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Autore: Stella Dark Star    08/02/2022    0 recensioni
+MULTISHIP che troverete man mano che leggete! ;)
Cambiare il passato può avere ripercussioni inaspettate sul futuro, questo Takemichi lo sa bene. Ma nemmeno lui poteva immaginare di ritrovarsi in una linea temporale in cui Chifuyu è un ragazzo intersessuale... Quel dannato 31 ottobre 2005, Baji era morto fra le braccia di Chifuyu, senza sapere che lui portava in grembo suo figlio.
Ottobre 2021. Unmei è un adolescente ribelle, Comandante di una gang, ha un pessimo carattere, è segretamente innamorato di Kazutora pur avendo una relazione di letto col migliore amico Blitz (figlio di Smiley) e ha il cuore a pezzi nel vedere sua madre Chifuyu soffrire ogni anno. Quando scopre per caso che Takemichi può viaggiare nel tempo, gli ordina di andare a salvare suo padre Baji per creare un nuovo futuro ma...con la stretta di mano si ritrova anche lui nel passato! Interagire con i suoi giovanissimi genitori, col suo amore Kazutora, con zio Taka, con Draken e perfino con un Mikey indemoniato sarà un'esperienza decisamente fuori dalle righe, dove non mancheranno drammi, delusioni ma anche momenti bizzarri e felici (e triangoli amorosi di varia natura)!
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chifuyu Matsuno, Kazutora Hanemiya, Keisuke Baji, Nuovo personaggio, Takemichi Hanagaki
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Quarta Fase:
[Stand by me]
 
L’incrocio di Shibuya era famoso in tutto il mondo e ben meritava la sua fama. Forse poteva considerarsi una forma di arte vedere quelle frotte di persone attraversare le strisce perdonali in tutte le direzioni, un flusso impazzito che quasi ricordava le onde del mare in una giornata ventosa, salvo poi liberare completamente la strada e lasciare il passaggio libero alle auto che riprendevano la propria corsa quasi monotona, coi fari accesi che si rivelavano inutili data la quantità di luci artificiali che illuminavano la strada in una moltitudine di neon colorati da far invidia anche al più bell’arcobaleno. Uno spettacolo da ammirare in totale tranquillità appoggiato alla moto, mentre Mikey, accanto a lui, si gustava l’amato dorayaki.
Mikey era come un bambino quando mangiava, la sua espressione era felice e con la bocca faceva dei buffi rumori ad ogni morso di quel dolcetto che tanto gli piaceva. Tutti elementi che un poco cozzavano col la divisa della Toman e col suo ruolo di Comandante.
Terminato di mangiare, si leccò le punte delle dita, come a volerne a tutti i costi rubare la dolcezza che il dolcetto vi aveva lasciato impressa, per poi sfoggiare un sorriso soddisfatto. “Grazie del dorayaki, Takemicchi!”
Lui ridacchiò di getto. “Di niente, Mikey-kun!” Peccato dover frantumare quella piacevole atmosfera con un argomento pesante… “Ehm… Ti ho chiesto di vederci qui per un motivo…”
Il sorriso di Mikey si spense all’istante e nei suoi occhi tornò quel nero senza fondo dal quale si aveva l’impressione di non poter uscire vivi. “Lo so.”
“Allora…caccerai Kisaki?”
“No.”
Takemichi, preso alla sprovvista, alzò la voce ancora prima di accorgersene. “La sera del raduno mi hai fatto una promessa e ora devi mantenerla!”
Con aria apparentemente tranquilla, se non addirittura disinteressata, Mikey volse lo sguardo verso di lui. “L’accordo era che tu riportassi Baji alla Toman.”
“E’ quello che ho fatto!”
“Baji è tornato da solo. Tu non hai dimostrato di poter essere utile alla gang. Non ti devo niente.”
Takemichi strinse un pugno, cominciava davvero a spazientirsi. “Ma io…”
“Se devo dirlo, una parte del merito va ad Unmei. E’ stato grazie alle sue parole e alle sue azioni se Baji è tornato. Quel ragazzo mi interessa parecchio.”
Ecco. Unmei. Con una visione adulta, lo capiva che Unmei aveva agito solo per il bene dei propri genitori, però modificando certi avvenimenti stava mettendo i bastoni tra le ruote a lui e lo stava sminuendo agli occhi di Mikey. Non andava bene. Cosa poteva fare per rimettersi in carreggiata?
Come se Mikey gli avesse letto nel pensiero, sfoggiò nuovamente un sorriso amichevole e gli parlò senza mezzi termini. “Tu mi piaci Takemicchi! Ma adesso lui mi piace di più e voglio premiarlo! Mi aveva chiesto di tenere Baji lontano dallo scontro con la Valhalla…allora credo che per quel giorno metterò proprio Unmei a capo della 1a divisione!”
Nonostante il sorriso da bambino innocente, con le parole era stato spietato.
Partner! Ehi, ci sei?”
Quella voce lo riportò subito al presente, strabuzzò gli occhi e notò che Chifuyu lo stava guardando con un pizzico di curiosità.
“Sembri preoccupato… E’ perché Osanai ha detto che non vuole mettersi contro Kisaki? Vedrai che troveremo altre testimonianze, oltre alla sua, e alla fine riusciremo a convincere Mikey!”
Tipico di Chifuyu essere incredibilmente ottimista, doveva riconoscerlo. Ma purtroppo sapeva che non era ancora arrivata l’ora di Kisaki, anche se avrebbe tanto voluto ammazzare quel bastardo occhialuto più di ogni altra cosa al mondo.
Lui e Chifuyu quel pomeriggio erano andati nel quartiere di Shinjuku per incontrare Osanai, l’ex capo della sconfitta gang Moebius, per sentire dalle sue labbra quale mente perfida e calcolatrice fosse Kisaki ed ora stavano tornando a piedi per riflettere e fare uno scambio di opinioni. Esattamente come era avvenuto in altre linee temporali in cui lui era stato precedentemente.
Takemichi si schiarì la voce e gli porse una domanda. “Il viziatello come sta? Si è ripreso dalla batosta di ieri?” Una domanda doverosa, dopo aver saputo della brutta esperienza di Unmei alla sede della Valhalla.
Chifuyu accennò un sorriso. “Fisicamente sì! Credo gli abbia fatto più male essere stato di nuovo rifiutato da Kazutora!” Scosse il capo e riprese a parlare con un pizzico di malinconia nella voce. “Ora scherzo, ma ieri quando l’ho visto là a terra con aria sofferente mi sono preoccupato davvero…”
“Già… Quel ragazzino è abile a creare problemi a tutti…” Non nascose di avere l’amaro in bocca. La presenza di Unmei lì nel passato stava cambiando fin troppe cose e lui temeva seriamente per le ripercussioni che ci sarebbero state nel futuro. Ne aveva passate troppe per fidarsi e di certo non gli andava di tornare a casa e scoprire che per qualche motivo sua moglie Hinata lo aveva lasciato per andare con un altro. Sul momento non gli veniva in mente un motivo per cui sarebbe dovuto succedere questo, ma giocando col passato non si poteva mai sapere! Nell’accorgersi che Chifuyu si era fermato improvvisamente, si fermò a sua volta. Lo vide premersi una mano contro le labbra, il suo sguardo diventare annacquato.
“Ti senti male?”
Chifuyu scosse piano il capo, ma rimase fermo così per un buon minuto. Una volta lasciata ricadere la mano, si guardò attorno e, non appena vide un distributore di bevande, lo raggiunse, seguito da Takemichi. Acquistò una bottiglietta di acqua naturale. Takemichi non si sorprese nel vedergli estrarre dalla tasca della giacca il piccolo flacone di pasticche e prenderne una assieme ad un lungo sorso di acqua.
“La nausea…continua a darti problemi?” Chiese banalmente, non sapendo che altro dire.
Chifuyu bevve un altro sorso di acqua e poi mise la bottiglietta nell’altra tasca della giacca. “Mi sembra che stia peggiorando…”
Takemichi rimase a corto di parole, conoscendo perfettamente la situazione. Stava giusto pensando questo quando si sentì afferrare un braccio. Ora Chifuyu lo stava guardando con totale serietà.
“Non ci girerò intorno e non ti chiederò spiegazioni, però tu rispondimi sinceramente.”
“Che… Che c’è?”
“Tu sai chi sono io, vero?”
Non c’era ombra di dubbio su cosa intendesse e nemmeno un’ombra di inganno nei suoi occhi, per questo Takemichi evitò di negare  e rispose con un mugolio affermativo.
“Allora… Posso chiederti di andare a prendere una cosa per me? Io non ne ho il coraggio…”
“Di cosa si tratta?”
Chifuyu gli si avvicinò ancor più, il viso che quasi sfiorava il suo, lo sguardo tremante, e gli parlò con un filo di voce. “Un test di gravidanza.”
*
 
Quando sentì delle voci all’ingresso, Unmei decise di abbandonare il futon su cui aveva vegetato tutta la giornata. E pensare che sua madre e sua nonna erano state così premurose con lui, dopo quello che gli era capitato… Ma nessuna gentilezza e nessuna coccola potevano ridargli il buonumore. Cosa diavolo doveva fare per conquistare Kazutora? Era stato un idiota a sperare di fargli battere il cuore con quella sceneggiata che aveva messo su alla sede della Valhalla.
Baka, baka, baka!” Si rimproverò da solo, prima di rimettersi in piedi. Giusto per decenza si passò una mano fra i capelli spettinati per ridar loro un po’ di tono, per quanto servisse visto che era ancora in pigiama! Aprì la porta della stanza e si affacciò al corridoio, dove vide Takemichi e Chifuyu. Fece per salutarli, ma notando le loro espressioni gravi, non disse nulla.
Takemichi diede una leggera pacca d’incoraggiamento a Chifuyu. “Leggi le istruzioni e prenditi il tempo che ti serve.”
Chifuyu, con stretta nella mano una busta di carta con il logo di una farmacia, fece solo un cenno col capo e attraversò il corridoio senza degnare Unmei di uno sguardo, quindi andò a chiudersi in bagno.
Takemichi entrò nella stanza a testa bassa e si sedette sulla sedia della scrivania.
“Che succede?” Chiese allora Unmei.
“Ha deciso di fare il test di gravidanza.”
Ci fu un lungo silenzio, poi Unmei lasciò un sospiro. “E’ arrivato il momento eh?” Non ottenendo risposta, recuperò un laccio per legarsi i capelli e si mise a ripiegare il futon per bene, per poi riporlo dentro l’armadio a muro. Più che senso del dovere, quel gesto era dettato dal bisogno di fare qualcosa per ingannare l’attesa. Insomma, quale sarebbe stato il risultato del test era ovvio, lui ne era la prova vivente, però continuava a chiedersi come avrebbe reagito Chifuyu nel scoprirlo e questo gli provocava una certa agitazione. Il rumore di passi affrettati nel corridoio gli fece venire la tachicardia.
Chifuyu comparve sulla soglia, il volto pallido come un lenzuolo e il bastoncino del test chiuso nella mano dalla parte del risultato. Diede una rapida scorsa ai loro volti. “Non ce la faccio… Guardereste il risultato con me?”
Unmei, appoggiato all’armadio e con le braccia conserte dolcemente come per abbracciarsi da solo, abbozzò un impacciato: “Ecco, io…”
“Ti aiuto io, Chifuyu.” Si propose Takemichi, invitando l’amico ad avvicinarsi con un gesto. Quando lui gli fu di fronte, gli porse la mano tremante in cui stringeva il bastoncino. Takemichi sperava di potergli essere davvero d’aiuto standogli vicino in un momento così delicato e importante. Nell’altro passato, Chifuyu aveva fatto il test da solo, poco dopo la morte di Baji, e solo in un secondo momento si era confidato con lui. Ma adesso le cose erano molto diverse, no? Con questa eccessiva carica di ottimismo, gli fece scivolare il bastoncino dalle dita, scoprendo così le linee dell’esito positivo. Accennò un sorriso. “Chifuyu, aspetti un bambino!”
Giusto il tempo di finire la frase, che Chifuyu barcollò sulle proprie gambe e si ritrovò a terra come privo di forze. Il suo corpo era tutto un tremore.
Subito Takemichi si chinò su di lui e gli avvolse le spalle in un abbraccio. “Immagino quanto tu sia sorpreso, ma vedrai che-”
“Sorpreso?” Se possibile, era diventato ancora più pallido e il respiro si era fatto un po’ affannoso. “Tu non capisci… Per colpa di questo bambino la mia vita è rovinata.”
Unmei fu percorso da un violento brivido che gli tolse perfino il respiro.
Takemichi cercò di salvare la situazione. “Adesso sei sconvolto, ma quando ti sarai calmato sono sicuro che ne sarai felice! Tu e Baji diventerete genitori!”
Ora Chifuyu aveva le lacrime agli occhi, la sua voce divenne quasi rabbiosa. “Sono tutte cazzate! Ti rendi conto che non ho ancora quattordici anni? Non posso avere un bambino! Devo studiare! Devo mettercela tutta per realizzare i miei sogni! E non posso caricare Baji-san di questo peso!”
Takemichi sollevò un momento lo sguardo, attirato dal movimento repentino di Unmei che correva via. “Unmei, aspetta!” Niente da fare, udì i suoi passi e poi il rumore della porta d’ingresso che sbatteva. E con Chifuyu che era sul punto di svenirgli tra le braccia, non poteva inseguirlo.
Unmei era dovuto fuggire per forza. Non avrebbe potuto ascoltare una parola di più. Aveva infilato le scarpe e la giacca al volo ed era corso via come il vento, lontano, voleva andare il più possibile lontano da lì, voleva scrollarsi di dosso quel dolore che gli stringeva il cuore in una morsa.
“Per colpa di questo bambino la mia vita è rovinata.”
Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo dentro di sé, sapeva di essere stato un disastro di figlio e di aver dato a sua madre innumerevoli problemi, ma sentirlo dire dalle sue labbra era stato devastante. Eppure, in un angolino in fondo al suo cuore ferito, c’era un’altra debole voce che tentava di emergere.
“Sei TU la cosa più importante della mia vita.”
Ancora gli sembrava di sentire il calore del suo abbraccio mentre glielo diceva, il sentimento che vibrava in quelle parole che gli aveva detto poco prima che lui finisse nel passato. Ma pur sempre parole dette in preda all’effetto dell’alcol…
“BUGIARDOOO!!!”
Dalla gola gli uscì un grido che si levò al cielo con potenza, come desideroso di raggiungere gli dei e chiedere il loro aiuto, mentre continuava a correre come una furia e senza meta, lasciandosi alle spalle il tramonto.
*
 
Kazutora allungò una mano verso il comodino lì accanto e afferrò il fedele lettore mp3 grigio metallico su cui aveva incollato il simpatico adesivo di una banana sbucciata e sorridente. Lo appoggiò sopra la coperta ed inforcò uno degli auricolari, quindi premette il tasto per avviare il cd che era all’interno. Andando a memoria, selezionò rapidamente la traccia che gli interessava e in breve partirono le note della sua canzone preferita. John Lennon iniziò a cantare con voce acuta e leggermente gracchiata, ma sempre piacevole.
When the night has come
And the land is dark
And the moon is the only light we’ll see…
Kazutora adorava quella canzone ancora di più da quando aveva scoperto la versione di Lennon e non mancava mai di ascoltarla ogni singolo giorno, mattino, pomeriggio o sera che fosse. Si sistemò meglio sotto le lenzuola mettendosi su un fianco, il corpo dalla pelle umida pian piano si stava raffreddando e già percepiva i primi piccoli brividi salirgli dalla schiena, ma ugualmente continuò a tenere un braccio scoperto, la mano che sfiorava il tessuto morbido e vaporoso della coperta leopardata. Ormai c’erano ben poche cose in grado di donargli un’emozione, così poche che si potevano contare sulle dita. E ‘Stand by me’ era una di quelle. Un richiamo al passato, ad un’amicizia forte, ad un legame che credeva indissolubile e…ad una tragedia che lo aveva svuotato. Ma adesso a farlo soffrire di più non era il pensiero dei due anni in riformatorio, era il tradimento di Baji. Gli aveva promesso che si sarebbe unito alla Valhalla, che l’avrebbe aiutato a vendicarsi, che gli sarebbe stato accanto…e invece lo aveva abbandonato. Erano passati alcuni giorni e ancora gli bruciava. Perché Baji gli aveva fatto questo? Se le cose stavano così, significava che si sarebbero scontrati e avrebbero lottato perché erano diventati nemici? Venne distratto da una presenza umana, percepì il peso contro il materasso, un odore muschiato misto a profumo maschile di bassa qualità, e una fonte di calore avvicinarsi all’incavo tra la spalla ed il collo, dove aveva il tatuaggio della tigre. Era il calore di un bacio. Si sentì sfilare l’auricolare, la musica si allontanò, e al suo posto giunse un sussurro. “Arigatou, Tora-chan!”
Quel tono strafottente che odiava tanto quanto quello stupido nomignolo che gli aveva affibbiato. Lo stava ringraziando di cosa? Dell’ennesima scopata? Non sapeva nemmeno come era iniziata, era capitato che un tardo pomeriggio fossero rimasti da soli alla sede e da un momento all’altro si era ritrovato le sue mani grandi e fredde addosso, la sua lingua in bocca…e non aveva reagito. Da lì era diventata un’abitudine, del sesso senza importanza. Attese che si rialzasse dal letto, sentì il fruscio della giacca mentre la infilava. Quando volse il capo, non vide altro che l’alta e magra figura lasciare la stanza. Contò i passi che si allontanavano e solo quando sentì la porta d’ingresso richiudersi lasciò un sospiro di sollievo. Si mise supino, dagli auricolari abbandonati arrivavano pianissimo le note della canzone, Kazutora volse lo sguardo al soffitto. “Sono diventato la puttanella di Hanma.”
Il campanello di casa lo fece sobbalzare.
“Avrà dimenticato qualcosa?”
Nel mentre che si alzava dal letto e recuperava da terra i pantaloni e una maglietta, il campanello suonò mezza dozzina di volte con insistenza. Anche controllando in giro per la stanza, però, non aveva visto nulla che appartenesse ad Hanma, tralasciando il preservativo usato che era dentro il cestino all’angolo.
“Sì, arrivooo!” Fece una corsetta per attraversare il salotto e si precipitò ad aprire la porta.
“Non c’è bisogno di suonare cos-” La frase gli si spezzò tra i denti nel vedere che la persona che aveva di fronte non era affatto Hanma. Dal fiatone era chiaro che avesse corso parecchio, e a conferma erano i capelli totalmente madidi come se avessero preso la pioggia, il volto dalle gote rosse come pomodori e il modo in cui si sorreggeva sfinito allo stipite della porta.
“Unmei…”
“Sì…pant pant pant…” Si portò una mano al petto e prese un bel respiro, le ginocchia erano sul punto di cedergli.
“Cosa ci fai qui?” Parlò con tono secco e indifferente, la maniglia della porta stretta in mano.
Temendo che gliela avrebbe sbattuta in faccia, Unmei si affrettò a parlare, la voce incrinata. “Scusami, so che non sopporti la mia vista, ma ti prego di non mandarmi via.” Prese un altro lungo respiro e cercò di rimettersi in posizione dritta. Ora che Kazutora lo guardava meglio, aveva gli occhi arrossati per aver pianto.
“Scusami ma…non sapevo dove andare…” E dalle nuove lacrime che fecero capolino, doveva avere ancora voglia di piangere.
Senza dire nulla, Kazutora lo fece entrare, gli tolse a forza la giacca che altrimenti rischiava di fondersi con la sua pelle, e lo condusse alla cucina per farlo accomodare e dargli da bere. Lo osservò di spalle mentre lui beveva l’acqua quasi tutta d’un fiato e continuava a riempirsi il bicchiere. Quanta strada aveva fatto? Pensò bene di andare a prendere un asciugamano e avvolgerglielo attorno al collo per asciugare un po’ il sudore. Unmei ancora non parlava.
Alla fine Kazutora si sedette di fronte a lui. Piantò un gomito sul ripiano, lasciando la mano penzoloni dal bordo, quindi inclinò la testa e gli lanciò quello sguardo inquietante da bambola d’epoca. “Ti decidi a dire perché sei venuto qui a disturbarmi?”
Unmei, apparentemente interessato al bicchiere che si faceva roteare nella mano, rispose a mezza voce. “Scusa…”
“L’hai già detto! Hai problemi di memoria?” Una piccola provocazione che non ottenne risposta. Allora provò a rincarare la dose. “Se non parli, almeno usa la bocca per succhiarmelo.”
Se Unmei avesse avuto le antenne gli si sarebbero drizzate all’istante! I suoi occhi si illuminarono di speranza, mentre la voce stentava ad uscire per l’emozione. “V-v-vuoi…”
“Sto scherzando, idiota! Non provarci neanche a toccarmi.” Lo rimproverò lui, giusto per mettere in chiaro le cose. Anche se, ripensandoci, quando stava per baciarlo alla sede della Valhalla, non si era tirato indietro. Dettagli… “Sul serio, che ti è successo? Perché sei ridotto così?”
Lo sguardo di Unmei tornò cupo, il morale finì totalmente sotto alle scarpe. “Io…ho deciso di svanire…”
“CHE???”
“Io non…non ho più un motivo per vivere… Anzi, se non fossi mai nato sarebbero tutti più felici. Quindi…” Con una mano si scostò una ciocca di capelli che gli era caduta sul viso. “Farò in modo di svanire, così non creerò problemi a nessuno.”
“Sei un codardo.”
“Già…”
Kazutora si alzò di scatto dalla sedia e batté i pugni sul tavolo con forza, costringendolo così a guardarlo. “Cosa cazzo stai dicendo? Non so cosa ti sia successo, ma se ti arrendi così giuro che ti ammazzo. Dov’è finito il ragazzo che ha fregato il telefono a Baji per estorcermi un appuntamento? Quello che mi ha corteggiato liberamente alla Tokyo Tower? Quello che si è presentato alla Valhalla con una gran faccia tosta e mi ha fatto un’imbarazzante dichiarazione davanti a tutti?” Si sporse verso di lui e lo guardò dritto negli occhi. “Quel ragazzo non si sarebbe arreso per nulla al mondo.”
Erano così vicini che ad Unmei sarebbe bastato un nonnulla per baciarlo. E invece…la suoneria del telefono di Kazutora da un’altra stanza infranse il momento magico.
“Vado a rispondere.” E lo lasciò lì.
Il numero sullo schermo gli era sconosciuto, comunque rispose ugualmente.
“Pronto?”
Kazutora-kun?”
“Sì. Tu chi sei?”
Sono… Matsuno Chifuyu… Ho chiesto a Baji-san il tuo numero.”
*
 
Dei passi affrettati sul pianerottolo preannunciarono l’arrivo dei due. Il tempo di inserire la chiave nella serratura e Baji e Chifuyu si precipitarono all’interno, ancora con la neve sui capelli e sui cappotti, infreddoliti e tremanti come dei gattini abbandonati! In velocità si tolsero le scarpe bagnate e i cappotti e corsero insieme a regolare il riscaldamento.
“Mia madre mi aveva avvertito che sarebbe arrivata la neve. Come cazzo ho fatto a dimenticarmi l’ombrello?” Ringhiò Baji, coi denti che tentennavano tra loro per il freddo.
“Io non lo sapevo, invece, altrimenti lo avrei portato.” Gli fece eco Chifuyu. Attese che lui terminasse di regolare la temperatura e poi propose: “Andiamo a scaldare l’acqua per la Peyong?”
Senza fare complimenti corse dritto in cucina e, essendo ormai abituato a frequentare quel luogo, aprì l’anta della credenza dove sapeva esserci il bollitore. Lo mise sotto al rubinetto e fece scorrere l’acqua calda, giusto per velocizzare un po’ i tempi, quindi lo mise sul fuoco e si concesse un lungo sospiro di sollievo. “Ahhh bene! Ora dobbiamo solo aspettare che bolla e poi potremo scaldarci con un buon pasto!”
Fece per andare a sedersi su una delle sedie, ma Baji lo afferrò per la mano e lo trascinò fino al divano che era dalla parte opposta della stanza. Ce lo fece scivolare sopra e si adagiò su di lui, intrappolandolo, un sorriso malizioso dipinto sulle labbra. “Fin che aspettiamo, conosco un altro modo per scaldarci!”
Le sue labbra fredde parvero scaldarsi subito entrando a contatto con la pelle del suo collo, la sua lingua lo solleticò un po’.  “Oggi voglio provare una cosa nuova…” Sussurrò, mentre spostava le attenzioni della bocca sull’incavo della spalla, un punto che sapeva essere più sensibile.
Praticamente un nonnulla, che però bastò a far andare il cuore di Chifuyu a mille, come sempre. Era così piacevole… Peccato che subito dopo la mano di Baji andò a slacciargli la cintura e ad insinuarsi gelida dentro i pantaloni. No. Non fu quella la ragione che lo spinse a ribellarsi.
“Baji-san…aspetta…”
“La mia mano si scalderà subito, non fare il fifone!”
No. Non era assolutamente quello il motivo per cui non voleva.
“Ti-ti ho detto di fermarti…” Cercò di divincolarsi, ma in quella posizione era impossibile. E poi la mano di Baji s’inoltrò nella biancheria intima.
“Ti ho detto di smetterla!” Gridò, cacciando quella mano invadente.
Baji si fermò immediatamente, vide il suo viso dalle gote arrossate e i denti digrignati. Si spostò da lui, sul cuscino accanto. “Credevo che fossi d’accordo.” Sentenziò, con tono amaro.
“Io…lo sono…”
“Tsk! Non mi sembra… E’ la prima volta che mi rifiuti.”
Chifuyu si volse, dandogli di spalle, come a voler mettere una barriera tra loro. “E’ questo il problema, Baji-san… E’ da settimane che facciamo queste cose…”
“Avevi detto che non ti dava fastidio.”
“Tu stai solo giocando con me!” Di nuovo alzò la voce, ma subito si zittì e riprese fiato per parlare in tono più calmo. “Io ti rispetto più di chiunque altro al mondo… Ti ammiro… E ti sono grato per quello che hai fatto per me… Ma…” Deglutì, doveva dirglielo una volta per tutte, anche se era difficile. “Credevo che questo mi bastasse. Dico davvero. Ho accettato di soddisfare la tua curiosità sul mio corpo, ero pronto a darti tutto, anche la mia verginità…”
A quell’ultima parola, Baji si sentì il respiro bloccare in gola. Volse lo sguardo verso di lui, anche se non poteva vederlo in viso. “Chifuyu?”
Lui scosse il capo. “Scusami… Sono un ingrato. Ma non riesco ad andare avanti così, perché…io provo qualcosa per te, Baji-san.” Ecco, l’aveva detto.
Colpito da quella dichiarazione, Baji ci impiegò un po’ a trovare le parole. Si passò la mano fra i lunghi capelli neri. “Ecco…come dire…non è che farei queste cose con chiunque… Lo faccio perché sei tu, Chifuyu.”
Lui volse leggermente il capo e lo guardò con la coda dell’occhio. “Che vuoi dire?”
“Insomma, ci conosciamo da quasi un anno, abbiamo molti interessi in comune, non stiamo mai più di un giorno senza vederci.” Si schiarì la voce. “Mi capisci, no?”
Chifuyu si spostò sul divano e si fece più vicino a lui. “Veramente no.”
Baji divenne color porpora! Distolse lo sguardo e abbassò la testa, lasciando che i capelli gli coprissero parte del viso. “E’ iniziata come curiosità, è vero, però poi…insomma, è diventato di più. Mi segui?”
Gli occhi di Chifuyu ormai erano umidi e illuminati da una luce di speranza. “Quindi tu…?”
Baji si batté un pugno sulla gamba. “Che cazzo, vuoi proprio che te lo dica? Mi piaci, idiota!”
“Ti piaccio…in quel senso?”
Lo stava facendo apposta o era davvero così scemo? Be’, dalla  faccia che aveva, era più probabile che fosse la seconda!
“Uff, cosa mi tocca fare… Mi sembra di essere un personaggio di quei stupidi tv drama che guarda mia madre.” Disse tra i denti, cominciando ad accarezzare l’idea di dargli una testata e fargli dimenticare tutto. Invece no, vista la serietà della situazione, tentò con ogni sforzo di fare le cose per bene. Posò una mano sulla sua, facendolo arrossire ancora di più. Anche se dal calore che sentiva in viso doveva essere bello paonazzo anche lui!
“Mi piaci in tutti i sensi. Sei un buon amico e un buon Vice. Se ti va…possiamo diventare una coppia anche in senso romantico. E se adesso mi dici di no ti ammazzo, cazzo!” Una minaccia per completare l’opera ci stava a pennello.
Chifuyu abbassò di scatto la testa. “Adesso muoio… Cazzo, muoio davvero.”
“La tua risposta?” Incalzò Baji.
“Sì!” Quasi si strozzò nel dirlo, ma tutto bene… Fu Baji a risollevargli il viso, prendendolo a coppa nelle proprie mani. “Quindi adesso sei il mio ragazzo eh?” Aggrotto le sopracciglia, preso da un dubbio. “O la mia ragazza?”
Chifuyu ridacchiò, una lacrima gli attraversò la guancia e finì sulla mano di lui. “Entrambi, credo! Hai vinto un doppio premio, Baji-san!”
Baji sorrise, mettendo in mostra i suoi canini appuntiti. “Buon per me!” Tornò subito serio, avvicinò il viso a quello di lui, le palpebre si socchiusero. “Posso?”
Chifuyu rispose con un filo di voce. “Siamo una coppia, puoi fare quello che vuoi…”
Lentamente, le loro labbra si unirono per la prima volta. Un bacio gentile, quasi timido, il primo per entrambi. Il bollitore cominciò a fischiare piano piano, come temendo di disturbarli, mentre fuori la neve continuava a cadere a fiocchi.
*
 
Immergersi nell’acqua calda aveva un potere terapeutico immediato su di lui. Era bastato che il livello dell’acqua gli arrivasse a metà petto per sentirsi rinato e in pace col mondo. La testa appoggiata leggermente all’indietro e i capelli ben lavati e lasciati a gocciolare oltre il bordo della vasca, il vapore che s’innalzava dall’acqua.
“Che pace…”
Poterlo dire era quasi un miracolo, con tutto quello che era accaduto quel pomeriggio, eppure adesso che le cose si erano risolte il suo cuore era diventato più leggero e anche la sua mente era in grado di rivedere tutto sotto un’altra prospettiva. Appena un’ora prima si trovava a casa di Kazutora ed era disperato… Era stata una fortuna ricordare dove abitasse prima di scontare i successivi dieci anni di prigione! E anche se i loro incontri lì nel passato erano stati disastrosi, lui era stato così gentile da accoglierlo e assisterlo.
“Come ho potuto anche solo pensare di smettere di esistere, dannazione!” Bisbigliò nella quiete del bagno.
Quando Kazutora era tornato in cucina sollevando il telefono nella mano e dicendo che Chifuyu voleva parlare con lui, si era letteralmente chiuso a riccio, impaurito e capriccioso come un bambino. Poi lui aveva messo il vivavoce e posato il telefono sul tavolo e se n’era andato. E lui si era ritrovato lì solo con quel telefono, terrorizzato all’idea di sentire ancora la voce di Chifuyu. E invece si era messo ad ascoltare, fermo e in silenzio…
Ti capisco se non vuoi parlarmi… Tutto ciò che ti chiedo è di ascoltare… Mi dispiace per oggi… Non avrei mai voluto che sentissi quelle cose… Io…mi sono lasciato prendere dal panico e…mi è uscito un vomito di parole orribili. Non ero in me… Takemichi ha dovuto darmi uno schiaffo per farmi smettere. E allora mi sono calmato… E ho capito. Io…Unmei…ora che ho preso consapevolezza della vita che sta crescendo dentro di me…sono pronto a fare qualunque cosa. Io amo il mio bambino e…anche se ho ancora paura del futuro…farò del mio meglio per farlo nascere e crescerlo. Non potrei mai sbarazzarmene o…desiderare che non stia succedendo a me. Lui c’è, ora è parte di me e della mia vita… Non prendermi per ipocrita se te lo dico ma…ora che sono entrato nel ruolo di madre…penso che dovresti correre a casa dalla tua e dirle quanto le vuoi bene. Perché lei di sicuro te ne vuole infinitamente. Però…ecco…se invece credi di avere bisogno di un altro po’ di tempo…potresti tornare qui e stare con me ancora qualche giorno…magari… Mi sento a mio agio con te e…parlare con te della mia condizione mi aiuterebbe molto…
Alla fine di quel monologo, Unmei aveva il viso rigato di lacrime e, ovviamente, era corso da lui! Anzi, per la precisione, prima aveva salutato Kazutora e si era fatto dare qualche spicciolo per la metro! Comunque, era tornato in quell’appartamento con tutta l’intenzione di stringere Chifuyu in un abbraccio colmo d’affetto ma…il progetto era andato in fumo quando Chifuyu, sentendo quanto puzzava di sudore, lo aveva spedito dritto a farsi un bagno! E va bene. In ogni caso non era tardi per portare a termine il progetto!
Ora che era pulito e rilassato, Unmei uscì dalla vasca e indossò le cose che gli aveva preparato. Mutande e calzini erano di quelli che si era comprato lui stesso pochi giorni prima, mentre la maglietta bianca e ampia e i pantaloni marroni lunghi erano stati recuperati da uno scatolone di vestiti del padre di Chifuyu. La maglia in effetti era abbondante, soprattutto di spalle, mentre i pantaloni bastava stringerli con il cordoncino e il gioco era fatto. Con l’asciugamano si sfregò vigorosamente i capelli, li spazzolò per ridargli la giusta piega e finalmente fu pronto.
Quando entrò con passo leggero nella stanza, sorprese Chifuyu a sorridere con la mano poggiata al ventre. Decisamente lo preferiva così.
“Oh! Scusa, non ti ho sentito arrivare!” Ora il sorriso era rivolto a lui.
Unmei lo raggiunse sul letto, si mise in ginocchio a terra e si allungò su di lui per avvolgergli il girovita con le braccia. Non vedeva l’ora di farlo…
“Non avrei dovuto scappare a quel modo… Scusa…”
Chifuyu ridacchiò. “Non sei tu a doverti scusare!”
Unmei appoggiò meglio la testa contro la sua coscia e sollevò lo sguardo su di lui. “Quindi adesso cosa farai? Lo dirai prima a Baji? O a baa-chan?”
Chifuyu si coprì il viso con la mano per non scoppiare a ridere. “Non mi sono ancora abituato a sentirti chiamare mia madre ‘nonnina’!”
Cavoli… Quella parola gli scappava sempre. Non lo faceva apposta, sua nonna era sua nonna, era difficile chiamarla con un altro nome, anche perché non era molto diversa da come la conosceva. E gli era andata bene che lei non se l’era presa a sentirsi chiamare a quel modo già dalla prima sera in cui lo avevano ospitato.
Chifuyu prese respiro per placare le risa e si schiarì la voce. “Per rispondere alla tua domanda… Ho deciso di dirlo a Baji-san. Credo abbia il diritto di saperlo per primo. Però…” Si morse un labbro. “Dovrò trovare il momento giusto. Non posso presentarmi alla sua porta di punto in bianco e dirgli che sono incinto.”
“In effetti… Non lo conosco bene, ma credo che una notizia così gli farebbe prendere un colpo!”
“E poi adesso è molto preso dall’imminente scontro con la Valhalla. Incontra Mikey e gli altri Capitani tutti i giorni per parlare di questo. Prima mi ha detto che il 30 ci sarà un raduno con l’intera gang per il grande discorso del Comandante.”
Sia dall’espressione che dal tono di voce era chiaramente preoccupato.
“Da parte mia, quella sera dirò che mi ritiro. Non posso partecipare allo scontro e mettere in pericolo la vita del bambino.”
Ad Unmei stava tornando la voglia di piangere per quella premura materna. Era proprio vero che si era già calato nel ruolo. Avesse potuto dirgli lì sul momento quanto gli voleva bene…però era impossibile dirlo senza fargli fraintendere. E poi viveva nell’ansia costante che suo padre Baji entrasse all’improvviso e gli spaccasse la faccia!
Chifuyu notò la sua espressione. “Ehi, non dirmi che sei ancora abbattuto!”
“Non è come credi… Se devo dirti la verità…sono un grandissimo coglione.”
“Perché?”
“Prima ero a casa di Kazutora… Eravamo soli… Lui, mosso a pietà, è stato gentile con me…” Lo sciolse dall’abbraccio e lo guardò con aria tetra. “Ma io ero così depresso che non ho nemmeno pensato di saltargli addossooo!!!”
Niente da fare, Chifuyu questa volta non riuscì a trattenersi dal ridere di gusto!
“Seh… Beato te che lo trovi divertente…” Gli rispose stizzito.
Dei rumori fuori dalla finestra chiusero il siparietto e Chifuyu scattò in piedi per andare ad aprire. Si sentì lo scorrere del pannello e poi un miagolio.
“Alla buonora! Avevi intenzione di startene in giro ancora per tanto?”
Un rimprovero che Unmei aveva sentito tante di quelle volte da avere ancora l’eco nella testa! Solo che questa volta non era rivolto a lui.
Nya?”
“Sì, dico proprio a te! Te ne vai chissà dove e poi invece di tornare a casa vai a farti viziare da Baji-san! Il tuo padrone sono io! Ti ho preso da quello scatolone e ti ho portato qui per curarti e ripulirti! Non te lo ricordi?”
Nya!” Il gattino zampettò dentro e si strusciò contro il suo braccio.
“Sì sì, avrei un nome per quelli come te che se ne approfittano così!”
Chifuyu richiuse la finestra e poi prese la bestiola in braccio, quindi si voltò e andò verso Unmei.
“Vivi qui da giorni e ancora non sono riuscito a presentarti l’ultimo membro della mia famiglia! Comunque, questo qui è Excalibur!”
Lo sapeva bene, solo che era da tanto tempo che non lo vedeva perché il micio era volato nel paradiso dei gatti quando lui era solo un bambino. Adesso che ce l’aveva davanti, si rendeva conto di quanto gli era mancato.
“Excalibur! Vieni qui, fatti accarezzare!”
Chifuyu si chinò e gli consegnò la bestiola fra le braccia.
“Quanto sei morbido! Il mio pelosone!”
Non che il gatto fosse molto contento di farsi strapazzare così, ma quando lui se lo portò all’altezza del viso… “Preferisci essere chiamato Peke J, vero?” Allora divenne più collaborativo.
Chifuyu rimase ad osservarli, sapeva che al micio non piaceva il nome che lui gli aveva dato e che rispondeva ben volentieri a quello scelto da Baji quando ancora non si conoscevano e non sapevano di abitare nella stessa palazzina. Aveva visto quella scena molte volte, il piccolo bastardo era incredibilmente giocherellone e affettuoso con Baji e adesso con Unmei stava facendo altrettanto. Che tipo! Scosse il capo, ridacchiando. “Vado a vedere se la lavatrice ha finito, così metto ad asciugare le tue cose.”
“Va bene, grazie!” Gli rispose di fretta, troppo impegnato a divertirsi col suo complice!
Effettivamente il lavaggio era terminato, quindi Chifuyu si accumulò il contenuto fra le braccia e andò fino alla parete dove erano i fili per il bucato. Nei giorni di sole lui e la madre erano soliti stendere tutto nel terrazzo, però come scappatoia c’erano i fili della piccola lavanderia e una comoda stufetta. Uno alla volta, senza far cadere niente, stese in ordine la maglia, i calzini e i pantaloni e quando fu il turno della giacca pensò bene di darle una bella scrollata per togliere le pieghe e farla asciugare al meglio. Fu allora che notò qualcosa all’interno.
“Uh? Cos’è?”
Non si era accorto che la giacca fosse double face. L’aprì verso la luce per avere una buona visuale e con lo sguardo scorse i contorni neri di quel logo che era raffigurato.
“Excalibur Gang?” Non l’aveva mai sentita e Unmei non gli aveva minimamente accennato di far parte di una gang. Un misto di risate e miagolii gli giunse all’orecchio, distogliendo la sua attenzione. “Excalibur… Che curiosa coincidenza…”
*
 
Il 30 ottobre arrivò in un battito di ciglia, senza incidenti. Unmei se n’era rimasto buono nella casa materna a fare principalmente le pulizie per ricambiare dell’ospitalità, Chifuyu aveva trascorso quasi tutto il tempo a riposare approfittando del fine settimana, Takemichi non si era fatto vedere per amoreggiare con la sua Hinata. E Kazutora…aveva stroncato l’ennesimo tentativo di Unmei di rimorchiarlo quando lui gli aveva telefonato con la scusa di ringraziarlo per l’accoglienza in un momento critico!
Quella domenica sera, tutti i 150 membri della Tokyo Manji Gang si riunirono ai piedi del Santuario di Musashi, la loro sede ufficiale fin dai tempi della fondazione della gang. L’atmosfera era pesante, c’era grande tensione fra i ragazzi e ovviamente l’argomento principale era lo scontro che sarebbe avvenuto il giorno successivo contro una gang che contava il doppio dei membri e che avevano tutti almeno un anno in più. Tutti si chiedevano, giustamente, come avrebbero fatto a vincere. Senza contare che l’indomani ci sarebbero state altre gang importanti, curiose di assistere all’ascesa o alla caduta della Toman e della Valhalla. Ad Unmei di tutto ciò non fregava assolutamente nulla.
Il giorno prima, Mikey lo aveva contattato (tramite il telefono di Chifuyu) per invitarlo come ospite speciale al raduno, sostenendo di avere importanti novità che lo riguardavano. Per questo si era tirato a lucido dalla testa ai piedi e aveva fatto un trionfante ingresso a bordo della moto che Chifuyu gli aveva prestato. Per la cronaca, lui invece era salito con Baji.
Ignorando gli sguardi curiosi e sfuggendo alcuni tentativi d’approccio, Baji, Chifuyu e Unmei rimasero tra loro, ognuno con dei pensieri ad occupare la mente.
Baji sfiorò il braccio di Chifuyu, parlò a voce bassa. “Hai preso la pasticca?”
“Mh. Ne ho prese due. Non voglio correre il rischio di sentirmi male durante il discorso di Mikey.”
“Anche se fosse, non preoccuparti. Per questo ho preferito dirgli in anticipo della tua decisione.”
Chifuyu abbassò lo sguardo. Non poter dire la verità era dura, come anche lasciare Baji da solo durante un’importante scontro, però…non aveva scelta.
Unmei spaziò lo sguardo attorno fino a quando non notò Takemichi. Non si era più fatto vedere e sentire, non avevano più parlato del piano d’azione e di niente. Lo stava evitando di proposito? Non era sua intenzione fissarlo, però l’aveva fatto e alla fine Takemichi si era accorto del suo sguardo. Non sembrava contento di vederlo. Che diamine aveva quel vecchio… Per pensare al cosa e al come, non si accorse che qualcuno si stava avvicinando.
“Spero che non serva un Pass speciale per conoscere l’ospite della serata!”
Capelli cortissimi color lilla, sopracciglia tagliate al centro, occhi dal taglio particolare che un po’ ricordavano quelli di un gatto e un sorriso buono e sincero disegnato sulle labbra.
Unmei stette allo scherzo. “Dovresti chiederlo alle mie guardie del corpo!”
“Ah ah! Allora sei simpatico oltre che misterioso!” Quindi fece un piccolo inchino col capo. “Mitsuya Takashi, Capitano della 2a divisione! Piacere!”
“Io sono Unmei! Piacere mio!”
“Unmei? E di cognome?”
Momento di panico… Fino a quel momento non ci aveva fatto caso, ma in effetti da quando era arrivato nel passato nessuno gli aveva chiesto il cognome. Gli era andata fin troppo bene! E adesso?
“Ehm…preferisco essere chiamato per nome.” Rispose impacciato.
“Il mistero s’infittisce!” Scherzò ancora Mitsuya. “Se non vuoi far sapere di essere parente di Baji, manterrò il segreto!”
“Di chi sarebbe parente questo qui???” Sbottò Baji.
“Non negarlo, siete due gocce d’acqua!”
“Stronzate!” Rimarcò, serrando i pugni come se fosse sul punto d’incazzarsi sul serio! Niente di strano se Unmei provò il desiderio di diventare invisibile… A quanto pare suo padre era l’unico a negare l’evidenza che tutti vedevano chiaramente.  Forse partecipare al raduno non era stata una buona idea, in fondo.
“Per fortuna non ha il tuo sguardo truce! Avrà preso da un altro ramo della famiglia!”
“Che cazzo, Mitsuya! Chiudi quella bocca prima che ti tiro un pugno!”
“Per favore…” Tentò d’intromettersi Unmei a mezza voce, anche se una parte di lui avrebbe voluto fermarsi a chiacchierare con quello che da bambino chiamava ‘zio Taka’. Era passato tanto tempo, ma rivedendolo gli tornavano in mente dei ricordi, per esempio di quando sua madre lo portava da lui perché doveva studiare per un esame e…giusto, giocava con delle bambine carine, le sue sorelline! Poi non aveva più visto nessuno di loro e non ne sapeva nemmeno il perché, tranne che Mitsuya aveva avuto dei problemi personali… Un momento, non c’era un po’ troppo silenzio all’improvviso?
Sbirciando, notò che ora gli sguardi di tutti erano rivolti verso un unico punto. Presto detto, il Comandante Mikey era arrivato, affiancato dal suo Vice non che migliore amico Draken.
“Diamo inizio alla riunione per prepararci alla battaglia contro la Valhalla!”
Gridò Draken, con la sua voce potente. Dopo di che, Mikey iniziò il discorso.
Nessun fiato, nessun battito di ciglia, ogni singola persona presente ascoltava e ammirava quel ragazzo che parlava dalla cima della scalinata con totale sicurezza. Non erano tanto le sue parole, sentirlo dire che la Valhalla aveva dichiarato guerra con una scusa stupida era risaputo, al di là di questo era la sua stessa presenza ad attirare lo sguardo come una calamita.  Sano Manjiro era l’incarnazione di una divinità guerriera, un leader naturale che ispirava fiducia. Era bellissimo. Quasi incredibile pensare che fosse lo stesso nanerottolo capriccioso che alcuni giorni prima lo aveva maltrattato e masturbato col piede fino a fargli perdere i sensi!!!
“Questa sera, sono qui anche per parlarvi di alcune mie importanti decisioni riguardanti la formazione della 1a divisione.”
Era il momento. Che avesse ascoltato le sue richieste?
“Matsuno Chifuyu non potrà partecipare allo scontro a causa di problemi di salute.”
Posò lo sguardo su di lui e Chifuyu fece un cenno col capo in segno di conferma.
“In via temporanea, a sostituirlo sarà Hanagaki Takemichi.”
“EH?” Strillò il diretto interessato, preso alla sprovvista. Dopo quanto gli aveva detto, ossia che non era utile alla gang, adesso lo premiava? Non che potesse lamentarsi, invece di essere un comune membro della 2a divisione aveva la possibilità di ricoprire un ruolo ben più importante, anche se solo temporaneamente. In ogni caso, sapere che Chifuyu era al sicuro rincuorò sia lui che Unmei. Ora il problema era Baji. Partecipare significava per lui essere in pericolo di vita e questo lo sapevano solo loro due. Si scambiarono un’occhiata, come percependo i pensieri l’uno dell’altro. Mikey riprese a parlare.
“Ed ora l’annuncio più importante. Come avrete notato, questa sera tra noi c’è un ospite speciale. Un ragazzo che ha attirato subito la mia attenzione comparendo dal nulla. Un ragazzo che ad un precedente raduno ha aiutato alcuni dei nostri, evitando ad uno di prendersi un pugno in faccia e sostenendo un altro in un momento di debolezza. Un ragazzo che ha saputo consigliare chi stava per abbandonare la nostra famiglia, seppur per un nobile scopo. Un ragazzo che è entrato nella tana del nemico su mio ordine, senza battere ciglio. Un ragazzo che ci sostiene anche se prova dei sentimenti per qualcuno che ci è diventato nemico.” Stese un braccio in avanti e lo indicò con la mano. “E questa sera, per ringraziarlo di tutto, ho deciso di premiare il nostro nuovo amico Unmei.”
Nel gruppo ci furono dei bisbigli.
“Domani, sarà lui il Capitano della 1a divisione al posto di Baji Keisuke.”
Unmei smise di respirare.
*
 
“CHE CAZZO STAI DICENDO, MIKEY?” Gridò Baji, così forte che la sua voce riecheggiò nell’area.
Senza scomporsi minimamente, Mikey disse solo: “Prendila come una punizione per ciò che hai fatto quella sera. Hai disobbedito a un mio ordine e poi mi hai sfidato apertamente.”
“Ti ho spiegato qual era la mia motivazione! Non puoi buttarmi fuori proprio adesso! Hai bisogno di me per sconfiggere quei bastardi!”
Mikey si sedette sul gradino, gli avambracci poggiati alle gambe e il busto rivolto leggermente in avanti. “Ho già deciso.”
Ormai i bisbigli erano diventati vere e proprie esclamazioni, un brusio che si faceva sempre più forte.
“Ma c-” Baji fremeva di rabbia, sembrava alla ricerca di un argomento valido per fargli cambiare idea. E poi puntò il dito contro Unmei. “Cosa ti fa pensare che questo qui sia meglio di me?”
“Niente. Però mi ha mostrato quanto vale e lo voglio sul campo di battaglia.”
“Ma perché proprio al mio posto?” Insistette Baji.
Mikey fece spallucce, mostrandosi un po’ troppo menefreghista. “Io volevo premiarlo e lui mi aveva chiesto di tenerti fuori dallo scontro. In questo modo siamo entrambi soddisfatti.”
Oh cazzo. Questo era decisamente inaspettato. Era vero che glielo aveva chiesto ma…non credeva che lo avrebbe spifferato così di brutto di fronte a tutti. Fu come una doccia fredda in pieno inverno. Fece appena in tempo a voltare il capo, vide il pugno di Baji pronto a colpirlo e lo schivò.
“FIGLIO DI PUTTANA! ERA QUESTO A CUI MIRAVI!” Di nuovo riprese a gridare a squarciagola, prima di caricare un altro pugno.
Unmei schivò anche quello. “TI SBAGLI! NON E’ COME CREDI!”
“E io che ti ho anche fatto entrare in casa mia, trattandoti con ogni riguardo!” Il terzo pugno gli fu bloccato da Mitsuya che, fortunatamente, era rimasto lì accanto. “Baji, vedi di calmarti. Lascialo spiegare.”
Unmei mise le mani in avanti in segno di tregua, per quanto potesse servire. “Ascolta… So che è difficile da credere, ma io l’ho fatto solo perché tengo alla tua sicurezza. Se partecipassi allo scontro potrebbe succederti qualc-”
“CHIUDI QUELLA BOCCA, BASTARDO! SONO TUTTE STRONZATE!”
E di nuovo Mitsuya dovette trattenergli il braccio, altrimenti si sarebbe fiondato su Unmei per massacrarlo. Chifuyu era immobile, come pietrificato, tranne il suo sguardo che continuava a passare da Unmei a Baji in una sorta di stato confusionale. E anche Takemichi, da dove si trovava, non sembrava avere intenzione di muoversi o dire una parola per aiutare.
Unmei prese un respiro profondo e tentò un approccio più tranquillo. “Se sono venuto qui è stato solo per aiutare te e Chifuyu. Ho fatto tutto ciò che potevo perché c’è davvero troppo in ballo. Ti prego di ascoltarmi.” Il tono supplichevole gli uscì naturale, data la situazione. Peccato che il suo sforzo fu reso vano, invece di comprensione tutto ciò che ottenne fu uno sputo in faccia.
“Baji-san…” Chifuyu fece per sfiorarlo, ma la mano gli si fermò a mezz’aria. Non voleva difendere apertamente Unmei e non voleva nemmeno mettersi contro Baji…alla fine la lasciò ricadere.
Usando la manica della giacca grigia, Unmei si ripulì della saliva che gli era schizzata sulla guancia destra e sul naso. Non ne poteva più, si sentiva come una pentola a pressione sul punto di esplodere. Strinse i pugni saldamente, il viso gli si arrossò. “Perché devi essere così egoista? Ho passato la mia intera esistenza a desiderare di conoscerti, cazzoooo!”
Baji vacillò un poco. “Tu…cosa?”
“Mi hanno raccontato tante cose su di te, sapevo che eri un coglione, ma non credevo fino a questo punto!” Il viso stava diventando color ciliegia, si concesse giusto un momento per riprendere fiato e poi ricominciò. “Devi deciderti a crescere, maledizione! Non puoi arrabbiarti così solo perché il tuo amichetto non vuole farti giocare! Devi smetterla con tutte queste cazzate! Ci sono cose più importanti!”
Baji ringhiò. “Come cazzo ti permetti di parlarmi così? Pezzo di finocchio, ti ammazzo!” Con un’abile mossa si liberò della stretta di Mitsuya e si mise in posizione di attacco, uno sguardo folle negli occhi infiammati dalla collera.
“STAI PER DIVENTARE PADRE!”
Il movimento di Baji si ammosciò all’istante, facendolo quasi sembrare una di quelle scimmiette pupazzo dagli arti lunghi e ballonzolanti. Almeno le gambe riuscirono a sostenerlo!
Inutile dire che tutti gli sguardi si puntarono proprio su Baji e le prime domande sussurrate infransero il momento di silenzio.
Unmei si abbassò sulle ginocchia, come se fosse sfinito, la voce gli uscì in un bisbiglio. “Non dovevo essere io a dirtelo…”
Il vortice di emozioni che investì Baji sarebbe impossibile da descrivere, ma dal punto di vista esterno era ben visibile il suo viso pallido tipo effetto lenzuolo nella candeggina, come anche gli occhi sbarrati. Per voltarsi dovette muoversi a rallentatore, ossia la velocità a cui funzionava il suo cervello in quel momento! Non disse nulla, bastò che il suo sguardo incontrasse quello di Chifuyu per far emergere un enorme interrogativo.
Un lieve rossore dipinse le guance di Chifuyu, lo sguardo divenne lucido e tremante, costringendolo a distoglierlo da quello di lui. Si portò le mani al ventre, avvolgendolo in un gesto di protezione.
“E’ iniziato tutto con quella strana nausea…e il mio ciclo era in ritardo… Ho fatto due più due e…ho preso un test di gravidanza. Stavo…stavo aspettando il momento giusto per dirtelo.” I suoi occhi ora erano pieni di lacrime, la voce gli uscì incrinata. “Ti prego, non odiarmi Baji-san!” Due lacrime uscirono repentine e gli solcarono il viso.
Baji allungò piano una mano, col pollice scostò una lacrima che stava per traboccare dalle ciglia, poi posò il palmo contro la guancia tonda. “Odiarti? Me la sto facendo sotto, questo sì! Ma non potrei mai odiarti! Ti amo troppo!” Nonostante fosse ancora pallido, riuscì a scherzare e ad abbozzare un sorriso.
A quelle parole, Chifuyu si lasciò andare liberamente al pianto, mentre dalle labbra umide gli usciva un impacciato: “Ti amo anch’io, Baji-san!” Ricercò rifugio sul suo petto e Baji lo strinse a sé, una mano sul suo capo. “Ce la faremo… Sono sicuro che le nostre vecchie ci aiuteranno…” E fece una doverosa aggiunta. “Se non ci restano secche appena glielo diciamo!”
Per lo meno riuscì a strappargli una risata tra le lacrime. Tutto attorno a loro lo scenario era esilarante, con oltre un centinaio di facce sbalordite e bocche aperte! Tranne Mikey, lui era rimasto impassibile come la statua di un Buddha.
Il primo a reagire fu Smiley, il quale si guardò attorno diverse volte, prima di provare a spiccicare parola. “Ecco…chi ha il coraggio di chiederglielo?”
Suo fratello Angry, sensibile e facilmente impressionabile, indicò col dito. “Chifuyu è una ragazza?”
Provò a rispondergli Unmei, visto che si era calmato osservando la scenetta romantica dei suoi genitori. “Sì! Cioè no… Lui è…” Veramente? Era dalla scuola materna che dava quella spiegazione praticamente a chiunque e adesso gli mancavano le parole? Doveva essere più emozionato di quanto pensasse.
“Chifuyu è un ragazzo e vuole essere trattato come tale.” La voce di Takemichi giunse forte e chiara, mentre lui si creava un varco tra la folla per avvicinarsi a loro. Scambiò uno sguardo d’intesa con Unmei e procedette a spiegare. “Lui è nato con parti intime sia maschili che femminili, per questo ha potuto concepire un bambino.”
“Allora Chifuyu è come un cavalluccio marino!” Tirò le somme Angry, con quella sua innocenza da bambino.
Dalla folla si levarono alcune risatine.
“Qualcosa mi dice che sarò molto richiesto come babysitter!” Saltò fuori Mitsuya, sfoggiando il suo sorriso gentile.
Finalmente i due piccioncini si sciolsero dall’abbraccio e Chifuyu, col viso arrossato e bagnato dalle lacrime, gli rispose. “Sei quello con più esperienza, il tuo aiuto ci sarà indispensabile!”
“Ora ti vanti tanto ma… Ehi, dì la verità, sei rimasto sorpreso che io e Chifuyu avessimo una relazione!”
“Nah! Quello lo sapevano tutti! Da quando l’hai conosciuto non vi siete staccati un attimo!” Liquidò la faccenda alla svelta, sostenuto dalle voci di conferma di molti altri ragazzi. Se quei due speravano di essere passati inosservati, si sbagliavano di grosso!
Una mezza risata attirò la loro attenzione. Draken esplose in un entusiasta: “Porca miseria, non posso credere che una testa di cazzo come Baji diventerà padre!”
Lui ammiccò. “Che dire? Invece delle auto, questa volta ho bruciato le tappe!”
E poi anche Mikey si decise a parlare. “Un figlio eh? Già mi sembra di vederlo… Sarà uguale a Baji sia di viso che di corporatura e lo stesso colore di capelli. E avrà gli occhi di Chifuyu.” Il suo sguardo si direzionò immediatamente su Unmei, facendogli raggelare il sangue nelle vene.
Lo aveva capito? Ma no, impossibile! Non poteva! Non sapeva nulla dei viaggi nel tempo, Takemichi glielo avrebbe rivelato solo tra diversi mesi. La sua era solo una paura infondata. Insomma, chi mai penserebbe che un figlio torni indietro nel tempo per aiutare i propri genitori? Cioè…non gli risultava che Mikey fosse appassionato di ‘Ritorno al futuro’, quindi…
Baji tornò serio e avvolse le spalle di Chifuyu con un braccio. “Visto come sono andate le cose… Accetto la mia espulsione dallo scontro di domani. E…” Diede una sbirciata al viso di Chifuyu e riprese. “Forse dovrei lasciare anche la Toman.”
“No.” Rispose secco Mikey. “Tu e Chifuyu siete parte della gang e lo resterete sempre. Nessuno prenderà il vostro posto.  Anche se non potrete partecipare agli scontri, sarete comunque a capo della vostra squadra e di volta in volta potrete scegliere i vostri sostituti. Siamo d’accordo?”
Chifuyu e Baji si scambiarono alcune occhiate e poi risposero all’unisono. “Sì, Comandante!”
“Con questo, si conclude la riunione.” Mikey si rialzò in piedi e finalmente si decise a riporre la maschera della serietà, per lasciare al suo posto quella dolce e sorridente che in pochi avevano l’onore di conoscere. “Messaggio per i Capitani e i Vice: ora andiamo a festeggiare!”
*
 
Com’era prevedibile, i festeggiamenti si rivelarono una scusa per accontentare Mikey, portarlo nel suo ristorante per famiglie preferito a mangiare il menu per bambini che tanto gli piaceva e…aggiungere un nuovo pezzo alla sua collezione di bandierine! E mentre lui mangiucchiava contento e indisturbato, tutti gli altri si persero in una raffica di domande imbarazzanti e battute sconce rivolte ovviamente a Chifuyu e Baji. Non che ci si potesse aspettare altro da un gruppo di sciroccati, comunque! Ma loro stettero al gioco, risposero al meglio alle domande e ricambiarono le battute e gli scherzi senza dare segno di esserne infastiditi, anche se di tanto in tanto cercavano di far abbassare i toni per non rischiare di essere cacciati tutti e magari anche denunciati per disturbo della quiete pubblica e discorsi osceni!
L’uscita più degna di nota, se non addirittura memorabile, fu quella di Hakkai.
“Se fossi nato anche io intersessuale, avrei potuto fare un bambino con Taka-chan!!!”
L’unico momento in cui tutti tennero la bocca chiusa e Mitsuya quasi collassò sul pavimento per la vergogna. Ma come ribattere a quel bimbo troppo cresciuto in altezza, con le guance rosee e gli occhi brillanti, che aveva parlato sinceramente dal profondo del suo cuoricino? Nessuno osò fiatare, fino a quando…
“Buuurp!” Un rutto al momento giusto salvò la situazione e un Mikey sorridente attirò l’attenzione su di sé. “Ops, scusate!”
Il suo intervento fece allentare la tensione e da lì le chiacchiere ripresero fino al momento di andare. Anche se era ancora presto, non bisogna dimenticare che il giorno dopo li attendeva uno scontro impegnativo. Baji e Chifuyu non poterono fare altro che augurar loro tanta fortuna.
Nella stanza confortevole e silenziosa, appena illuminata dalla luce artificiale all’esterno, i due stavano vivendo un intenso momento di passione. Al centro del letto, avvinghiati come due polpi in calore, la pelle perlata di sudore caldo, Chifuyu dominava su di lui, il movimento regolare e profondo, le mani sulle sue spalle per avere un appoggio, mentre Baji lo assecondava muovendo a sua volta il bacino in avanti e guidandolo tenendolo saldamente per i fianchi. I gemiti che si levavano dalla gola di Chifuyu avevano un che di musicale, mentre si espandevano sempre più all’interno della stanza, senza alcun freno. Unmei era stato abile a lasciar loro l’appartamento libero per permettergli di dar sfogo alla passione. Era riuscito a organizzare in una manciata di minuti una serata in allegria assieme alle due ‘nonne’, nell’appartamento di Baji, così mentre le signore bevevano e se la raccontavano e lui faceva in modo che i bicchieri fossero sempre pieni e un po’ ne approfittava per farsi coccolare facendo dei ben studiati complimenti, loro avevano tutto il tempo per amalgamarsi e sciogliersi nel loro amore.
“Baji-san… Baji-san…” La voce calda e supplichevole.
“Keisuke… Chiamami Keisuke. Gh…” Strinse i denti, era sul punto di venire.
“Keisuke… Keisuke! AH!” Chifuyu rivolse il capo all’indietro e si lasciò andare completamente al piacere, il membro del suo ragazzo interamente affondato dentro di lui. Giusto alcuni istanti, poi si lasciò scivolare su di lui, fronte contro fronte, gli sguardi socchiusi, i respiri affannati.
“E’ la prima volta che dico il tuo nome…”
Baji accennò un sorriso. “Dovrai abituarti! Quando ci sposeremo non potrai più chiamarmi per cognome, perché lo porterai anche tu!”
Chifuyu arrossì con tale intensità che si notò nonostante la scarsa illuminazione della stanza. “N-non farmi eccitare di nuovo!”
Baji gli rubò un lungo bacio e poi si distesero per riposare, Chifuyu col capo poggiato al suo petto e lui a cingergli le spalle col braccio. Che serenità… Per un po’, l’unico rumore che udirono fu solo quello di Excalibur/Peke J che ronfava su un cuscino in un angolo della stanza.
“Baj-ehm, Keisuke… Hai ancora paura?”
“Sì. Sto imparando adesso a scrivere in kanji e già mi ritrovo a dover pensare a come prendermi cura di un bambino! Io…non ho idea di come si faccia il padre…”
“Io posso prendere esempio da mia madre, ma questo non lo rende più facile… Sai, credo che ci sia un motivo per ciò che ci accade… Questa gravidanza deve significare qualcosa.”
Baji ridacchiò amaro. “Che non abbiamo usato i preservativi perché siamo due idioti!”
Suo malgrado, Chifuyu rise a sua volta, ma subito tornò serio e continuò ad inseguire un pensiero. “Il fatto che ci siamo incontrati a scuola, che viviamo nella stessa palazzina, che siamo diventati subito amici e poi ci siamo innamorati… E proprio alla vigilia di un pericoloso scontro io scopro di essere incinto e ci ritiriamo entrambi… E’ come se fosse opera del destino.” Destino? Quella parola gli fece affiorare alla mente il volto di Unmei. Oltre al suo nome, anche la sua presenza e le cose che aveva fatto da quando era comparso erano tutte collegate?
Baji si stiracchiò sotto di lui e si portò l’altra mano sotto alla testa. “Chiamalo come vuoi, io so solo che dovremo trovare un modo per dirlo alle vecchie e decidere cosa fare d’ora in poi.”
Chifuyu si accoccolò meglio contro di lui, strofinò affettuosamente il viso sul suo petto. “La cosa migliore sarebbe di studiare con impegno per poter aprire il negozio di animali che sogniamo! Qualunque cosa accadrà, so che non mi arrenderò fino a che sarai al mio fianco.”
In risposta, Baji lo strinse di più a sé e lasciò che la tranquillità e il silenzio calassero nuovamente su di loro per il poco che gli restava, prima di doversi rivestire e fingere di essere stati lì a studiare per tutto il tempo.
*
 
“Lo sapevo che ti sarebbe stato bene questo tokkofuku! Tu e Baji-san avete la stessa corporatura e all’incirca la stessa altezza!”
Era passata poco più di mezzora da quando Chifuyu gli aveva rivolto quelle parole e ancora gli sembrava di avere davanti agli occhi la sua espressione entusiasta, gli occhi luminosi che tendevano più al verde che all’azzurro e il suo tipico sorriso gentile e materno. Tutt’altra storia era Baji, che invece se n’era rimasto in disparte a braccia conserte e col broncio, dannatamente infastidito di dovergli prestare il proprio tokkofuku con i ricami da Capitano della 1a  divisione. Eppure, al momento della partenza, lo aveva richiamato e gli aveva detto di stare attento. Che avesse un caratteraccio era innegabile, ma nonostante le apparenze quel ragazzo aveva anche un gran cuore.
Unmei si accorse di aver posato la mano proprio all’altezza del cuore, mentre ripensava a quel momento. La lasciò ricadere.
“Sei teso?” Gli chiese Takemichi, accanto a lui, con addosso la divisa che Chifuyu gli aveva prestato, coi ricami da Vicecapitano della 1a divisione.
“Non per lo scontro. Sono abituato a fare a pugni.”
Takemichi lasciò un lungo sospiro. “Io sono un fascio di nervi. Per quante volte ci sia passato, non mi abituerò mai.”
Si trovavano in testa al gruppo assieme agli altri, pronti ad entrare in scena non appena fosse arrivato il momento. Ed infatti, di lì a qualche minuto, l’enorme cancello fu aperto e la Tokyo Manji Gang fece il proprio ingresso all’interno di quella discarica di automobili dove si sarebbe tenuto lo scontro. Molti teppisti si trovavano già sul luogo, brutte facce o espressioni omicide che li soppesarono uno ad uno con lo guardo, anche se i loro commenti furono interamente rivolti a Sano Manjiro, l’Invincibile Mikey. La sua fama era pari alla sua abilità nel combattimento, come la sua determinazione a vincere e porre fine alle ostilità una volta per tutte. Mentre avanzava deciso, con lo sguardo fermo e la giacca a coprirgli le spalle nude, era come vedere un predatore pronto all’attacco. Un vista meravigliosa.
Dopo di loro, fu la volta della Valhalla ad entrare dal cancello opposto.
Al centro del campo di battaglia attendeva Hansen, un pezzo grosso del mondo dei delinquenti, a capo della gang Ikebukuro Criminal Black Members. Mikey gli si avvicinò e lo ringraziò per aver accettato di fare da supervisore allo scontro.
“Se il combattimento farà schifo, vi pesto tutti quanti.”
Una risposta così scortese e fatta con un sorrisino strafottente sulle labbra, non fece che urtare i nervi ad Unmei. Quel tizio si dava fin troppe arie per i suoi gusti.
Strinse un pugno e disse tra i denti. “Non vedo l’ora di vedere coi miei occhi il momento in cui Kazutora lo pesterà, facendolo sgonfiare come un palloncino bucato!”
Takemichi si sporse su di lui e gli parlò all’orecchio. “Vedi di non farti sentire, moccioso.”
E poi vennero chiamati avanti i rappresentanti delle due gang.
Unmei afferrò prontamente il braccio di Draken, col preciso intento di trattenerlo. Ignorando la sua occhiataccia, si rivolse direttamente a Mikey. “Fai andare me.”
“Questo è compito di Ken-chin.” Tagliò corto lui, senza scomporsi.
“Lo so, non voglio scavalcare nessuno. Ma ho bisogno di andare là e fare un altro tentativo con Kazutora.” Insistette Unmei.
Di nuovo Mikey non fece una piega, era come vedere la reincarnazione della Sfinge.
“Ti prego, Mikey! Fammi parlare con lui!”
Questa volta Mikey alzò lo sguardo su Draken, anche se lui fece segno di no scuotendo leggermente la testa, la risposta che lui diede fu l’esatto contrario. “Vai.”
Draken fece per chiedere: “Mikey ma che-” Ma il movimento repentino di Unmei gli stroncò la frase e non gli restò che seguirlo con lo sguardo.
Ora Hansen si era spostato poco più in là.
Kazutora, in rappresentanza della Valhalla, ritrovandosi di fronte Unmei non provò nemmeno a nascondere di essere contrariato. “Ancora tu?”
Unmei non disse nulla, solo tenne lo sguardo fermo sul suo che, come sempre, era troppo simile a quello dei pesci sul banco del mercato.
Hansen prese la parola. “Cinque contro cinque coi vostri membri migliori o uno scontro totale tra tutti. Cosa volete fare?”
E allora Unmei parlò. “Kazutora, mettiamo fine a tutto. Siamo ancora in tempo.”
“Cosa-cazzo-stai-dicendo.”
“Tu sei convinto di odiare Mikey, ma in realtà odi te stesso per ciò che hai fatto quella volta. E ci sono dei bastardi che si stanno approfittando di te per ottenere ciò che vogliono.”
Ci fu un lungo momento di silenzio, prima che Kazutora parlasse.
“Mi stai facendo venire voglia di ammazzare anche te.”
“Dannazione, perché ti ostini a rifiutare il mio aiuto?” Allungò una mano per afferrare la sua, vide nei suoi occhi un tremolio. “Il mio amore per te non significa proprio niente?”
Pessima mossa. Quel gesto impulsivo diede a Hansen la scusa per riaprire quella boccaccia e sfottere per bene.
“Hey Mikey! Mi hai chiesto di supervisionare lo scontro o di celebrare un matrimonio gay?”
Fece appena in tempo a finire la frase, Kazutora si liberò la mano con uno strattone e caricò un destro per colpire quell’idiota in piena faccia. Alla fine era inevitabile che accadesse, in un modo o in un altro. Però Unmei non stette a guardare, mentre Hansen barcollava per l’improvviso colpo ricevuto, lui afferrò entrambe le braccia di Kazutora e le trattenne per evitare che lo colpisse ancora (anche se se lo sarebbe meritato!).
“Lasciami, maledetto!” Kazutora gli gridò in faccia, mentre cercava di liberarsi. Le quattro braccia che formavano una ‘x’ fra loro.
“Col cazzo! Non ti permetterò di fare qualcosa di stupido che ti manderà un’altra volta dietro le sbarre!” Gli disse sorridendo, neanche fossero a passeggio in un prato fiorito invece che su un campo di battaglia.
Vista la situazione, Hansen fu costretto a ritirarsi e tornare dai propri uomini a testa bassa per la figuraccia che aveva appena fatto. Quasi in contemporanea, dalla Toman e dalla Valhalla si levarono delle grida ed ecco che oltre quattro centinaia di ragazzi adrenalinici e assetati di sangue presero a correre gli uni verso gli altri, come due onde in procinto di infrangersi.
Kazutora continuava a dimenarsi come un pazzo per liberarsi dalla stretta del suo persecutore, ma ogni sforzo sembrava inutile. S’immobilizzò solo nel momento in cui gli sentì pronunciare delle parole che gli giunsero chiare e cristalline nonostante l’enorme fracasso attorno a loro.
“Kazutora… Stand by me.”


La storia continua e si conclude nel prossimo capitolo... Ultima Fase: [Not only a dream]
Unmei dovrà fare i conti con una dura realtà...
  
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