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Autore: Lacus Clyne    01/02/2022    0 recensioni
Pochi mesi sono trascorsi dalla conclusione del caso che, per efferatezza e implicazioni, ha sconvolto le vite degli agenti del V Dipartimento, cambiandole per sempre. Per Selina Clair, medico legale e "sorella maggiore" della squadra, una vacanza di gruppo è quanto mai necessaria per rilassare le menti e rinsaldare i legami. Può mai un'innocente vacanza portare con sé più sorprese, drammi e riflessioni di quanto si possa immaginare?
Attenzione: Dark Circus: the most precious treasure è una storia originale pubblicata esclusivamente su EFP. Qualunque sottrazione e ripubblicazione su piattaforme differenti (compresi siti a pagamento) NON è mai stata autorizzata dall'autrice medesima e si considera illegale e passibile di denuncia presso autorità competenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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◊III◊

 

 

 

 

 

Fu il suono finalmente pacifico delle onde dell’oceano a svegliarmi, quella mattina. Riaprii gli occhi con pesantezza, dato che non avevo dormito affatto bene. Non che fosse soltanto a causa di ciò che era accaduto, nonostante la stanchezza, ma dormire sul pavimento, con soltanto un telo come materasso non era esattamente il massimo del comfort. C’era da dire che almeno non avevo patito il freddo, dato che Nicholas e Marcus erano abbastanza caldi e mi ero risvegliata con addosso un altro telo mare. Mi stiracchiai. Ero completamente a pezzi. Dolori ovunque, soprattutto nel tronco. Per la prima volta in vita mia mi rimproverai di aver rinunciato a seguire le lezioni di danza. Almeno sarei stata allenata e avrei evitato strappi. Quando mi tirai su, sbadigliando, notai che né mio marito né nostro figlio erano presenti. In compenso, dalle finestre in alto proveniva un sacco di luce. Istintivamente, cercai i tacchi, trovandoli dove Marcus li aveva posati. Scampato pericolo. Sbadigliai nuovamente, poi mi alzai, tirando giù la maglia nera extralarge con tanto di Stormtrooper stampato su. O almeno, mi pareva che così li chiamasse Jace. Portai le mani ai capelli e sospirai. Avevo bisogno di una doccia. Alla fine, mi alzai e, sempre scalza, aprii la porta che mi separava dall’esterno. Una forte brezza marina fu la sveglia di cui avevo bisogno. Poco più in là, Marcus e Nicholas erano insieme, oltre la recinzione.

– Buongiorno! – dissi, alzando la voce.

Entrambi si voltarono e mi fecero cenno di raggiungerli. Sbadigliai ancora e rientrai, raccogliendo un telo e mettendolo addosso, poi uscii e mi avventurai sul terreno erboso ancora umido, facendo attenzione a non farmi più male di quanto già avessi fatto la notte precedente. Quando fui da loro, l’immensa distesa dell’oceano, rischiarata dal sole di metà settembre, mi parve molto meno minacciosa, ma troppo pericolosamente vicina.

– Si può sapere cosa ci fate qui? – chiesi, mantenendomi più indietro rispetto a loro. Non avevo alcuna voglia di avvicinarmi oltre alla scogliera.

– Abbiamo fatto una perlustrazione e ci siamo fermati a guardare il luogo su cui sorgerà una statua in onore della prima ballerina del Distretto di polizia di Boston. – mi punzecchiò Marcus, sorridendo e facendo un mezzo inchino.

– Sei veramente un def-- – mi interruppi guardando Nicholas, che sorrise candidamente. Aveva la mia collana al collo e il diamante risplendeva alla luce del sole. – … Défaitiste. –

Marcus si mise a ridere così come non lo sentivo da tempo, poi mi tese il braccio e sospirai, avvicinandomi e abbracciando sia lui che Nicholas. Casa.

– Che vuol dire? – chiese quest’ultimo.

– Chiedi ad Alexander. – scherzammo in coro noi.

– Alexander deve sapere davvero un sacco di cose… – osservò il nostro piccino, convinto.

Inarcai le sopracciglia e feci spallucce. – A proposito… credo che proprio una, la più importante, gli sia sfuggita. Ora che ci penso, l’ho realizzato soltanto stanotte… –

– Tra un mugugno e l’altro. – aggiunse Marcus. Sorrisi, poi ci scambiammo un dolce bacio.

– Bonjour mari. – sussurrai.

– Buongiorno moglie. – rispose lui e il sorriso gli rimase sul volto, il tempo di sentire il suo iPhone squillare.

– Adesso prende? – chiesi.

– Eh già… avranno ristabilito le linee. – rispose, prendendo il telefono dalla tasca dei pantaloni classici blu scuro che mal si accordavano alla maglia con Dart Vader stampato su. Sbirciai, immaginando che fosse qualcuno dei nostri, ma… Marcus alzò gli occhi al cielo e fui piuttosto tentata di andare a prendere uno dei miei tacchi.

– Tra tutti, proprio lui?? –

Marcus sospirò, poi mise la mano in faccia e rispose. – Buongiorno Frank. –

– Frank è… –

Guardai Nicholas e annuii disperata. – Proprio lui. –

In realtà, Marcus mi sorprese. Ero convinta che avrebbe intavolato qualche discussione, ma non fu così.

– Tutto a posto, stiamo bene. Che ne dici se rimandiamo qualunque questione a quando torno a Boston? Magari… tra una settimana. Perché sai, al momento sono con la mia famiglia e abbiamo una vacanza da portare a termine. A proposito… – aggiunse guardandomi – … la prossima volta montagna. Ti saluto Frank. Ci vediamo al rientro. – disse, tagliando corto non appena Morris cercò di controbattere e chiudendo.

Battei le palpebre, dubbiosa. – Scusa… posso sapere cosa ne hai fatto di mio marito? Sai… alto, capelli mossi castani, occhi scuri, affascinante… fedele ai completi sartoriali, intenditore di brandy e dedito al dovere prima di tutto? –

Marcus si mise a ridere. – Credo avesse bisogno di una bella vacanza. E… a proposito… –

Si scostò e lo vidi prendere pericolosamente la mira per un viaggio di sola andata del suo iPhone verso l’oceano. Sgranai gli occhi. – Marcus Ryan Howell!! – urlai, pronunciando il suo nome completo e bloccandolo prima che potesse dar seguito a quel colpo di testa. La voce di Nicholas tra noi, invece, uscì più alta. – Ops… abbiamo un problema… –

Sentimmo d’improvviso alcuni, fin troppo noti, click, poi una voce maschile, decisamente meno nota. – Voi! Mani in alto! –

Il cuore mi prese a battere forte e ci voltammo tutti e tre. Circa una decina di agenti in uniforme della US Army ci puntava contro le pistole.

– Sul serio? Ditemi che questa è opera di Alexander… – mormorai, sconvolta, in una mezza risata isterica.

Il comandante si fece più avanti. – Avete sentito? Mani in alto! Il bambino viene con noi. –

Nicholas si strinse alla gamba di Marcus, che alzò le braccia. – Tutto a posto. Sono Marcus Howell. Mia moglie Selina e nostro figlio Nicholas. –

Feci cenno di saluto con la mano, ma il comandante non ordinò di abbassare le armi.

– Certamente. E io sono il capo di stato maggiore della Difesa. Non fatemelo ripetere un’altra volta. –

– Oh cielo, questa mi mancava… –

In effetti, considerando che alcuni dei ladri fossero un uomo e una donna, le nostre tenute, il fatto che fossimo quanto di più lontano dal nostro aspetto ufficiale, e che Nicholas, diversamente, fosse vestito di tutto punto e avesse il mio diamante al collo…

– Mamma… papà… – bisbigliò spaventato.

– È tutto a posto, tesoro… – disse Marcus.

– Magari no… insomma, hai parlato soltanto telefonicamente con quell’uomo, non ha idea di che faccia abbiamo! E conciati così poi… – protestai, sottovoce.

Marcus mi guardò con la coda dell’occhio, poi si voltò nuovamente verso la squadra e abbassò le braccia, assumendo la sua solita postura di comando e parlando con il suo tono più formale.

– Comandante Johnson di Brant Point. Abbiamo parlato ieri sera, le ho chiesto informazioni sulla viabilità dell’isola e sulle condizioni meteo al fine di perimetrare al meglio la zona in seguito a un’assestata rapina presso il WE resort e pianificare un’operazione di recupero. Mi creda, quel che è accaduto dopo è degno di essere raccontato davanti a qualcosa di forte che sarò ben felice di offrirle una volta rientrati in sicurezza presso il nostro alloggio e tornati ad un aspetto più decoroso. –

L’uomo ponderò per un istante le parole di Marcus, poi abbassò le pistole e sventolò la mano in segno di dismissione. I soldati fecero altrimenti, mettendosi sull’attenti non appena lo fece lo stesso comandante. – Procuratore Howell. Mi scuso per la mancanza. La mia squadra e io ci occuperemo di scortare lei e la sua famiglia. –

Marcus annuì e io sospirai. Nicholas mi prese per mano e lo guardai, rivolgendogli un sorriso.

– Sei pronto a tornare dagli altri, tesoro mio? –

Stavolta toccò a lui annuire. – Da! – esclamò, soddisfatto.

E così, finalmente, al termine di quella lunghissima notte, facemmo ritorno al resort.


 ***


Quel che non immaginavamo… o meglio, che avremmo dovuto aspettarci, dato il soggetto, fu l’accoglienza di Jace. Non appena scendemmo dal SUV, circa tre quarti d’ora più tardi e dopo un viaggio nella distruzione causata dalla violenta sferzata del maltempo, fummo accolti dagli sguardi increduli dei nostri amici. Jace, dopo averci girato intorno, scoppiò a ridere e ne approfittò per scattare un paio di foto.

– Questa è per Amanda. Mi aveva chiesto di farle sapere qualcosa sulle sorti di suo fratello, quindi… e questa è per-- 

Marcus afferrò il suo iPhone, fulminandolo con un’occhiataccia fosca e minacciosa che non aveva nulla da invidiare agli ultimatum di un assente Alexander. – Ricordati chi ti paga lo stipendio, dottor Norton. – sibilò.

Jace sudò freddo, tirandosi indietro. – C-Chiedo umilmente scusa… –

Mi misi a ridere, poi strinsi le mani di Elizabeth. Il suo bel viso era stanco. – Avevi dimenticato il telefono qui e non sono riuscita a chiudere occhio al pensiero di voi chissà dove… state bene? – mi chiese, preoccupata.

Quel suo tono mi commosse. – Sì… sì! È stata l’esperienza più drammatica… e meravigliosa di tutta la mia vita… – le spiegai, guardando Nicholas. Elizabeth, che conosceva i miei tormenti, capì immediatamente a cosa mi riferivo, poi mi guardò con occhi lucidi e un sorriso comprensivo.

– Sono così felice per te! –

Sorrisi a mia volta, mentre a poco a poco si avvicinavano anche i genitori degli altri bambini, Parker ed Ashley in primis. A Parker fummo particolarmente riconoscenti. Senza il suo SUV e, soprattutto, il delirio che ospitava all’interno, non ne saremmo venuti fuori facilmente. Parker, ad ogni modo, decise di regalarci le magliette e quel gesto provocò un’ondata di risate da parte di Jace, seguito a ruota da alcuni sbuffi dei soldati di Brant Point, prontamente ripresi dal comandante Johnson. Del resto, non capitava tutti i giorni che il distinto ed elegante capo della Polizia di Boston dovesse fare gli onori di casa con indosso una maglietta raffigurante Dart Vader.

Alla fine, Jace ci spiegò che, al loro rientro, Alexander si era diretto assieme a Lucy al Cottage Hospital per via di Kate ed erano ancora lì. Maximilian, invece, aveva provveduto a dichiarare l’arresto del direttore Hudson e a riconsegnare la refurtiva alle famiglie derubate, poi si era occupato di coordinare le operazioni di recupero assieme al corpo di guardia. E, se noi eravamo vivi e vegeti, la donna che era scappata era stata ritrovata in fin di vita a circa mezzo chilometro dal luogo dell’incidente e trasportata urgentemente in ospedale, dove aveva subito un intervento per frenare l’emorragia interna. In quel momento, era piantonata in Terapia Intensiva.

Così, dopo che Marcus ebbe pattuito con il comandante Johnson un rendez-vous tecnico, potemmo far ritorno in tranquillità nella nostra suite e, finalmente, far uso di mai così gradite docce e profumati abiti puliti. E, quando mi guardai allo specchio, dopo aver finito di sistemare il mio abito color crema a mezza lunghezza a mezza manica larga, con drappeggio e spacco laterale, mi resi conto di ciò che aveva visto Elizabeth. La stanchezza e le abrasioni erano facilmente camuffabili con un po’ di trucco, ma quella luce negli occhi… non credevo che sarei mai stata in grado di vederla nei miei.

Raggiunsi Marcus, che stava finendo di abbottonare la camicia bianca e vidi Nicholas che, nel frattempo, complice l’essere stato il primo a beneficiare dei comfort e dei suoi abiti puliti, si era addormentato nel nostro letto.

– Aveva detto che si appoggiava giusto un attimo, ma è crollato… – disse Marcus, armeggiando con l’ultimo bottone.

– Dopotutto, è soltanto un bambino… puoi biasimarlo? – feci eco, fermandomi davanti a lui, scostando le sue dita e liberandogli il collo dal primo bottone, poi inspirai il suo profumo di colonia.

Scosse la testa e io sorrisi. Mi guardò perplesso, poi la sua espressione si fece indagatrice in un modo che conoscevo piuttosto bene. – Non vorrai… –

Alzai lo sguardo verso di lui e agitai l’indice davanti al suo viso. – Mi spiace, per quello dovrai aspettare. Però… devo ammettere che quella versione di te un po’… insouciante… – dissi, calcando l’accento, ottenendo in risposta uno sguardo dubbioso.

– Alexander conosce il francese. Vero? –

Soffocai una risatina. – Nemmeno una parola. – dissi, poi mi sollevai a incontrare le sue labbra e ci ritrovammo in breve impegnati in un bacio che finì col perdere ben presto quel poco di innocenza e castità con cui era cominciato. Tuttavia, non era il momento ed entrambi lo sapevamo fin troppo bene. Quando ci separammo, mi accarezzò il viso con il dorso delle dita. – Tu non hai idea di cosa darei per… – alzò gli occhi al cielo, poi sospirò. Non che non me ne fossi accorta data la nostra vicinanza, a dire il vero. – Attento. Prendo nota. – lo minacciai, per poi scostarmi. – Piuttosto… che ne dici di sbrigare le formalità mentre io rimango un po’ qui con Nicholas? –

Lo trovai d’accordo. – Forse è meglio, sì… sì. – disse. Raccolse il suo Philippe Patek col quadrante in oro giallo dal comò dietro di noi e lo sistemò al polso, poi infilò la giacca blu scuro.

– Ci vediamo più tardi. –

Annuii e lui uscì. Sentivo il cuore battermi forte. Soltanto Marcus aveva quella capacità di farmi battere il cuore come una ragazzina davanti al suo primo amore, anche a distanza di tanti anni. Presi un bel respiro, poi mi sedetti sul letto e accarezzai i capelli di Nicholas, che dormiva profondamente.

– Fa’ sogni d’oro, angelo mio… – sussurrai, poi recuperai il mio iPhone.

C’era davvero di tutto. Una ventina di chiamate, la maggior parte di esse dai miei cognati, dei messaggi da parte di Elizabeth e quel che mi colpì più di tutto, fu il messaggio di Alexander. Appoggiai la guancia sul palmo della mano, mentre osservavo lo schermo. Alexander era sempre stato scaltro, estremamente attento ai dettagli, un vero maestro della pianificazione, soprattutto quella criminale, ma quando si trattava del personale, era davvero una catastrofe vivente. E, in effetti, non si era reso conto di quel che stava realmente succedendo a Kate.

Tre parole. Di quelle che cambiano la vita per sempre. Kate è incinta.

Sorrisi e tornai a guardare Nicholas. Presto avrebbe avuto dei piccoli amici. E poi, guardai verso la porta finestra aperta, riparata dalla sottile tenda in cotone candido, pensando a Lily. Abbiamo una missione, piccolina…

 

 ***


In seguito all’arresto del direttore Hudson, il suo vice aveva preso le redini dell’amministrazione del resort e, dal momento che l’ondata di maltempo aveva costretto al blocco momentaneo dei voli sia in entrata che in uscita, senza contare i danni all’immagine, ci vennero offerti alcuni giorni di permanenza a titolo gratuito, con le migliori scuse. Inizialmente avevamo rifiutato, dato che Marcus non avrebbe potuto rimanere a lungo lontano dal suo ufficio ma, dal momento che non potevamo comunque far ritorno a Boston, tanto valeva approfittare almeno fino a che non fossero stati ripristinati i collegamenti. Tuttavia, insistemmo sul pagamento e, di fronte all’irremovibilità del vicedirettore, ottenemmo almeno che quelle quote fossero impiegate per gli aiuti, laddove necessario.

Kate e Lex, assieme a Lucy, fecero ritorno al resort nel pomeriggio. Non avevo detto nulla del messaggio di Alexander e attesi che fossero loro a dare l’annuncio della gravidanza della nostra giovane amica. Come prevedibile, vi fu felicità, curiosità e non mancarono le punzecchiature ma, se Kate sembrò celare bene la preoccupazione, non mi sfuggì affatto quella di Lex. Verso sera, mentre festeggiavamo la luce alla fine del tunnel e, tra le varie notizie, seppi anche che l’anziana donna che avevo aiutato la sera precedente era sotto osservazione, ma in buona salute, presi un paio di Martini e uscii all’esterno, convinta di trovarlo fuori. Seguendo l’aroma familiare alzai lo sguardo, adocchiando Alexander sul balcone della sua suite, intento a fumare con aria pensierosa.

– Ok, è ora di darsi da fare… –

Rientrai e, dopo aver informato Marcus che avrei tardato un po’ per via di un’operazione top secret ed essermi accertata che Nicholas fosse al sicuro (per quanto la definizione di sicurezza, trattandosi di Jace Norton impegnato a fare animazione a dei bambini, fosse alquanto opinabile), raggiunsi il piano superiore e bussai.

– È aperto. – sentì Alexander rispondermi in lontananza.

Ripresi i bicchieri da cocktail ed entrai, poi lo raggiunsi sul balcone. Essendosi già accorto di me, non si voltò nemmeno.

– Un penny per i tuoi pensieri. – dissi, porgendogli il bicchiere.

Fece un ultimo tiro e spense la sigaretta nel posacenere, prima di prendere il Martini. Si voltò appoggiandosi alla ringhiera in ferro e incrociò le caviglie. – Un salto dalla scogliera di Sankaty Head. Impressionante. –

Sorrisi, senza stare al suo gioco. – Sono più che sicura che non sia questo ciò di cui vogliamo parlare. –

Alzò appena il bicchiere. – Già. –

– Ok… – dissi, voltandomi verso il panorama. La costa occidentale era nuovamente illuminata, ormai all’imbrunire. Placida, serena, a testimonianza di come, dopo un grande trambusto, tutto si sistemasse e tornasse alla normalità. A parte la temperatura più bassa. E la distruzione. Portai una ciocca dietro l’orecchio. – Nicholas mi ha chiamato mamma. –

Percepii il suo sorriso. – Lo so. –

– E tu stai per diventare di nuovo papà. –

Attese. – So anche questo. –

– Non ne sei felice? – chiesi, forse con un tono troppo diretto.

Inspirò e sollevò lo sguardo al cielo, reclinando appena la testa. – Non capisco… come sia possibile… –

A quel commento mi voltai verso di lui, incredula. – Devo forse ricordarti come si fanno i bambini, Alexander Graham? –

Si mise a ridere, inaspettatamente, poi tornò alla posizione precedente. – No, certo che no. Ciò che non capisco è perché Kate non me l’abbia detto subito. –

Spalancai gli occhi. – Oh… beh… mhh… vediamo. Giovane donna vede la sua vita sconvolta in meno di un anno. Fidanzato ucciso da uno psicopatico. Tale psicopatico si rivela perseguitarla da oltre vent’anni e lei scopre che i casi che lo vedono implicato rendono lei stessa il caso zero. Ah… è incinta di un uomo che ama, che ricambia, ma che, per coincidenza, è il padre della prima vittima e, come se non bastasse, il suo capo. Ho dimenticato qualcosa per spiegare il fatto che probabilmente è confusa e spaventata? –

Il bicchiere gli tremò tra le dita. – Stai dicendo che sono io ad intimidirla? –

Inarcai le sopracciglia. – Sto dicendo che, per quanto tu possa essere in gamba nel tuo lavoro, sei un vero idiota nelle relazioni. Ha paura, Lex. E se non ti ha detto nulla, conoscendola, è perché è il genere di persona che pensa agli altri prima che a se stessa. E, onestamente, non è sempre facile parlarti quando ti metti sulla difensiva. –

Scosse la testa. – Il fatto è che… è che Kate mi spiazza. Quella ragazza… da quando è entrata nella mia vita, l’ha sconvolta totalmente e quando si tratta di lei… ecco… io non… non riesco ad agire in maniera razionale. –

– E… quindi? –

– E quindi lei è in costante pericolo. A causa mia. Quello che è successo… il vederla accasciarsi dopo esser stata colpita dal proiettile di Novak, il sangue, il fatto che non mi rispondesse… e poi i giorni interminabili del coma… Dio solo sa quanto avrei voluto essere io a prendere quel colpo e risparmiarle tanta sofferenza. Purtroppo, col lavoro che facciamo, non è escluso possa accadere di nuovo e questo mi inquieta. Ma Kate è ostinata e testarda e non ascolta. Il pensiero che possa accaderle qualcosa… che io possa perderla… perdere anche lei… Oh Dio… – disse con frustrazione, posando il bicchiere e coprendosi il volto con la mano.

Sospirai. – Lex. –

Digrignò i denti.

– Alexander. –

Tolse la mano, ma evitò di guardarmi. Sapevo che mostrarsi vulnerabile era la cosa che meno tollerava. Aveva bisogno di sentirsi forte per la ragione più semplice del mondo: non voleva più patire il dolore della perdita di una persona amata.

– Hai ragione: è ostinata e testarda. D’altronde, per avere a che fare con te, bisogna avere una certa dose di resistenza. Ma Kate è anche una giovane donna in salute… e aspetta un bambino. E un figlio ti cambia la vita. Noi due lo sappiamo bene. Lex, capisco che anche tu sia spaventato e che parlare di questo non sia facile per te. Ma volevi chiederle di sposarti e stavi già pianificando di trovare casa a Cambridge. Quindi questo significa che eri già pronto a passare la tua vita con lei e, a quanto pare, il destino ti ha dato un’occasione in più per capire le cose, data la tua lentezza di comprendonio. E poi… ti conosco troppo bene per non sapere che, nonostante la paura, sei felice. –

Sgranò gli occhi e finalmente si voltò a guardarmi. Oramai, conoscevo Alexander da circa quindici anni e, a dispetto di come fossero mai andate le cose tra noi, potevo dire di essere tra le poche persone a saper leggere le corde del suo animo inquieto. La verità era che, in quel momento, aveva bisogno di realizzare il fatto che quel che stava accadendo avrebbe cambiato la sua vita in un modo che, per quanto già vissuto, portava con sé implicazioni date da una maturità diversa.

– Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi anni è che non possiamo dare nulla per scontato… né fare progetti a lungo termine senza tenere in considerazione che qualcosa possa cambiare da un momento all’altro. Prima di incontrare Nicholas, di fronte all’ennesimo aborto spontaneo, avevo rinunciato del tutto a diventare mamma. E quando tu hai perso Lily, con lei se n’è andato per sempre un pezzo del tuo cuore. Però… Nicholas mi ha fatto rendere conto che nessun dolore, per quanto profondo e distruttivo, dura per sempre… e lo sai anche tu, o non avresti certo fatto quel bel discorso ad Elizabeth un paio di mesi fa. Lex, non so cosa ci riserverà il futuro, ma conosco te e conosco Kate e so che se ti senti così spaventato per lei, è perché l’ami. E proprio per questo, sono sicura che andrà tutto bene e che saprete essere dei genitori meravigliosi. –

– Selina, io… –

Sollevai il bicchiere. – Un brindisi alla vita. –

Mi guardò in tralice, poi riprese il bicchiere lasciando che tintinnasse col mio. – Mpf. Tu lo sai che hai sbagliato carriera, vero? – mi fece eco, prima di sorseggiare il Martini.

Sorrisi e bevvi a mia volta. – Non è vero. Sono solo straordinaria in tutto quello che faccio. A proposito… hai qualcosa da farmi vedere, giusto? –

Stavolta toccò a lui sorridere, ma non mi accontentò. – Non è il momento ora. Una cosa per volta. Voglio davvero che Kate sia felice e qualcuno mi ha detto, cito testualmente, che con lei divento iperprotettivo. E poi… non voglio che pensi che le chiedo di sposarmi soltanto perché aspetta un bambino. Insomma… il tempismo… –

Convenni. – Oh certo. –

Mosse il bicchiere e il poco liquido all’interno si mosse, poi bevve l’ultimo sorso, realizzando un certo fatto. – Avrà la stessa età del figlio di Max ed Elizabeth… – osservò, sorpreso.

– Già. – sorrisi, poi gli detti una pacca sulla spalla. – Auguri. –

Lui annuì, poi tornò a guardare il cielo e rimanemmo in silenzio per diversi istanti prima che tornasse a parlare. – Suonerebbe strano se ti dicessi che sei la migliore amica che abbia mai avuto? –

Feci spallucce, ripensando a quanto poco amici fossimo stati durante i pochi, ma intensi, mesi della nostra relazione. Un’eternità fa. – A volte mi è capitato di pensare al perché non abbia mai funzionato tra noi, sai? –

Mi guardò con la coda dell’occhio, ma non rispose.

Sorrisi. Per quanto in passato avessimo avuto una gran chimica, si era trattato soltanto di attrazione ed era rimasto soltanto un profondo affetto. Non avevo mai, con lui, provato quel batticuore che sentivo ancora con Marcus. E, immaginavo, nonostante il suo silenzio, ne fosse ben consapevole anche lui.

 – Perché siamo felicemente innamorati di altre persone? –

Mi stiracchiai un po’, scostandomi dalla ringhiera, poi mi avvicinai alla porta per rientrare.

– Perché sono molto più intelligente e più scaltra di te. – risposi, ottenendo un mugugno in risposta e mettendomi a ridere, prima di lasciare la suite e incrociare, all’uscita, proprio Kate.

– Alexander è lì? – mi domandò, con tono incerto.

– Tutto tuo. – dissi, con tono conciliante, prendendole le mani. – E ricorda che se si comporta male… possiamo sempre chiedere a Marcus di spedirlo a tirare slitte con Balto con biglietto di sola andata. –

Quel commento la fece sorridere. – Grazie… –

Le strinsi le mani. – Andrà tutto bene. È soltanto innamorato… ma essendo l’idiota che è, non ha idea di come gestire situazioni al di là del suo controllo. Quindi… striglialo. –

– Oh… ecco… –

Le feci l’occhiolino, tempo di sentire i passi di Lex e di vederlo sulla porta. Kate sembrava in imbarazzo ma, a suo onore, Alexander le tese la mano. – Che ne dici di parlare un po’? – chiese, con voce dolce.

Kate annuì e io lasciai la presa, perché potesse raggiungerlo. Quando gli fu accanto, notai che agli occhi lucidi di lei faceva eco un’espressione che avevo visto sul volto di Alexander soltanto quando l’aveva vicina. Si guardarono entrambi e Kate lo abbracciò forte, serrandosi contro il suo petto, persa in un singhiozzo. Alexander premette le labbra contro i suoi capelli castani, poi la strinse forte a sé. – Sono un idiota… – bisbigliò e Kate fece cenno di sì con la testa, prima di tornare a guardarlo. Non potevo vedere che faccia avesse in quel momento, ma in compenso, vidi il sorriso commosso di Lex. – Un idiota che sta per diventare papà per la seconda volta in vita sua e ama già questo bambino tanto quanto ama la sua testarda, ostinata, intelligente e bellissima mamma. –

Il mio cuore mancò un battito e, a quelle parole, pronunciate con amore e con devozione, mi voltai per nascondere la mia, di commozione, e mi allontanai, lasciandoli a parlare della neonata famiglia e del bambino che sarebbe venuto di lì a qualche mese.

Quando tornai al piano inferiore, tra i bambini che giocavano spensieratamente, Nicholas in primis, e gli adulti che conversavano, incrociai lo sguardo di Marcus e lo raggiunsi, prendendolo sottobraccio.

– Tutto bene? – mi chiese soltanto.

Annuii, soddisfatta. – Molto. –

Mi sorrise e ci intrattenemmo a lungo con gli altri ospiti, fino a quando, dopo la cena non rimanemmo che in pochi. Comodamente seduti sui divani, Jace esausto, Lucy conciliante, Elizabeth divertita, Maximilian serafico e Nicholas un po’ stanco e assonnato, ma felice tra noi, riflettemmo sul fatto che quella serata extra sarebbe stata davvero l’ultima, prima di tornare a Boston l’indomani. Che quella vacanza sarebbe passata alla storia era un dato di fatto e, quantomeno, avremmo avuto delle nuove glorie da aggiungere al repertorio non appena avessimo cenato con la prozia Portia.

Kate e Alexander, invece, ci raggiunsero con comodo. Finalmente, non c’era più ombra di tensione sui loro volti. Quando presero posto assieme a noi, per trascorrere quella che fu davvero l’ultima sera che passavamo tutti quanti insieme a Nantucket, la conversazione verté, in breve, sulla famiglia. Nicholas, in particolare, era quello che non riusciva a credere al fatto che nella pancia di Kate ci fosse un bambino. E, quando rivolse a noi tutti la fatidica domanda alla quale prima o poi qualunque genitore si trovava a dover dare risposta…

– Chiedi ad Alexander. – fu ciò che dicemmo tutti quanti in coro.

E, per la prima volta da quando lo conoscevamo, sul volto di Alexander Graham, detective capo del V Dipartimento, leggemmo tutto l’imbarazzo di chi era stato preso totalmente contropiede e non aveva idea di come rispondere all’innocentissima domanda di un naturalmente curioso bambino di sei anni.

Fu un fine serata allegro e divertente, lontano da tutto ciò a cui eravamo abituati e soprattutto, dal dramma vissuto la notte precedente. Già… una volta che la tempesta si era esaurita, ogni cosa aveva trovato il suo posto. Così come la vita, in fondo. E fu quella che celebrammo. Vivi. In un abbraccio. A ricordarci quanto fossimo fortunati. Immersi nell’amore che salva, che cambia, che genera nuova vita.

 

 

 


****** ANGOLO DELL'AUTRICE ******

 

Buonasera! Parte terza... e finale prima dell'epilogo! Mi sono resa conto che questo speciale è pieno di missing moments... e uno di questi riguardava proprio il rapporto tra Selina e Alexander e... la gravidanza di Kate. Ci tenevo proprio un sacco a raccontare come fosse andata proprio perché Henry e Landon sono coetanei e si tolgono pochi mesi... mi mancava creare il contesto. <3 
Alla prossima settimana con il finale di questo speciale! Un abbraccio a chi sta continuando a leggere e, se vi va, fatemi sapere qualcosa! 

  
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