse
strappandole i semi di mano e facendo cenno al membro dell’equipaggio
dall’altra parte della sala di seguirli, mentre strisciavano furtivi e veloci
via dallo scantinato cercando di non dare nell’occhio.
Joy avrebbe voluto replicare ma non ce ne fu il tempo, lui l’aveva già
trascinata fuori. La corsa in strada fu breve, nelle vicinanze c’era in attesa
la capsula con Kei che si abbassò quel tanto da consentire a Yattaran di
arrampicarsi sulla scaletta, subito dopo aver fatto passare l’altro pirata. Joy
gli fu subito dietro pronta a salire, ma lui fulmineo, con una gran calcione la
spedì lontano, facendola franare rovinosamente sul selciato della strada, quel
tanto che bastò perché potessero darsela a gambe e lasciarla a terra dolorante.
“Allora? Tutto a posto?” gli chiese Kei non appena il pirata fu a bordo.
“Tu che ne dici bionda?” disse Yattaran soddisfatto mostrando il sacchetto
pieno di sementi.
“Che ti avevo detto caprone? Facile come bere un bicchier d’acqua. Il Capitano sa
il fatto suo!” gongolò la ragazza.
Intanto, di sotto, Joy realizzò che ora sì che era davvero nei guai, ma in guai
serissimi, anche perché intanto la marmaglia che era all’asta si stava
furiosamente riversando urlando sulla strada.
“Maledetto bastardo!” urlò frustrata contro la capsula che scompariva
velocemente per fare rientro all’Arcadia, lasciandola a terra sola e in
pericolo di morte.