Anime & Manga > Umineko no naku Koro ni
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Autore: _Briareos_    14/02/2022    0 recensioni
Ho ripescato per caso da un vecchio hard disc questa fic mai pubblicata, dedicata a un'opera che amo. Mi era venuta leggendo una fic di qualcuno in questa sezione che parlava di come erano sopravvissuti isnieme e insieme erano ripartiti.
Quindi tratterò una parte poco considerata e letta solo nella dic di quell'utente, Battler e Beatrice che fuggono e si salvano.
Non ricordo il nome e non sono riuscito a trovarla, forse ho cercato male, ma so che cè e l'ho apprezzata. Mi sarebbe piaciuto leggere altro su questa cosa, come fossero come nel tema delle possiiblità e kakera, arrivati vivi e insieme e insieme ripartiti. Creando una vita felice per Lion, per una volta. Se l'autore o l'autrice di quella fic cè ancora e ed ispirato/a, mi paicerebbe leggere altro di quella fic, perchè era ben fatta e profonda. Ricordo solo che era un sequen di umineko ma positivo per loro.
Inoltre la fic è come la salvai anni fa, la psoterò in più capitoli appena posso perchè anche se non la sistemo. Sarà per come la scrissi e la metto per nostalgia.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Battler Ushiromiya, Beatrice Ushiromiya
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
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il dopo cap 2 Secondo capitolo, forse l'ultimo, vediamo la lunghezza. Qui come detto ho preso ispirazione da quell'altra fic, spero che l'autore o autrice non me ne voglia, ma mi ha colpitocon ciò che aveva scritto e mi sono ispirato.


Beatrice si voltò sulla schiena, inspirando forte. Aveva guardato l'orologio da polso sul comodino, regalo di Battler nonostante avesse chiesto di non sprecare soldi per lei, e si era accorta che fosse ancora notte. Le tre di notte, per l'esattezza. E si mise a fissare il soffito riflettendo.






Mesi dopo quella fuga, erano in un luogo nell'area che lei aveva per caso pigiato su quella mappa.
Eran riusciti a fuggire su un  traghetto, poi scendere e procedere scegliendo metodi non pericolosi per essere fermati e individuati chiedendo i documenti.
Presero il treno e Beatrice rimase stupita e ammaliata da quel viaggio, senza bisogno di riconsocimento, bastò comprare biglietti economici.
E lui si godette la vista di lei quasi abbracciata al finestrino a osservare il mondo fuori che scorreva da fargli venire un senso di dolcezza e protezione nei suoi riguardi. Erano in uno scomparto vuoto della classe economica, e aveva fatto come una trottola per tutto il viaggio, breve per non restare troppo su un mezzo dove esser visti, da un sedile e quello di fronte vicino il finestrino al settimo cielo e indicando le cos edicendogli di avvicinarsi e vedere. E a volte gli veniva un attimo di tristezza, pensando che ciò era dovuto alla sua esistenza sull'isola, andando sulla terra ferma solo per la scuola o il poco che faceva nel tempo libero lontano dall'isola. Sempre e solo sull'isola, dalla quale secondo lui non sarebbe mai andata via. Da sola.


Poi sfruttarono mezzi di trasporto pubblici nelle varie cittadine e paesini e osservarono il mondo intorno, sopratutto lei.
Estasiata, stupita,  felice di vedere cose che non immaginava, dai monumenti a negozi, a persone e quartieri. Tutto era nuovo e quasi magico e così diverso dal tipo di mondo ocnosciuto su Rokkenjima.
Ma qualcosa cadde pesante sulle loro teste.
Ovunque si fermassero tutti così come i giornali e i televisori in luoghi pubblici, parlavano della notizia di Rokkenjima. E di una superstite, Eva.
QUando lo udirono, si voltarono stupefatti e increduli, e corsero a comprare un giornale.
Eva era sopravvissuta e sotto inchiesta, sebbene senza prove o elementi di indagini che chiarissero l'accaduto. E lei non proferiva parola.
Lessero di come tornò a casa e ottenne la custodia di Ange, prendendosi la sua posiione di nuova capofamiglia e tutrice della piccola, ricevendo come ereditaria tutto ciò che era di proprietà dei parenti deceduti.
Beatrice ricordava di come Battler si fosse quasi afflosciato su una panchina, demoralizzato, distrutto, angosciato non tanto la notizia che Ange fosse stata presa sotto tutela dalla zia, aveva affermato che nonstante tutto, poteva essere una buona seconda madre, ma per la notizia che lui non poteva più farsi vedere e ne prendersi Ange con sè. Era questo che gli dava sconforto. Era tranquillo che un membro conosciuto di famiglia, per la bambina, fosse con lei, ma allo stesso tempo i suoi desideri di partire da zero anche con lei al fianco... erano sfumati.
Se la zia Eva avesse sentito o visto entrambi, sarebbe accaduto il peggio.
Se avesse visto Beatrice, sarebbe impazzita perchè, pensava Beatrice stessa, avrebbe potuto additarla come l'artefice di ciò che poi fecero materialmente gli adutli tra loro. Ma aveva innescato la cosa. Aveva ragione e lei on lo sopportava. E tremava al pensiero di essere scoperta ancora viva e peggio con Battler.
E Battler stesso. Se Eva avesse scoperto che era vivo e vegeto, avrebbe potuto tradirlo e urlare al mondo che lui era invischiato. Lui stesso affermava che zia Eva era temuta per la sua crudeltà, sagacia usata nel modo peggiore e capacità velenosa contro chi non le andava a genio. E Battler aveva paura. Non sapeva bene come andassero le cose per la sorellina, ma non rischiava l'andare da lei, non voleva che nessuna delle due rimaste vive potesse scoprire il lorosegreto, non subito perchè avrebbero frainteso, la verità su cosa accadde quel giorno, e peggio che erano fuggiti per paura di ciò che poi, ascoltarono e lessero, era capitato proprio ad Eva.

Eva non aveva parlato. Si riteneva vittima e basta. Eva era scappata con Ange dapprima nel silenzio come riuscì per calmare le acque, ma queste continuarono ad agitarsi contro di lei, marchiandola con i sussurri e congetture di tutto il giappone, lasciandola scegliere la via della vita mondana nonostnate tutto visto la situazione. la odiavano, accusavano, riconoscevano come traditrisce della faimglia per la fortuna.
Ma solo i superstiti, ossia loro, sapevano che la vera fortuna di famiglia era celata a Rokkenjima e da lì non sarebbe più uscita. Avevano letto che i loro nomi erano tra le vittime e non si accennava ai soldi della banca. Ma no nsi poteva mai dire.
E Battler aveva momenti No, alti e bassi tra la pensantezza della nuova vita lontano da ciò che aveva ed era, e il pensiero alla sorellina.
Aveva paura. Non voleva che lo scoprissero. E restava celato.
Avevano cambiato nome. Lui aveva deciso che lei si continuasse a chiamare Beatrice, o Beato quando gli veniva, e per sè aveva prima cercato di scegliere tra  Kaito, Souta, Oki per il significato, per poi isnieme decidere per Touma. Battler divenne Touma e scelsero un altro cognome. Insieme.

"Visto che non siamo giunti a una conclusione, e parli ancor adi Genji come ringraziamento... utilizziamo il suo nome..."

"intendi... adottare il suo cognome, noi?" gli chiese mentre riposavano in una stanza di albergo nel viaggio per giunger ein quel luogo che un dito aveva scelto per loro.

"No, no... non il cognome, ma proprio Genji... in giapponese significa < due inizi > o < fonte >. E uno dei tre clan più importanti della storia giapponese ed era precedentemente noto come Minamoto. E' un cognome famoso e anche comune. Sarà perfetto e tu potrai ringraziarlo in questa maniera per tutto. Ti è stato fedele fino alla fine. Se invece non vuoi usarlo, potresti usare quello di Kumasawa..."

"Quello che mi domando è... vuoi adottare un cognome per entrambi?"

"Si, Beatrice. Tu non vuoi?" erano distesi su un fianco ma uno di fronte all'altro, con una mano di lui che stringeva quella di lei massaggiandole il palmo con lentezza

"Penso... a cosa diranno le persone vedendoci. Quando ci presenteremo... dovremo dire che tu sei Touma Genji e... io Beatrice Genji? Come due fratelli?"

"perchè fratelli...? Cosa cè che non va"

"... nulla...." non guardandolo in viso

"Raccontami cosa cè..."

Ma lui sapeva cosa non andava. Era ancora in quella fase di non accettazione di se stessa, peggio quando lui scoprì il segreto che celava. Il reggiseno con imbottitura finta. Quelle forme superiori che non aveva realmente e che le davano disagio restando in abiti comodi e semplici nelle camere che prenedvano per riposarsi, che lui vedeva. mancare.

Eppure le aveva dimostrato che nulla era negativo o vi fosse mancanza. E sebbene si fosse calmata dall'eccettare dell'affetto e una convinvenza molto vicina, stretta, dormendo anche nello stesso letto, era ancora riluttante ad essere spontanea e tranquilla inq uei frangenti. mentre era spumeggiante e sempre con il naso all'insù a guardare tutto e ogni cosa, osservarlo, stupendosi come lontana dalle preoccupazioni. Sembrava totalmente diversa dalla Shannon placida e calma che lui aveva visto quei due giorni.  O ricordava.
Entusiasta, colma di gioia per ogni cosa, quasi non la riconosceva ma gli piaceva parecchio. Poteva farcela, si diceva, vivendo come meritava.

"vuoi davvero che ci chiamiamo allo stesso modo, ma non come fratellI?"

"A te non va bene essere qualcuno di importante per me, Beato? Vuoi davvero vivere la mio fianco come sorella? Siamo cugini, ma non tanto da cancellare il nostro affetto"

"E a te va bene cosa sono, nonostnate tutto? Non sono nata donna, non..."

"Ma tu dentro di te, sei una donna.. no? Sei cresciuta come tale. Si sei sentita come una donna fino ad oggi. Solo perchè hai perso i genitali di nascita, tu sei tu dentro di te. Che importanza ha come sei nata? Tu adesso sei Beatrice e senza i tuoi attributi, puoi essere cosa ti senti davvero... di essere!" le rispose

Era sincero, dicendole questo. ALl'inizio, prima del suo gesto con quei baci, credeva fosse una donna. Poi rimasto spiazzato da cosa gli raccontò tornati con difficoltà sulla barca, aveva cercato di essere se stesso prima di tutto. Lei era lei, pensava, prima Sayo e poi Beatrice. Era una donna fino al midollo, questo era sicuro. Perdendo ciò con cui era nata, aveva definito se stessa e non erano certo i genitali a farlo. Senza i caratteri preminenti maschili della cresciuta, era però maturata come persona per come si vedeva. Anzi. Si era accorto che aveva ancora difficoltà a fissare lo specchio per troppo tempo. E tendeva, dopo aver comprato biancheria intima, a imbottire i reggiseni come da abitudine e lui lasciava fare. Restava timorosa del giudizio suo ma di più degli altri e si sentiva ancora inadeguata al fianco di qualcuno.
Anche sapendo cosa era biologicamente, lui vedeva solo chi sapeva fosse. Beatrice. Quando l'aveva baciato sulla barca, prima sulle labbra e poi sul lobo dell'orecchio, aveva provato mille cose per quella persona per come era, non solo come appariva, ma lei era lei in quei mometni, nel profondo.
Contava quello.
Sebbene non sapesse come gestire una cosa così grande, più di quanto potesse immaginare, si era affezionato a lei. la vera lei. Sayo era la dolce ragazza che appariva per come era stata < creata >, che la gente volesse vedere. Ma la persona più in profondità era chiara e luminosa e piene di sorprese che semplicemente, lui non potè non avvicinarsi per affetto.
Si era  affezionato. Si, era attratto da lei come aspetto, il suo originario, bionda, occhi chiari, un bel corpo anche se di seno molto molto poco, ma con abiti normali, come camicette e pantaloni o con gonne, era davvero bella. Ed era bella anche per come era come personalità e carattere, che aveva celato per anni, tranne ai servi anziani.

Alla fine, il cuore e la ragione avevano prevalso sull'incertezza. Che gli importava si diceva, come fosse nata. Chi sarebbe stato se non fosse finita male per Natsuhi. Si sentiva sempre più legato, vicino, affezionato. Erano simili e compatibili su molte cose. Passavano tanto tempo insieme e sapevano discorrere di molte cose, non importava che argomento, ma ancora di più di libri, gialli, storie e racconti, anche inventati da loro.
Beatrice aveva iniziato a scrivere su di un quaderno decorato che lui aveva comprato pensando a lei, con farfalle sulla copertina, mentre lo aspettava con un gelato per strada a vedere un quiartiere caratteristico. E ricordava smepre l'espressione che assumeva per quei gesti, di una riconoscenza che non sapeva come esprimere e un sorriso indimenticabile. E a volte si hciedeva quanto avesse sorriso veramente e non per impersonare Shannon.
 E lo aveva utilizzato per scrivere i suoi racconti. Non più cmoe quelli nelle bottiglie, ma luminosi e speranzosi. Di magia e mistero, ma non più truci. E le dava consigli su cosa aggiungere, le note da mettere per arricchirle, come pensava che dovessero muoversi i personaggi e chi. Rideva e passavano momenti sereni e felici. Era bello. Era stato un bel viaggio. Costellato di momenti di paura, tensione, dolore, da treni presi all'ultimo secondo, pullman perduti, attese estenutanti, cibo che sembrava delizioso e poi non piaceva e si rammaricavano per i soldi spesi per poi ridere delle facce buffe durante il pasto pur di non sprecare ne cibo e ne il denaro. Ma tanto che definirlo era impossibile, costellato da attimo sparsi di tempo che era magnifico ripercorrere.
Si erano avvicinati, capiti e accettati.
E lui mostrava olre il suo carattere che le piaceva, anche la capacità di superare tutto. Non le faceva pesare niente, ma la teneva smepre al suo fianco.

Alla fine, in modo naturale, lui l'aveva messa nel suo cuore, nonstante tutto, e la trattava come qualcuno con cui aveva da sempre avuto un legame speciale. Da ottimi e vechci amici a due persone pari e sinceramente affezionate. NOn dicevano mai innamorate o simili, ma lasciavano al tempo e a loro stessi la risposta.
Non avevano mai affrontato oltre il discorso dell'accettazione il tema dell'amore anche fisico, avevano viaggiato lentamente e nel modo più segreto possibile, perdendo più tempo ma sicuri di non essere trovati. Ma dopo settimane, senza approcciare nietne, non cèra ne fretta ne bisogno, bastava se e quando volessero oltre che fugaci baci di nascosto, molti sembravano guardarli male e lo facevano di rado per strada, a quelli più ricchi ma senza andare oltre. Sebbene le circondasse le spalle, le tenesse una mano nella sua, la baciasse e la stringesse a se la sera.
E giunti, avevano visitato ben tre località ai piedi della montanga del prefetto di Gunma prima di decidere di comune accordo il luogo perfetto.
Che piacesse ad entrambi, che avesse sbocchi sia lavorativi  se riuscivano rispetto luoghi più piccoli che di intrattenimento. Niente piccoli villaggi dove non trovare nulla distimolante per la metne e dove passare il tempo. Almeno una città che avesse abbastanza per loro per non rimpiangere una grande città.

"Mi sento bene qui, adesso dovremmo trovare una casa"

"Intendi... comparla?" fece lei come fosse una domanda per avere la conferma

"Si... la prima cosa che voglio non è, vista l'esperienza delle camere d'albergo, qualcosa che sa di temporaneo e non tuo. Tu ed io abbiamo bisogno di un luogo stabile, sicuro, nostro, dove non ci sentiremo mai provvisori, ma a casa. Le eprsone qui sembrano cordiali e benevolenti, anche con noi che siamo per loro solo di passaggio. Il luogo è incantevole e presenta davvero molte possibilità da scoprire e vivere. Ma evitiamo gli affitti. Compriamo"

"ma per comprare non sarà... non vorranno i nostri documenti?"

"In luoghi come questi? Abbiamo il denaro sufficiente per acquistare una casa, qui costano poco e sono belle grandi anche per il futuro. Certo, non saranno come quella in cui sono nato e cresciuto o dai nonni, avrà meno stanze, ma con la somma nel tuo zaino possiamo avere una casetta grande per quattro persone e staremo larghi, con un giardinetto. Riusciremo a comprare la casa anche senza documenti. vedrai. E quando sarà passato abbastanza tempo, vedremo come trovare dei documenti nuovi per tornare ad essere persone regolari. Evitando le grandi città e addentrandoci in luoghi come questo, dove però non manca quel che serve per..."

"ho capito ma... posso farti una domanda?"

"dimmi"

Si trovavano per le vie della cittadina che avevano scelto. Da turismo ma non grande da metterli in pericolo e se tutto andava bene, abbastanza un pò arretrata burocraticamente da permetter loro di divenire persone nuove senza destare sospetti. E lui descriveva cosa avrebbe fatto dopo alcuni anni, proiettato in un domani che però per lei era ancora nebuloso. Incerto. Seguiva lui con affetto e devozione, ma aveva una paura...

"So che mi hai fatto una promessa. E che la manterrai... e sono consapevole anche dell'affetto che nutri per me. E di questo ne sono felice. Ma è anche vero... vedi, quando sul molo di attrracco ti dissi di... andar via da solo, cèra una cosa che volevo farti capire..."

"Un altro tuo indizio che non ho colto?" sorrise lui, fermandosi davanti un negozietto tipico del luogo, attratti dalle insegne variopinte e i tendaggi davanti l'ingresso.

"Voglio che tu lo sappia... io ti dissi di andare da solo perchè... non volevo che finissi trascinato dalla mia... da ciò che volevo fare. Avrei atteso che sparissi dalla mia vista e poi... ma anche, volevo che tu scapassi e vivessi la vita che meritavi. Desideravo averti vicino così tanto. Eppure dopo che ti trascinai via dalla persona che aveva sparato a tutti e stava arrivando... ho capito che era meglio se tu vivessi, e magari trovassi qualcuno migliore e giusto per te. perchè mi resi conto che il mio amore aveva... distrutto te. E volevo che vivessi la tua vita, cosa ti spettava e meritavi, e non... quello che io..."

Battler rimase fermo voltato col viso a guardarla, mentre lei era dispiaciuta e quasi piangente per l'ennesima ammissione. Aveva deciso nuovamente di risistemarsi i capelli come sua nonna e sua madre, tenendoli sciolti solo quando erano nelle stanze e da soli, o quando era di buon umore da desiderare di averli sciolti.
Vestiva e si acconciava i capelli secondo l'umore, aveva constatato lui, ma non sembrava capace di quel gesto nuovamente. ne era sicuro, sarebbe rimasto con lui per sempre.

NOn cèra nulla di quella maga crudele che aveva cercato di mostrare, o come si vedeva presa dall'ira e rabbia, e dolore e tormento.
Sembrava più leggera, sollevata dal peso gettato addosso dalle sue origini, qualcuno che non sembrava aver avuto il passato che consocevano entrambi, fino a qualche settimana prima.

"grazie, Beatrice" vedendo lo sguardo che gli mostrò "mi hai appena detto qualcosa di molto bello. Eri pronta a lasciarmi andare, a lasciarmi vivere la mia vita senza di te, nonostnate il tuo affetto e il tuo desiderio del mio nei tuoi confronti... eri pronta a lasciarmi andare per amore, soffrendo anche per il gesto che volevi fare, pur di sapere che io tornavo sano e salvo e pronto a una vita felice, anche senza di te. Quel che hai fatto per ciò che covavi dentro, viene ripagato dalla te stessa interiore. E non ho motivo per non tenerti al mio fianco"

"Ma, Bat..." voi voltandosi a destra e sinistra perpaura di essere udita "ma... e se un giorno tu incontrassi una donna che davvero ti amasse e tu amassi lei, da desiderarla,  che possa... darti cosa..."

"Siamo ancora giovani e fragili, Beatrice. Beh, tu hai un anno più di me, ma questo non significa che tutto cadrà male perchè per qualche motivo ci sarà qualcuno che ci attrarrà... ho capito la tua paura, ma se quel giorno dovesse giungere per me e per te, non importa chi, vedremo insieme se e come sistemare la cosa. Ma qualsiasi cosa succeda, credimi... non ci sepraremo mai. per nessun motivo, qualsiasi cosa accada"

Così si erano impuntati per prima cosa a trovare un luogo, un posto per loro. E spesero la parte più grossa della somma che si erano trascinati dietro per l'acquisto di una casa. Una casa tradizionale, in legno, un piano terra e uno superiore più piccolo dell'area sottostante. Un patio in legno verso il giardino, le vetrate da cui vedere l'esterno e le stanze con u n corridoio intorno, divise dal classico divisorio giapponese. Al piano di sopra stanze da letto. tetto spiovente caratteristico. Non grande ma neanche un bilocale. Battler scegliendola era soddisfatto, e a Beatrice era piaciuta. Avevano dovuto discutere tutta la notte quasi per fare la scelta. O prendere un luogo più piccolo con una minor spesa, oppure impiegare quella somma, due terzi di quanto avevano, per l'acquisto. E considerato che per il viaggio la terza parte era stata toccata molto, dovettero fare una scelta.
Una casa loro, sicura, il loro rifugio senza la preoccupazione di affitti, luoghi troppo piccoli, temporaneità da dover andar via. Battler voleva un luogo e basta per iniziare. Ma significava decimare quanto avevano.

"Quindi che facciamo?" gli domandò lei, seduti sul letto come nella posizione del loto, uno di fronte l'altro "che opzione scegliamo?"

"Io vorrei restare sicuro. Senza le preoccupazioni di chi è senza un tetto sicuro sulla testa, un luogo suo... So bene che così facendo, intacchiamo seriamente quanto sei riuscita a prendere ma... io sono convinto che la casa, nostra, sia la prima scelta da fare. Dopo, restando accorti con il rimanente, ci impegneremo a gestire questa casa. Troverò un lavoro e..."

"Posso farlo anche io, così ci impegneremo entrambi" gli disse interrompendolo con entusiasmo e pronta a qualsiasi cosa

"Io pensavo..." vedendola dubbiosa nel sentire la risposta "pensavo di cercarlo prima io. Sistemarci con calma. Vorrei che tu prendessi confidenza con questo posto, le persone, le facessi nostre amiche, fidandoci di noi da non avere dubbi. Sai che temo ancora, con la storia di Rokkenjima discussa ancora e ovunque, e... se qualcuno per caso dovesse leggere qualche descrizione, vedere mie foto o... ho ancora paura, Beatrice. Non voglio che zia Eva scopra che siamo tornati e viviamo. Ange vivrà con lei, finchè non sarà grande abbastanza e non saremo sicuri economicamente da poter decidere di incontrala e dirle... la verità. Magari no ntutta, quella spetta a te, ma..."

"ho capito. E comprendo il tuo senso di vagabondo, vuoi avere un luogo in cui tornare. Lo capisco. Però a me questo viaggio è piaciuto..."

Gli sorrise complice, nella stanza vecchio stampo del piccolo alberghetto che avevano trovato. L'anziana sembrava amichevole e a volte ricordava Kumasawa, per cui erano rimasti anche per un senso di...familiarità nel profondo. Sola, vedova, mandava avanti la pensione da quando era giovane e viveva con i guadagni. I figli lontani per lavoro. E non era un fastidio quando li chiamava per avere una mano su qualcosa che non poteva più fare da sola e velocemente. Kumasawa giocava con la sua vecchiaia, quella donna era piccola, raggrinzita e lenta in molte cose, dal prender eun oggetto al camminare. E Battler si era proposto di aiutarla dove serviva e in cambio la donna, cucinando per se stessa, gli faceva trovare pranzo  e cena pronti, cosa che li risollevava. Avevano visitato città e villaggi vicini restando però registrati da lei e quindi tornando da quelle escursioni di osservazioni, erano troppo stanchi per qualsiasi cosa, restavano la sera distesi nei letti, vicini, accoccolati o abbracciati passando il tempo insieme. E quele cene erano un toccasana e un ulteriore collente per loro.

Avevano acquistato una mini tv di moda in quel periodo, la più piccola possibile da portarsi dietro al posto della radio che si era rotta durante il viaggio. Era costata molto, voleva dello spazio nel bagaglio più grande che avevano, ma essendo molto molto piccola per quanto la tecnologia potesse, con attenzione, erano riusciti ad avere un altro modo di svago e motivo di vicinanza da vivere insieme.
Nnostante le notizie di Rokkenjima che ballavano da un canale all'altro. E ogni volta che Eva compariva così come la storia in sè, divenuto un mistero che interessava tutti, Battler aveva gli incubi. Rivedeva le scene, cosa si era trovato davanti prima che Beatrice lo fermasse dall'avanzare verso chi poteva ucciderlo e scappare. Sognava i suoi cugini o lo stupido vecchio, dal quale non ottenne mai delle risposte.
Cèrano volte in cui sognava di perdere la mano di Beatrice nonostante tutto l'impegno, finendo per vederla scomparire nelle profondità dell'oceano con un sorriso, seppur triste e quasi affettuoso verso di lui, prima che la mancanza di ossigeno si facesse tale da farlo svenire. Ci provava, sentiva la sua mano, le sue dita e poi la perdeva.
E quando si svegliava, se non lo aveva fatto su di lei per la sua agitazione, la vedeva accanto a lui, sul suo futon,  di schiena o accoccolata vicino al suo braccio e si diceva "stupido, l'hai salvata. E' con te".

Dopo la notte di riflessione in cui si addormentarono per stanchezza, decisero. La casa era importante per loro. Avevano viaggiato per settimane evitando le corse per raggiungere il luogo presto e rischiare di essere notati. Erano lì lì per seguire l'ondata di paura nel caso le foto, diffuse, potessero far ricordare la loro presenza. Ma tutto si era acquietato. Si erano rilassati. Avevano una nonnina simpatica come prima persona gentile in quel luogom e una casa che per Battler significava prima sicurezza. Un bel luogo dove vivere non privo di luoghi interessanti dove andare nel tempo libero.
ma il giorno che riuscirono a convincere e spingere l'acquisto della casa, affermando che erano una coppia e volevano la loro prima casa lontano dalle città caotiche, ebbero un'amara sorpresa. Con il prezzo della casa, le tasse e la parcella del notaio, si ritrovarono a contare quanto restava loro.
Erano entati subito in casa, eccitati e felici. Era tutta loro. Per davvero. per legge era la loro casa. Ma quando si sedettero a contare quanto rimaneva, la tensione fu palpabile.
Restava poco della somma prelevata per pensare a un periodo di osservazione maggiore, per guardarsi in giro e capire cosa fare per lavoro e futuro,  senza pensare ai soldi. E fu chiaro ad entrambi che non potevano affatto restare con le mani in mano.

"Questa somma dobbiamo metterla da parte?"

"E' inevitabile. Abbiamo preferito un luogo nostro..."

"Battler, potevamo restare dalla nonnina..." fece lei preoccupata perchè lo vedeva teso in viso

"Potevamo, ma eravamo comunque in casa sua, con lei che girava per i corridoi o sentendo suoni, senza davvero un'intimità come una casa. Domani dovrò assolutamente cercare un lavoro. Non possiamo aspettare. SApevo delle tasse e la parcella ma... ammetto dinon avervi dato così peso da considerarli un problema come si è rivelato... ma tranquilla, ce la faremo. Adesso siamo qui, senza dover dare conto a nessuno. Iniziamo da questo!"

Aveva chiuso la discussione, si era alzato, tranquillizzandola con un bacio ed era andato dalla nonnina per sapere se aveva bisogno di qualcosa prima di sera. Era tornato qualche ora dopo stanco morto per le faccende che la donna aveva chiesto, già che cèra. E commentando con "quella donna è terribile" con un sorriso comunque dei suoi, cosa che aveva tanquillizato Beatrice.
Avevano cucinato insieme, decidendo di pagare bene il primo pasto là dentro, come augurio. Avevano bevuto del vino, facendo ticchettare tra loro i bicchieri e avevano ammiraro seduti sul patio, la notte, finchè non furono stanchi.

"Ancora non mi hai commentato le pagine che abbiamo letto ieri del libro, Battler" disse Beatrice, spingendolo verso la camera da letto entusiasta, la preoccupazione sparita.

"ti è piaciuto il libro, allora?" disse lui ridendo mentre si faceva sospingere da lei fin al piano superiore.

All'inizio Beatrice aveva pensato a quale camera prendersi e quale Battler, trovando però nell'altro un rifiuto. NOn cèrano bisogno di camere separate, le aveva risposto.

"Mi hai detto che hai vissuto all'orfanotrofio e poi nella magione in una camera solo tua, ma ti sentivi sola. Vuoi tornare a quei periodi? Voglio che resti con me, anche in una camera nostra. Prepariamone una sola" le aveva risposto. E lei prima rossa in viso e a disagio, alla fine aveva accettato vedendo i letti che lui aveva preparato, uno vicino all'altro, mentre lo guardava, mostrandoglieli poi con una mano a indicarli e dicendo "abbiamo dormito così fino ad ora, te ne sei pentita?" in modo scanzonatorio come sempre

lei sorrise e alla fine aveva detto si, le andava bene, portando le sue cose in quella stanza, più grande delle altre camere da letto, e iniziando a discutere su cosa mettere e dove.
Avevano cenato dopo aver cucinato e dopo il tempo sul patio, Beatrice corse dove aveva lasciato il libro la sera prima e chiese "Questo libro che hai comprato è interessante. Nuovo e ben scritto. Questa autrice, Phyllis Dorothy James, è davvero brava e non sono ancora a metà. Vuoi vedere la tv oppure leggiamo insieme di nuovo?" chiese piena di entusiasmo, con i capelli sciolti come li teneva tra loro.

"Quello che vuoi, Beato. A me va bene tutto. L'importante è che ci addormentiamo presto. Domani devo cercarmi un lavoro..."








Beatrice, si risvegliò di colpo, sola nella stanza, quasi l'alba. Aveva ricordato quella notte. E le parole di Battler.








"anche se tu non puoi, non proverai come gli o le altre, poi viverlo con te, Beatrice. Questa notte, la prima qui, nella nostra casa, voglio viverla intanto tenendo da parte questo..." posando via il libro, togliendolo dalle mani di lei per comunicare qualcosa dopo aver letto insieme vicini, commentando e animandosi pagina dopo pagina in qualcosa che adoravano "non importa tante cose, Beatrice. Se dobbiamo vivere, facciamolo provando ogni cosa più che possiamo. Permettimi di darti il mio affetto e il mio cuore..." prima di baciarla con passione, passando le dita tra i capelli sciolti, carezzando dalle tempie alla nuca, finchè non la trovò meno tesa per stenderla e continuare cosa desiderava. Almeno finchè lei non iniziò ad agitarsi per l'imbarazzo e paura.

"Beato... calmati. Speravo che con me, avresti accresciuto l'autostima, una positiva percezione di te. NOn devi celare con me le tue mancanze ne altro. Quindi, perchè tremi e hai paura?. hai paura di me o cosa voglio fare? potrebbe piacerti, anche se non so e non credo come sarebbe per un'altra persona ma... Può  favorire l’esplorazione del tuo corpo per capirti, e allontanare l’idea, ancora radicata nella tua testa, che il piacere si concentri esclusivamente sugli organi genitali. E tu no navendoli, sei monca dell'essere una persona? Per me no, ma si scopre solo vivendo. Scopriamo insieme tutto, senza paura, senza scappare e ne..."

"E se non..."

"troveremo qualunque modo, vedrai, per qualsiasi cosa tu stia pensando. E se non proverai niente, farò ogni cosa possibile per compensare ciò in altri modi... ora chiudi gli occhi, mi emoziono se mi guardi mentre ti bacio" le disse con un ghignò, prendendola in giro per il giochetto sulla barca. lei alla fine rise, rillassandosi, e la baciò.







Ricontrollò l'orologio e poi si alzò, scostando le tende. Avevano cercato di rendere quella casa più simile allo stile che consocevano all'interno, più sull'occidentale, ma era difficile rispetto le città maggiori, trovare mobilio e altro non giapponese, ma a loro andava bene così.
Dopo mesi, Beatrice si alzava con il sorriso, con la voglia di svegliarsi e vedere dalla finestra il sole. E magari Battler nel giardino quando accadeva così che lei potesse scendere e fargli qualche sopresa.





Il giorno dopo l'acquisto della casa, Battler aveva girato la cittadina trovando delle proposte ma o con poco guadagno o con orari che includevano la notte. E poi un giorno era tornato entusiasta.

"Beatrice! Beato! Indovina... credo di aver trovato il lavoro perfetto... ce l'ho!" aveva detto con un sorriso dei suoi mentre lei preparava la tavola con cura felice di come lo stava accogliendo, ma vedendolo correre di volata, stanco in volto ma raggiante.

"Davvero? QUindi non dovrai fare le notti o la giornata intera?" fece lei felice, correndogli incontro, riempiendolo di baci delicati, affettuosi, abbracciandolo come se riunirsi fosse per loro cruciale.

"Ah ah Beato! Se mi baci così non ti posso rispondere" stringedola anche lui, alzandola un pò da terra, e poi rimessa giù avvinghiandosi a lei come se necessitasse del suo calore "Ho scoperto che cercano un editor in una casa editrice, il lavoro consta nella revisione e correzione di un romanzo, libro o altro... cercano una persona qualificata che professionalmente effettua la lettura delle bozze di un testo destinato alla stampa, in modo da trovare e correggere eventuali errori tipografici...E:.."

"Oh, è meraviglioso!" fece lei con gli occhi luminosi, sussurrando e contenendo la gioia, avvongendolo più stretto, aggrappandosi alla giacca, riunendo le labbra come un affannoso botta e risposta fisico e affettuoso.

"Devo fare solo qualche chilometro per andarci, ma è pagato meglio di cosa ho trovato per adesso e..."

"Che vuol dire?" chiese lei di colpo preoccupava e la voce lieve, tornando a parlare sulle labbra e occhi negli occhi

"Calma Beato" fece lui dolcemente, massaggiandole la schiena e facendo un giochetto che avano imparato a fare tra loro. Battler poggiava la fronte contro quella di lei e muoveva la testa in un cerchio leggero che la faceva sempre ridere. E finivano per avere la fronte arrossata anche se non si facevano male e a volte era come sentire un prurito solleticante. E ridevano insieme come bambini "so che è lontano, dovrò fare un pò di strada...."

"Vuoi andare come? Non abbiamo nulla per muoverci fuori da qui per adesso senza prendere..."

"Sono pochi chilometri, così pochi che ci metterei poco, ma la paga è buona, lavorerei quasi quanto il primo lavoro che ho per ora di giorno, ma molto di più come paga. Potremmo avere soldi per il mese e quelli da conservare. Sarebbe un inizio migliore e poi ho pensato ad una cosa..."

"Cosa..." fece lei in un soffio così vicini che poteva sembrare che si baciassero

"Se inizio come revisore, potrei anche farmi conoscere come conoscitore di libri, abbiamo iniziato a scrivere insieme qualcosa tra noi, ma potremmo... sfruttare se riusciamo questa casa editrice per noi. Tu potresti scrivere come sai fare, io ti sosterrei con consigli, come primo lettore, come creatore di idee e... se va bene, potremmo presentarlo e magari..."

"Intendi diventare scrittori e sfruttare il tuo lavoro dal livello di..."

"SI. SI!!" fece lui stringendosela come se non la vedesse da tanto tempo da diventare tutt'uno per la foga di appartenersi in un momento del genere "forse abbiamo trovato il modo di farcela senza la famiglia, oro e altro.. e sfruttando cosa siamo capaci di fare! Insieme..."

"Quindi andrai a lavorare in una città vicina, così lontana per noi che non possiamo..."

"Cè il treno, o vedremo come fare! Ma se la paga è quella che mi hanno detto al telefono, non dobbiamo preoccuparci. Per ora abbiamo tirato la cinghia, Beato, ci siamo dati da fare per evitare di restare in rosso con il conto, ma potremmo in questo modo tirare una boccata d'aria e vedere le cose più rosee. E non guardarmi così... non sono pentito della casa, di ocme mi sento qui dentro, con te, della mia vita per adesso..."

"Ma io posso lavorare, così che tu non debba..." protestò lei colpendolo giocosamente sulla fronte con la sua col broncio saltellando, facendolo ridere

 "Certo, se deciderai di  lavorare anche tu, appena finisce il mio contratto di guardiano notturno..." 

"Ma Battleeeer!! Speravo che finissi ocn quel lavoro. Anche se è semplice e facile e cosa vuoi farmi credere, la notte sei fuori. A volte temo di non rivederti tornare o che senta freddo, o abbia fame..."

"Ancora poco, Beatrice. Sono alcune notti alla settimana scambiandomi con l'altro guardiano. E' un ex museo chiuso ma è un lavoro tranquillo. pagato poco ma non mi dispiace per adesso. Non accettano senza referenze certificate, ma con questa casa editrice io posso presentarmi con l'identità che abbiamo creato, ma per ora devo approfittare della paga che mi danno... nel frattempo che mi sto facendo in quattro con quello di giorno, mi presenterò alla casa editrice. Forse svoltiamo Beato, forse abbiamo trovato il nostro posto per davvero, sfruttando le nostre doti e capacità e guadagnandoci sicurezza... abbi fiducia Beato! Ne sono sicuro. Con questo colpo, anche con piccoli sacrifici, troveremo un equilibrio con cui non avere più pensieri..." chiudendo la cosa con un bacio appassionato, facendo scivolare le dita su di lei senza forza, ma gentile e appassionato allo stesso tempo.




Beatrice uscì dalla camera da letto sospirando, udendo il silenzio nella casa a dimostrazione che non era tornato,  e si apprestò a scendere le scale per la colazione, chiedendosi se fosse riuscita a vederlo in tempo.








Ringrazio chi ha commentato le fic di Umi precedenti, i messaggi privati e i ragazzi di facebook.com/UminekoITAAnalisieLore




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