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Autore: eddiefrancesco    13/02/2022    0 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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«Signore...» George cercò di attirare nuovamente l'attenzione del padrone. «Non ora, George...» lo zitti' Tristan avviandosi verso le scale. «Ma signore, è arrivato... » tentò ancora il lacchè. «Di qualunque cosa si tratti, può aspettare, George» lo interruppe di nuovo Tristan. Il giovane lacchè non parlò più, ma il suo sguardo corse verso il corridoio e il salottino dove il maggiordomo gli aveva detto di far accomodare lo straniero. Oswald aprì la stanza di Miss Chagny e spalanco' la porta per Tristan. «Adagiala sul letto.» «Odyle!» Lady Emma, in vestaglia e camicia da notte, si era affacciata alla porta della camera. «Oh, mio Dio, cosa le è accaduto?» esclamò preoccupata. «Ha soltanto un po' di febbre» la informò il dottor Oswald. «Basterà lasciarla riposare.» Tristan si chino' sulla ragazza e le sfilò le scarpe, poi le sollevò un poco l'orlo del vestito per sfilarle anche le calze. «Cosa state facendo, milord?!» esclamò Emma raggiungendolo e strappandogli dalle mani l'orlo dell'abito. «Io... non volevo farle niente di male, solo metterla a letto...» si scuso' Tristan, che aveva agito d'impulso. «Non è compito vostro. Piuttosto chiamate una delle cameriere... Anzi, lasciate stare, ci penserò io» decise. Tristan si gratto' il capo, intimidito e si accorse che anche Oswald lo guardava con sospetto. «Mentre Lady Emma si prende cura di Miss Chagny, posso scambiare qualche parola con te, Tristan?» Di malavoglia, Brisbane si lasciò accompagnare fuori dalla stanza, mentre Emma seguiva i suoi movimenti con espressione truce prima di chiudere la porta e accingersi a preparare l'amica per la notte. «Mi vuoi spiegare cosa ti è preso?» gli domandò Oswald. «Come?» Tristan finse di essere stupito. «Come? Tristan, non è da te prenderti certe confidenze! Anche se quella ragazza ti piace...» «Insomma, Paul, sono stato fuori tutto il pomeriggio a cercarla. Sono stanco, sconvolto e preoccupato... Non ti basta?» ribatte' lui, stizzito. «E va bene...» esclamò Paul lasciando intendere che, per il momento, si sarebbe accontentato di quella spiegazione, ma che prima o poi sarebbe tornato sull'argomento. «Piuttosto, come sta Bernard?» gli domandò il suo amico. «Ha rifiutato la morfina... Ero da solo e non ho potuto insistere, però mi è sembrato tranquillo stasera» gli spiegò Paul. «Sarà meglio controllare che sia tutto a posto, prima di andare a dormire.» Tristan scosse il capo. «Quando è calmo mi spaventa ancora di più, perché penso che abbia in mente qualcosa.» «Che cosa potrebbe fare? È rinchiuso lassù e nessuno sospetta che sia ancora vivo. In più, da quando - chissà come - è riuscito a uscire, quella sera, terrorizzando i bambini e tutto il resto, non lascio più la chiave nel nascondiglio ma la tengo in tasca.» Batte' un paio di volte la mano sulla giacca. «Già... e dobbiamo anche ritenerci fortunati che sia tornato da solo nella sua stanza dopo essere riuscito a scappare» «Però non dobbiamo neanche sottovalutarlo» ribatte' Paul. «Ricordi come negava di avere la chiave? Abbiamo dovuto spogliarlo completamente per scoprire dove l'aveva nascosta. Probabilmente credeva di potersi organizzare e studiare qualcosa prima di uscire di nuovo e attaccarci di sorpresa.» «Quando si tratta di lui, non sono mai tranquillo. Andiamo» rispose Tristan. Emma finì di slacciare il giacchino di Odyle e le allento' il fiocco che teneva chiusa la camicetta sotto la gola. Mentre cercava di compiere quell'operazione, la ragazza aprì gli occhi. «Tristan...» la sentì sospirare. Emma aggrotto' la fronte. «Sono io, Odyle, sono Emma...» Gli occhi della giovane vagarono per la stanza, come se, di primo acchito, non riconoscesse ciò che le stava attorno. «Sei di nuovo a Blackborough, cara. Sei al sicuro, adesso.» Odyle non parve molto convinta e cercò di mettersi a sedere. «Dov'è Tri... Lord Brisbane?» domandò. «Gli ho chiesto di lasciare la stanza per metterti a letto. Devi riposare. Il dottor Oswald ha detto che hai un po' di febbre.» Emma si sedette sul materasso, accanto a lei, e le fece una carezza. «Cos'è successo, Odyle? Perché sei sparita in quel modo? Ci hai fatti preoccupare molto...» Odyle la guardò con gli occhi sgranati, senza sapere cosa dire. «Ho ricevuto una brutta notizia» disse, alla fine. Abbassò gli occhi e un paio di grosse lacrime le scesero dagli occhi. «Un amico... l'amico più caro che avessi in Francia... è morto un paio di settimane fa.» Scoppiò a piangere e si rifugiò tra le braccia di Lady Emma, che la strinse a sé con affetto. «Cos'è successo, mamma?» Dalla soglia, Agnese le guardava smarrita, accanto a Ernestine e al loro padre. Fu quest'ultimo a parlare. «Odyle, siamo così contenti che siate tornata!» «Vi siete fatta male?» le domandò con ingenuità Ernestine. «Sciocca! I grandi non si fanno male!» la rimbrotto' la sorella maggiore. Odyle sollevò il capo e chiamò entrambe le bambine a sé. «Talvolta, bambine, anche i grandi provano dolore» spiegò loro. «Anche se spesso le loro ferite non si vedono.» «Sono ferite magiche?» chiese Ernestine, interessata. «Non proprio... Sono dentro il cuore e nella testa... non si possono vedere a occhio nudo» spiegò mentre si asciugava gli occhi. «Avanti, bambine... Ora Miss Odyle deve riposare. Vedrete che domani starà meglio» Emma le incoraggiò a uscire. «Michael, per favore, le accompagneresti?» Il marito indugio' qualche istante, fissando Odyle, che si era rifugiata sotto le coperte, sollevando il lenzuolo fino al naso. «Tornerò più tardi» promise prendendo per mano le figlie e scortandole fuori. «Ma Tristan mi dovrà spiegare un paio di cose...» borbotto' tra sé, richiudendo la porta. «Già...» mormorò Emma tornando a osservare prima la nuca di Odyle e poi la sottogonna macchiata di sangue che le aveva sfilato appena prima che si risvegliasse. «Lord Brisbane dovrà spiegarle anche a me un paio di cose.» Bernard sentì la chiave girare nella toppa della porta e tornò a sdraiarsi sul suo giaciglio, fingendo di dormire, come avrebbe dovuto fare se avesse inghiottito la pastiglia che il dottor Oswald gli aveva dato, invece di nasconderla sotto la lingua finché non se ne era andato. Era mai possibile che quella sciocca di Cecilia Montgomery, o come diavolo si chiamava, fosse già tornata con la copia della chiave che le aveva detto di cercare? «Mi sembra che stia dormendo...» sentì sussurrare. Era Oswald. Bernard tenne gli occhi chiusi. Perché diavolo era tornato? «Allora forse non è necessario fargli l'iniezione di morfina» disse il fratello. Ecco perché era lì. Tristan voleva accertarsi che tutto fosse sotto controllo, come sempre, e che lui non avesse vie di scampo. Bernard si impose di rimanere fermo, cercando di regolare il respiro come se stesse davvero dormendo. «Non lo so...» replicò Oswald. «Potrebbe comunque svegliarsi nel cuore della notte e dare in escandescenze. Non vorrei che gli altri lo sentissero.» «Sì, ma non mi piace l'idea di intontirlo anche quando non ce né bisogno. Aspettiamo» ribatte' Tristan, sbuffando. «Come vuoi tu... sempre come vuoi tu» rispose secco il dottore. «Cosa vuoi dire, Paul? Sai bene quanto reputi importante il tuo giudizio!» esclamò l'altro. «Guarda, non è proprio il momento.» «Ah, si? E che momento sarebbe, Tristan?» sibilo' Oswald. «Hai deciso di non dirmi più niente e di trattarmi come uno stupido? Cos'è successo con quella ragazza? Prima mi supplichi di tenerti lontano da lei, poi fai di tutto per contravvenire alle regole che tu stesso ti sei dato! Non ti capisco.» Bernard sussulto', ma per fortuna né Oswald né suo fratello lo notarono. Tristan emise un profondo sospiro. «Paul... ne sono innamorato. Non pensavo neanche che si potessero provare certe emozioni...» disse tutto d'un fiato. Paul Oswald scosse il capo. «Lo sapevo! Ti avevo avvertito di stare attento.» Si passò una mano sul viso. «Cos'hai intenzione di fare?» domandò. «Le ho chiesto di sposarmi...» ammise Tristan a mezza voce. «Tu... cosa?» esclamò Paul, sobbalzando. «Abbassa la voce, per l'amor di Dio!» sibilo' Tristan. «Anzi, sarà meglio che ce ne andiamo... Questo non è il genere di conversazione che vorrei che Bernard ascoltasse.» Paul annuì e lo seguì fuori dalla stanza. Bernard aprì gli occhi e, pochi istanti dopo, un ghigno crudele gli sconvolse i lineamenti. Suo fratello era innamorato! E forse questo gli avrebbe dato ancora l'occasione di fargli sanguinare il cuore. Scattò in piedi e fissò la grata della finestrella. «Cecilia...» «Lei cosa ti ha detto?» Tristan rivolse a Paul uno sguardo abbattuto. «Al momento non ne vuole sapere. Ma sono certo che...» «Sei sicuro di fare la cosa giusta?» lo interruppe Oswald. «Non posso lasciare che la vita mi scorra davanti rimanendo solo a guardare, Paul. Da quando è morta Christina ho sempre pensato che sarebbe stato meglio aspettare e dedicarsi ad altro piuttosto che ai sentimenti, ma ora... Io l'amo. Non posso farci nulla.» Tristan iniziò a scendere le scale, ma Oswald accelerò il passo e gli si paro' dinanzi. «Non è vero che non puoi farci niente, Tristan. Ragiona! Ti rendi conto che la stai esponendo a un pericolo gravissimo? Accidenti... se Bernard trovasse il modo...» «Non può uscire dalle sue stanze. Esistono solo due copie della chiave. Una ce l'hai tu, in questo momento, e l'altra è nelle mani di Mrs. Manfred. Non potrebbe essere più al sicuro.» replicò in fretta Tristan. «Eppure ci è già riuscito. Ha terrorizzato i bambini e ha incontrato Odyle per le scale, non ricordi?» Oswald lo guardò negli occhi, poi scosse la testa. «È stata una stupida leggerezza. Uno di noi due ha fatto cadere la chiave rimettendola al suo posto. Non accadrà più» rispose Tristan. Oswald rimase in silenzio per qualche istante, poi trasse un lungo sospiro. «Non dimenticare che Bernard farebbe qualsiasi cosa pur di farti del male. Incolpa te della perdita del titolo e di tutto il resto... Ricordati cosa ha fatto a Christina, pur sostenendo di amarla.» Tristan gli scocco' un'occhiata in tralice mentre serrava i pugni e costringeva l'amico a spostarsi di lato per farlo passare. «Porterò Odyle via da questa casa e non vi rimetteremo mai più piede, questo è certo.» Paul lo seguì fino alla porta dello studio, la stanza che Tristan preferiva e che spesso usava anche solo per riflettere. L'ingresso però era sbarrato dalla presenza del giovane lacchè che si torceva le mani e si spostava da un piede all'altro, sulle spine. «Cosa c'è, George?» gli domandò Tristan, spazientito. «Signore, è per quella faccenda per cui prima non avevate tempo.» Tristan sbuffo' e si passo' una mano tra i capelli. «Non puoi aspettare domani mattina?» «Ehm... no. Perdonatemi, milord, no. Non credo che possa attendere.» George era tutto rosso in viso, ma cercò di raddrizzare le spalle e di darsi un tono per fare il suo annuncio. «Ebbene?» «C'è un signore che vi attende nello studio giapponese, milord. È arrivato questa sera, poco prima del vostro ritorno» disse il giovane. A quel punto, ebbe tutta l'attenzione di Tristan. «Un uomo?» «Sì... non ho capito cosa voglia... non parla molto bene la nostra lingua» spiegò il giovane George. Gli occhi di Tristan si ridussero a due fessure piene di preoccupazione. «Dice di chiamarsi Victor Rouel» continuò il lacchè. Paul vide che Tristan sobbalzava, sbalordito, ma attese che George si allontanasse prima di chiedergli una spiegazione. «Che cosa succede? Conosci quell'uomo?» domandò. «No. Non ho mai visto Rouel prima d'ora» rispose Tristan in tono lugubre, tornando ad avvicinarsi alle scale. «Ma sai chi è, non è vero?» Era preoccupato: il volto di Tristan era pallido e tirato. L'amico si voltò verso di lui. «Paul, devi scusarmi. È meglio che gli parli da solo.» Gli disse, fermandolo. Si fermò davanti alla porta chiusa dello studio giapponese e tese l'orecchio. Come un soldato in battaglia, avrebbe preferito avere l'occasione di studiare il proprio nemico senza essere visto e tendergli un agguato, ma dalla camera non proveniva alcun rumore. Per qualche istante ebbe la tentazione di chinarsi per sbirciare dal buco della serratura, poi si disse che non aveva senso rischiare di essere colti in quell'atto poco dignitoso da uno dei domestici e che si sarebbe fatto più onore affrontando il nemico di petto, senza indugio. Appoggiò la mano sulla maniglia, ma ancora una volta si fermò. Cosa poteva aspettarsi quel Victor Rouel dopo aver affrontato un viaggio dalla Francia per ritrovare Odyle? Di certo doveva avere compreso l'avversione che la ragazza nutriva nei suoi confronti e non poteva sperare di caricarsela in spalla e riportarla indietro. Lui non l'avrebbe permesso, questo era sicuro. Ma cosa avrebbe potuto dire o fare per aiutarla? Quali pretese poteva avanzare su di lei? Nessuna, almeno per il momento. Odyle aveva detto di non volersi sposare, spiegando ciò che era successo tra loro come una leggerezza... Era indubbio che non fosse così, ma doveva costringerla ad ammetterlo, prima di poter cambiare le cose. Un'idea gli attraversò la mente: dopo tutto, l'arrivo di Rouel poteva non essere un male... Odyle, messa di fronte a quella situazione estrema, si sarebbe sentita costretta a cercare qualcuno che la proteggesse e Tristan era sicuro che, tra lui e Victor Rouel, avrebbe saputo chi scegliere. Che misera vittoria sarebbe stata la sua! Scosse il capo. Non voleva che Odyle decidesse di sposarlo solo perché era costretta a scegliere il male minore! No... Tristan voleva essere amato e voleva che anche lei provasse i suoi stessi sentimenti. Niente di meno. Doveva mandare via Rouel, se possibile prima che Odyle scoprisse del suo arrivo. Solo così avrebbero potuto continuare la loro vita. Animato da tali propositi, Tristan spinse la porta, pronto ad affrontare il rivale. Lo studio giapponese era una stanza arredata in modo essenziale, con mobili scuri, un paio di poltrone e una scrivania. Lungo le pareti, pochi ed essenziali ghirigori in stile giapponese rendevano omaggio al nome del locale. Sulle prime Tristan non vide nessuno, e pensò di aver perso un'occasione: aveva ceduto all'altro l'effetto sorpresa, lasciando a Rouel la possibilità di studiarlo senza essere visto. Sciocchezze, cercò di rassicurarsi. Victor Rouel non aveva idea dei suoi sentimenti che lui provava per Odyle. Per il francese, Tristan non era altro che il ricco proprietario della dimora in cui la ragazza era ospitata. «Buonasera, milord.» Una voce cupa e profonda sembrò emergere dall'ombra. Poi un volto iniziò a disegnarsi accanto alle tende scure e Victor Rouel, completamente vestito di nero, emerse dalle tenebre. Era un uomo sulla trentina, ma il suo volto magro, scavato dalla stanchezza del viaggio, lo faceva sembrava più vecchio. Il che non significava, Tristan ne era sicuro, che avrebbe dovuto temerlo di meno. Ebbe la netta impressione che Rouel avesse scelto con cura il proprio nascondiglio, aspettando nella penombra come una bestia feroce per poter meglio sferrare il proprio attacco. I suoi occhi, scuri e profondi, illuminati dai bagliori provenienti dal camino, avevano un che di sinistro e crudele. «Monsieur Rouel?» domandò, sentendo tremargli la voce. «Oui... Sono Victor Rouel» si presentò l'altro, accennando un inchino. «Voi siete Lord Tristan Brisbane, Conte di Blackborough?» gli domandò con un marcato accento francese. «Che cosa posso fare per voi?» Tristan assunse un'aria volutamente interrogativa, pensando che fosse meglio non scoprire le proprie carte. «Monsieur...» prese a dire l'altro dopo averlo studiato con attenzione. «Temo che stiate ospitando una persona molto... come si dice... dangereuse... pericolosa, sotto il vostro tetto.» Tristan rizzo' le orecchie e spostò il proprio peso da una gamba all'altra, a disagio, ma non disse niente. Rouel chino' lo sguardo a terra e Tristan lo vide trasformarsi. Il bagliore truce nei suoi occhi si tramuto' in una lacrima, ed era tutto pena e costernazione quando tornò a sollevare lo sguardo. «Si tratta della mia promessa sposa, milord... Sono mesi che la sto cercando.» La bocca di Tristan divenne una rigida linea netta. «Dite che è pericolosa, eppure mostrate di tenere a lei... Che storia è questa?» domandò cercando di celare il proprio sarcasmo, consapevole del ruolo che Rouel aveva scelto di interpretare in quel frangente. «Milord, chi vi parla è un uomo innamorato. La mia fidanzata ha bisogno di cure, ma non dispero che il suo stato di salute possa migliorare dopo che sarà tornata al nosocomio da cui è fuggita.» Il sussulto di Tristan indusse Rouel a tradirsi: le sue labbra, per un attimo fugace, si incurvarono in un sorriso vittorioso. Subito l'uomo si ricompose, tornando alla millantata tristezza di poco prima. «Non so dirvi quanto sono stato in pena per Odyle...» «Miss Chagny, dunque.» domandò Tristan, avvicinandosi al camino. «Mademoiselle Latuvielle, a dire il vero» lo corresse Victor. Incurante di quella puntualizzazione, Tristan proseguì. «Non mi pare che la signorina in questione abbia mai dato segni di squilibrio. Siete certo che si tratti della persona che cercate? A mio avviso potreste essere stato mal informato.» Rouel si incupi', avvertendo l'ostilità di Tristan. Si frugo' nella tasca e ne estrasse un plico di lettere. «Ecco. Ho qui le lettere che mandava a Claude Evory... L'uomo che l'aiuto' a scappare. So che è lei.» «Potrebbe anche essere...» replicò Tristan con tranquillità. «Quanto alla pazzia, però... Credo che tutte le persone presenti in questa casa riderebbero delle vostre accuse, Monsieur Rouel. Odyle non è affatto pazza.» Aveva commesso un errore e se ne rese conto non appena quelle parole lasciarono le sue labbra. Aver utilizzato il nome della sua ospite senza alcun appellativo davanti tradiva un'intimità' che non avrebbe dovuto ammettere con Victor Rouel. L'altro finse di non essersene accorto, ma studio' attentamente il volto del suo avversario prima di porgergli un altro foglio. «Posso mostrarvi anche questo documento. È dell'ospedale in cui avevo fatto ricoverare Odyle per curarla... La poverina delirava e mi accusava di terribili nefandezze.» «Davvero?» Gli occhi di Tristan divennero due fessure. «Nefandezze che, ovviamente, non avevate commesso... E per le quali non avete esitato a farla rinchiudere in un ospedale per malati di mente.» Il volto di Rouel si contrasse in una smorfia nello sforzo di celare il disprezzo. «Avevo il benestare dei suoi genitori. Anche loro erano preoccupati» si giustifico'. Tristan sbuffo' e si passo' una mano tra i capelli. «Vorrete scusarmi se mi sento in diritto di dirvi ciò che penso, Monsieur Rouel.» L'altro annuì, a disagio, stringendo in mano i fogli che aveva portato a testimonianza. «Mademoiselle Latuvielle non ne voleva saperne di voi ed è scappata dalla Francia a causa delle misure estreme a cui voi avete fatto ricorso. Se avesse voluto sposarvi, l'avrebbe fatto tempo fa, invece ha preferito addirittura cambiare paese.» Rouel scattò in piedi. «Non vi permetto...» Anche Tristan si alzò, e si avvicinò al suo ospite con fare minaccioso. «Sono io che non vi permetto di fare certe insinuazioni, Monsieur. Non mi interessa cosa dicono le vostre carte. Le regole dell'ospitalità mi impongono di offrirvi riparo per questa notte, tuttavia mi aspetto che domani vorrete lasciare al più presto la mia casa.» Lui stesso si stupì della risolutezza del proprio tono. «Miss Odyle non è prigioniera, qui, e mi pare che sia felice.» A quel punto, Rouel perse del tutto la pazienza. «Ascoltatemi bene, milord» replicò ponendo l'accento sul titolo con tono denigratorio. «Non me ne andrò di qui finché non l'avrò vista, mi avete capito bene? Non ho fatto tutta questa strada per niente. Quando mi avrà ascoltato, credo che cambierà idea.» «Altre minacce, Rouel?» I due uomini si trovavano a pochi centimetri l'uno dall'altro. «Aprite bene le orecchie: non vi permettero' di farle del male.» I loro sguardi rimasero allacciati per un tempo che parve infinito, poi Tristan disse: «Uno dei miei lacchè vi mostrerà la vostra stanza.»
   
 
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