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Autore: Inquisitor95    03/02/2022    0 recensioni
Anno Stellare 2110
L'umanità ha finalmente sviluppato tecnologie per compiere il viaggio e l'esplorazione nel Sistema Sol fino ad esplorarlo completamente. Il grande Richard King dopo anni di studio è finalmente riuscito nel suo sogno: creare un'Arca con la quale cinquemila Passeggeri potranno raggiungere il sistema più vicino a quello nativo per poter cercare nuovi mondi abitabili. Tra questi coloni, suo figlio Raider parte colmo di speranze cercando di costruirsi una nuova vita. Tuttavia, quello che Raider scoprirà al suo risveglio lo lascerà senza fiato e confuso: il viaggio tra i sistemi doveva durare sette lunghi anni. Ma quando il giovane soldato apre gli occhi si trova sotto le cure di una donna aliena e scoprirà che è rimasto nel criosonno per ben trent'anni. Raider si trova quindi in un sistema nel quale l'umanità è ha raggiunto dei traguardi.
Genere: Azione, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Uno

Risveglio


 
 
 
 
 
 
 
Settore Sconosciuto
Stazione Spaziale misteriosa
 
Un suono echeggiava all’interno dell’orecchio del giovane soldato, era acuto e fastidioso e non sembra voler finire. Era difficile cercare di capire a cosa fosse dovuto o se semplicemente fosse nella sua testa, di fatto, il giovane soldato non poté fare altro che aprire gli occhi di scatto venendo improvvisamente investito da una luce bianca e forte.
Ogni suo senso era completamente oscurato, persino quel suono era scomparso e la vista non gli funzionava correttamente, nella confusione più totale cercava di muoversi per riprendere la corretta funzionalità del suo corpo ma ogni movimento era impossibile.
“Che diavolo mi sta succedendo?” si chiese il soldato senza poter capire, poi una valanga di ricordi gli sovvenne alla memoria.
Si trattavano per lo più di immagini: una larghissima sala dall’aspetto cilindrica, centinaia di capsule nella quale le persone stavano aspettando il proprio turno per poter entrare nel sonno criogenico; lui era un Passeggero dell’Arca, quello lo ricordava perfettamente.
Dei dottori lo avevano fatto sedere su quella che sembrava una stazione medica improvvisata, poi gli avevano fatto dei test e delle analisi, un prelievo di sangue e una serie di iniezioni endovena. Lo avevano fatto distendere su un lettino all’interno della sua capsula; l’ultimo ricordo era quello del vetro che si posizionava davanti ai suoi occhi e il sonno criogenico che sarebbe iniziato di lì a poco.
Ricordava di aver sorriso con la consapevolezza che quando avrebbe aperto gli occhi sarebbero passati quasi sette anni dall’ultima volta che lo aveva fatto e che si sarebbe trovato in un altro sistema solare.
“Il Soggetto Ventisette si sta svegliando. Chiamate la Dottoressa Von’Darock, presto!” disse una voce, probabilmente rivolgendosi al giovane soldato che si trovava disteso nella sua capsula. Difficile dire chi fosse visto che la luce era ancora abbagliante.
“Raider. Ho un nome, non sono un numero!” disse il giovane soldato con la consapevolezza di averlo semplicemente pensato, avrebbe tanto voluto urlarlo, ma il fastidioso mal di testa sembrava non poterglielo permettere quindi rimase in silenzio.
“Resto con lui. Potrebbe essere meglio così…” disse una seconda voce, sembrava piuttosto inquieto, sicuramente un infermiere o qualcosa del genere. Questo fece sovvenire altri ricordi.
Raider ricordava che, passati i sette anni di viaggio, i primi Passeggeri ad essere svegliati sarebbero stati i membri stretti dell’entourage del capitano e i medici di bordo; successivamente sarebbe toccato ai soldati e quindi lui era tra i primi che avrebbero visto il Sistema Bael in avvicinamento, a quattro settimane di distanza.
Quel tempo sarebbe servito per l’arrivo nel Settore Levante dove erano stati rilevati dei pianeti abitabili e adatti quindi ad ospitare la vita organica. Da lì avrebbero poi contattato la base dell’Organizzazione Spaziale Terrestre per la riuscita missione.
Eppure, qualcosa dentro di lui gli diceva che non era così semplice.
Piano piano, la vista cominciò a riprendere il suo funzionamento e allo stesso tempo, il mal di testa dovuto all’impianto neurale che aveva installato sembrava essere cessato. Raider si trovò finalmente a focalizzare ciò che aveva davanti e si accorse di non essere più imprigionato nella capsula del sonno criogenico.
“Non dovresti alzarti. Se lo fai la Dottoressa Von’Darock se la prenderà con me perché non ti ho tenuto fermo.” Disse la voce accanto a lui, a quel punto Raider si rese conto di essere completamente in posizione seduta, riacquisendo tutti i suoi sensi.
C’era qualcosa che non andava: non si trovava più nel grande cilindro che ospitava le altre capsule come la sua, era in una sorta di stanza d’ospedale privata, con alcuni mobili che la rendevano meno sterile.
“Siamo riusciti ad arrivare a Bael. Non ci credo!” disse Raider con un sussurro e un sorriso che gli si stava aprendo sul volto mostrando la bianca dentatura. Sentiva gli occhi pesanti, si sentiva fiero e felice della riuscita del viaggio. E lui ne aveva fatto parte.
“Sì, siamo arrivati nel Sistema Bael, ti ricordi della tua missione?” chiese la voce al suo fianco, a quel punto Raider si voltò verso l’infermiere che se ne stava seduto fissandolo con incertezza.
La sua domanda era normale, probabilmente prassi comune. C’era qualcosa che non tornava però: quel ragazzo sembrava guardarlo come se fosse successo qualcosa. Il suo volto non era familiare per Raider, ma ricordarsi di cinquemila volti era impossibile.
“Sono un soldato, naturalmente. La nostra missione è quella di far sì che il Protocollo di Primo Contatto venga rispettato. Proteggiamo i nostri diplomatici.” Rispose Raider, quel dettaglio gli era come sfuggito, come se lo avesse ricordato al momento. I diplomatici sarebbero stati tra gli ultimi a doversi risvegliare.
L’infermiere annuì silenziosamente mantenendo lo sguardo di confusione e imbarazzo. Raider pensò di avere qualcosa di strano in faccia o addosso.
Si tamponò con le mani non trovando nulla che non fossero i suoi abiti con il quale era stato messo nella capsula, un pantalone comodo e un paio di scarpe, sopra una canottiera che lasciava scoperte le spalle larghe e le braccia toniche di Raider. Tutto il vestiario naturalmente richiamava lo stile e i colori bianco e viola della OST.
Raider si toccò il viso: aveva il volto completamente liscio, privo di barba o imperfezioni, il naso leggermente arcuato, gli zigomi un po’ scavati e i capelli biondi in ordine tirati verso l’alto e morbidi mentre i laterali erano quasi del tutto rasati.
“Non riesco a capire. Dove mi trovo?” chiese Raider cercando di essere amichevole, era un ragazzo solare e spesso tranquillo e riusciva a legare con tutti quelli che aveva intorno, come se fosse una qualche specie di dono.
Il giovane infermiere sembrò non riuscire a rispondere finché il suo sguardo non viaggiò oltre la capsula dove si trovava la porta d’ingresso: Raider si voltò rapidamente verso i pannelli a scorrimento.
Era entusiasta, improvvisamente gli si gelò il sangue nelle vene.
Davanti a lui, una creatura si muoveva con sinuosità inumana, nonostante i suoi tratti e il suo aspetto lo fossero, era evidente che quella creatura dalla pelle blu intenso non apparteneva al genere umano.
“Devo essere ancora addormentato… o forse è uno scherzo!” disse Raider non riuscendo a credere ai propri occhi.
La Dottoressa Von’Darock si trovava proprio davanti ai suoi occhi, indossava una tuta in lattice molto aderente che mostrava e disegnava il suo corpo con tutte le curve: dalle gambe slanciate al seno morbido e gentile fino alle lunghe e affusolate dita. Indossava un paio di stivali neri mentre la sua tuta era bianca e reticolata da un simbolo che sembra ripetersi su tutto il tessuto.
Il volto della creatura aliena era simile a quello degli umani: il mento leggermente appuntito, labbra carnose e sensuali di una tonalità più scura di blu, mascella marcata e decisa con zigomi appena accennati. Gli occhi le brillavano di un intenso viola. I capelli invece erano argentati e le ricadevano dietro le spalle, sembravano lunghi e mossi e tra di essi saltavano fuori delle orecchie leggermente allungate che finivano a punta.
“Nessuno scherzo, soldato. In genere amo l’umorismo, ma immagino che la tua confusione sia normale.” Disse la creatura aliena che con grande stupore di Raider sembrava parlare perfettamente la sua stessa lingua lasciandolo a bocca aperta. “E non tenere la bocca aperta come un golokor. Non è di bell’aspetto e ti fa sembrare sciocco.”
Raider di riflesso chiuse la bocca anche se avrebbe voluto fare mille domande alla creatura aliena. Di certo, doveva esserci qualcosa che non andava con i suoi occhi, o forse con il suo impianto neurale.
“Me lo avevano detto. L’impianto in grado di controllare l’energia oscura avrebbe potuto portare allucinazioni. Col tempo, avrebbe potuto sviluppare anche tumori al cervello inguaribili, forse la mia capsula aveva qualcosa che non andava e la mia condizione è degenerata.” Pensò Raider riuscendo a darsi una spiegazione alla vista della creatura dalla pelle blu.
“Non ho capito… cosa sembro con la bocca aperta.” Disse lui.
La Dottoressa Von’Darock si avvicinò, su un braccio teneva un tablet che fungeva da cartella clinica del soldato, vi fece alcune annotazioni passando le dita sopra lo schermo come se vi scrivesse. Poi, arrivata accanto alla capsula, tirò fuori dalla sua cintura una piccola torcia che emetteva una luce intermittente.
“Riflesso pupillare ottimo, direi. Anche le facoltà motorie sembrano essere perfette, nonostante avessi detto che non doveva muoversi.” Disse la dottoressa aliena parlando con l’infermiere al fianco di Raider, quello parve alzarsi di scatto sull’attenti.
“L’ho comunicato al Soggetto Ventisette, signora. Ma non ha voluto sentire ragioni. Sembra che abbia la memoria non sia stata intaccata. Ricorda perfettamente la sua missione." disse lui in risposta.
"Raider. Il mio nome è Raider King.”
Alle parole del giovane soldato, la Dottoressa Von’Darock lo fissò negli occhi come se in qualche modo potesse accertarsi delle sue condizioni. Ci fu un lungo istante di silenzio prima che lei potesse riprendere a parlare mantenendo la stessa espressione di durezza che aveva avuto fino a poco prima.
“Sì, Raider King.” Si limitò in un primo istante continuando a fissarlo senza sbattere le ciglia. “Immagino che non hai ben chiaro dove ti trovi. Vorrei non essere io a doverlo fare, ma sono il tuo medico curante.” Disse ancora la dottoressa, fece cenno ai due infermieri umani di uscire dalla stanza e lei si allontanò di qualche passa verso la scrivania mettendovi sopra il tablet che aveva tra le braccia.
“Non capisco: chi o cosa è lei?” chiese Raider, poteva sembrare sgarbato il tono che aveva usato ma non era nella lista delle sue priorità cercare di essere gentile.
Cercò di alzarsi scoprendo che il pavimento era solido come lo ricordava e che riusciva a tenersi in piedi. La Dottoressa Von’Darock gli passò un piccolo tubetto quasi lanciandoglielo tra le mani, Raider ci mise un istante per accorgersene e riuscì ad afferrarlo.
“Ottimi riflessi, Raider.” Disse lei trattenendo un sorriso e incrociando le braccia al petto. Raider osservò il tubetto aprendone il tappo e scoprendo che vi erano delle pillole all’interno.
“Queste le ricordo bene: sono per le emicranie dell’impianto neurale. Almeno queste sono reali?” si disse, eppure qualcosa dentro di lui gli disse di non prenderle e di aspettare che la dottoressa aliena parlasse.
“Capisco la tua confusione e la tua diffidenza, Raider. Probabilmente al tuo posto anch’io sarei confusa e piena di domande. E vorrei che fosse qualcuno della mia stessa specie a dirmi la verità, ma purtroppo il vostro Centro Operativo ha lasciato la cosa nelle mie mani.” Disse la dottoressa, sembrava essere a conoscenza delle dinamiche della OST come se fosse uno dei suoi membri.
“Che succede? Non capisco.” chiese Raider lentamente.
“C’è stato un problema, qualcosa che non è andato nella tua capsula del sonno criogenico. La tua e altre nove capsule si sono dimostrate danneggiate, forse a causa di un guasto elettrico o di una manomissione non autorizzata. Di fatto, non è stato possibile risvegliarvi insieme agli altri come doveva essere programmato.”
La Dottoressa Von’Darock fece una pausa lasciando il tempo a Raider di assorbire la notizia; da bravo soldato qual era, ci mise qualche istante prima di reagire e affrontare la confusione.
“Ma io mi sono risvegliato. Voglio dire, tutto questo è reale e non sta accadendo nella mia testa, giusto?” chiese il giovane speranzoso in una risposta positiva, la dottoressa aliena annuì lentamente lasciando a Raider la possibilità di fare un pesante sospiro di sollievo.
“Sì, Raider. Ma non è stato così facile riuscire a risvegliarti. Alcuni non ce l’hanno fatta e le loro capsule sono diventate le loro tombe. Abbiamo fatto tutto il possibile per cercare di salvare quanti più di voi ma non sapevamo cosa avesse esattamente causato il guasto e questo ci ha dato non pochi problemi per cercare di agire.”
“Quanti di noi sono sopravvissuti a questo… evento?” chiese Raider senza sapere esattamente come definirlo. Nella sua testa risuonava solo la parola disastro che però non lo faceva sentire bene.
La dottoressa dalla pelle blu parve sorpresa nel sentirsi porre quella domanda, come se non fosse esattamente quella che si aspettava.
“Tu e un’altra ragazza, Raider. Ma non è questo il nocciolo della questione e adesso viene la parte peggiore…” disse lei cambiando tono e argomento; le sue movenze ricordavano molto quelle degli umani, si morse il labbro come per placare l’agitazione, poi rilassò le braccia lasciandole scivolare davanti a sé per gesticolare.
“Non so esattamente come potrei rendere la cosa meno difficile quindi sarò diretta: sono passati esattamente trent’anni da quando la vostra spedizione è partita verso il Sistema Bael.” Disse la dottoressa facendo una pausa più lunga sulle sue parole. “Il tuo sonno criogenico avrebbe dovuto essere interrotto ventitré anni fa, quando è avvenuto il Primo Contatto tra le nostre specie. Mi dispiace…” disse infine la dottoressa scusandosi di qualcosa che non era in suo potere.
Raider riflette attentamente sulle sue parole.
Erano passati trent’anni dalla sua partenza dal Sistema Sol. Non era solo appena arrivato in un nuovo sistema, ma in una nuova era.
  
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