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Autore: Alina_Petrova    09/02/2022    0 recensioni
Come inizia una storia?
Qualche volta è amore a prima vista – un’attrazione spontanea alla quale uno non può resistere, anche se all’apparenza i due non hanno nulla in comune. Ma se riescono trovare il coraggio di avvicinarsi l’uno all’altro, qualcosa che li unisce spunta fuori. Una stupidaggine forse, che sembra quasi uno scherzo, però non è niente male per cominciare.
Altre volte, un passo falso, parole sbagliate – tra i due si solleva un muro. Sembra difficile abbatterlo, ma con un po’ di fortuna e di buona volontà forse possono riuscirci.
Alcuni sono sempre in attesa di un incontro e altri hanno perso la speranza. Ma a cosa servono gli amici, se non per darci una spinta nella mischia?
Ci sono amori guidati dal destino.
Una storia potrebbe iniziare in un modo banale oppure del tutto bizzarro, se poi dovesse funzionare, andare avanti, durare nel tempo, dipende solo dai nostri protagonisti. Intanto, come si dice, chi ben comincia è a metà dell’opera, no?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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​«Mi scusi, signorina, lei avrà sbagliato la porta, questo è uno spogliatoio maschile!» Chris strinse i denti e imprecò mentalmente, perché non c’era alcun dubbio, lo sconosciuto si rivolgeva proprio a lui. Quel disgraziato pensò bene ad accompagnare l’insulto con un leggero picchiettare sulla sua spalla, tanto per essere sicuro che il messaggio arrivasse al destinatario. Non era una novità per Christian, sin dall’asilo le prese in giro lo accompagnavano con una invidiabile insistenza, cambiavano solo i soprannomi. Il primo era stato “ciccione”, ora poteva sembrare incredibile, vista la sua quasi eccessiva magrezza, ma da bambino era piuttosto paffutello. Poi era arrivato il turno di “quattrocchi”, non che fosse stato l’unico ragazzo delle elementari a portare occhiali, ma il soprannome inspiegabilmente si era appiccicato solo a lui. Più avanti, alle medie, quando praticamente tutti i suoi coetanei si erano allungati di colpo, lui era rimasto indietro, diventando “tappo”. E quando in un paio d’anni era finalmente riuscito a recuperare qualche centimetro e a liberarsi dagli occhiali sostituendoli con le lenti, il suo fisico esile e minuto, i suoi lineamenti delicati e il portamento aggraziato gli fecero guadagnare subito un set intero di insulti – tutta la vasta gamma di nomignoli da “fatina” a “frocio”. Sì, era abituato agli insulti Chris, ma nonostante avesse un faccino da angioletto e tutto sommato sembrasse un tipo inoffensivo, non subiva mai in silenzio, non era nel suo carattere porgere l’altra guancia. Certo, con i suoi sessantacinque chili per centosettantatre centimetri di altezza non avrebbe potuto intimorire nessuno, ma negli anni di pratica aveva imparato bene a usare la lingua, e sì, “biforcuto” era il suo ultimo soprannome che si era riuscito a guadagnare già al primo anno della Musical Theatre School. E ne andava pure fiero. Merda – imprecò tra sé e sé, girandosi lentamente verso il nemico, perché con una frase sola lo sconosciuto all’istante passò in quella categoria. Se la vista di Chris non fosse stata offuscata dall’ostilità, molto probabilmente avrebbe trovato il ragazzo di fronte carino, attraente addirittura, invece ora lo guardava con un unico scopo: trovare il suo punto debole. Il che si era rivelato subito un problema. Sul serio, come si fa a colpire qualcuno che sembra non avere difetti? Qualcuno, quasi una testa più alto di lui, che va in palestra a occhio e croce un giorno sì e l’altro pure, con quei capelli biondi fintamente spettinati e la faccia da macho-conquistatore patentato... per ora Chris aveva a disposizione solo questo, e doveva sbrigarsi, non poteva permettersi di perdere la prima battaglia! Quindi decise di verificare una cosa: fece cadere, come per distrazione, l’asciugamano che aveva intorno ai fianchi osservando di sottecchi la reazione del ragazzo. Hmmm... interessante! Non ci fu una traccia d’imbarazzo, solo apprezzamento, nel suo sguardo. E poi il biondino istintivamente si raddrizzò allargando le spalle e gonfiando leggermente il petto con un sorrisino strafottente sulle labbra – ecco, ora sì che c’era qualcosa su cui lavorare! «Desolato, ma ti sei sbagliato», disse Chris con un tono suadente, raccogliendo l’asciugamano e iniziando a vestirsi. «Ti piacciono le ragazze, dunque?» «A dire il vero, no», gli fece l’occhiolino l’altro. «Allora sono fortunato a essere così femminile, perché io preferisco gli uomini, quelli veri però, non i playboy da quattro soldi come te che credono di aver il mondo ai loro piedi», concluse Christian e si diresse verso la classe di danza, annottando con soddisfazione la sua espressione persa come quella di un bambino viziato al suo primo “no”. Ed era proprio vero, Derek non era abituato a sentirsi rifiutato, non che ci avesse provato con quel ragazzo, anzi... però sapere di non avere nemmeno la possibilità di farlo era frustrante. Ma ormai si era data la zappata sui piedi, non poteva fare altro che proseguire su questa strada. Si era trasferito a New York da pochi mesi ed era riuscito a essere accettato all’ultimo anno della Musical Theatre School, e un nuovo arrivato non doveva mostrare debolezza. E così da quel giorno i due ne fecero l’affare d’onore di trovare tutti i punti deboli dell’altro per divertirsi a volontà passandoci sopra a ogni occasione. Chris ben presto aveva scoperto che Derek non era esattamente Fred Astaire, e quindi essendo lui stesso un ballerino provetto lo riprendeva ad ogni passo falso, nominandolo Orso, Yeti o mr Bean. E quando Derek avea capito che la voce dell’avversario non copriva nemmeno la metà del suo diapason, fu il suo turno di festeggiare. Tutte le classi che avevano in comune, diventarono i loro campi di battaglia; ma pure se semplicemente si scontravano di corsa per i corridoi della scuola, non si facevano mai mancare un insulto buttato lì quasi automaticamente in faccia al nemico. La crisi arrivò quando per la classe di musical il professore diede al loro gruppo il compito di preparare dei duetti dividendosi in coppie. Tutti potevano scegliersi il compagno che volevano. Tranne loro due. A loro il prof, portato alla disperazione dalle loro continue liti, impose di fare un numero insieme. Niente di imbarazzante, un classico del genere, “Make them laugh”, ma dovevano risultare divertenti. Divertenti insieme – non uno contro l’altro, e possibilmente senza ammazzarsi a vicenda durante le prove, il che si era rivelato una bella sfida. Sfida che dopo due settimane di torture, persero miseramente, guadagnandosi un’insufficienza a testa da recuperare entro dieci giorni.

 

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«Si, così! Prendilo tutto, forza!» La serata di Derek stava giungendo alla fine nella maniera del tutto soddisfacente anche se poco eccitante. Era una routine ormai: un gay-bar più o meno affollato, qualche drink più o meno alcolico, un ragazzo sconosciuto più o meno carino dentro la cabina del bagno, che in un modo o nel altro gli aiutava a ottenere il suo orgasmo giornaliero. La porta sbatté e Derek si accigliò infastidito, ma il suono di una risata fin troppo famigliare gli fece rizzare le orecchie. Giudicando dal rumore dell’acqua, gli intrusi si erano fermati al lavandino. «Allora, chiudiamo in bellezza la serata, tesoro?» fece allusiva la voce bassa e leggermente roca. «Certo, ma ci sono delle regole da rispettare: niente più “tesori”, si va a casa mia, non resterai fino al mattino e succederà una volta sola, siamo intesi?» disse sicura la voce con cui Derek era abituato a sentire degli insulti verso se stesso, e invece questo tono prepotente gli fece un effetto inaspettato, portandolo alla conclusione prima del previsto. Il ragazzo che gli eseguiva un pompino niente male per poco non soffocò, e Derek lo spinse via senza gentilezza avvisando l‘urgenza improvvisa di tornare a casa. Per fortuna si sentirono dei passi allontanarsi e il suono della porta, così si affrettò a precipitare fuori con i pantaloni ancora mezzi calati e il ragazzo a seguito che chiedeva il suo numero. Liquidato il poverino con uno secco “Scordatelo!”, Derek si diresse verso i lavandini per darsi una sistemata in santa pace. Solo che il bagno non era vuoto come se l’aspettava. Evidentemente, il suo compagno si era ritirato, invece Chris stava ancora davanti allo specchio... ad aggiustarsi il trucco. Kajal nero, un paio di ciocche blu, niente di che, ma stava d’incanto con questo look gotico. Derek si bloccò alle sue spalle indeciso su come comportarsi. Senza girarsi, Christian lo guardò attraverso lo specchio e riconoscendolo strabuzzò gli occhi sorpreso, ma già l’istante dopo nel suo sguardo si dipinse chiaramente il disgusto. «Guarda un po’, e io che pensavo non potessi cadere più in basso nei miei occhi dopo la presentazione di oggi! Invece, eccoti qui, a scopare nei bagni pubblici... Complimenti, gigolò da quattro soldi, hai toccato il fondo!» «Senti chi parla, mister “una botta e via”! Chissà perché ti immaginavo un tipo da appuntamenti? Che c’è, nessuno ti invita a cena?» lo punzecchiò Derek per abitudine più che altro. Era davvero curioso, Chris non gli sembrava uno cinico che non crede nelle relazioni per principio, e per quanto lo detestasse, non poteva negare che fosse uno schianto. «Oh, ne ricevo di inviti a cena, credimi, più di quanti tu possa immaginare!» ridacchiò quello. «Non sottovalutare la mia immaginazione!» Derek si fermò un attimo valutando la possibilità di troncare la discussione qui, ma la curiosità ebbe la meglio, e quindi proseguì: «E allora, perché non ne accetti qualcuno, tanto per cambiare?» «Per la questione di praticità», rispose l’altro, e Derek lo fissò confuso, tra tutte le possibili motivazioni questa non se l’aspettava proprio. Come non se l’aspettava che Chris continuasse la spiegazione, per davvero, senza battutine e osservazioni ironiche, quasi come se la loro fosse una conversazione... tra amici. «Non mi fraintendere, spero di farlo un giorno, ma solo se sentirò qualcosa di speciale, solo con qualcuno che potrebbe essere quello giusto, capisci? E finché non lo incontro, non mi va di sprecare né tempo, né fatica... e non mi va nemmeno di stare a digiuno», Chris alzò su di lui gli occhi, realizzando in quel momento che forse per la prima volta in due mesi che si conoscevano, si guardavano in faccia senza ostilità.

 

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«No, no e ancora no! Sei un disastro! E la cosa assurda è che normalmente goffaggine fa ridere, mentre la tua è solo imbarazzante! Come diavolo fai?» Chris sfiorava la disperazione. Aveva già semplificato la coreografia, in modo che l’altro potesse finalmente eseguirla senza inciampare nei propri piedi, ma rimaneva una cosa essenziale che non funzionava lo stesso: Derek non risultava divertente – solo patetico. E Christian non sapeva più che pesce pigliare per rendere la loro esibizione un minimo decente. Si accasciò sfinito sulla poltrona in prima fila, osservando distrattamente il suo partner che stava attraversando il palco con i passi misurati, quasi maestosi, fermandosi poi davanti a uno specchio per aggiustarsi il colletto. E qua nella mente di Chris si accese una lampadina: era perfetto! Derek era troppo perfetto, ci teneva ad apparire bello e attraente sempre perché era così che si vedeva, era questo il suo unico modo di essere, il che non comprendeva certamente rendersi ridicolo. Mai e davanti a nessuno. Ecco perché le prese in giro di Chris lo imbestialivano oltre misura, ecco perché pure quando riusciva a eseguire i passi, la sua esibizione sembrava forzata. E ora la cosa rappresentava un problema. Chris si alzò dirigendosi deciso verso di lui. Quando Derek se ne accorse, l’espressione determinata dell’altro lo allarmò, così istintivamente si mosse per scappare. «Fermo lì!» alzò la mano Chris con fare minaccioso, e Derek si bloccò sul posto. «Cosa... cosa c’è? Che vuoi fare?» balbettò arretrando con le mani alzate mentre l’altro avanzava, intanto tirandogli la camicia fuori dai pantaloni e mettendogli i capelli in disordine totale. «Ecco, ora sei pronto!» finita l’opera, dichiarò Christian soddisfatto. «Sai, c’è un motivo se i pagliacci sono spettinati, hanno i vestiti sotto sopra e il trucco assurdo: la perfezione non è divertente!» Derek fissava il proprio riflesso con lo sguardo perso, e Chris gli sventolò la mano davanti agli occhi attirando la sua attenzione. «Senti, non aggrapparti così tanto alla tua immagine da eroe-amante! Sono sicuro, c’è più di una bella facciata in te!» sorrise incoraggiante, ma l’altro gli rivolse un’occhiataccia per niente convinta e quasi arrabbiata. «Tu cosa ne vuoi sapere?» gli sputò contro, ma Chris non si scompose, anzi si mise una mano sul fianco e con un movimento fluido spostò le ciocche corvine dalla fronte sbattendo le ciglia da vera reginetta del ballo. «Chiamalo intuito femminile!» disse con malizia, alzando la mano per tracciare lentamente il contorno del viso di Derek, che quasi smise di respirare al tocco. «E poi, si sa, a noi ragazze piacciono i bei maschietti, ma ci piacciono ancor di più quelli che ci fanno ridere!» concluse allegramente allontanandosi. Derek invece a questa uscita giocosa sentì una fitta sospettosamente simile al senso di colpa mista al rimpianto. «Chris!» Cristian si bloccò stranito e solo dopo qualche secondo capì il perché: da quando si conoscevano era la prima volta che sentiva il proprio nome dalla bocca di Derek. Come d’altronde pure quello di Derek non era mai uscito dalla sua. Anche negli ultimi giorni, lavorando insieme, riuscivano in qualche modo a evitare di chiamare l’un l’altro per nome. E la cosa gli fece un effetto strano, ma tutto sommato abbastanza gradevole. Così decise di provare a farlo a sua volta. «Si, Derek?» chiese girandosi lentamente con un piccolo sorriso come se avesse appena fatto una bella scoperta: forse potevano seppellire l’ascia di guerra, forse potevano diventare... no, non proprio amici, ma almeno smettere di essere nemici, ecco. É sempre un buon inizio, si disse Chris. Evitando però anche solo pensare – inizio di cosa? «Per la tua parte vocale, voglio dire, siamo sinceri, non riesci a starmi dietro, dobbiamo rimediare», Chris tirò un sospiro di sollievo: gli era parso per un attimo che Derek avesse intenzione di partire con un discorso a cuore aperto, ma no, tutto era a posto. «Sono tutto orecchie, cosa suggerisci?»

 

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«Cazzo, cazzo, cazzo... Porca troia maledetta! Fanculo!» appena entrato nella caffetteria Derek rimase praticamente investito da questa valanga di bestemmie perché Chris che stava invece uscendo, le sputava con ferocia, come un drago sputa fuoco, proprio mentre gli passava accanto. Senza notarlo, visto che aveva lo sguardo fisso sul cellulare. «Che linguaggio, miss! Le signorine non dovrebbero usare certe parolacce!» esclamò Derek, afferrandolo per il braccio. Il giorno prima avevano finalmente recuperato quel compito benedetto e anche con un discreto successo, quindi era abbastanza sicuro che Chris non ce l’avesse con lui. «E pensare che avevo appena deciso che la mia giornata non potesse peggiorare! Ma eccoti qui!» A occhio esterno poteva sembrare il loro solito battibeccare, ma per i ragazzi stessi era diverso ora. Non c’era autentica cattiveria nelle parole, negli sguardi era sparita la ferocia sostituita dalle scintille di divertimento. Christian non lo guardava più come un nemico, e Derek sapeva che oltre alle battaglie verbali potevano parlare, forse non proprio come amici, ma almeno come persone civili, ecco. Non era molto, ma era sempre un inizio, si diceva Derek. Evitando però di precisare – inizio di cosa? «Che succede, Chris? Sul serio, non ti ho mai sentito inveire in quel modo... nemmeno contro di me, ed è tutto dire!» Christian abbassò lo sguardo valutando un attimo se rispondergli, e alla fine sospirò risoluto. «Sono un senzatetto. Quasi. Devo sloggiare tra quattro giorni, e mi ero messo d’accordo con un’amica per condividere l’affitto, ma quella stronzetta all’ultimo mi ha tirato un bidone! Ecco cosa succede! Ora che faccio? Maledizione!» imprecò disperato. «Ho io una stanza, se ti interessa», lo freddò l’altro, con tutta la calma del mondo. Per alcuni lunghi attimi Chris lo fissò muto con uno sguardo vacuo. «Sul serio? Ti rendi conto che ciò significa avermi tra i piedi non solo a scuola, ma in pratica quasi sempre?» riuscì a partorire alla fine. «Sono un bravo ragazzo in fondo, cosa vuoi che ti dica? Non posso lasciare un compagno in mezzo alla strada. E poi, mi farebbe comodo un coinquilino. Quindi, che dici, ti va?» «Non che mi venga da fare i salti di gioia... Però tieni conto, ho bisogno dei miei spazi. Se pago la mia quota, pretendo di avere le mie comodità, chiaro?» «Nessun problema, tanto io in casa praticamente solo dormo... quasi sempre, insomma».

 

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Con un gemito, più simile a un cigolio di una porta arrugginita, Derek socchiudendo appena gli occhi si ribaltò sulla schiena. Sotto di lui c’era una superficie dura e calda. Il che significava che il giorno prima era crollato sul pavimento del bagno... di nuovo. Sopra invece, con uno sguardo duro ma per niente caldo, Christian sembrava stesse cercando di fulminarlo. Questo non significava nulla, tranne l’evidente fatto che il suo coinquilino ancora una volta l’aveva sorpreso addormentato sul pavimento del bagno. A un certo punto però Chris perse la pazienza e si chinò su di lui, scuotendolo per la spalla. «Basta fingere di essere morto, andiamo, alzati, ti aiuterò ad arrivare al letto». «Mmmm... che cazzo urli, si può sapere?!» con una smorfia sofferente rantolò Derek. «È solo la tua inadeguata percezione della realtà dovuta ai postumi di una sbornia pazzesca, io sto praticamente sussurrando», obiettò con pazienza Chris, tirandolo verso l’alto fino alla posizione seduta. «Dai, potresti fare un minimo sforzo? Non ho intenzione di portartici in braccio!» Derek scollò a fatica le palpebre e sporse il labbro inferiore con fare capriccioso. «Le crocerossine, perché tu lo sappia, trascinavano di peso i soldati feriti dal campo di battaglia con tutte le munizioni!» Stanco di stare piegato a metà, Christian lo appoggiò alla cabina della doccia e si rimise dritto incrociando le braccia sul petto. «Come hai giustamente notato, quelle erano le crocerossine, cioè in pratica delle donne sante! Invece io, pur avendo il timbro della voce un tantino alto e una bellezza abbagliante, rimango comunque un uomo, e molto lontano da ciò che si potrebbe definire santo. E tu, per di più, non sei affatto un eroe ferito, anche se pesi più di un marinaio con tanto di telo mimetico e stivaloni!» «È solo la tua inadeguata percezione della realtà dovuta all’astinenza dal sesso!» gli fece il verso Derek. «Sono leggero come una piuma, e comunque non mi serve il tuo aiuto...» con queste parole afferrò il bordo del lavandino e cercò di rialzarsi, scivolando impotente sulle piastrelle. Dopo il terzo tentativo fallito, accompagnato dalle risate incontrollate di Chris, si arrese però e accettò la mano che gli venne prontamente offerta.

 

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«Eccoci! Basta, dormi e accumula le forze per le nuove avventure!» Senza tante cerimonie, Chris mollò il suo pressoché inerme carico sul letto, istintivamente si ripulì le mani e si diresse verso la porta. «Chriiiiiis! E chi mi aiuterà a spogliarmi, chi mi rimboccherà la coperta e canterà una ninna nanna?» piagnucolò Derek, guardandolo con gli occhietti da cucciolo abbandonato. L’altro portò un dito sulle labbra magistralmente imitando una riflessione profonda. «Hmmm... non saprei... Suona allettante, ma: no, no e no». «Ma quanto sei cattivo!» «Niente affatto! Sono carino e coccoloso, semplicemente, come hai giustamente notato, ho problemi con adeguatezza dovuti all’astinenza! Ma di questo parleremo domani!»

 

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«Derek, dobbiamo parlare, ma seriamente!» Se Derek fosse stato un gatto, avrebbe abbassato le orecchie e poi la testa. Ma visto che non lo era, si limitò ad abbassare la testa. «Chris... ma daaaaai, tanto aveva comunque una bella crepa che perdeva! E poi l’avevo quasi afferrata al volo, ma avevo le mani insaponate, e così...» Christian lo fissò alquanto sorpreso. «La tazza blu? La mia preferita?! Ma si può sapere per quale diavolo di motivo l’avevi toccata? Non la si può nemmeno più usare per bere, ha una crepa... aveva...» Chris chiuse gli occhi e scosse la testa, cercando di ritornare a concentrarsi sulle cose di primaria importanza. «Come non detto! Che riposi in pace quella benedetta tazza! Volevo parlare d’altro. Indovina, Derek, cos’è che mi manca nella vita?» «Il sesso!» senza la minima esitazione rispose quello. «Quasi centro. Mi manca il sesso regolare!» «Dov’è il problema? In questo sarei lieto di aiutarti!» ghignò Derek, e Chris gli rispose con un sorriso fin troppo soddisfatto. «Speravo nella tua collaborazione volontaria!» esclamò, tirando fuori non si sa da dove con un gesto da illusionista, un foglio di carta e un pennarello. «Perché, vedi, io non sono come te, ho altre priorità nella vita, ho bisogno di una certa monotonia, del senso di sicurezza, del comfort», – si mise a borbottare sottovoce, intanto dividendo il foglio con delle linee orizzontali e scrivendo all’inizio di ogni riga il giorno della settimana. Fatto questo, rivolse di nuovo lo sguardo verso Derek, che osservava le sue azioni con diffidenza. «Visto che gli accordi verbali, come suggerisce la pratica, con te non funzionano, mettiamo per iscritto una specie di orario e appendiamolo sul frigorifero, lì di sicuro lo noterai!» «Cazzo, Chris, io... sei insopportabile! Non posso vivere seguendo un orario! Hai detto bene, siamo diversi, e io non voglio essere schiavo di un pezzo di carta, anche se appeso al frigorifero!» Derek infilò le mani tra i capelli iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro. «E io non voglio soddisfare i miei bisogni sessuali...» «Scopare, Christian!» «Come vuoi!» alzò la voce Chris dopo di che disse forte e chiaro: «Non mi va di scopare nei bagni sporchi e puzzolenti di qualche gaybar! Ho bisogno di un ambiente tranquillo, con accesso diretto alla doccia e la possibilità di addormentarmi subito dopo il sesso! Non mi sembra di chiedere la luna dal cielo! Due sere a settimana a me, due a te. Cosa c’è di impossibile? Tu comunque te la spassi da qualche parte fino a tardi praticamente un giorno si e uno no. Ti chiedo semplicemente di pianificare le tue nottate al club in modo che coincidano con le serate, quando io porto qui un ragazzo!» «Io non voglio che ci porti dei ragazzi!» l’urlo di Derek interruppe bruscamente il monologo di Chris. I due, che sembravano entrambi colpiti da queste parole, si fissarono a vicenda leggermente ansimanti. «Caspita!» per primo tornò in se Chris. «Mi sono perso qualcosa, e tu mi avevi adottato nel frattempo? Anche se pensandoci, no, non potresti, mio padre è vivo e vegeto. E, a proposito, nemmeno lui potrebbe impedirmi di portare i ragazzi in un appartamento, per il quale verso regolarmente la mia quota di affitto. Sono adulto e vaccinato. Lo sai, condivido questa abitazione con te solo per riuscire a pagarmi gli studi. Tra meno di un anno li avrò finiti, inizierò a lavorare a tempo pieno e senza le spese della scuola sarò in grado di permettermi un appartamento tutto mio. Aiutami a passare quest’anno con dignità, senza ricorrere al lavoro manuale!» Derek sorrise maliziosamente e lo attirò a se per la vita. «La mia proposta è ancora valida, piccolo, assaggia cocktail Derek e non vorrai più fermarti!» Christian lo respinse adirato. «Smettila, non è divertente!» «E chi scherza?» Chris lo guardò con rimprovero. «Parliamo di te, Derek, e... di me! Non ci stiamo nemmeno simpatici!» disse, mentre nella sua mente balenò: Sto seriamente valutando la sua candidatura? «Parla per te, Christian!» Di colpo Derek strabuzzò gli occhi e sollevò l’indice in aria, come se gli fosse venuta all’improvviso un’idea geniale. «Propongo un esperimento!» esclamò e poi corse fuori dalla cucina, tornando dopo un attimo stringendo con aria trionfante in un pugno una cravatta rossa. «Semplicemente, fidati di me! Se non funziona, appenderò io stesso quel tuo stupido orario sul frigorifero!» «Giuramelo!» gli intimò Chris, tenendo d’occhio l’accessorio nella sua mano quasi con timore. «Giuro... che non mi venga più duro!» rispose convinto quello. Ragionevolmente deciso che un tale giuramento Derek difficilmente avrebbe infranto, Christian annuì. «Chiudi gli occhi», non appena il ragazzo obbedì, abbassando le palpebre, Derek delicatamente gli avvolse la cravatta intorno agli occhi. «E ora, richiama la tua fantasia e immagina di aver trascorso una incredibile serata in compagnia del ragazzo dei tuoi sogni, avete cenato in un ristorantino piccolo e accogliente, candele, musica dal vivo... cos’è che ti piace ancora? Poi avete passeggiato fino a casa tua, e lui per tutta la strada ti ha tenuto la mano», Derek prese delicatamente la mano di Chris e, accarezzandola dolcemente, continuò: «Sei stato così bene con lui, che non volevi salutarlo, non ancora, e l’hai invitato a prendere un caffè», Chris deglutì, si leccò le labbra velocemente e annuì. L’avrebbe sorpreso non poco la vista del sorriso intenerito che apparve sul volto di Derek alla sua reazione. «Avete salito le scale e siete entrati nell’appartamento vuoto. Non hai acceso la luce, lui aveva allungato la mano verso l’interruttore, ma tu hai detto...» “Non farlo!» «Sì. Perché a nessuno di voi frega proprio un bel niente di quel caffè. Ed eccolo che lui si avvicina a te, senti il suo calore», Derek improvvisamente gli fu vicino, troppo vicino e Chris chiaramente percepì il calore del suo corpo. «Il suo respiro sfiora la tua pelle, le mani scivolano su lungo le braccia, indugiano per qualche secondo per disegnare con le dita la curva delle clavicole e poi salire più in alto, si infilano tra i tuoi capelli...» Derek accompagnava le parole con le azioni e Christian sentì delle piacevoli vertigini come sotto l’incanto della sua voce e delle sue carezze. «I suoi occhi sono come calamitati dalle tue labbra... anche al buio si vede quanto sono rosse, perché hai l‘abitudine di morderle quando sei agitato», Chris inspirò e Derek gli strinse le dita sulla nuca, premendo leggermente. «Entrambi sapete cosa inevitabilmente accadrà ora, ma ognuno ha paura di superare gli ultimi centimetri per primo e, alla fine, ecco che nello stesso istante vi venite incontro...» Chris si sentì attirato irresistibilmente verso il ragazzo di fronte e quasi contro propria volontà si sporse in avanti. Il primo tocco lo trafisse con la precisione di un proiettile. L’inaspettata morbidezza delle labbra di Derek, appena umide e sorprendentemente delicate, ad un tratto fece sentire a Chris le ginocchia molle e il ragazzo barcollò. Derek reagì prontamente trattenendolo con un braccio per la vita e aiutandolo di nuovo a sentire la terra sotto i piedi. Era strano, ma Chris stava davvero bene. Quasi non si muovevano, prendendo un po’ di tempo semplicemente per abituarsi a questo contatto intimo, così nuovo per loro, ma anche quel poco da solo mandava brividi del piacere lungo la sua schiena e accelerava i battiti del cuore. In una manciata di secondi nella testa di Chris si scatenò una vera burrasca dei pensieri discordanti e poco coerenti, fra i quali c’era anche il desiderio di scappare – è Derek, maledizione! – ma tutto sparì quando Derek iniziò a muoversi, depositando sulle labbra di Chris piccoli lenti baci, accarezzandone con la lingua ogni minimo incavo e disegnando con le dita della seconda mano dei pigri cerchi dietro l’orecchio. A Chris sembrava di andare a fuoco da un momento all’altro – e non avevano ancora fatto niente di che, in pratica! Un’altra, particolarmente audace, mossa di Derek costrinse Chris a socchiudere la bocca, e Derek, senza pensarci due volte, ne approfittò scivolando dentro e stringendolo ancora più vicino, senza lasciare tra di loro neppure un millimetro di spazio. Chris emise un lungo gemito e si aggrappò alla schiena di Derek come fosse il suo ultimo appiglio per rimanere a galla. Il bacio divenne sempre più caldo, e Chris sentì scivolare una goccia-traditrice di sudore sulla tempia. Derek inclinò la testa, penetrando più in profondità e facendo con la lingua delle cose oscene. Accarezzava la sua lingua, coinvolgendolo in una lotta, sfiorava la delicata pelle all’interno, ma poi ad un tratto si staccò prendendo tra i denti il labbro inferiore di Chris e lo tirò leggermente. «Oh... Dio!» fece Christian in un sospiro e indietreggiò di mezzo passo. Tremava tutto, non ricordava più né dove, né con chi era, sapeva solo di aver bisogno di... «Camera da letto... subito!» comandò col fiato corto faticando lui stesso a riconoscere la propria voce. Le mani, che fino a quel momento lo tenevano stretto, erano scomparse, per mettersi a trafficare con il nodo della benda improvvisata sui suoi occhi. Quando Derek gettò la cravatta da parte, Chris sbatté le palpebre sorpreso, come se si fosse appena svegliato da un sogno. «Cosa... perché? Beh, ecco, hai rovinato il momento! Stavo per portare il mio ragazzo ideale in camera da letto!» esclamò Chris palesemente frustrato, respingendo con entrambe le mani Derek, che però all’istante lo catturò per i polsi, attirandolo di nuovo a sé. «Mi è venuta una curiosità... com’era il tuo ragazzo immaginario?» Christian si bloccò per un secondo, poi spostò lo sguardo altrove e bofonchiò: «Uno strafottente spilungone biondo!» Derek discretamente prese un respiro e sorrise contento. «Beh, allora non hai ancora perso nulla, conosco un tipo che corrisponde perfettamente alla descrizione! Ed è così pazzo di un moretto stronzo col visetto d’angelo, che è pronto a farsi in quattro, per recuperare quel momento», Chris alzò su di lui lo sguardo piacevolmente sorpreso, ma Derek inaspettatamente gli stampò un bacio in fronte e si diresse deciso verso la porta d’ingresso, tirandoselo dietro per la mano. «Beh, ora che succede?! Dove vai? Le camere da letto sono dall’altra parte!» «Quelle non ci scappano mica, saranno sempre lì quando torneremo da quel delizioso ristoran...» si interruppe a metà frase girandosi preoccupato verso di lui. «Tu accetti il mio invito a cena, vero?» Chris si morse le labbra per trattenere il sorriso più grande della storia che premeva a spuntargli sulla faccia e gli fece il segno di sì con la testa. Lo sentiva – poteva essere quello giusto.

 

   
 
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